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Santanchè cambia un avvocato e fa saltare l’udienza

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Mossa a sorpresa di Daniela Santanchè che cambia un avvocato del collegio difensivo e di conseguenza punta a far saltare l’udienza preliminare per l’accusa di truffa aggravata ai danni dell’Inps, il procedimento più delicato per la senatrice di FdI, perché imputata di aver raggirato un ente statale. Prova a guadagnare qualche settimana, dunque, prima della decisione sul rinvio a giudizio o meno, che comunque non sarebbe arrivata già domani. “Non ho cambiato nessun avvocato, è una fake news – spiega la ministra -. Il mio avvocato è Pelanda, ho aggiunto l’avvocato Salvatore Pino sostituendo il civilista perché qui si parla di penale. Cosa rispondo a chi dice che è solo una mossa per guadagnare tempo? Che dovrebbe leggere le cose. Anche io avrò il diritto di difendermi”.

Intanto, il suo partito sembra averla messa da parte. Se dovesse essere mandata a processo, ha detto il capogruppo di FdI alla Camera Galeazzo Bignami, “si arriverebbe ad una presa d’atto della necessità di lasciare l’incarico non perché stia governando male il turismo”, ma per “garantire a lei la possibilità di difendersi nel modo più sereno possibile”. Dichiarazioni “giuste”, secondo Santanchè, che fa notare: “ho parlato chiaro in Parlamento e ho detto che se dovesse arrivare il rinvio a giudizio, facendo gli scongiuri, farò le mie valutazioni”. Nel frattempo, la ministra ha sostituito l’avvocato Salvatore Sanzo, che si era occupato soprattutto degli aspetti fallimentari delle sue ex società senza mai andare alle udienze penali del “pacchetto Visibilia”, né a quelle sulla truffa né a quelle sul falso in bilancio, con Salvatore Pino. Quest’ultimo, storico legale di Fininvest che ha preso parte anche ai processi a Silvio Berlusconi e che, ad esempio, assiste pure la Lega Serie A come parte civile nelle vicenda delle curve di San Siro, ha preannunciato in mattinata alla gup Tiziana Gueli una richiesta di “termini a difesa”.

In pratica, essendo stato da poco nominato e visto che l’altro difensore, Nicolò Pelanda, sarà impegnato in un processo in appello, Pino depositerà domani un’istanza per chiedere un rinvio, previsto per legge come diritto difensivo, per studiare gli atti. I pm Marina Gravina e Luigi Luzi valuteranno la correttezza della richiesta e pare ci possa essere poco spazio per opporsi. La giudice dovrebbe aggiornare l’udienza ad altra data, considerando che l’intervallo minimo dei termini a difesa è di sette giorni. Secondo le accuse, la senatrice, il compagno Dimitri Kunz e Paolo Giuseppe Concordia, collaboratore esterno con funzioni di gestione del personale di Visibilia Editore e Visibilia Concessionaria – società del gruppo fondato dalla ministra, da cui è uscita nel 2022, e anche esse imputate – sarebbero stati consapevoli di aver richiesto e ottenuto “indebitamente” la cassa integrazione in deroga “a sostegno delle imprese colpite dagli effetti” della pandemia Covid per 13 dipendenti, per oltre 126mila euro.

A Santanchè, così come agli altri due, viene imputato di aver “dichiarato falsamente” che quei dipendenti fossero in cassa “a zero ore”, mentre invece svolgevano le “proprie mansioni” in “smart working”. Visibilia Editore ha già chiesto di patteggiare e le due società hanno risarcito l’Inps. Nell’udienza di domattina, comunque, non si sarebbe arrivati a decisione. Dopo che la Cassazione ha stabilito che il procedimento resta a Milano, è ancora aperta la fase delle questioni preliminari e i difensori potrebbero sollevarne altre. Poi, la parola passerà ai pm che ribadiranno la richiesta di processo. Infine, parleranno la parte civile Inps, con il legale Aldo Tagliente, e le difese. Serviranno, dunque, almeno altre due udienze. La gup, intanto, sta per passare ad altro incarico in Tribunale ed è stata prorogata all’ufficio gip fino al 31 marzo, ma potrebbe, comunque, rimanere applicata per concludere l’udienza preliminare. Ad ogni modo, anche un cambio di giudice in questa fase non allungherebbe di molto i tempi.

La gup Anna Magelli, tra l’altro, restò applicata nell’udienza preliminare sul falso in bilancio a carico della ministra del Turismo e di altri imputati fino al provvedimento sui rinvii a giudizio. Per la parlamentare quel processo inizierà il 15 aprile, mentre a suo carico è aperto anche un filone per bancarotta dopo il fallimento di Ki Group srl, società della galassia del bio-food un tempo da lei guidata. Liquidazione giudiziale che, lo scorso dicembre, è scattata pure per Bioera, altra società del gruppo. E si profilano, quindi, altre grane per bancarotta.

