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Economia

Scontro Governo-Pd su Carige. Per il premier Conte “non è un salvataggio”. Mattarella firma il decreto e lo manda alla Camera

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Le misure adottate dal governo per assicurare liquidita’ a Carige e preparare la via – in caso di fallimento del salvataggio privato – a un intervento dello Stato in stile Mps, scatenano la contraerea delle opposizioni sulla Lega e sul M5S, accusati di predicare bene (dall’opposizione) e razzolare male (ora che sono al governo). Nel turbine della polemica finisce anche il premier Giuseppe Conte, accusato dal Pd di conflitto di interessi per i rapporti con il giurista Guido Alpa, gia’ consigliere di Carige, e con Raffaele Mincione, azionista della banca. Accuse bollate come “un’assurdita’” da Conte che – ricordano da Palazzo Chigi – non ha mai avuto “uno studio professionale associato” con Alpa” ne’ ha mai “incontrato o conosciuto” Mincione, limitandosi a fornire un parere legale a una societa’ di cui era socio e presidente. “In questo momento non parliamo di salvataggio di Carige, confidiamo che la logica di mercato e che gli azionisti possano ricapitalizzare” afferma a “Porta a Porta” Conte. “Lo Stato ha offerto una garanzia per nuovi bond perche’ si e’ creato uno stallo, per traghettare questo momento. E’ un salvagente temporaneamente offerto ma confidiamo che la Carige possa attraversare questo momento”. “Se questo non arrivera’ – aggiunge – non intendiamo usare soldi dello Stato”. A scatenarsi e’ soprattutto il Pd, seguito dalle opposizioni, che rinfaccia al governo di aver utilizzato lo ‘scudo’ di 20 miliardi messo a punto dal governo Gentiloni nel 2016. Ma i malumori serpeggiano anche tra i 5 Stelle dove Gianluigi Paragone non esita a definirsi “incazzato” e parla di rischio “autogol”. “Sono bastati dieci minuti di una riunione notturna del Consiglio dei Ministri per smentire cinque anni di insulti e menzogne contro di noi. Matteo Salvini e Luigi Di Maio devono solo vergognarsi”, apre il fuoco l’ex premier Matteo Renzi. “Di Maio e Salvini dovrebbero riconoscere che hanno fatto la stessa cosa che abbiamo fatto noi”, incalza Maria Elena Boschi. “Mentre Renzi e Boschi i risparmiatori li hanno ignorati e dimenticati, noi siamo intervenuti subito a loro difesa senza fare favori alle banche, agli stranieri o agli amici degli amici” la replica di Salvini. “Quante balle dei giornali, di Renzi e della Boschi sulle banche!”, s’indigna Di Maio, che esclude un bis delle venete (svendute “a due euro”) e di Etruria (“perche’ salviamo tutti gli obbligazionisti e correntisti”). Se lo Stato dovesse ricapitalizzare, Carige verra’ “nazionalizzata”. dice.

Il premier. Giuseppe Conte ha risposto alle critiche del Pd dicendo che quello di Carige non è un salvataggio

Replicando quanto fatto dal Pd con Mps, di cui il Tesoro ha rilevato per 5,4 miliardi il 68%, quota valutata oggi dalla Borsa 4,2 miliardi in meno. In questo clima incandescente, i commissari lavorano ventre a terra per trovare un partner per Carige. Per riuscirci dovranno cedere una parte consistente dei suoi 2,8 miliardi di crediti deteriorati, aprendo una due diligence a cui “saranno invitati” i principali gestori di npl. Ci sara’ certamente la Sga, la controllata del Mef che potrebbe offrire a Carige condizioni migliori di quelle disponibili sul mercato. Mentre domani si riunira’ il Fondo interbancario per esaminare la richiesta di Carige di ridurre l’insostenibile tasso del 16% che la banca deve pagare sul bond da 320 milioni sottoscritto dal Fitd. Intanto la Commissione Ue “e’ in contatto con le autorita’ italiane, pronta a discutere con loro della disponibilita’ di strumenti” di salvataggio “sempre nel quadro degli strumenti europei”. Carige chiedera’ subito la garanzia statale sui bond mentre considera un’ipotesi “residuale” l’ingresso dello Stato. I sindacati, che hanno incontrato i commissari, giudicano “positivo” l’intervento del governo. Serve a tranquillizzare i mercati, ha spiegato Lando Sileoni della Fabi. Il presidente della repubblica, Sergio Mattarella, ha firmato il decreto legge su Carige varato ieri sera dal Consiglio dei ministri. Il provvedimento è stato trasmesso alla Camera. Mattarella, si legge nel sito del Quirinale, ha firmato il decreto legge contenenti “misure urgenti a sostegno della Banca Carige S.p.a. – Cassa di risparmio di Genova e Imperia” e l’autorizzazione alla presentazione alle Camere “di disegni di legge 08/01/2019 Conversione in legge del decreto-legge recante misure urgenti a sostegno della Banca Carige S.p.a. – Cassa di risparmio di Genova e Imperia”.

