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Sessismo e maschilismo, Spadafora attacca Salvini che risponde: fossi in lui lascerei il Governo

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L’Italia “vive una pericolosa deriva sessista. Come facciamo a contrastare la violenza sulle donne, se gli insulti alle donne arrivano proprio dalla politica, anzi dai suoi esponenti più importanti?”. Lo dice il sottosegretario alla presidenza del Consiglio con delega alle Pari Opportunità, Vincenzo Spadafora, in un’intervista ripresa sulla prima pagina di Repubblica in occasione della presentazione del primo censimento nazionale dei centri antiviolenza. Per Spadafora, un esempio di insulti contro le donne sono “gli attacchi verbali del vicepremier alla capitana Carola” definita “criminale, pirata, sbruffoncella. Parole, quelle di Salvini, che hanno aperto la scia dell’odio maschilista contro Carola, con insulti dilagati per giorni e giorni sui social”. Per i centri antiviolenza di genere “abbiamo messo in campo più fondi, quest’anno 37 milioni di euro” continua Spadafora aggiungendo però che “vogliamo essere sicuri che vengano rispettati i requisiti previsti dall’intesa che proprio i centri hanno firmato con il governo”. E per i controlli ci sarà anche “una task force di ispettori”.

La replica di Salvini è stata immediata.  “Cosa sta a fare Spadafora al governo con un pericoloso maschilista? Se pensa che sono così brutto e cattivo, fossi in lui mi dimetterei e farei altro, ci sono delle Ong che lo aspettano”. Questa la prima reazione stizzita. Poi il discorso di Salvini diventa ironico.   “Posso essere accusato di essere sovrappeso, ma maschilista no. Forse Spadafora si era alzato male stamani, è un problema suo. Certi insulti me li aspetto dalla sinistra, non dagli alleati” ha detto il vicepremier Matteo Salvini parlando alla Camera con i cronisti. “Con il codice rosso – ha aggiunto – abbiamo fatto più di quanto abbia fatto la sinistra negli anni precedenti. Il 22 luglio lo approveremo. Magari questo sfugge al solerte sottosegretario. Certo, la castrazione chimica sarebbe il top, anche se il Movimento Cinque Stelle non è d’accordo”. Salvini ha poi ribadito la sua posizione sulla permanenza di Spadafora nel governo: “Se pensasse quello che ha detto, se fossi in lui mi riterrei a disagio a rimanere al governo con una brutta persona come me, con razzisti, fascisti, sessisti, omofobi e maschilisti. Non so come fa. Ma se uno dice uno sciocchezza chiede scusa, io l’ho fatto tante volte”. In ogni caso “il governo non è a rischio, se tutti lavorano il governo va avanti” ha detto Salvini.

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Regionali in Campania, De Luca resta l’ago della bilancia. Fico e Cirielli in volata finale verso il voto del 25 novembre

De Luca, pur fuori corsa per il terzo mandato, resta protagonista della politica campana. Fico guida il centrosinistra, ma Cirielli accorcia nei sondaggi. Meloni e Carfagna scaldano la campagna elettorale.

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Sebbene non possa correre per un terzo mandato, Vincenzo De Luca continua a essere un protagonista silenzioso ma ingombrante della campagna elettorale per le Regionali in Campania. La sua lista civica, A Testa Alta, secondo i sondaggi potrebbe superare persino quella del candidato presidente del centrosinistra, Roberto Fico, alimentando il timore che l’influenza politica del governatore uscente resti forte anche nella prossima amministrazione.

Le relazioni tese con il sindaco di Napoli Gaetano Manfredi, che non ha mai nascosto la volontà di “voltare pagina”, rendono il quadro ancora più complesso. Manfredi, dal congresso dei giovani dem a Napoli, ha ribadito: “È finita una stagione politica, ora c’è un rinnovamento. Il futuro della Campania è con Roberto Fico”.


Piero De Luca rassicura: “Mio padre non sarà un governatore ombra”

A cercare di rasserenare gli animi ci ha pensato Piero De Luca, figlio del presidente uscente e segretario regionale del Partito Democratico. Dal palco del congresso dei Giovani Democratici ha smentito ogni ipotesi di regia occulta del padre:

“Non ci sarà un governatore ombra. Ci sarà un lavoro di squadra tra tutte le forze della coalizione progressista. Roberto Fico guiderà la Regione Campania verso obiettivi ancora più ambiziosi”.

