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Sanzioni USA a manager italiani per violazioni legate alla Russia, mistero su ‘Camorra’

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Per la prima volta, il Tesoro americano ha imposto sanzioni a cittadini italiani per violazione delle misure contro la Russia. L’annuncio è stato fatto ieri dall’Office of Foreign Assets Control (Ofac) di Washington, che ha incluso nella sua ultima lista quattro cittadini italiani, segnando una svolta significativa nell’approccio dell’amministrazione americana verso i Paesi alleati. La mossa rappresenta un chiaro avvertimento che la pressione della Casa Bianca sulle entità sospettate di collaborare con l’apparato militare-industriale russo non risparmia nemmeno membri dell’Unione europea, della Nato e del G7.

I quattro italiani coinvolti, Flavio Graziottin, Massimo Falchini, Giulio Sfoglietti e Fulvio Salvadori, sono i primi cittadini dell’Ue a essere colpiti dalle sanzioni americane. Nonostante non abbiano profili particolarmente esposti sul piano politico, questi imprenditori rappresentano il tipico tessuto di piccole imprese italiane altamente competitive nelle loro nicchie di mercato. Le imprese colpite dalle sanzioni, Idronaut di Brugherio e Fagima Fresatrici di Barberino Tavarnelle, sono sospettate di esportare prodotti vietati in Russia, in violazione delle restrizioni imposte dagli Stati Uniti.

Le conseguenze delle sanzioni sono gravi: le aziende e i manager colpiti avranno notevoli difficoltà ad accedere al mercato statunitense e a concludere contratti in dollari, mettendo a rischio la loro operatività internazionale. La Idronaut, specializzata in strumenti di manutenzione per tecnologie subacquee, è accusata di avere rapporti con l’Istituto di Oceanologia dell’Accademia russa delle Scienze. La Fagima, che produce macchine utensili per la lavorazione dei metalli, è anch’essa nel mirino delle autorità americane.

La lista di imprese italiane soggette alle sanzioni dell’Ofac è stata finora molto breve, comprendendo in passato entità legate a Cuba, Venezuela e la “Camorra”. Tuttavia, questa nuova inclusione rappresenta la prima svolta significativa nei rapporti con la Russia, un segnale che l’amministrazione americana sta intensificando la sua azione contro le triangolazioni commerciali di prodotti vietati con il Paese di Vladimir Putin. Questo fenomeno, secondo Washington, è esteso non solo tra le aziende italiane, ma anche tra quelle tedesche e francesi.

Le nuove sanzioni includono anche un numero significativo di entità finanziarie, proprio mentre il Tesoro americano aumenta la pressione sulle banche europee ancora operative a Mosca, esortandole a ritirarsi. Questo sviluppo evidenzia la determinazione degli Stati Uniti a far rispettare rigorosamente le sanzioni contro la Russia, anche a costo di colpire aziende e cittadini di Paesi alleati.

L’azione dell’Ofac invia un messaggio inequivocabile all’Italia e all’Europa: le violazioni delle sanzioni contro la Russia non saranno tollerate, indipendentemente dalla nazionalità degli individui o delle imprese coinvolte. Questa escalation nelle misure punitive riflette la crescente tensione internazionale e la volontà dell’amministrazione americana di mantenere una pressione costante sul Cremlino e sui suoi partner commerciali.

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La morte di Purgatori, 4 medici rischiano il processo

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In quattro rischiano di finire sotto processo per la morte del giornalista Andrea Purgatori avvenuta a Roma nel luglio del 2023. Si tratta dei medici che lo ebbero in cura: il radiologo Gianfranco Gualdi, il suo assistente Claudio Di Biasi e la dottoressa Maria Chiara Colaiacomo, entrambi appartenenti alla sua equipe, e il cardiologo Guido Laudani. La Procura della Capitale ha chiuso l’indagine a loro carico, sono tutti accusati di omicidio colposo, e contesta “imperizia, negligenza e imprudenza” nelle cure del giornalista morto a causa di una endocardite infettiva. In particolare i magistrati di piazzale Clodio affermano che neuroradiologi non refertarono correttamente l’esame di risonanza magnetica dell’8 maggio 2023.

Un documento “redatto con grave imperizia, negligenza e imprudenza – si legge nell’atto di conclusioni delle indagini – posto che diagnosticava senza margini di dubbio una metastasizzazione cerebrale, in realtà mai verificatasi, e ometteva qualunque riferimento alla possibilità che le anomalie descritte fossero riferibili a lesioni di natura ischemica”. Gualdi, inoltre, “anche nella successiva interlocuzione con il paziente e i suoi familiari, nonché con gli altri sanitari coinvolti, rappresentava con forza, sulla base dell’errata diagnosi – proseguono i pm -, la necessità di avviare Purgatori a immediate cure radioterapiche per affrontare la grave e prioritaria emergenza metastatica cerebrale”.

