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Senato approva decreto, il Rave diventa reato

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Il decreto, cosiddetto ‘anti-Rave’, passa al Senato con 92 sì, 75 no e un astenuto. La capogruppo di Forza Italia a Palazzo Madama, Licia Ronzulli, non vota il provvedimento, così come annunciato ieri. Il testo, infatti, oltre ad introdurre il reato di ‘rave-party’ (art.633-bis c.p) che punisce con il carcere da 3 a 6 anni chi organizza mega-raduni musicali su terreni altrui, anche con uso di sostanze stupefacenti, contiene altre norme che sollevano non poche polemiche.

Una di queste – quella che consente di rintegrare in servizio il personale sanitario ‘No-Vax’ e di rinviare il pagamento delle multe per chi ha detto di no al vaccino anti-Covid – incassa la contrarietà non solo dell’ opposizione, ma anche di buona parte della maggioranza, a cominciare da FI che però vota sì al provvedimento, in linea con le indicazioni del centrodestra. Il decreto, sottolinea Ivan Scalfarotto del Terzo Polo, passa “solo con 92 sì” e “mancano molti voti della maggioranza”.

Al Senato, le forze che sostengono il Governo contano su 116 senatori, compreso il presidente Ignazio La Russa che però per prassi non vota. Quindi sarebbero mancati 24 voti. Il progetto di legge passa ora alla Camera per il voto finale. Nella scorsa legislatura il decreto che dispose l’obbligo vaccinale partì da una proposta di legge che ebbe come prima firmataria proprio Licia Ronzulli, pertanto la parlamentare, “per coerenza” e soprattutto “per convinzione” non vota né l’articolo 7 del testo che elimina di fatto gli obblighi vaccinali (anche quello di avere il green pass per entrare nelle case di riposo o negli hospice, su proposta di FdI) né il ddl di conversione del decreto nel suo complesso. M5S, Pd e AVS parlano di “precedente pericoloso” in caso di nuove pandemie e di “norma sbagliata”.

Ma c’è anche un’altra misura che fa insorgere l’opposizione, a cominciare da Roberto Scarpinato dei 5 stelle, ed è quella che elimina i reati contro la Pubblica Amministrazione dall’elenco dei reati ostativi, quelli per i quali non sono previsti i benefici penitenziari. Vanificando così quella che nella precedente legislatura era stata chiamata dai pentastellati la “legge Spazzacorrotti”. Secondo i 5S, poi, si penalizzano i collaboratori di giustizia rispetto a chi sceglie l’omertà e si vanificano “importanti strumenti di lotta alla mafia”.

Diventa invece un ordine del giorno la richiesta del capogruppo di FI in commissione Giustizia, Pierantonio Zanettin, di rendere inappellabili le sentenze di assoluzione. Il senatore, che con i suoi emendamenti – insieme a quelli della presidente della Commissione Giustizia, Giulia Bongiorno – ha di fatto riscritto il decreto, ribadisce che l’inappellabilità comunque “resta una priorità per FI” e che ha avuto assicurazioni dal Governo che sarà inserita in una delle riforme annunciate dal ministro della Giustizia Carlo Nordio.

Soddisfazione è espressa da Giulia Bongiorno che incassa il riconoscimento da parte di tutte le forze politiche di essere riuscita a portare in Aula un testo “più equilibrato e corretto” rispetto al decreto originario, garantendo, come osserva anche Erika Stefani della Lega, “il giusto approfondimento” e una “migliore tipizzazione della norma” come nota FdI. Parla invece di “garantismo di facciata” la vicepresidente del Senato Anna Rossomando (Pd) che ricorda come con il decreto si rinvii di fatto anche la legge Cartabia: “Cosa grave perché rallentare i tempi della giustizia è una ferita alla cultura delle garanzie”.

Si sarebbero potute approvare norme transitorie senza rinviare tutta la riforma, dichiara. “Difficilmente si poteva immaginare un esordio peggior da parte del Governo”, incalza il capogruppo di AVS al Senato, Peppe De Cristofaro, perché “è un provvedimento sbagliato sotto tutti i punti di vista”. “Con questi numeri non vanno avanti a lungo”, è la chiosa di Scalfarotto del Terzo Polo.

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L’Udinese risorge a Monza, 2-1 e nono posto

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L’Udinese vince a Monza e, dopo oltre un mese e mezzo, torna al successo conquistano il non posto in classifica. A decidere la sfida dell’U-Power Stadium sono Lorenzo Lucca e Jaka Bijol con due reti intervallate dal momentaneo pareggio di Georgios Kyriakopoulos. Il 2-1 finale per gli ospiti mette ancora più in difficoltà la squadra di Alessandro Nesta che resta inchiodata al penultimo posto. Dopo i pareggi contro Torino e Como, arriva l’ennesimo stop di questo campionato per il Monza, unica squadra insieme al Genoa a non aver ancora vinto in casa in questa stagione.

