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Sit in per Giorno vittoria Russia, in Italia i supporter di Putin dicono “vinceremo ancora”

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Bandiere russe, bandiere rosse, slogan pro Putin e negazionismo. E le note di Katjuša, una canzone popolare russa simbolo dell’ultimo conflitto. Cosi’ vicino piazza San Giovanni a Roma, con un giorno di anticipo, un gruppo di cittadini russi e di ‘supporter’ italiani ha festeggiato il Giorno della Vittoria, ovvero la celebrazione che cade il 9 maggio della sconfitta della Germania nazista. Una celebrazione che, vista l’attualita’ e l’ortodossia dei manifestanti, si e’ tramutata in una manifestazione anti Ucraina e anti Usa. Pochi i partecipanti ma ben attrezzati di ideologia oltre che bandiere e cimeli Urss, dalla falce e martello all’apparato di idee del caso. Cosi’ una signora sostiene che “Putin ci sta proteggendo, protegge la Russia e il suo popolo e i morti, i morti di Bucha non sono stati uccisi”. La guerra naturalmente diventa nelle parole dei manifestanti “un’operazione militare” e il governo di Kiev “un governo fantoccio, frutto di un colpo militare del 2014”. Zelensky chiaramente non e’ gradito, “un ebreo nazifascista” -azzarda una manifestante- e Putin, sulla maglietta di una donna, diventa persino “il piu’ gentile”. La teoria bellica piu’ gettonata e’ che questa, se proprio viene definita guerra e non ‘operazione militare’, “l’ha provocata l’America che ha messo un governo di marionette nazifasciste a Kiev”. “Io sono per al resistenza e per dare le armi alla resistenza ma quella ucraina non e’ una resistenza perche’ loro stanno con i fascisti e io sto con chi combatte i fascisti”, spiega un manifestante. Gli altri annuiscono, sventolano le bandiere, partono i cori. C’e’ chi tiene in mano le foto di parenti russi “morti per liberarci dal nazismo, morti per davvero”. “Ora che vince la Russia saprete la verita’”, ripete una signora. E intanto dice la sua anche sul Covid: “non esiste”.

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L’Australia esorta i suoi cittadini a lasciare Israele

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Il governo australiano ha esortato i suoi cittadini in Israele a “andarsene, se è sicuro farlo”. “C’è una forte minaccia di rappresaglie militari e attacchi terroristici contro Israele e gli interessi israeliani in tutta la regione. La situazione della sicurezza potrebbe deteriorarsi rapidamente. Esortiamo gli australiani in Israele o nei Territori palestinesi occupati a partire, se è sicuro farlo”, secondo un post su X che pubblica gli avvisi del dipartimento degli affari esteri e del commercio del governo australiano.

Il dipartimento ha avvertito che “gli attacchi militari potrebbero comportare chiusure dello spazio aereo, cancellazioni e deviazioni di voli e altre interruzioni del viaggio”. In particolare è preoccupato che l’aeroporto internazionale Ben Gurion di Tel Aviv “possa sospendere le operazioni a causa di accresciute preoccupazioni per la sicurezza in qualsiasi momento e con breve preavviso”.

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Ian Bremmer: l’attacco di Israele è una sorta di de-escalation

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C’è chi legge una escalation e chi invece pensa che sia una de escalation questo attacco israeliano contro l’Iran. “È un allentamento dell’escalation. Dovevano fare qualcosa ma l’azione è limitata rispetto all’attacco su Damasco che ha fatto precipitare la crisi”. Lo scrive su X Ian Bremmer, analista fondatore di Eurasia Group, società di consulenza sui rischi geopolitici.

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Usa bloccano bozza su adesione piena Palestina all’Onu

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Gli Usa hanno bloccato con il veto la bozza di risoluzione del Consiglio di Sicurezza Onu che raccomandava l’adesione piena della Palestina alle Nazioni Unite. Il testo ha ottenuto 12 voti a favore (Algeria, Russia, Cina, Francia, Guyana, Sierra Leone, Mozambico, Slovenia, Malta, Ecuador, Sud Corea, Giappone), 2 astensioni (Gran Bretagna e Svizzera) e il no degli Stati Uniti.

La brevissima bozza presentata dall’Algeria “raccomanda all’Assemblea Generale che lo stato di Palestina sia ammesso come membro dell’Onu”. Per essere ammessa alle Nazioni Unite a pieno titolo la Palestina doveva ottenere una raccomandazione positiva del Consiglio di Sicurezza (con nove sì e nessun veto) quindi essere approvata dall’Assemblea Generale a maggioranza dei due terzi.

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