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Serie A: il Milan ora è primo, pari tra Atalanta e Juve

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La settimana perfetta consegna al Milan la testa della classifica. Un gol iniziale sull’asse Maignan-Leao basta e avanza per mettere a cuccia una Samp che non decolla neanche con Giampaolo. Complice il pari guerreggiato tra Napoli e Inter, si disegna al vertice un triangolo poco amoroso, ma che promette di durare fino all’epilogo della serie A. Il match ‘spareggio’ per il quarto posto finisce 1-1 tra Atalanta e Juve, e i bianconeri rimangono avanti di due punti ma Gasperini ha una partita da recuperare. Per il resto la Roma conferma le sue difficolta’ pareggiando 2-2 solo nel recupero in casa del Sassuolo rimaneggiato dopo una gara ricca di alti e bassi, com’e’ tradizione degli incontri tra le due squadre. Mourinho mantiene il sesto posto a +1 dalla Lazio, ma l’Europa e’ ancora contendibile perche’, oltre alla Fiorentina, alle spalle si profila il minaccioso avvicinamento del Verona che si beve una Udinese ripiombata nella mediocrita’ dopo la vittoria col Toro. In zona salvezza il Cagliari recupera a Empoli e agguanta il Venezia. Alle loro spalle un pari inutile e masochistico tra Genoa e Salernitana che rischia di anticipare una retrocessione a braccetto. Prime le due doppiette di Giroud, che procurano le vittorie nel derby e in Coppa Italia, poi terzo sigillo col minimo sforzo con la Samp. Il Milan di Pioli cambia gli interpreti ma il prodotto e’ sempre eccellente. La vittoria certifica il primato virtuale, visto che l’Inter deve recuperare una gara, ma il Milan avra’ piu’ tempo per rifiatare visto che non deve disputare le coppe, che ripartono da martedi’ (e per l’Inter mercoledi’ e’ sfida al Liverpool). Il compitino e’ diligente ma non esaltante come nelle altre due gare, pero’ alla distanza il Milan avrebbe potuto mettere in sicurezza il successo. Bene il recuperato Tomori, in mezzo Tonali e’ ormai un punto di riferimento consolidato ma ancora una volta e’ decisivo Leao, al decimo sigillo stagionale. I tifosi non dimenticano l’addio di Donnamurra per cui ‘beccano’ senza pieta’ Kessie che non vuole rinnovare il contratto. Ma e’ una piccola ombra in una stagione felice per Pioli che sta seminando per un futuro radioso. Nel posticipo, Vlahovic schierato da Allegri nel tridente con Morata e Dybala per la prima volta non va in gol in bianconero, e la Juve rischia di capitolare in una partita intensa e ricca di occasioni. Gasperini e’ in emergenza, l’Atalanta soffre, ma succede tutto nel finale: l’ucraino Malinovsky subentrato allo scoccare dell’ora a Muriel apre con una punizione clamorosa, Danilo pareggia al 92′ su calcio d’angolo. Scintille, prodezze ed errori al Maipei stadium. Il Sassuolo rinuncia agli squalificati Scamacca e Raspadori, la Roma a Zaniolo. Ci sono due gol annullati per fuorigioco a Traore’ e a Abraham. Poi i giallorossi passano allo scadere del tempo con un preciso rigore di Abraham concesso per mani di Chiriches. Ma al ritorno in campo c’e’ una super papera di Rui Patricio che si incarta su retropassaggio di Smalling. Cambia tutto perche’ il Sassuolo si sacrifica e gioca compatto, la Roma si perde e subisce il ko con una conclusione di Traore’ liberatosi di Karsdorp. Viene espulso Ferrari e il caotico assalto finale regala il pari ai giallorossi con un gol nel recupero di Cristante. Il Verona colleziona il terzo successo in quattro gare, ma con l’Udinese e’ un trionfo che corrobora il sogno dell’Europa. A fare da collante e’ sempre Caprari col nono gol nella 200/a gara in A. La squadra di Tudor gioca armonicamente e mette in discesa la gara gia’ nel primo tempo. L’Empoli continua a stentare e la vittoria manca ormai da otto gare. Sembra mettersi bene contro il Cagliari: toscani vanno in gol con Pinamonti e poi sfiorano il raddoppio con Bandinelli. Mazzarri perde Lovato, inserisce due punte fresche ed e’ proprio Pavoletti a pareggiare e sfiorare il sorpasso in una gara che ha visto l’arbitro Parisi uscire per infortunio, sostituito dal quarto uomo Marini. In coda gode solo il Venezia, dopo il successo a Torino, perche’ Genoa e Salernitana si fanno del male con un pari che sa di sconfitta per entrambe. Destro e Bonazzoli definiscono il risultato nel primo tempo, poi tanto ardore ma poca lucidita’ nonostante le rivoluzioni del mercato.