Un messaggio chiaro a chi teme che l’ex sindaco di Salerno continui a esercitare un peso politico decisivo anche dopo il voto.


Fico in vantaggio ma Cirielli recupera, Meloni punta sulla “remuntada”

Il centrosinistra, forte degli ultimi sondaggi, guarda con ottimismo al 25 novembre. Ma nel centrodestra cresce la convinzione che Edmondo Cirielli, viceministro degli Esteri e candidato della coalizione, stia riducendo il distacco da Fico.

La premier Giorgia Meloni crede nella rimonta: sarà in Campania venerdì prossimo per la chiusura della campagna al Palapartenope, e potrebbe tornare a pochi giorni dal voto per annunciare nuovi interventi del governo per Caivano e il Mezzogiorno.


Attacchi e tensioni: Carfagna e Gasparri all’assalto del “Campo largo”

Il clima si fa sempre più acceso. La segretaria di Noi Moderati, Mara Carfagna, ha definito il Campo largouna truffa ai danni degli elettori”, sottolineando come Pd e Movimento 5 Stelle “si siano combattuti e insultati per dieci anni”.

Duro anche Fulvio Martusciello di Forza Italia, che ha sfidato Fico: “Accetti un confronto con Cirielli: è il sale della democrazia. Nell’ultima settimana faremo il sorpasso”.

Il senatore Maurizio Gasparri ha poi ironizzato sul caso del presunto ormeggio abusivo a Nisida dell’ex presidente della Camera:

“Quella di Fico è una barca che fa acqua da tutte le parti. Non sarebbe in grado neanche di fare il bagnino”.


Fico replica: “Niente polemiche, continuiamo a lavorare”

Lapidaria la risposta del candidato del Campo largo: “Le offese lasciano il tempo che trovano. Non hanno argomenti. Noi continuiamo a lavorare pancia a terra”.

Con il voto ormai alle porte, la battaglia per Palazzo Santa Lucia entra nel vivo. De Luca, pur fuori dalla corsa, resta l’ago della bilancia di una Regione contesa tra la voglia di continuità e l’ambizione di un cambio di stagione politica.

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Politica

Informazione politica, cala la fiducia ma resistono i media tradizionali: cresce la “bolla” digitale e si riduce il confronto tra idee diverse

Un’indagine Ipsos Doxa per il Brand Journalism Festival fotografa il calo di fiducia nei media, la forza di radio e giornali tradizionali e la crescente chiusura dei giovani nelle proprie “bolle” digitali.

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L’informazione politica italiana sta attraversando una trasformazione profonda e complessa. Tra social network, podcast, influencer e nuovi canali digitali, la cosiddetta infosfera si è frammentata, rendendo più difficile orientarsi tra le fonti e mantenere un dialogo aperto tra opinioni diverse.

È quanto emerge dall’indagine Ipsos Doxa realizzata per la seconda edizione del Brand Journalism Festival, che verrà presentata martedì 11 novembre al Talent Garden di Roma.


Fiducia in calo, ma i media tradizionali resistono

Secondo la ricerca, il 64% degli italiani dichiara di avere meno fiducia nei media rispetto a cinque anni fa. A perdere terreno sono soprattutto i nuovi mezzi di comunicazione: social network, podcast e influencer restano tutti sotto la soglia del 50% di fiducia.

In controtendenza, i media tradizionali continuano a rappresentare un punto di riferimento.
La radio si conferma il mezzo più credibile con il 63% di fiducia, seguita dai giornali cartacei (60%) e dalla televisione.

Un dato incoraggiante arriva dai giovani della Generazione Z: nonostante siano i più immersi nel digitale, dichiarano livelli di fiducia simili o superiori alla media, con il 62% che ritiene affidabili i quotidiani.


Giovani più “chiusi” e meno disposti al confronto

Ma proprio i giovani mostrano un altro fenomeno preoccupante: una crescente chiusura nella propria “bolla informativa”.

