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Cronache

Scampia è na carta sporca e nisciuno se ne importa / Scampia è una discarica e nessuno se ne fotte

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Non deve essere facile per Asia (Azienda speciale per l’igiene urbana) assolvere al compito istituzionale che il comune di Napoli gli assegna. Le risorse a disposizione (i soldi) sono esigue. Le risorse umane sono ridotte all’osso. Facciamo questa premessa per onestà e per amore della verità. È troppo facile sparare addosso a chi lavora, troppo semplice giudicare senza essere giudici ed è troppo conveniente farlo quando si ha di fronte un soggetto debole in questo momento. Asia dieci anni fa aveva 3mila dipendenti. L’età media di questi dipendenti era quasi 50 anni. Questi lavoratori (non sempre e non tutti irreprensibili ed indefessi) si occupavano non di Napoli ma di buona parte della città. C’erano alcuni quartieri importanti che venivano gestiti (spazzamento, pulizia, raccolta e smaltimento dei rifiuti) da privati lautamente pagati. Costavano milioni di euro e non sempre la questione era pulita. L’era de Magistris (primo e secondo mandato) ha chiuso ai privati e affidato Napoli alle cure solo di Asia. Una scelta politica. De Magistris è per la gestione dei servizi pubblici affidati al pubblico. Anche l’acqua a Napoli è pubblica. Nel frattempo con i pensionamenti, i licenziamenti di dipendenti macchiatisi di reati e con quota 100 il personale di Asia è sceso sotto 2mila unità. Con una quota di queste persone che sono esonerate dal servizio di spazzamento o non possono uscire di notte.

Ovviamente questi esoneri sono frutto di condizioni di salute certificate. Non solo: l’età media di queste persone che lavorano in orari non agevoli (la notte) è salito a 55 anni. Sono uomini e donne che con ogni tempo (meteo) lavorano per il decoro e la pulizia di Napoli. Fatta questa lunghissima premessa passiamo alla pulizia e al decoro di Napoli. Vogliamo parlavi di Scampia. E per farlo vi preghiamo di guardare le immagini a corredo di questo di servizio. Sono immagini, sono state girate  giovedì 3 ottobre alle ore 17. Il quartiere è un’enorme discarica a cielo aperto. Non c’è un solo cassonetto per la raccolta indifferenziata che sia stato svuotato da una settimana. Non c’è una sola campana per la raccolta differenziata che non sia colmo fino all’orlo. Non c’è strada in cui non siano state formate cataste di rifiuti che arrivano a due metri di altezza. Sono vere e proprie discariche che emanano fetori nauseabondi e che con il sole prima e la pioggia poi generano veri e propri rivoli di percolato che finisce nelle fogne o si accumula nelle buche delle strade che assomigliano a gruviere. Perché c’è tanta monnezza per strada a Scampia? Colpa della crisi determinata dalla chiusura dell’inceneritore di Acerra per manutenzione straordinaria? No, ci dicono le persone che risiedono a Scampia che se tutto va bene i rifiuti vengono ritirati dal quartiere una volta o due a settimana e che quella situazione che ammirate nelle immagini che vi mostriamo è la regola sempre. E allora, rispetto a questa condizione assurda che è anche una situazione di grave allarme igienico-sanitario, c’è da porre rimedio. Chi può farlo? Solo il sindaco Luigi de Magistris. È lui che è anche autorità sanitaria. E a Scampia ci sono condizioni di igiene e sanità pubblica che meritano la sua attenzione. Se Asia non ce la fa, si chieda aiuto. Nel quartiere di Scampia ci sono a terra alcune tonnellate di monnezza che macerano sotto il sole e le piogge. Questo a tacere delle questioni di decoro.  Dell’abbattimento delle Vele e delle condizioni in cui ancora si vive nelle Vele (una sola è un cantiere), meglio tacere. Anche in quel caso, qualunque chiacchiera di un giornalista sarebbe ben poca cosa rispetto alla realtà che andrebbe vista con i propri occhi. Parlare di terzo mondo o quarto mondo significa fare un torto a chi vive nei campi profughi alla periferia di Nairobi o nelle tendopoli dove vengono ammassati i migranti sulle coste libiche in attesa del traghettamento in Italia da parte dei trafficanti di carne umana. Ecco, la gente di Scampia, chi vive a Scampia, meriterebbe un poco di aiuto, rispetto, umanità. Scampia non merita quelle condizioni sociali, igieniche, di decoro urbano, sanitario. Scampia non è periferia dell’esistenza umana, tutt’al più è periferia geografica di Napoli.

