Il libro evento dell’anno – l’ultima opera di Michel Houellebecq – esce in Francia gia’ ai primi di gennaio e si chiama “Serotonina”. Quattro anni dopo il polemico ‘Sottomissione’, in cui il protagonista finiva per convertirsi all’islam per sopravvivere, stavolta nel mirino di Houellebecq finiscono la globalizzazione, il libero scambio, gli stranieri che “invadono” la Francia. Dopo l’islam invasore, stavolta – nell’ottica del libro – a rovinare le campagne, le tradizioni, il livello della vita quotidiana e l’identita’ francese sono il mondo disumanizzato dal dominio del denaro e l’ultraliberalismo.
Il libro di Michel Houellebecq “Serotonina” esce quattro anni dopo il polemico ‘Sottomissione’, in cui il protagonista finiva per convertirsi all’islam per sopravvivere, stavolta nel mirino di Houellebecq finiscono la globalizzazione, il libero scambio, gli stranieri che “invadono” la Francia.
Facile ritrovare in molte pagine del romanzo idee e battaglie dei gilet gialli. L’avvio di ‘Serotonina’ e’ folgorante: in primo piano, la pastiglia con l’ormone detto ‘della felicita” con la quale il protagonista, Florent-Claude Lambrouste, 46 anni, si sveglia ogni mattina per vivere la sua infelicita’ di scapolo, infelice e “sconfitto”. In poche pagine, questo 7/o romanzo porta il lettore in piena “Houellebecqlandia”, stavolta con accenti piu’ cupi e a tratti disperati. Di se’, il protagonista narrante sembra non amare nulla, a cominciare dal nome di battesimo fino alla compagna che non ama, la giapponese Yuzo. L’autore non lesina sulla sua abituale dose di humour, ormai quasi completamente “noir”. E comincia proprio con il Captorix, il farmaco antidepressivo a base di Serotonina con il quale comincia tutte le sue giornate: “Gli effetti secondari indesiderabili del Captorix riscontrati piu’ spesso – scrive – erano la nausea, la scomparsa della libido, l’impotenza. Io non avevo mai sofferto di nausea”. Nelle 350 pagine di “Serotonina”, Florent-Claude arriva anche ad avere in mano un fucile, a cullare un progetto folle al culmine della sua depressione ma non sara’ mai capace di realizzarlo. Ma il suo capolavoro, di fronte all’insostenibilita’ del mondo, e’ organizzare la propria scomparsa: via dall’appartamento noto a tutti e trasferimento in un hotel del XIII arrondissement, dove abita nella realta’ lo scrittore. Florent-Claude fugge dalle donne – con le quali ha un rapporto almeno ambiguo, spesso sessista – dalla realta’ e dalla nemica Europa. Un suo ex compagno d’universita’, che si mette alla testa di una sorta di manipolo di gilet gialli armati fino ai denti, e diventa il suo alter-ego, solare almeno quanto il protagonista e’ triste e lunare, ma a lui accomunato dal destino della sconfitta. Fra i temi del romanzo, destinato a far discutere almeno quanto “Sottomissione”, spicca quello degli “stranieri”, del cedimento della Francia alla mondializzazione, al punto da spingere Florent-Claude a scegliere di mangiare ogni giorno nell’unico ristorante che inalbera il cartello “Heures heureuses” invece di “happy hours”. Una svolta verso il sovranismo? Anche qui la discussione viene arricchita da un paio d’interviste, le uniche, concesse da Houellebecq negli ultimi mesi: al periodico di estrema destra Valeurs Actuelles, in cui critica violentemente l’Europa e invoca una “Frexit”; e all’americano Harper’s, al quale confida che “Donald Trump e’ uno dei migliori presidenti americani” che lui, Michel Houellebecq, abbia mai visto.
Un 49enne marocchino, condannato per l’omicidio della moglie, è stato espulso dall’Italia e accompagnato alla frontiera aerea di Venezia e rimpatriato in Marocco con un volo diretto a Casablanca. Il provvedimento è stato disposto dal questore di Padova Marco Odorisio. Entrato in Italia ad aprile 2010 per ricongiungimento familiare con la moglie, nel 2011 era stato arrestato dalla squadra Mobile per omicidio doloso in quanto, al culmine di un litigio con la coniuge, all’interno della propria abitazione, nonostante la presenza della figlia allora di 7 anni, l’uomo aveva ucciso la compagna con 12 colpi contundenti e 42 coltellate. Il marocchino era stato condannato dalla Corte d’Assile d’Appello di Venezia alla pena di 14 anni e 8 mesi di reclusione.