Tutto ciò “non solo causando la sottoposizione del paziente a inutile e debilitante terapia, ma soprattutto determinando un serio sviamento nell’approccio diagnostico e terapeutico degli altri sanitari, anche per il mancato rilevamento di lesioni ischemiche la cui causa sarebbe stato necessario indagare senza ritardo”. L’atto di conclusioni delle indagini arriva a circa due mesi dalla perizia medico-legale disposta dal gip. I periti, senza mezzi termini, parlano di “una catastrofica sequela di errori ed omissioni”. Nel documento si afferma che “un corretto trattamento diagnostico-terapeutico avrebbe consentito al paziente Purgatori un periodo di sopravvivenza superiore a quanto ebbe a verificarsi.

La letteratura scientifica considera il tasso di sopravvivenza a un anno in misura dell’80% qualora l’endocardite venga tempestivamente adeguatamente trattata”. Nella perizia si aggiunge che l’endocardite “avrebbe potuto essere individuata più tempestivamente, per lo meno all’inizio del ricovero dal 10 al 23 giugno del 2023, od ancora prima, nella seconda età di maggio 2023 qualora i neuroradiologi avessero correttamente valutato l’esito degli accertamenti svolti l’8 maggio”.

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Calenzano, gli operai morti e quelli che mancano ad appello

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La lista delle trentacinque persone che erano entrate nel sito Eni di Calenzano è l’elenco di un dramma che ora dopo ora spegne le speranze su ognuna di quelli che mancano all’appello. Due corpi finora sono stati ritrovati mentre altri tre uomini, irrintracciabili, sono molto probabilmente ancora tra le macerie di ciò che resta di quella esplosione. Il primo ad essere stato identificato è Vincenzo Martinelli, 51 anni, residente a Prato e originario di Napoli: aveva due figlie ed era autista di autocisterne. Forse l’altra vittima, sessantenne, era invece di Bientina, una cittadina del Pisano. Come loro, altri colleghi sul proprio autocarro stavano facendo rifornimento in mattinata per ripartire e cominciare la giornata.

È per questo che quella di Calenzano rischia di essere ricordata come la strage degli autotrasportatori. Nella lista ci sono anche altri camionisti originari di mezza Italia, da Catania a Novara, fino a Matera ed hanno tra i quarantacinque e i sessantadue anni. Del resto i loro mezzi erano parcheggiati sul posto al momento dell’esplosione nello stabilimento, dove si svolge attività di ricezione, deposito e spedizione di benzina, gasolio e petrolio. Prodotti che giungono tramite due oleodotti collegati con la raffineria Eni di Livorno, per venire quindi stoccati in serbatoi atmosferici cilindrici in attesa dell’invio alle pensiline di carico delle autobotti. E proprio in quello stesso posto i vigili del fuoco, in queste ore, stanno muovendo con una ruspa le macerie spostando i detriti della fortissima deflagrazione con la massima attenzione, alla ricerca di altri corpi.

“Ho visto una scena impressionante, c’è una distruzione totale. Immagino chi era lì a lavorare ed era lì vicino o sotto le infrastrutture di ricarica, quello dev’essere apparso come un inferno. La situazione è indescrivibile. Noi sappiamo che stamani nell’azienda erano stati effettuati 35 accessi”, dice il sindaco di Calenzano Giuseppe Carovani, visibilmente provato dopo il sopralluogo effettuato sul posto. In quell’area industriale ci sono molti altri stabilimenti e molti lavoratori che adesso si ritengono persino fortunati, visto quanto successo.

“In quella raffineria ci lavorano una cinquantina di persone. Io invece sono nell’azienda chimica a fianco. Sapevamo che quest’area era pericolosa, ma non fino questi punto”, spiega Nicolas Magnolfi, 29 anni, un operaio che stamattina stava lavorando a cinquanta metri dall’incidente ed è rimasto lievemente ferito. Come lui tanti altri sono finiti in ospedale, ma i più gravi, quelli trasportati con le ambulanze, sono una decina: tra loro due persone ustionate che rischiano la vita mentre altri diciassette si sono presentati spontaneamente nei pronto soccorso delle città limitrofe, tutte allertate dopo l’esplosione. Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha telefonato al governatore della Regione Toscana Eugenio Giani per avere informazioni sui feriti, per portare la solidarietà alle famiglie delle vittime e per ringraziare i soccorritori e anche la premier Giorgia Meloni ha espresso “il più sentito cordoglio per le vittime, la vicinanza ai feriti e alle famiglie colpite e il ringraziamento a quanti si stanno prodigando nei soccorsi”.