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Cronache

Choc a Nola: marito violento, giovane ‘liberata’ dai carabinieri grazie all’intervento della suocera

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Dopo anni di soprusi e maltrattamenti, la storia di terrore vissuta da una giovane donna di Nola ha finalmente trovato un epilogo in tribunale. Un giovane di 21 anni, con un passato turbolento segnato da dipendenza da droga e violenze, è stato arrestato e accusato di sequestro di persona, maltrattamenti e lesioni personali aggravate. Le aggressioni brutali, compresa una tentata strangolazione e attacchi pericolosi anche ai passanti nel centro antico di Nola, finiranno con il suo arresto.

La Procura di Nola, con l’ausilio dei carabinieri, ha condotto un’indagine lampo che ha portato alla luce gli abusi subiti dalla donna per anni. La vittima, che aveva sopportato in silenzio gli attacchi del compagno, ha trovato la forza di parlare solo dopo l’intervento della madre dell’aggressore, che l’ha convinta a cercare aiuto e cure mediche.

Durante l’ultima aggressione, la donna ha subito gravi danni all’orecchio e all’occhio, oltre a numerose altre ferite. In ospedale, il personale ha allertato le autorità, innescando una serie di eventi che hanno portato all’arresto del giovane. Nonostante il profondo legame affettivo che la legava al suo aguzzino, il quale chiudeva la porta di casa a chiave per impedirle di scappare, la donna ha finalmente deciso di rompere il silenzio.

Il Gip del Tribunale di Nola, Teresa Valentino, ha accolto la richiesta di custodia cautelare in carcere presentata dalla Procura, segnando un decisivo punto di svolta nel caso. La giovane donna ha espresso il desiderio di vedere giustizia fatta: «Chiedo che venga punito per quello che mi ha fatto», ha dichiarato, evidenziando il lungo calvario e la paura che ha vissuto, temendo anche per la sicurezza della sua famiglia.

Questa vicenda sottolinea la tragica realtà della violenza domestica e l’importanza di supportare le vittime nel trovare la forza di parlare e denunciare i loro aggressori. L’arresto del giovane non solo mette fine a un ciclo di violenza, ma serve anche come monito sulle conseguenze legali che attendono coloro che sceglieranno di perpetrare tali crimini.

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Tony Colombo e Tina Rispoli restano in carcere, confermate in Cassazione le accuse di camorra

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La Corte di Cassazione ha recentemente respinto le richieste di scarcerazione per il cantante neomelodico Tony Colombo e sua moglie Tina Rispoli, implicati in un’inchiesta del pool antimafia. La coppia è accusata di avere legami con il clan Di Lauro, operante nella zona di Scampia-Secondigliano.

Le indagini, condotte dai pm Maurizio De Marco e Lucio Giugliano, puntano a dimostrare come Colombo e Rispoli, nonostante non appartengano direttamente a una famiglia mafiosa, siano profondamente inseriti nelle dinamiche criminali del clan. I giudici della quinta sezione della Suprema Corte hanno sottolineato la “totale condivisione di intenti” tra i coniugi e la loro “estrema pericolosità”, evidenziata dal loro “perdurante e costante inserimento nei contesti illeciti”.

L’accusa si concentra anche sulla gestione di un capannone industriale associato a Vincenzo Di Lauro, con arresti confermati anche per lui dalla Cassazione, e sulla condivisione di un marchio commerciale legato alla moda e all’abbigliamento. Le prove raccolte includono intercettazioni telefoniche e ricostruzioni finanziarie effettuate dalle forze dell’ordine.