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Ursula sente Giorgia: bene, ma con Trump tratto io

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Qualsiasi passo per facilitare i rapporti transatlantici è il benvenuto, ma la trattativa non può che restare in capo alla Commissione. All’indomani della missione di Giorgia Meloni a Washington, Ursula von der Leyen non cambia la linea che ha adottato sin dai giorni che precedevano il viaggio oltreoceano della presidente del Consiglio italiana. Un viaggio che, stando a quanto raccontano fonti europee, non ha certo intaccato gli ottimi rapporti tra la presidente dell’esecutivo Ue e Meloni. Le due leader si sono confrontate, come da accordi, prima e dopo l’incontro alla Casa Bianca.

Una missione “positiva”, spiegano fonti della Commissione, sottolineando come l’iniziativa italiana abbia rappresentato un’ulteriore “chance per costruire ponti” tra le due sponde dell’Atlantico. Von der Leyen, quindi, ha incassato l’assist che Meloni le ha porto grazie alla sua ‘special relationship’ con Donald Trump. Non poteva fare altrimenti, anche perché c’è un dato da non sottovalutare: da quando il presidente americano è alla Casa Bianca i contatti con von der Leyen sono stati inesistenti. E non è un caso che, nell’incontro con la stampa allo Studio Ovale, Trump abbia parlato di interlocuzioni con alcuni leader europei, senza neppure nominare i vertici comunitari.

Da qui, il ragionamento che circola al tredicesimo piano di Palazzo Berlaymont: qualsiasi tentativo di agevolare il negoziato tra Washington e Bruxelles da parte di un singolo capo di Stato o di governo non può essere ignorato. Le immagini del bilaterale tra Meloni e Trump sono state vagliate con attenzione dall’inner circle di von der Leyen. La sensazione, viene spiegato, è stata positiva. Nessuna parola fuori sincrono è arrivata da Meloni. E il dato è stato particolarmente apprezzato. La telefonata tra von der Leyen e Meloni è arrivata poco dopo l’incontro della premier con il vice presidente americano J.D. Vance a Roma. È stata una conversazione breve, focalizzata sul punto più delicato dell’attualità europea: la guerra dei dazi.

A Bruxelles hanno ben presente un calendario che non prevede eccezioni: il 23 aprile si chiuderà la procedura scritta che formalizzerà la sospensione delle tariffe anti-Usa da parte dell’Ue. Da allora, sul tavolo, ci sono 90 giorni per negoziare. La deadline cadrà a metà luglio. Ovvero dopo due occasioni nelle quali von der Leyen e Trump avranno finalmente la possibilità di incontrarsi. La prima, in Canada, dove avrà luogo il summit del G7. La seconda a L’Aja, in occasione del vertice Nato. Entrambe cadono a giugno. Ed è dopo il secondo appuntamento che gli sherpa europei e americani potrebbero inserire l’atteso summit tra Trump e i vertici Ue. Magari proprio a margine del Consiglio europeo che si terrà subito dopo il summit Nato nei Paesi Bassi. Nel frattempo, spiegano a Bruxelles, proseguono i colloqui tecnici tra l’amministrazione Trump e l’Ue sul fronte dei dazi.

Un punto, per la Commissione, resta invariato: l’obiettivo è trovare un’intesa che eviti danni all’economia globale ma, allo stesso tempo, le contromisure, in caso di fallimento della trattativa, restano sul tavolo. Ed è qui che, nel ragionamento di von der Leyen, le posizioni della presidente della Commissione e di Meloni sono chiamate a separarsi. La missione dell’italiana, viene spiegato, è stata “un’occasione utile per creare ulteriori ponti” con l’amministrazione Trump “nel rispetto dei diversi ruoli, come già affermato dalla stessa Meloni”. Il negoziato, questo il punto sul quale la Commissione non arretrerà, resta in capo a Palazzo Berlaymont. Lo prevedono i Trattati e il ruolo di sintesi al quale è chiamata la stessa von der Leyen. Le sensibilità tra i 27 restano diverse. Sulla missione di Meloni le cancellerie europee hanno mantenuto un prudente silenzio. A parlare sono state le testate dei grandi Paesi del Vecchio continente. I più scettici sono stati il francese Le Monde e lo spagnolo El Pais. Non è un caso. Toccherà a von der Leyen e al presidente del Consiglio europeo Antonio Costa trovare un punto di equilibrio sulla strategia da adottare nel negoziato con gli Usa. Forse in un summit ad hoc, da tenersi a maggio, subito dopo che la Germania avrà formalizzato il suo governo.