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Economia

Utili record per le banche italiane: oltre 112 miliardi tra 2022 e 2024

La stretta monetaria ha generato utili record per gli istituti di credito italiani: 46,5 miliardi solo nel 2024. Lo rileva un’analisi della Fabi. Torna centrale il credito.

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La stretta monetaria degli ultimi anni ha prodotto un effetto d’oro per gli istituti di credito italiani. Secondo un’analisi della Federazione autonoma bancari italiani (Fabi), dal 2022 al 2024 le banche hanno registrato utili netti aggregati superiori a 112 miliardi di euro, con un record assoluto raggiunto nel 2024: 46,5 miliardi di euro.

Il dato è reso possibile da un contesto di tassi d’interesse elevati, che ha rilanciato il core business del credito e rafforzato la redditività del comparto. A guidare la crescita è stata una dinamica positiva avviata nel 2022, dopo una fase di profitti più contenuti nel quadriennio precedente.

Il credito torna centrale nei ricavi bancari

Nel 2024 i ricavi totali del settore bancario hanno toccato quota 110,1 miliardi, con un aumento del 7,2% rispetto al 2023 e un incremento del 33,8% rispetto al 2018. In particolare, il credito è tornato a rappresentare la principale voce di ricavo, con una quota del 58,5%, superando le commissioni (41,5%) che avevano dominato dal 2019 al 2021.

L’ammontare dei prestiti a imprese e famiglie a giugno è cresciuto dello 0,9% su base annua, con un’accelerazione rispetto al +0,1% del mese precedente. Più nel dettaglio, i prestiti alle famiglie sono cresciuti dell’1,5% mentre quelli alle imprese hanno segnato un calo dell’1,4% nel mese di maggio.

Tassi in calo, ma il margine resta ampio

La fase di tassi elevati sembra ora avviata verso una normalizzazione. I tassi di mercato, secondo l’Abi, sono in discesa da ottobre 2023. A giugno, il tasso medio sui nuovi finanziamenti alle imprese è sceso al 3,56%, e quello per l’acquisto di abitazioni è stabile al 3,17%, in netto calo rispetto a dicembre 2023 (4,42%).

Il tasso medio complessivo sui prestiti è sceso al 4,02%, dal 4,08% del mese precedente.

Qualità del credito e stabilità patrimoniale

Resta solida anche la qualità del credito: l’incidenza dei crediti deteriorati netti è all’1,5%, con un tasso di copertura del 52,5%, ben sopra la media europea (41,4%). Le cessioni di Non Performing Loan per oltre 17 miliardi tra 2023 e 2024 hanno contribuito a stabilizzare i bilanci.

Gli indici di efficienza e redditività delle banche italiane restano tra i più solidi in Europa. A sostegno di questi risultati, sottolinea il segretario generale della Fabi Lando Maria Sileoni, c’è il lavoro quotidiano di centinaia di migliaia di dipendenti del settore, che hanno contribuito al raggiungimento di bilanci “così in salute”.

Nel 2023, grazie al nuovo contratto collettivo, è stato garantito un aumento medio di 435 euro mensili per i lavoratori, e recentemente è stato riconosciuto un ulteriore incentivo per i dirigenti.

Il sistema bancario italiano si presenta quindi robusto e performante, in un contesto economico che si avvia verso una nuova fase, segnata da tassi in calo e maggiore concorrenza tra istituti.

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Economia

Carrefour verso l’uscita dall’Italia: in vendita tutta la rete dei supermercati

Affidato mandato a Rothschild per sondare il mercato. Interesse da gruppi italiani ed esteri. In corsa anche Mercadona, Lidl, Esselunga e Conad.

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Il colosso francese della grande distribuzione Carrefour sta valutando l’uscita definitiva dal mercato italiano. Nel 2024 l’Italia è diventata il quinto Paese per ricavi, ma resta classificata come mercato non strategico, e il gruppo ha affidato un mandato a Rothschild per cercare potenziali compratori.

La rete italiana comprende circa 1200 punti vendita, di cui 980 in franchising, e 18 mila lavoratori, diretti e indiretti. Secondo diverse fonti, sono già arrivate manifestazioni di interesse sia dall’Italia che dall’estero.

Mercadona favorita, ma si valuta anche la vendita a pezzi

L’opzione preferita sarebbe una cessione in blocco a un unico operatore, magari una catena non ancora presente in Italia. Mercadona, il gigante spagnolo, viene indicato come uno dei più accreditati. Tuttavia, la dimensione dell’operazionepotrebbe rendere più praticabile una vendita frazionata, per aree geografiche o per tipologie di punti vendita: prossimità, supermercati e ipermercati.

