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Scienza fa quadrato, ‘noi con chi era in prima linea’

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Il mondo scientifico reagisce compatto agli esiti delle inchieste sulla gestione del Covid-19 e fa quadrato intorno a chi, nei primi giorni bui e quando ancora pochissimo si sapeva del nuovo virus, è stato sempre “in prima linea”. A partire proprio da medici, ricercatori ed esponenti di primo piano come il presidente dell’Istituto superiore di sanità (Iss) Silvio Brusaferro o il presidente del Consiglio superiore di sanità Franco Locatelli.

Quando a regnare era l’incertezza, è la posizione comune, chi si è esposto ha agito e preso decisioni in una situazione di “enorme pressione”. Per questo, “pieno sostegno” e “vicinanza umana” è stata espressa a Brusaferro da tutti i 37 direttori delle strutture tecnico scientifiche dell’Istituto in seguito all’indagine che lo ha coinvolto. “A diversi livelli – hanno scritto in una lettera – abbiamo vissuto con te le fasi complicatissime e convulse di quel periodo e siamo stati testimoni dell’instancabile impegno che hai profuso a tutela della salute pubblica e del sistema paese”. Tra i firmatari Patrizia Popoli, che è anche membro della commissione tecnico scientifica dell’Aifa, impegnata sulle terapie Covid e sui vaccini, Anna Teresa Palamara che dirige il gruppo di epidemiologi che effettua il monitoraggio Covid e quello della sorveglianza virologica, oltre a Roberta Marcoaldi che ha contribuito a creare il sistema di validazione delle mascherine per far fronte al fabbisogno nazionale.

Da parte sua, Brusaferro sta continuando a lavorare come sempre ed ha esortato anche gli altri a fare lo stesso. Ieri, si apprende, ha confidato al suo entourage più stretto che ricordava i sacrifici di quei giorni: “Non posso nascondere la mia amarezza, ma sono certo che il tempo è galantuomo”, è stato il suo sfogo. Ed ancora: “Il lavoro e gli sforzi fatti insieme al servizio del nostro Paese sono stati straordinari e credo che tutti dobbiamo esserne orgogliosi. Ho fiducia nella magistratura”, ha detto ai suoi. Solidarietà arriva pure dalle società riunite nella Federazione italiana delle società medico scientifiche (Fism): “Siamo vicini agli esponenti della comunità scientifica che erano in prima linea nel momento più buio – afferma il presidente Loreto Gesualdo -. All’inizio eravamo tutti impreparati e oggi cercare ‘colpevoli’ per ciò che non si conosceva è troppo facile. Sono stati momenti drammatici”. In quei mesi iniziali “tutto è stato fatto avendo come primo obiettivo i pazienti, ma poche erano le conoscenze. Dopo è troppo facile giudicare”, sottolinea la presidente della Società italiana di endocrinologia, Anna Maria Colao. Sulla stessa linea anche la Società Italiana di Parodontologia e Implantologia. E gli internisti ospedalieri della Fadoi si ‘autoaccusano’ dicendo “ma allora siamo tutti colpevoli, incapaci e negligenti perche’ noi tutti, non solo i decisori, abbiamo agito in base a quel che scienza, coscienza e conoscenza fornivano in quei momenti drammatici”.

Netto, invece, il giudizio dell’infettivologo Matteo Bassetti: “Quella della procura di Bergamo è un’indagine che dà fiato ai negazionisti, ai no vax e a chi non ha fatto altro che far crescere la sfiducia in pandemia. Da medico che era lì in prima linea, mi fa male anche perché dà una brutta immagine del nostro Paese. Siamo l’unico Paese a fare un processo simile, anche se molti altri, come Francia, Gran Bretagna e Spagna hanno avuto tanti morti e un sistema impreparato”. Intanto dalla Commissione Covid-19 dell’Accademia dei Lincei arriva un documento che suggerisce delle indicazioni per prepararsi in tempo ad affrontare un’eventuale nuova pandemia, a partire dal potenziamento dei laboratori specializzati nel sequenziare il genoma dei virus e dalla trasparenza nella condivisione dei dati e nella comunicazione. Le pandemie “devono essere bloccate all’inizio: è fondamentale la collaborazione mondiale per prepararsi prima che arrivino. Come abbiamo visto con il Covid – conclude il Nobel e vicepresidente dell’Accademia Giorgio Parisi – quando la pandemia è arrivata, è troppo tardi”.