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Pronta la correzione del tax credit, attesa per Tar

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Arriva, dopo lunga gestazione, l’atteso decreto correttivo del tax credit per il settore del cinema e dell’audiovisivo. Il provvedimento, che corregge la riforma avviata dall’ex ministro Gennaro Sangiuliano, è stato infatti firmato, annuncia la sottosegretaria Lucia Borgonzoni che al ministero della Cultura ha la delega per il settore. E con il decreto arrivano anche le linee interpretative delle disposizioni in materia di Intelligenza Artificiale, contenute nello stesso provvedimento, predisposte dalla direzione generale Cinema e Audiovisivo del ministero.

Per il 23 aprile, poi, Borgonzoni ha convocato un tavolo con i rappresentanti del settore in cui sarà presente anche il sottosegretario Gianmarco Mazzi, mentre verranno successivamente ascoltate anche le organizzazioni sindacali. Il decreto arriva in vista della definitiva pronuncia del Tar sul ricorso presentato a fine dello scorso anno da un gruppo di produttori cinematografici contro la riforma di luglio 2024 dello strumento di agevolazione fiscale a sostegno del settore. Il pronunciamento era infatti atteso per il marzo, ma il tribunale amministrativo l’aveva rinviata al 27 maggio proprio in attesa di un decreto correttivo. L’incontro al Collegio Romano del 23 aprile con le organizzazioni del settore riguarderà, ha riferito Borgonzoni, la fase di attuazione della legge (n. 106/2022) che ha delegato il governo a riformare la governance del settore dello spettacolo, con particolare attenzione alle questioni lavoristiche, previdenziali e assistenziali.

“Proprio per questo sarà presente anche il sottosegretario Gianmarco Mazzi” spiega la sottosegretaria che è invece tornata a rivendicare e sostenere che il settore è in buono stato di salute. “Al 7 aprile, con l’attuale finestra tax credit – informa ancora Borgonzoni citando i dati della direzione generale Cinema e Audiovisivo del MiC – risultano pervenute richieste di credito di imposta per 349 opere italiane, a cui si aggiungono 50 opere internazionali che hanno chiesto il credito d’imposta per venire a girare in Italia”. Si tratta di dati su cui polemizzano alcune associazioni di rappresentanza dei lavoratori del cinema, il sindacato e l’opposizione che lamentano, al contrario, un forte stato di crisi del cinema con molte produzioni ferme proprio per le incertezze dovute alla normativa fiscale. Negli scorsi giorni anche Forza Italia è arrivata a chiedere la nascita di un ministero ad hoc per il Cinema. “Mi sono fatto portavoce di una causa necessaria, presentando un disegno di legge per istituire un ministero dedicato al cinema, agli audiovisivi e al digitale. L’obiettivo è restituire attenzione e centralità a un settore ormai in evidente difficoltà” ha affermato il primo firmatario della proposta, l’ex ministro e presidente dei senatori azzurri Maurizio Gasparri.

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Moglie politico Pd Puglia: sono stata accecata dall’ambizione

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“Rompo il silenzio e il riserbo che ho mantenuto dall’inizio di questa vicenda per assumermi pubblicamente tutte le responsabilità di quanto è accaduto. Sono stata accecata dall’ambizione di poter ricoprire un ruolo professionale che ritenevo potesse coronare il mio percorso di studi e la mia esperienza di lavoro nel campo delle Risorse umane, essendo laureata in Scienze delle Amministrazioni all’Università degli Studi di Bari, avendo conseguito un master in Organizzazione del Personale all’Università Bocconi e svolgendo l’attività di consulente delle Risorse umane in un’importante azienda privata”.

Lo dichiara in una nota Carmela Fiorella, moglie del consigliere regionale del Pd Filippo Caracciolo, al centro delle polemiche dopo aver vinto un bando da dirigente delle Risorse Umane di Aeroporti di Puglia. Fiorella era stata assunta da AdP il primo aprile scorso, e si è poi dimessa il 16 aprile, dopo che articoli giornalistici avevano ipotizzato che il titolo di laurea presentato in fase di candidatura al bando fosse falso.

“Chiedo scusa a tutti, in primis al presidente, al Consiglio d’amministrazione, ai commissari di concorso e a tutti i dipendenti di Aeroporti di Puglia, all’Università di Bari e alla mia famiglia. Soprattutto – aggiunge – chiedo scusa pubblicamente, come ho subito fatto in privato, a mio marito, che era totalmente ignaro e che sta subendo ingiustamente le conseguenze delle mie azioni”.

“Sono pronta a rispondere del mio comportamento davanti alle autorità preposte, ma è giusto – conclude Carmela Fiorella – che paghi chi ha sbagliato e nessun altro”.

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