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Coppa Italia, Fiorentina ko: Atalanta in finale con la Juve

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L’Atalanta batte 4-1 la Fiorentina nella semifinale di ritorno, dopo aver perso di stretta misura tre settimane fa al “Franchi”, e raggiunge la finale di Coppa Italia, dove affronterà la Juventus, per la sesta volta nella sua storia. Obiettivo centrato grazie ai gol ben oltre il novantesimo di Lookman e Pasalic, quando ormai il match sembrava avviato ai supplementari. Pronti via, a lungo la verve viola si limita a un tentativo pretenzioso da fuori di Gonzalez e a quello più impegnativo per Carnesecchi, costretto al tuffo, di Belotti, aperto proprio dall’argentino. Due tiri mancini seguiti dal vantaggio di casa con l’autore del gol vittoria dell’andata a servire involontariamente l’olandese. Il possibile raddoppio rimane in canna a lungo alla squadra dello squalificato Gasperini, sostituito ancora una volta da Gritti in panchina, anche perché al 12′ il Var ha gioco facile nell’annullare il destro dal limite Scamacca su tocco di De Ketelaere, essendo evidentissimo il fallo precedente di Koopmeiners su Beltran.

I viola provano ad addormentare un confronto continuamente spezzettato da falli, ma condotto dall’Atalanta. Al 24′ il firmatario dell’1-0 ci riprova girandosi di destro sul contropiede a due Scamacca-De Ketelaere, ma i riflessi di Terracciano tengono. Passano undici minuti e ancora l’asse Scamacca-De Ketelaere produce l’occasione di quest’ultimo, che dalla lunetta allarga il diagonale ignorando Zappacosta libero alla sua destra. Se al 38′ Hien ferma Kouamé, bravo a tagliare sulla rifinitura di Gonzalez, e cinque minuti più tardi l’ex Bonaventura mira troppo da lontano per infastidire il portiere nerazzurro, è Ruggeri a fallire il 2-0 spostandosela sul destro dopo il pallone dal fondo di Zappacosta rinviato corto da Milenkovic in scivolata sulla pressione di Ederson. Al rientro dagli spogliatoi, di nuovo prove generali di bis locale con Ruggeri a stringere davanti all’area piccola per colpire di testa in caduta il cross di Zappacosta: la palla si spegne a lato.

All’ottavo, la seconda svolta della sfida con Milenkovic a lasciare i suoi in dieci per l’aggancio al limite a Scamacca, smarcato dal filtrante di De Ketelaere: entra Quarta per Belotti, la punizione del romano è alzata in corner da Beltran di testa. Duncan sostituisce Beltran abbassando ulteriormente il baricentro toscano e oltre il quarto d’ora tocca a De Roon sbagliare la misura sull’azione aperta da Koopmeiners per la doppia sponda all’indietro di Scamacca e De Ketelaere. Riacciuffa il risultato Quarta, tuffandosi di testa al 23′ per trasformare lo schema da fermo di Mandragora. Gritti inserisce Lookman e Miranchuk, ma è Scamacca a risolvere la mischia sul traversone di Ruggeri spondato da De Ketelaere rovesciando imparabilmente alla mezzora. L’ex West Ham, però, diffidato, si fa ammonire per un fallo a metà campo su Gonzalez.

