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Sarraj da Conte, “sì alla tregua ma Haftar si ritiri”

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“Accogliamo con piacere l’iniziativa di Russia e Turchia per un cessate il fuoco” ma la condizione è che Haftar si “ritiri”. Dopo tre giorni di blackout con l’Italia per digerire il pasticcio dell’accoglienza del suo rivale a Palazzo Chigi, il premier libico Fayez al Sarraj ha deciso di accettare l’invito di Conte e tornare Roma. Senza pero’ nascondere lo scetticismo nei confronti della possibilita’ che si fermino realmente le armi: “Siamo sempre disponibili ad accogliere qualsiasi tipo di iniziativa possa andare nella direzione” di una tregua, ha detto, ma la condizione e’ “il ritiro della parte che attacca, che non sembra disponibile a cio’, perche’ ha un altro modus operandi”. Una linea chiara (e nota) nei confronti di chi appena tre giorni fa ha varcato la soglia di palazzo Chigi. E’ stato proprio Conte a far riferimento all’incontro che ha spinto Serraj mercoledi’ scorso a saltare la tappa italiana. “Ho rappresentato con forza ad Haftar” la posizione dell’Italia “che lavora per la pace” e gli ho espresso “tutta la mia costernazione per l’attacco all’accademia militare di Tripoli”, ha assicurato. Un messaggio al generale, proprio mentre Conte e Sarraj si stavano incontrando a palazzo Chigi, lo ha lanciato da Mosca anche il suo grande sponsor, il leader russo Vladimir Putin, dopo aver incontrato la cancelliera tedesca Angela Merkel.

Tripoli nel caos. Scontri armati in città e nei pressi dell’aeroporto di Mitiga

“Conto molto – ha detto – che a mezzanotte, come abbiamo esortato con Erdogan, le parti in contrasto cesseranno il fuoco e smetteranno le ostilita’: poi vorremmo tenere con loro ulteriori consultazioni”. Ed e’ proprio sui passaggi successivi alla tregua che la comunita’ internazionale ha non pochi dubbi. I primi li ha espressi proprio Conte. L’Ue, ha spiegato, e’ “la massima garanzia che si possa offrire all’autonomia e all’indipendenza” della Libia, garanzia “di non rimettere le sorti future del popolo libico alla volonta’ di singoli attori”. Come dire, sta ora ai libici decidere a chi affidarsi. Non a caso dopo l’incontro il premier ha sentito il presidente francese Emmanuel Macron con il quale ha ribadito l’importanza del “coordinamento europeo”. E, a quanto si apprende, e’ in agenda anche una telefonata con la cancelliera. La priorita’ ora e’ la conferenza di Berlino, che Merkel da Mosca ha assicurato che si terra’ a breve. L’impegno dell’Italia punta infatti ad una rapida realizzazione del summit, aperto a tutte le parti, per il quale, secondo Sarraj, l’ostacolo e’ sempre lo stesso: Haftar. Ma il lungo faccia a faccia ‘riparatore’ tra Conte e Sarraj (tre ore, forse non a caso esattamente come quello con il generale) e’ servito anche per fugare una serie di sospetti su un possibile voltafaccia italiano e ribadire la posizione “lineare e coerente” tenuta fino ad oggi. “L’Italia – ha assicurato il premier – ha sempre lavorato per una soluzione politica, per contrastare l’opzione militare, ritenendo quella politica l’unica prospettiva che possa garantire al popolo libico benessere e prosperita’. Non abbiamo altri obiettivi, non abbiamo agende nascoste”. Un messaggio chiaro anche per i paesi che giocano la partita libica su piu’ di piano. E una rassicurazione a Sarraj, che ha voluto suggellare ‘in chiaro’ la pace fatta, durante la sua dichiarazione: “Ho avuto modo di apprezzare – ha detto – il ruolo dell’Italia in questo dossier”. Ma un messaggio il premier lo ha voluto lanciare anche in chiave interna, sottolineando che sulla Libia si lavora in “costante coordinamento” con il ministro degli Esteri Luigi Di Maio. Che proprio in mattinata aveva parlato di “invettive gratuite contro il Governo” per il presunto “scarso ruolo a livello internazionale dell’Italia”. Ora, ha detto dopo l’incontro Conte-Sarraj, “c’e’ chi si dovra’ ricredere”.

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L’Australia esorta i suoi cittadini a lasciare Israele

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Il governo australiano ha esortato i suoi cittadini in Israele a “andarsene, se è sicuro farlo”. “C’è una forte minaccia di rappresaglie militari e attacchi terroristici contro Israele e gli interessi israeliani in tutta la regione. La situazione della sicurezza potrebbe deteriorarsi rapidamente. Esortiamo gli australiani in Israele o nei Territori palestinesi occupati a partire, se è sicuro farlo”, secondo un post su X che pubblica gli avvisi del dipartimento degli affari esteri e del commercio del governo australiano.

Il dipartimento ha avvertito che “gli attacchi militari potrebbero comportare chiusure dello spazio aereo, cancellazioni e deviazioni di voli e altre interruzioni del viaggio”. In particolare è preoccupato che l’aeroporto internazionale Ben Gurion di Tel Aviv “possa sospendere le operazioni a causa di accresciute preoccupazioni per la sicurezza in qualsiasi momento e con breve preavviso”.

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Ian Bremmer: l’attacco di Israele è una sorta di de-escalation

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C’è chi legge una escalation e chi invece pensa che sia una de escalation questo attacco israeliano contro l’Iran. “È un allentamento dell’escalation. Dovevano fare qualcosa ma l’azione è limitata rispetto all’attacco su Damasco che ha fatto precipitare la crisi”. Lo scrive su X Ian Bremmer, analista fondatore di Eurasia Group, società di consulenza sui rischi geopolitici.

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Usa bloccano bozza su adesione piena Palestina all’Onu

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Gli Usa hanno bloccato con il veto la bozza di risoluzione del Consiglio di Sicurezza Onu che raccomandava l’adesione piena della Palestina alle Nazioni Unite. Il testo ha ottenuto 12 voti a favore (Algeria, Russia, Cina, Francia, Guyana, Sierra Leone, Mozambico, Slovenia, Malta, Ecuador, Sud Corea, Giappone), 2 astensioni (Gran Bretagna e Svizzera) e il no degli Stati Uniti.

La brevissima bozza presentata dall’Algeria “raccomanda all’Assemblea Generale che lo stato di Palestina sia ammesso come membro dell’Onu”. Per essere ammessa alle Nazioni Unite a pieno titolo la Palestina doveva ottenere una raccomandazione positiva del Consiglio di Sicurezza (con nove sì e nessun veto) quindi essere approvata dall’Assemblea Generale a maggioranza dei due terzi.

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