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Covid: in Italia 188.750 vittime in tre anni

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Curve Covid stabili. Verso l'estate senza mascherine

Sono 188.750 le vittime del Covid registrate in Italia al 16 marzo, a poco più di tre anni dall’inizio della pandemia, mentre i contagi sono stati 25.651.205. Nel mondo, invece, secondo l’Oms, ci sono quasi sette milioni di decessi segnalati per Covid-19, “anche se sappiamo – ha affermato il direttore generale dell’Organizzazione mondiale della sanità, Tedros Adhanom Ghebreyesus – che il numero effettivo di decessi è molto più alto”. Questi i dati che fanno da sfondo alla Giornata nazionale in memoria delle vittime del Covid, proclamata per il 18 marzo. Per l’Oms la fine della pandemia appare finalmente prossima, e si è detta “fiduciosa che l’emergenza internazionale possa terminare entro l’anno, ed il virus Sars-CoV-2 diventerà paragonabile a quelli dell’influenza stagionale”. Tornando ai dati italiani, colpiscono anche quelli sugli operatori sanitari, a cui è stata dedicata la Giornata nazionale lo scorso 20 febbraio. Hanno perso la vita, come ha ricordato in quell’occasione il presidente della Federazione degli ordini dei medici (Fnomceo), Filippo Anelli, 379 medici e, secondo il sindacato Nursing Up, 90 infermieri. “Nei primi mesi di pandemia – aveva sottolineato Anelli – circa 60-80 medici morivano ogni mese. Metà dei decessi sono stati sul territorio, dove erano soli senza dispositivi di protezione e con mille difficoltà”. La situazione allora era ben diversa da quella attuale, dove, secondo i dati del ministero della Salute, continua a diminuire in Italia il numero dei nuovi casi e dei decessi per Covid-19. Nella settimana 10-16 marzo 2023 sono infatti 23.730 i nuovi casi positivi, con una variazione di -1,1% rispetto alla settimana precedente, mentre i deceduti sono 212 con una variazione di -1,9% rispetto alla settimana precedente. L’impatto clinico appare essere molto basso.

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Vaccini: studio, risposta più debole se si dorme poco

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Covid vaccino

Le persone che dormono meno di sei ore a notte hanno una peggiore risposta alle vaccinazioni, con una minore produzione di anticorpi e una protezione più breve. È quanto emerge da una ricerca coordinata dall’University of Chicago e pubblicata su Current Biology. La ricerca ha analizzato congiuntamente quattro studi che avevano indagato la relazione tra sonno ed efficacia della vaccinazione contro epatite B o influenza. Dall’analisi dei dati è emerso che chi aveva una durata del sonno inferiore alle 6 ore aveva una risposta alla vaccinazione più debole di circa il 20% rispetto a chi dormiva di più. “Un buon sonno non solo amplifica, ma può anche prolungare la durata della protezione del vaccino”, ha affermato in una nota Eve Van Cauter, coordinatrice della ricerca. L’effetto del sonno, tuttavia, è stato osservato soprattutto nei maschi, mentre nelle donne era più sfumato. La ragione di questa differenza di genere, spiegano i ricercatori, potrebbe essere legata agli ormoni. “Sappiamo dagli studi di immunologia che gli ormoni sessuali influenzano il sistema immunitario – ha aggiunto Van Cauter – Nelle donne, l’immunità è influenzata dallo stato del ciclo mestruale, dall’uso di contraccettivi, dalla menopausa e dallo stato post-menopausa, ma sfortunatamente nessuno degli studi che abbiamo riassunto aveva dati sui livelli di ormoni sessuali”.