Scarcerato lo scorso agosto, irregolare sul territorio nazionale e ritenuto pericoloso socialmente, lo straniero è stato collocato e trattenuto, con provvedimento del questore, presso il Centro di Permanenza per i Rimpatri di Milano dove, dopo due giorni, ha formalizzato istanza di Protezione Internazionale.
A settembre del 2023 è stato dimesso dal Cpa milanese perché il Giudice del Tribunale di Milano non aveva convalidato il provvedimento di trattenimento per richiedenti asilo in quanto la domanda di protezione internazionale presentata dal 49enne non è stata ritenuta strumentale a fine di evitare o ritardare il provvedimento di espulsione. l 49enne è stato poi rintracciato nel padovano dopo la sua uscita dal Cpr, e portato al Centro di Permanenza per i Rimpatri di Gorizia, dove è stato raggiunto dal provvedimento di espulsione dopo che la polizia si era consultata con il Console del Regno del Marocco presso il Consolato di Verona
Queste sono le ultime immagini riprese dalle telecamere di sorveglianza della Stazione Centrale di Milano in possesso della Procura della Repubblica di Lecco diffuse dai Carabinieri che ritraggono Edoardo Galli mentre cammina sul binario dove è giunto il treno proveniente da Morbegno e mentre transita in uscita dai tornelli di sicurezza lo scorso 21 marzo.
Dopo questi istanti – spiega la nota della Procura- non ci sono, al momento, ulteriori riprese che lo ritraggono dialogare o in compagnia di altre persone ovvero nei pressi di esercizi commerciali.
Le donne ‘camici bianchi’ della Sanità italiana ancora oggi sono spesso davanti ad un bivio, quello di dover scegliere tra famiglia e carriera. Accade soprattutto al Sud e la ragione sta essenzialmente nella mancanza di servizi a sostegno delle donne lavoratrici. A partire dalla disponibilità di asili aziendali: se ne contano solo 12 nel Meridione contro i 208 del Nord. E’ la realtà che emerge da un’indagine elaborata dal Gruppo Donne del sindacato della dirigenza medica e sanitaria Anaao-Assomed, coordinato dalla dottoressa Marlene Giugliano. “Al Sud le donne che lavorano nel Servizio sanitario nazionale devono scegliere tra famiglia e carriera e per le famiglie dei camici bianchi non c’è quasi nessun aiuto. Una situazione inaccettabile alla quale occorre porre rimedio”, denuncia il segretario regionale dell’Anaao-Assomed Campania Bruno Zuccarelli.
Nelle strutture sanitarie italiane, afferma, “abbiamo 220 asili aziendali, di cui 208 sono al Nord (23 solo in Lombardia). In Campania gli asili nido su 16 aziende ospedaliere sono solo 2: Cardarelli e Azienda Ospedaliera Universitaria Federico II. Il Moscati di Avellino aveva un asilo nido che è stato chiuso con la pandemia e ad oggi il baby parking dell’Azienda Ospedaliera dei Colli è chiuso. Una condizione vergognosa e desolante”. Ma i dati raccolti dal sindacato dicono anche altro: se si guarda al personale del servizio sanitario nazionale, il 68% è costituito da donne, quasi 7 operatori su 10, con un forte sbilanciamento verso il Nord dove le donne sono il 76%, mentre al Sud solo il 50%. Un divario tra Nord e Sud, quello della sanità, che “si lega alle condizioni di difficoltà che le donne devono affrontare – aggiunge Giugliano – del resto in Campania il costo medio della retta mensile di un asilo è di 300 euro, con cifre che in alcuni casi arrivano anche a 600 euro.
E nella nostra regione c’è un posto in asili nido solo ogni 10 bambini”. Per questo le donne campane dell’Anaao chiedono di essere ascoltate dalle Istituzioni regionali, così come dalle Aziende ospedaliere e Sanitarie. Tre i punti chiave sui quali intervenire, sottolineano: “creazione di asili nido aziendali che rappresentano una forma di attenzione per le esigenze dei propri dipendenti e consentono una migliore conciliazione dei tempi casa-lavoro; sostituzione dei dirigenti in astensione obbligatoria per maternità o paternità e applicazione delle norme già esistenti, come flessibilità oraria; nomina, costituzione e funzionamento dei Comitati unici di garanzia”. Sono organismi che “prevedono compiti propositivi, consultivi e di verifica in materia di pari opportunità e di benessere organizzativo per contribuire all’ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico, agevolando l’efficienza e l’efficacia delle prestazioni e favorendo l’affezione al lavoro, garantendo un ambiente lavorativo nel quale sia contrastata qualsiasi forma di discriminazione”, spiega Giugliano. In regioni come la Campania, “questi organismi hanno solo un ruolo formale, cosa – conclude l’esponente sindacale – che non siamo più disposte ad accettare”.