Ad unirsi “al dolore di tutta la Toscana per la tragedia” è anche la presidente dell’Eurocamera, Roberta Metsola. Per mercoledì 11 dicembre il governatore Eugenio Giani ha proclamato in tutta la regione una giornata di lutto: “Le bandiere degli edifici della regione saranno esposte a mezz’asta per l’intera giornata e verranno listate a lutto”, spiega invitando gli enti locali e gli enti decentrati dello Stato aventi sede in Toscana ad aderire alla giornata di cordoglio.

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‘Evasione Iva da 877 milioni’, chiusa l’inchiesta su Meta

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La Procura di Milano ha chiuso una inchiesta che per la prima volta affronta il tema del peso finanziario e fiscale dei dati degli utenti sui social, con profili su Facebook e su Instagram. E’ di oggi la notifica dell’avviso di conclusione delle indagini sul caso Meta nel quale si ipotizzam nei confronti dei due legali rappresentati della costola irlandese del colosso fondato da Mark Zuckerbergm l’omessa dichiarazione e mancato pagamento tra il 2015 e il 2021 dell’Iva per un totale di oltre 877 milioni di euro. Una cifra rilevante che non è stata versata al Fisco, secondo la ricostruzione dei pm Giovanna Cavalleri, Giovanni Polizzi, Cristian Barilli, titolari del fascicolo a carico di Gareth Lambe e di Maria Begona Fallon Farrugia: i due “Director”, il primo dal 2015 al 2018 e l’altra dal 2019 al 2021.

“Siamo fortemente in disaccorso” è il commento di Meta. In base agli accertamenti – inizialmente disposti dalla Procura Europea e poi, per una questione di competenza, coordinati dai pubblici ministeri milanesi e affidati, nel 2023, al Nucleo di Polizia Economico Finanziario della Gdf in collaborazione con l’Agenzia delle Entrate – Meta Platforms Ireland Limited, già Facebook Ireland Ltd, attraverso i due canali social, avrebbe offerto “servizi digitali agli utenti” italiani “in cambio dell’acquisizione e gestione per fini commerciali dei dati personali” di ciascuno e “delle informazioni inerenti relative interazioni sulle piattaforme”. In sostanza, si ritiene ci sia una permuta tra beni differenti e che, in quanto tale, debba essere soggetta all’Iva e quindi vada tassata.

Invece i rappresentanti di Meta, per “evadere l’imposta”,non avrebbero presentato “le dichiarazioni relative” a sette anni. A riprova di ciò, neel capo di imputazione, vengono valorizzate due tabelle, tra cui uno “schema di sintesi” che spiega come “il valore economico dei servizi digitali offerti dalla società” va individuato in funzione “delle spese sostenute dal soggetto passivo per l’esecuzione dei servizi” stessi. Nella prima tabella viene indicato, ad esempio, che solo nel 2021 Meta ha realizzato oltre 1 miliardo di euro di ricavi in Italia. E che su una base imponibile di quasi 4 miliardi di euro, tra 2015 e 2021, l’imposta sul valore aggiunto (il 22%) evasa in totale è di oltre 877 milioni. Inoltre si evince che la presunta frode è passata dagli oltre 48 milioni di euro del 2015 agli oltre 221 milioni del 2021.

Come ha sottolineato il procuratore Marcello Viola in una nota, “la natura non gratuita dei servizi offerti” – nodo centrale dell’indagine – negli anni passati è “già stata affermata dall’ Autorita’ Garante della Concorrenza e del Mercato, dal Tar del Lazio, oltre che da autorevole dottrina, e ha trovato riscontro nelle attivita’ ispettive della Guardia di Finanza, negli atti dell’Agenzia delle Entrate e infine nelle risultanze dell’indagine penale”. Non è così per il network americano. “Siamo fortemente in disaccordo con l’idea che l’accesso da parte degli utenti alle piattaforme online debba essere soggetto al pagamento dell’Iva”, ha spiegato un portavoce. “Abbiamo collaborato pienamente con le autorità – ha aggiunto – rispetto ai nostri obblighi derivanti dalla legislazione europea e nazionale e continueremo a farlo. Prendiamo sul serio i nostri obblighi fiscali e paghiamo tutte le imposte richieste in ciascuno dei Paesi in cui operiamo”.

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