I bergamaschi ne sbagliano un paio di più, con Lookman che si gira debolmente di sinistro su iniziativa di Miranchuk e De Ketelaere che parte dalla sua metà campo per alzare dall’area senza opposizione. Tutto fra 43′ e 44′; al 3′ di recupero Scamacca, contrastato da Comuzzo, mastica la deviazione sulla palla dal fondo del russo; al 5′, il gol di Lookman rivisto al check ricevendo da Scamacca. Tre minuti dopo, è proprio il nigeriano a lanciare in porta Pasalic per il trionfo atalantino con Gasperini a esultare sotto la Curva Nord.

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Gravina-Lega di A e non solo, è tutti contro tutti

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San Siro per un giorno torna ad ospitare un ring. Niente sport, però, ma uno scontro da tutti contro tutti intorno al mondo del calcio e alle riforme: da un lato la Lega Serie A, dall’altra la Figc. Ma accanto all’incontro di cartello, c’è stato pure quello tra il presidente del Coni, Giovanni Malagò, e il ministro per lo Sport e i giovani, Andrea Abodi. In particolare, però, ad infiammarsi è stato lo scontro intestino nel pallone. La miccia era stata accesa ieri dal presidente della Lega Serie A, Lorenzo Casini, che, intervenuto in commissione Cultura al Senato, aveva parlato di “rischio di derive autoritarie” da parte dei vertici della Figc. Parole che non sono andate giù al numero uno della federazione, anche perché pronunciate davanti a Claudio Lotito, presente alla seduta in quanto senatore pur non facendo parte della commissione. “Ci sono soggetti che pensano di gestire il mondo del calcio a proprio piacimento. Mi riferisco a Lotito e al lotitismo”, l’accusa di Gravina durante l’evento organizzato da Il Foglio a San Siro.

“Quando si parla di autonomia – ha aggiunto – bisogna capire come sia possibile che in Italia qualcuno sia allo stesso tempo presidente di una società, partecipa all’assemblea della Lega A, al Consiglio di Lega e al Consiglio Figc, è senatore, è vicepresidente commissione Bilancio, non fa parte della commissione Cultura ma partecipa ponendo domande”. Mettendo poi nel mirino anche Casini. “Parlare di derive di autoritaria è una mancanza di rispetto istituzionale. Si confonde con l’esercizio della democrazia”. Respingendo infine anche le lamentele per la scarsa autonomia: “La Serie A gode già della massima autonomia. Lo è nell’ organizzare i propri tornei, nella determinazione e nella valorizzazione dei suoi brand, nella gestione dei diritti tv”. Nemmeno due ore dopo, a salire sul palco è lo stesso presidente della Lega Serie A. Che respinge la palla nel campo avversario. “Non c’è nulla di personale, la Serie A nei poteri federali è sottodimensionata e questo porta a delle conseguenze, con rischi di derive autoritarie – ha ribadito Casini -. L’unico tentativo in tal senso è l’ipotesi di eliminare il diritto di veto. Se un sistema consente di proporre quello, significa che c’è qualche problema di equilibrio di poteri”. Finita qui? Tutt’altro, perché nel pomeriggio è arrivata la replica anche del patron della Lazio.

“Le dichiarazioni si commentano da sole: chiare manifestazioni di pura ostilità e scomposto rancore nei miei confronti, al fine di difendersi dalle responsabilità circa lo stato attuale del calcio in Italia che tutti gli attribuiscono”, dice Lotito, in una nota. E in serata, alla stessa Agenzia, una fonte della Figc precisa: “Nessun rancore, è solo una questione di rispetto per la Federazione. Il presidente ha manifestato preoccupazione per la gravità delle parole di Lotito in Commissione quando ha parlato di ‘ritorsioni’ verso chi non si allinea alla politica di Gravina. Basta riascoltare – si conclude da via Allegri – la registrazione sul sito del Senato”. Mentre dal mondo politico arrivavano dichiarazioni per l’una o l’altra parte, non sono mancati i tentativi di rasserenare l’ambiente: “La Lega A può rivendicare diritti che possono essere migliorati, ma quando subentra la litigiosità questa situazione non può portare giovamento”, ha detto l’ad dell’Inter, Giuseppe Marotta, sempre durante l’evento a San Siro.

