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Cronache

Si lancia da casa in fiamme e muore, fermato il compagno

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Allarmati da “urla lancinanti”, i vicini di casa l’hanno vista lanciarsi dalla finestra al quarto piano di un appartamento in fiamme. È morta cercando di salvarsi dall’incendio della sua abitazione, la scorsa notte a Milano, Sueli Leal Barbosa, operatrice socio sanitaria brasiliana di 48 anni. Al momento della tragedia era sola in casa e, secondo i primi accertamenti, la porta era chiusa dall’esterno: il figlio di 10 anni avuto da una precedente relazione era a dormire dal padre, mentre il compagno – un connazionale di 45 anni – è stato trovato in un bar vicino dalla polizia e fermato al termine di un lungo interrogatorio per incendio doloso e omicidio volontario aggravato. Alcuni testimoni avevano riferito di una lite tra loro. I vigili del fuoco sono intervenuti in viale Abruzzi, a due passi da piazzale Loreto, quando la mezzanotte era da poco passata. Subito soccorsa, la donna è morta dopo il ricovero in ospedale, dove era stata trasportata in codice rosso.

“Chiedeva aiuto, gridava, ma quando sono arrivati i vigili del fuoco le fiamme erano già alte”, racconta Maria Bono. L’appartamento della vicina si trova al piano di sopra. “Quanto ho tirato su le tapparelle, ho visto il cielo rosso – racconta – e ho sentito il botto delle finestre esplodere per il calore. Ho chiamato mio marito, che stava dormendo, e siamo scappati”. “Se non mi avesse svegliato, non sarei qui…”, dice accanto a lei il compagno. Gli appartamenti più vicini a quello del rogo sono stati dichiarati inagibili, mentre gli occupanti degli altri alloggi dello stabile, un edificio di sette piani, sono rientrati dopo aver trascorso alcune ore in strada. “È stata una notte da incubo”, dice ancora la signora Maria, che conosceva bene la vittima. “Salutava sempre, era gentile e sorridente – ricorda – Spesso scambiavamo qualche parola ed è capitato che mio marito abbia tirato qualche calcio al pallone con il figlio. Litigi? Non mi risulta, non so, non vorrei dire stupidaggini…”.

Alcuni condomini avrebbero però raccontato agli agenti della Questura intervenuti sul posto di una lite tra la vittima e il compagno proprio durante la serata di mercoledì. E una lite tra i due conviventi si era già registrata qualche mese fa, quando erano dovute intervenire le forze dell’ordine nell’appartamento di proprietà della donna, che lavorava all’Istituto dei Tumori. I rilievi della Scientifica e del Nucleo investigativo antincendio dei vigili del fuoco, impegnati ad appurare le cause dell’incendio, sono proseguiti per tutto il pomeriggio. Un sopralluogo di diverse ore, al quale ha partecipato anche la pm di turno, Maura Ripamonti, che coordina le indagini. “Abbiamo concluso i primi accertamenti: al momento per noi la situazione è abbastanza chiara”, dice il capo reparto del Nucleo investigativo antincendio della direzione regionale Lombardia, Michele Giacalone.

“L’appartamento è completamente distrutto dalle fiamme – aggiunge -. C’è stato un flashover”, un incendio generalizzato e che si propaga rapidamente. “La lettura dei segni non è stata di semplice individuazione, ma la situazione – ribadisce – è abbastanza chiara”. Alla domanda su una possibile origine dolosa del rogo, Giacalone però non si sbilancia: “Noi lo abbiamo già capito, ma non possiamo dirlo perché è tutto in mano alla magistratura”. A quasi 24 ore dal rogo, il pm Ripamonti ha emesso il provvedimento di fermo nelle indagini della Polizia e dei Vigili del Fuoco. Dall’uomo non sarebbe arrivata alcuna confessione.

Da quanto si è saputo, si sarebbe limitato a sostenere che potrebbe aver provocato involontariamente l’incendio. A suo carico, però, ci sarebbero testimonianze, filmati e il fatto che la porta di casa fosse chiusa dall’esterno con l’unica chiave a disposizione della coppia. Ancora da stabilire come sia stato causato il rogo che gli inquirenti ritengono doloso. “Era una donna buona, sempre pronta ad aiutare gli altri. La sua assenza lascia un vuoto incolmabile”, ha detto Elisangela Batista da Silva, presidente dell’associazione filantropica Bem creata da cittadini brasiliani, che conosceva Sueli. “Ci stringiamo alla famiglia, agli amici e alla comunità brasiliana in Italia. Sosterremo ogni iniziativa solidale per il figlio e i familiari. Ciao Sueli, che la tua anima trovi pace”, si legge nella nota di cordoglio dell’associazione.