Il deputato Francesco Emilio Borrelli di Alleanza Verdi Sinistra ha commentato il caso, sottolineando come lui e il suo partito abbiano per anni lottato contro il sistema di Colombo e Rispoli, denunciando i loro legami con la camorra che, a suo dire, molti hanno preferito ignorare.

Questa vicenda mette ancora una volta in luce le intricate connessioni tra il mondo dello spettacolo e le organizzazioni criminali in alcune aree di Napoli, rivelando come figure pubbliche possano a volte essere coinvolte in attività illecite che sfruttano la loro visibilità per operazioni economiche dubbie. La decisione della Corte di Cassazione rappresenta un passo significativo nel tentativo delle autorità di combattere il crimine organizzato, dimostrando che nessuno è al di sopra della legge, anche quando si tratta di figure note al grande pubblico.

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Processo per usura e racket ai clan di Napoli Ovest, l’assenza per paura dei commercianti

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Napoli ovest è ancora una volta teatro di un processo che mette in luce la profonda infiltrazione della camorra nelle attività quotidiane dei cittadini. Il processo, che ha avuto inizio ieri con la prima udienza preliminare, vede coinvolte venti persone, identificate dalla Procura come membri del clan Vigilia. Questo gruppo, a lungo dominante nel rione Traiano per il controllo delle piazze di spaccio, è ora accusato di estorsione e usura nei confronti di commercianti locali.

Il giudice per le udienze preliminari ha preso in esame il caso, che rivela come un commerciante di via Epomeo sia stato costretto a pagare fino a 15mila euro in diverse rate sotto minaccia. Queste pratiche estorsive non sono isolate, ma parte di una strategia di radicamento criminale che ha visto i cittadini, indicati come vittime dalla Direzione Distrettuale Antimafia (Dda) di Napoli, sottomessi a tassi usurari e pressioni continue.

La nota più triste di questa vicenda è l’assenza in aula delle presunte vittime, i “cittadini innocenti” che hanno subito intimidazioni e minacce. Questo silenzio è indicativo dell’atmosfera di paura che regna in alcune aree di Napoli, dove l’omertà sembra ancora prevalere. Nonostante la gravità delle accuse, nessuna delle vittime ha voluto presentarsi per rivendicare il proprio status di parte offesa.

Il processo vede anche la costituzione di parte civile da parte del Comune di Napoli e della Presidenza del Consiglio, oltre che dell’associazione Sos Impresa, rappresentata dall’avvocato Alessandro Motta. Questi soggetti cercano di sostenere il procedimento giudiziario e di offrire supporto alle vittime, spesso lasciate sole a fronteggiare la criminalità organizzata.

L’udienza è stata occasione per gli avvocati di delineare le strategie difensive, con alcuni imputati che hanno optato per il rito abbreviato, sperando in una riduzione della pena. Tuttavia, il clima di tensione non diminuisce, come dimostrano episodi recenti di violenza nella stessa area, tra cui un raid in un parco giochi che ha visto una madre ferita mentre si prendeva cura della figlia.

Il caso continuerà a giugno, con il ritorno in aula e l’attesa delle richieste di condanne per coloro che hanno scelto di essere giudicati con il rito abbreviato. Intanto, il verdetto duro contro il clan Sorianiello, emesso nello stesso periodo, conferma l’esistenza di una rete criminale ben strutturata, capace di imporre il proprio dominio attraverso la violenza e l’intimidazione.

Questo processo non è solo un’esposizione delle dinamiche criminali di Napoli ovest, ma anche un esame della capacità della giustizia di proteggere i cittadini e di affermare l’autorità dello Stato in zone dove la legge sembra avere poco potere. Le conseguenze di questo processo saranno cruciali per la lotta alla camorra e potrebbero segnare un punto di svolta nella ripresa di controllo civile nelle aree più turbolente della città.

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