“Cerchiamo di evitare contrapposizioni, perché è tutto a danno del calcio e non ci saranno né vincitori e né vinti”, gli ha fatto eco Malagò. Ma anche lo stesso numero uno del Coni è finito al centro di un botta e risposta col ministro Abodi, in merito al suo mandato, che scadrà nel maggio 2025, a nove mesi dalle Olimpiadi di Milano-Cortina. “Io non credo agli uomini e alle donne della provvidenza. Per cui quando un mandato finisce la vita continua e il mondo va avanti”, la dichiarazione in mattinata di Abodi. “Cambiare a pochi mesi dalle Olimpiadi non mi sembra una buona idea. Poi in questo Paese però non credo ci sia abbastanza da stupirsi”, “la replica di Malagò.

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La Lazio vince ma è la Juventus che va in finale di Coppa Italia

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Serviva la partita perfetta alla Lazio per passare il turno e rimontare lo svantaggio di due gol dell’andata. Lo è stata per 83 minuti, fino a quando la doppietta di Castellanos ha permesso ai biancocelesti di sognare. A svegliarli, però, ci ha pensato Milik con il sinistro sotto misura che fa la Juventus  sconfitta, per 2-1, ma felice e in finale di Coppa Italia. Tudor deve fare ancora i conti con le assenze di Provedel, Lazzari e Zaccagni ai quali si aggiunge all’ultimo minuto Kamada per un problema al polpaccio con il giapponese tenuto fuori a scopo precauzionale mentre Allegri sceglie Perin tra i pali e conferma i giustizieri dell’andata, Vlahovic e Chiesa. “I ragazzi ci credono” aveva avvisato Tudor in conferenza. E la Lazio lo dimostra subito passando alla prima vera occasione. Il calcio d’angolo battuto da Luis Alberto è perfetto per lo stacco di Castellanos, il protagonista più atteso, la sua incornata vale l’1-0, oltre ad essere benzina sul fuoco della speranza. Il gol scalda la fredda serata romana, l’Olimpico diventa incandescente spingendo i biancocelesti alla ricerca del raddoppio che significherebbe pareggiare il doppio svantaggio dell’andata. LJuventus a quasi rinuncia a giocare, l’unico acuto è firmato Vlahovic che, di sinistro, gira in area trovando il piede di Mandas a sbarrargli la strada. Ma è sul finale che Castellanos ha l’occasione giusta, sparando però addosso a Perin. All’intervallo Tudor toglie Gila e inserisce Patric. La ripresa, però, si apre così come era finito il primo tempo, solo che stavolta l’esito è diverso. Ancora Castellanos, ancora a tu per tu con Perin: stavolta l’argentino è freddo, il suo destro vale il raddoppio ma soprattutto pareggia i conti con l’andata. Si sveglia la Juventus che sfiora il gol con Vlahovic prima anticipato da Marusic sulla linea, poi impreciso con il destro. La Lazio sembra amministrare, Tudor getta nella mischia anche Immobile cercando di dare nuova linfa all’attacco laziale, Allegri risponde con il doppio cambio Milik-Yildiz. E’ la mossa vincente. Perché quando la prospettiva dei supplementari sembrava un’idea che le squadre iniziavano a prendere in seria considerazione, ecco l’acuto proprio di Milik che, sul tiro cross di Weah, devia in porta spegnendo i sogni laziali e proiettando la Juventus  alla finale, da giocare contro un tra Atalanta o Fiorentina, concedendo ad Allegri la possibilità di alzare un trofeo in una stagione che, ai bianconeri, può ancora regalare soddisfazioni.

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