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Cronache

Caso Procura di Pavia, il Riesame smonta l’ipotesi di un “sistema”: dissequestrati i dispositivi a Venditti

Il Tribunale del Riesame smonta l’ipotesi di un “sistema Pavia”: nessuna prova di corruzione o peculato per l’ex procuratore Venditti e il pm Mazza. Restituiti cellulari e computer sequestrati nell’indagine di Brescia.

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Secondo il Tribunale del Riesame, al momento non ci sono indizi che consentano di ipotizzare l’esistenza di un “sistema” nella Procura di Pavia, come sostenuto dalla Procura di Brescia. Per i giudici mancano gli elementi necessari per ritenere che l’ex procuratore Mario Venditti e il pm Pietro Paolo Mazza, oggi a Milano, abbiano ottenuto auto a prezzi agevolati in cambio di incarichi alla società Esitel per servizi di intercettazione e noleggio.

Le auto usate per attività istituzionali

Le tre vetture e il furgoncino al centro dell’inchiesta, secondo il Riesame, erano realmente impiegati dalla polizia giudiziaria nell’attività investigativa. Non emerge un uso esclusivo o prevalente da parte dei magistrati né elementi che indichino un abuso sistemico. I mezzi, acquistati dalla società di Cristiano D’Arena, sarebbero stati pagati a prezzi di mercato e con transazioni tracciate.

Il doppio dissequestro dei dispositivi digitali

Per Venditti arriva un nuovo successo giudiziario: il Riesame ha confermato il dissequestro di cellulari, computer e memorie esterne già sottratti nell’ambito della tranche di indagine legata al caso Garlasco. Anche in questo caso i giudici non hanno ravvisato i presupposti per mantenere il vincolo. Nel decreto originario, secondo il collegio, mancavano limiti temporali e le parole chiave necessarie per la ricerca dei dati.

Accuse “non supportate” dai dati raccolti

Nella motivazione, i giudici spiegano che non emergono elementi a sostegno delle ipotesi di corruzione o peculato contestate a Venditti e Mazza. Anche l’assegnazione degli incarichi per le intercettazioni non presenta anomalie. Le circostanze sollevate, si legge, potrebbero “eventualmente assumere rilievo in termini di opportunità”, ma non supportano un’ipotesi penale.

Le reazioni delle difese

“Il Riesame ha spazzato via ogni malevola illazione”, ha commentato Massimo Dinoia, avvocato di Mazza. Anche il legale di Venditti, Domenico Aiello, si prepara a ottenere la restituzione definitiva dei dispositivi, rinunciando all’incidente probatorio.

La Procura di Brescia valuta il ricorso

Gli inquirenti bresciani intendono ricorrere in Cassazione per ripristinare il sequestro. Nel frattempo, è stato ascoltato per otto ore l’ex carabiniere della polizia giudiziaria di Pavia, Silvio Sapone, che all’uscita si è limitato a dichiarare: “Nessuno ha coperto nessuno”.

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Cronache

Frana a Brazzano, muore per salvare la vicina: la storia eroica di Quirin Kuhnert

Quirin Kuhnert, 32 anni, è morto travolto dalla frana a Brazzano mentre tentava di salvare l’anziana vicina. Una tragedia in una notte di maltempo estremo che ha colpito il Goriziano.

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Quirin Kuhnert (nella foto), 32 anni, originario della Baviera e residente da anni in Friuli Venezia Giulia, è morto travolto da una frana mentre tentava di salvare la vicina di casa, Guerrina Skocaj, 83 anni. L’anziana risulta ancora dispersa sotto un enorme accumulo di fango e roccia precipitato dal colle di San Giorgio, alle spalle di Brazzano di Cormons.

La “bomba d’acqua” che ha devastato il Goriziano

Nella notte sulla zona si è abbattuta una precipitazione eccezionale: circa 300 millimetri di pioggia in poche ore. Un evento fuori scala rispetto all’allerta gialla emessa dai previsori. I residenti hanno raccontato minuti di panico: lo stesso Quirin aveva pubblicato sui social un video che mostrava la scalinata della chiesa adiacente alla sua abitazione trasformata in un torrente in piena.