Il 41% della GenZ ammette di sentirsi a disagio nel discutere di politica con chi ha idee diverse (contro una media nazionale del 33%), e il 64% dichiara di confrontarsi solo con persone che condividono le proprie opinioni.

Quasi un giovane su due, inoltre, si fida maggiormente delle notizie provenienti da fonti ideologicamente affini. Il risultato è una porzione di popolazione — uno su sei, uno su cinque tra i giovani — completamente immersa nella propria bolla, informata solo da fonti “assonanti” e refrattaria al dialogo esterno.


La politica come appartenenza identitaria

Il rischio, evidenzia l’indagine, è quello di una politica sempre più vissuta in chiave identitaria.
Per oltre la metà degli italiani (55%), chi vota partiti diversi appartiene a mondi distinti non solo per valori o visione del mondo, ma anche per livello culturale (53%), condizioni sociali ed economiche (50%), stile di vita (53%) e perfino provenienza geografica (44%).


Un segnale d’allarme per la democrazia del dialogo

La fotografia scattata da Ipsos Doxa rivela un Paese in cui cresce la diffidenza verso l’informazione, ma anche una società sempre più frammentata in micro-comunità digitali che parlano solo a sé stesse.

Se da un lato i media tradizionali resistono come argine di credibilità, dall’altro l’Italia appare sempre più divisa in “isole di consenso”, dove il confronto tra idee diverse rischia di diventare un esercizio raro.

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Politica

Landini e Schlein parlano di Patrimoniale, ma la Meloni dice: mai con noi al governo

La premier Giorgia Meloni esclude ogni ipotesi di patrimoniale, ma l’idea rilanciata da Landini e Schlein riaccende lo scontro politico e sociale mentre si prepara lo sciopero della Cgil contro la Manovra.

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Torna a turbare il dibattito politico uno spettro che ciclicamente si riaffaccia nel confronto tra governo e opposizioni: la patrimoniale. L’idea di una tassa sui grandi capitali, evocata dal segretario generale della Cgil Maurizio Landini, ha riacceso lo scontro proprio mentre la legge di bilancio entra nella fase più delicata e il clima sociale si fa incandescente.

Le patrimoniali ricompaiono ciclicamente nelle proposte della sinistra — ha attaccato la premier Giorgia Meloni — ed è rassicurante sapere che con la destra al governo non vedranno mai la luce”. Una frase destinata ad alimentare una nuova giornata di tensioni politiche.


Schlein all’attacco: “Meloni aiuta i ricchi e tassa il ceto medio”

Non si è fatta attendere la risposta della segretaria del Partito Democratico, Elly Schlein, che ha ribaltato le accuse: “Il governo Meloni ha aumentato le tasse per tutti, intervenendo sull’Irpef a vantaggio dei più ricchi e non del ceto medio che si è impoverito”.

Già nei giorni scorsi la leader dem aveva rilanciato un’idea di “tassa Mamdani”, ispirata alla proposta del neo-sindaco socialista di New York, per una mini-patrimoniale europea sui grandi patrimoni.


Landini rilancia la mobilitazione: sciopero il 12 dicembre

A Firenze, durante l’assemblea della Cgil, Maurizio Landini ha invocato una “tassa per i ricchi” per finanziare la sanità pubblica e aumentare stipendi e pensioni, annunciando uno sciopero generale per il 12 dicembre contro la Manovra del governo.

“Non si può continuare a chiedere sacrifici a chi ha meno — ha detto — mentre chi ha molto non contribuisce al bene comune”.

A sostenerlo, i leader di Alleanza Verdi e Sinistra, Angelo Bonelli e Nicola Fratoianni, che chiedono un contributo straordinario “da parte dei super-ricchi per sostenere welfare e salari”.


Conte si smarca: “No a nuove tasse, la vera patrimoniale è già in corso”

Diversa la posizione di Giuseppe Conte, che ha preso le distanze sia dal governo che dal Pd: “Questo è il governo delle tasse: la pressione fiscale è a livelli record e colpisce il ceto medio e le fasce più deboli. È questa la vera patrimoniale, non distraiamo i cittadini dai veri problemi”.

L’ex premier ha ribadito che nel programma del Movimento 5 Stelleuna patrimoniale non è all’ordine del giorno”.

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