Questa ipotesi aprirebbe la partita anche a gruppi già presenti sul mercato come Esselunga, Conad, Selex, Végé, ma anche Lidl e Aldi.

Perdite per 874 milioni in cinque anni

Il gruppo francese è da tempo in sofferenza nel nostro Paese. Secondo Mediobanca, fra il 2019 e il 2023, Carrefour ha accumulato in Italia perdite per 874 milioni di euro. Nel solo 2023, i ricavi sono scesi del 4,8%, da 3,9 a 3,7 miliardi.

Pochi giorni fa, Carrefour ha anche annunciato 175 esuberi nella sede centrale di Milano, nell’ambito di un piano di ristrutturazione volto alla sostenibilità finanziaria.

Margini sotto pressione e potere d’acquisto in calo

L’Italia resta un mercato estremamente competitivo e frammentato, osserva Carrefour, dove la pressione sui margini è acuita da costi energetici, logistica e tassi d’interesse in crescita. A ciò si aggiunge il calo del potere d’acquisto dei consumatori, che rende ancora più difficile operare con profittabilità.

Se l’uscita di Carrefour sarà confermata, si tratterà di una svolta significativa per il panorama della grande distribuzione in Italia, aprendo spazi a nuovi equilibri e consolidamenti tra operatori.

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Merz contro Unicredit, modalità ostili non le accettiamo

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Tempi duri per Unicredit che, oltre a non trovare sponde in Italia su Banco Bpm, mastica amaro anche in Germania. Su Commerzbank resta il muro contro muro con Berlino. L’approccio utilizzato dal gruppo guidato da Andrea Orcel continua a non piacere al Cancelliere tedesco. “Le modalità seguite sono ostili e noi non le accettiamo e non le sosteniamo”, è tornato a ribadire Friedrich Merz in occasione della conferenza estiva. Cambiano i governi ma non cambiano le posizioni. Merz si è riferito esplicitamente alla circostanza in cui Unicredit ha “trasformato” i derivati in azioni “senza concordarlo né con Commerzbank né con noi”, e ha definito la procedura appunto ostile e non accettabile. L’istituto di Piazza Gae Aulenti ad inizio mese ha convertito in azioni una parte della propria posizione sintetica nella banca di Francoforte sul Meno, consolidandosi così al 20% come primo azionista e con l’opzione di arrivare al 29,9%, la soglia d’opa.

Un modus operandi che ha ulteriormente indispettito la Cancelleria, con Merz che ha citato anche una “seconda ragione” sulle sue “riserve” all’operazione. “L’istituto che verrebbe fuori da questa operazione – ha spiegato – potrebbe rappresentare, anche a causa della sua struttura di bilancio, un consistente rischio per il mercato finanziario. E fino a quando questa questione non è chiarita in modo esaustivo – ha puntualizzato – non potrò cambiare la mia opinione”. Non si riducono dunque le distanze in Germania, così come in Italia resta impantanata l’ops su Piazza Meda con il termine del 23 luglio sempre più vicino. Anche la possibilità di un ulteriore rinvio della scadenza da parte della Consob ha una bassa percentuale.

“Stiamo studiando se abbiamo poteri, di fronte a una situazione che non è ancora chiarita, se abbiamo ancora poteri di poter concedere altro. La prima risposta che abbiamo è che non è così però se dall`analisi giuridica emerge che li abbiamo, allora eserciteremo questi poteri”, ha sottolineato il presidente della Consob, Paolo Savona, nella recente audizione alla Commissione d`inchiesta del Senato sul sistema bancario, finanziario e assicurativo. Detto questo la lente resta sempre sul cda di Unicredit, convocato per il 22 luglio per licenziare i conti del semestre mentre sottotraccia resta l’ipotesi di un consiglio straordinario che maturi una decisione definitiva. Nel caso di una rinuncia che è anche prevista nel prospetto, Unicredit potrebbe poi ripresentare l’offerta in un secondo momento. Stessa possibilità nel caso in cui l’offerta sia lasciata arrivare a scadenza senza raggiungere gli obiettivi. Per gli analisti di Mediobanca Research, la banca avrebbe bisogno “di due mesi per consentire ai processi in corso, tra Tar e Commissione Ue sulla legittimità del golden power, di arrivare ad una conclusione”, limitando al stesso tempo i margini a “disposizione del Credit Agricole per costruire una partecipazione in Banco Bpm sopra il 20%”. La Banque Verte peraltro ha in ballo con Unicredit la scadenza nel 2027 della partnership per la distribuzione dei prodotti di Amundi.

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