Il tentativo disperato di salvare la vicina

All’alba, insospettito dai rumori provenienti dalla collina, Quirin è uscito con la moglie per controllare. Insieme a un vicino ha raggiunto le abitazioni della piccola schiera, avvisando una donna che è riuscita a mettersi in salvo scalza e in pigiama. Ma quando i due hanno raggiunto la porta dell’anziana, la colata di fango li ha travolti. Quirin è stato inghiottito mentre si trovava su una scala, il vicino è stato scaraventato via e trascinato a terra. Salvato dai soccorritori, ha riportato uno schiacciamento del bacino e la frattura del femore.

Dodici ore di ricerche tra detriti e fango

Per recuperare il corpo di Quirin sono servite dodici ore di lavoro ininterrotto: vigili del fuoco con squadre specializzate, protezione civile, forze dell’ordine, unità cinofile ed elicotteri hanno scavato fino a localizzarlo sotto tonnellate di detriti. Resta dispersa Guerrina Skocaj.

Fedriga: “Doloroso che una vita venga spezzata per salvarne un’altra”

Il presidente del Friuli Venezia Giulia, Massimiliano Fedriga, ha espresso cordoglio alla famiglia e ha dichiarato lo stato di emergenza regionale. Stanziato un primo milione di euro per gli interventi urgenti. Il ministro della Protezione civile, Nello Musumeci, ha attivato la mobilitazione nazionale per inviare ulteriori supporti. Giorgia Meloni ha telefonato al governatore per essere aggiornata e ha ringraziato i soccorritori.

Paesi evacuati e danni diffusi

La notte di paura ha colpito l’intero Goriziano: Versa, piccolo centro di 300 abitanti, è stato evacuato a causa degli allagamenti e dei blackout. Gli sfollati sono stati ospitati nella palestra comunale. Tra i luoghi colpiti anche il ristorante stellato della chef Antonia Klugmann, completamente allagato.

Maltempo anche nel resto d’Italia

Il maltempo ha interessato anche altre regioni: una frana ha coinvolto un’abitazione a Pietrasanta, senza feriti. In Campania è stata diramata un’allerta meteo gialla: a Napoli domani saranno chiusi parchi, spiagge e il pontile Nord di Bagnoli.

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La famiglia Maradona a Roma contro l’ex manager Ceci: “Accuse false e senza prove”

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Claudia Villafañe e le figlie Dalma e Giannina sono arrivate a Roma direttamente da Buenos Aires per partecipare al processo che vede imputato l’ex manager di Diego, Stefano Ceci. Le tre donne, costituite parte civile, sono state ascoltate per oltre due ore dal giudice del tribunale monocratico di piazzale Clodio.

L’intervista contestata e le frasi ritenute diffamatorie

Il procedimento nasce da un’intervista del 30 ottobre 2021 in cui Ceci, parlando delle dispute sui diritti di immagine del Pibe de Oro, aveva definito alcuni familiari “parassiti”, “miserabili” e aveva raccontato episodi che la famiglia ritiene completamente falsi, come:
“Lui era sul letto, morto, e c’era chi gli svuotava il frigorifero”.

Parole durissime che hanno spinto la famiglia a rivolgersi alla magistratura italiana.

La replica di Claudia Villafañe: “Ha detto solo menzogne”

In aula, Claudia ha parlato con grande fermezza:
Ha detto solo falsità. Sono accuse terribili che ci hanno fatto molto male”.

Ha poi risposto all’accusa di aver sottratto oggetti del campione:
Quando io e Diego ci siamo separati, le sue cose sono rimaste in casa mia e un giudice argentino le ha riconosciute come mie. Non ho venduto nulla”.

La testimonianza di Dalma e Giannina

Le due figlie hanno raccontato di aver scoperto solo dopo la morte del padre l’esistenza di un contratto tra Maradona e Ceci per i diritti di immagine:
Ci disse di aver messo da parte soldi per noi eredi, ma non abbiamo mai visto nulla”.

Hanno precisato di essere indipendenti economicamente:
Non abbiamo bisogno dei soldi di papà. Ma lui fa affermazioni senza alcuna prova”.

Una vicenda che riapre ferite ancora vive

Il giudice dovrà ora stabilire se le dichiarazioni dell’ex manager costituiscano diffamazione. Intanto il processo riporta al centro dell’attenzione la memoria di Diego Armando Maradona, ancora oggi al centro di dispute, racconti e contestazioni che continuano a generare dolore nella sua famiglia.

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