Chi invece può sorridere è Kosta Runjaić che allontana così le paure di una squadra in crisi e, dopo aver trovato 1 solo punto nelle ultime cinque uscite, torna da Monza con il bottino pieno. I padroni di casa tentano un approccio aggressivo alla gara ma l’Udinese non perdona proprio alla prima occasione in cui si presenta nell’area di rigore dei brianzoli: Lucca sfrutta i suoi centimetri e di testa al 5′ porta in vantaggio i bianconeri.

È un inizio in salita per gli uomini di Nesta che, assorbito il colpo, provano nuovamente a fare la gara nella metà campo avversaria, con un possesso palla avvolgente e diversi tentativi dalla distanza di fronte alla solidità difensiva dell’Udinese. A servire l’involontario assist per far breccia nel muro bianconero è il cambio di modulo dei friulani a inizio ripresa: Runjaic passa alla difesa a 3 e i suoi uomini si trovano impreparati a reggere l’urto dei padroni di casa, che dopo appena due minuti sfondano in area di rigore e trovano l’1-1 con Kyriakopoulos.

La partita si infiamma e regala più emozioni: il Monza sfiora il vantaggio, ma subisce in contropiede il gol del sorpasso ospite, firmato da Bijol. Questa volta il colpo è più duro da digerire, Nesta prova allora a mettere la sua squadra a trazione anteriore, ma le speranze di risollevare l’ennesima serata storta si infrangono sulla traversa colpita da Dany Mota. Cinque minuti di recupero non bastano ai brianzoli per raggiungere il pareggio. L’Udinese sale a 20 punti mentre per il Monza la classifica inizia a farsi più buia: 10 punti, uno solo in più del Venezia fanalino di coda e due in meno di Como e Verona.

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Baseball: Juan Soto ai Mets, 15 anni per 765 milioni di dollari

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La superstar del baseball dominicano Juan Soto ha accettato di unirsi ai New York Mets con un contratto record della durata di 15 anni ed un compenso di 765 milioni di dollari. Sia ESPN che il sito web ufficiale della Major League Baseball hanno riportato la notizia. E’ il contratto più ricco nella storia dello sport professionistico nordamericano. Eclissa quello da 700 milioni di dollari in 10 anni che i Los Angeles Dodgers hanno firmato con la star giapponese Shohei Ohtani l’anno scorso. Secondo ESPN il contratto di Soto con i Mets potrebbe in realtà valere più di 800 milioni, bonus compresi. Soto, nativo di Santo Domingo, segna un momento cruciale per la franchigia del Queens, che, accarezzato nella scorsa stagione il sogno di tornare alla World Series per la prima volta dal 2015, punta adesso a costruire una squadra in grado di contendere il titolo per le prossime stagioni.

Soto, 26 anni compiuti lo scorso 25 ottobre, è un battitore di straordinarie abilità e intelligenza. Dopo aver debuttato a 19 anni e 207 giorni il 20 maggio del 2018 con i Washington Nationals, Soto ha vinto 5 Silver Slugger Award, un titolo di battuta (nel 2020), e per 4 volte ha ricevuto la convocazione per l’All-Star Game. Nel 2019 ha vinto, da protagonista, una World Series con i Washington Nationals e, tra 2021 e 2024, è finito per due volte nella top-3 MVP, della National League prima e dell’American League poi. Nella stagione appena conclusa è stato determinante nel primo titolo in 15 anni conquistato dai New York Yankees (il pennant American League), piegando i Cleveland Guardians a suon di fuoricampo (3 in cinque partite), l’ultimo dei quali determinante nella decisiva gara cinque.

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Fumata grigia in Lega Serie A, 13 voti per Simonelli

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Fumata grigia per il nuovo presidente della Lega Serie A. Nella prima votazione in assemblea infatti il candidato Ezio Simonelli (foto imagoeconomica in evidenza) ha ottenuto 13 voti, rispetto ai 14 necessari da statuto come quorum per l’elezione. Tra le altre, sei sono state le schede bianche e un voto è andato a Mario Draghi. Non ci sarà tuttavia una seconda votazione nella giornata di oggi da parte dei club: il tema dell’elezione del nuovo presidente sarà quindi oggetto di una nuova assemblea, che deve essere però ancora convocata.

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