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Inchiesta Covid: Iss, mai chiesti 750 euro a tampone

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L’Istituto superiore di Sanita’ difende il proprio vertice dall’accusa di truffa nei confronti del presidente Silvio Brusaferro per la vicenda dei cosiddetti ‘tamponi d’oro’, test da 3 euro che, secondo l’accusa stralciata a Bergamo e trasmessa a Roma per competenza, erano costati circa 750 l’uno. L’Istituto ha fatto sapere di non avere “mai chiesto” questa cifra e “di non avere mai ricevuto la somma prevista dall’articolo 6 dell’Ordinanze OCBPC n 640/2020, prevista tra l’altro anche per coprire i costi della sorveglianza”.

Nella prima fase l’Istituto “con proprie risorse ordinarie ha processato oltre 5.000 campioni di cui 3.000 provenienti dalla sola Lombardia e non gli 800 di cui si parla” nelle notizie uscite riguardo le indagini. L’istituto ha anche voluto precisare che “i costi effettivamente sostenuti nella prima fase della pandemia comprendono materiali per l’esecuzione dei test, dispositivi di protezione individuale per il personale addetto, materiale monouso e potenziamento dei macchinari” e che in una prima fase della pandemia non esistevano test commerciali e venivano quindi realizzati con protocolli in house sviluppati in aderenza a quelli previsti dall’OMS. Fuori dall’inchiesta arrivano invece i calcoli di Giovanni Sebastiani, dell’istituto per le Applicazioni del Calcolo ‘M.Picone’, del Consiglio Nazionale delle Ricerche (Cnr). L’attuazione di una zona rossa nella provincia di Bergamo avrebbe ridotto, dal primo marzo al 30 aprile 2020, il numero di decessi di circa 4.500 unità, indicano le analisi a posteriori dei dati dell’epidemia di Covid-19 in quel periodo di tempo.

Una cifra che si avvicina fortemente ai 4 mila morti evitabili calcolati nella perizia di Crisanti. Dopo la lettera sottoscritta solo pochi giorni fa dai 37 direttori dei dipartimenti dell’Istituto Superiore di Sanita’, oggi e’ arrivato anche dal neo Cda dell’Istituto un documento di sostegno nei confronti del presidente Giuseppe Brusaferro. Francesca Cirulli, Claudio Borghi, Luigi Genesio Icardi e Giovanni Zotta, componenti del nuovo Consiglio di amministrazione insediato lo scorso febbraio esprimono il pieno sostegno umano e professionale al presidente.

“Questo perché sin da prima del nostro ingresso in Istituto, in tutte le occasioni in cui ti abbiamo incontrato, abbiamo potuto apprezzare, che il rigore scientifico e l’onestà, sono state le caratteristiche che ti hanno sempre contraddistinto Siamo certi che la vicenda giudiziaria che ti ha coinvolto renderà giustizia alla correttezza del tuo operato e anche alla generosità con cui in quei mesi ti sei adoperato, lontano dalla tua famiglia, e incondizionatamente, per il nostro Paese. Abbiamo potuto, inoltre, apprezzare nella nostra prima e unica riunione la visione scaturita dal programma di attività che ci hai presentato per i prossimi tre anni e che testimonia la capacità di immaginare un istituto al fianco della sanità pubblica, diverso da quello prepandemico, forte e incisivo nelle strategie di tutela della salute di tutti. Siamo quindi onorati di far parte di questo progetto e ci auguriamo di poterlo realizzare insieme, ringraziandoti di averlo maturato in tempi così difficili con il contributo di tutto l’istituto. Infine, ci fa piacere ricordare una frase di Seneca, ‘è nella tempesta che conosciamo il navigatore'”.

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