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Musica

#Sanremo2019, la classifica dei 24 big dal vincitore Mahmood all’ultimo arrivato Nino D’Angelo e Livio Cori

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Ecco la classifica di Sanremo 2019 dei Big. Numeri freddi. Senza emozioni. Senza polemiche. Questo è quello che è stato deciso tra pubblico a casa, giuria….poi però ci sono i dischi da vendere, i concerti, le radio, il pubblico che dovrà andare a comprare dischi o andare ai concerti. Questa classifica la si dovrà rifare tra qualche tempo. E  non sempre chi vince in tv, vince anche al botteghino o nei negozi, anche quelli on line.

  1. Mahmood;
  2. Ulitmo;
  3. Il Volo;
  4. Loredana Bertè;
  5. Simone Cristicchi;
  6. Daniele Silvestri;
  7. Irama;
  8. Arisa;
  9. Achille Lauro;
  10. Enrico Nigiotti;
  11. Boomdabash;
  12. Ghemon;
  13. Ex-Otago;
  14. Motta;
  15. Francesco Renga;
  16. Paola Turci;
  17. The Zen Circus;
  18. Federica Carta e Shade;
  19. Nek;
  20. Negrita;
  21. Patty Pravo con Briga;
  22. Anna Tatangelo;
  23. Einar;
  24. Nino D’Angelo e Livio Cori.

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Riccardo Muti: Salieri fu un gigante. E la musica in chiesa? Meglio Palestrina che le schitarrate

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Riccardo Muti, 83 anni e un amore incondizionato per la musica come patrimonio spirituale e culturale, torna a parlare al Corriere della Sera con una lunga intervista che è anche un manifesto. Per il Maestro, Antonio Salieri non solo non fu l’avvelenatore di Mozart, ma è una figura fondamentale nella storia della musica, oggi ingiustamente dimenticata dall’Italia. E da lui parte una nuova “chiamata” ai cori italiani per ridare dignità alla grande tradizione corale. Il tutto, con un pensiero a Papa Leone e una stroncatura alle “messe beat”.

Salieri, vittima della leggenda e del cinema

«Salieri? Un grandissimo. Solo che fu contemporaneo del più grande musicista che l’umanità abbia mai avuto: Wolfgang Amadeus Mozart», dice Muti. E liquida senza esitazioni le leggende sul veleno e sulla gelosia. «Dicerie nate a Vienna, passate per Puskin e finite nel film Amadeus di Milos Forman. Ma la verità è che Salieri aiutò la famiglia di Mozart, soprattutto uno dei figli che tentò, senza successo, la via della musica».

Secondo Muti, il compositore italiano fu un pedagogo immenso e un musicista spirituale e rigoroso, autore di quaranta opere e oltre cento composizioni sacre. «Riaprii la Scala nel 2004 con L’Europa riconosciuta, l’opera che Maria Teresa gli commissionò per l’inaugurazione del teatro milanese». Eppure, sottolinea, in Italia nessuna grande istituzione musicale ha ricordato i 200 anni dalla morte di Salieri. «Solo Legnago, la sua città natale, si è mossa. Ma l’indifferenza è grave. Per fortuna a Vienna è celebrato come merita».

“Mozart è la prova dell’esistenza di Dio”

Su Mozart, Muti non ha dubbi: «È la prova dell’esistenza di Dio. Chiunque sarebbe impallidito di fronte a lui». E anche Salieri, secondo il direttore, ne comprese la grandezza più di chiunque altro. Per questo Muti ha scelto di «riconciliarli» in un doppio concerto a Vienna, dirigendo opere di entrambi.

“Cantare è proprio di chi ama”: l’appello di Muti ai cori italiani

Dal grande repertorio classico alle passioni civili. Muti lancia un appello ai cori di tutta Italia sotto il motto agostiniano “Cantare amantis est”, «cantare è proprio di chi ama». «Il mio sogno è insegnare a cantare senza smorfie e senza languore. Il 1° giugno a Ravenna arriveranno tremila persone da tutta Italia, per cantare cori da Verdi: Nabucco, Lombardie Macbeth».

Musica sacra dimenticata: “In chiesa regnano strimpellatori e testi imbarazzanti”

Il Maestro non nasconde la sua delusione per la musica oggi presente nelle liturgie. «Con Benedetto XVI ci furono concerti in Vaticano. Oggi i concerti sacri sono spariti. E in chiesa regnano schitarrate e testi imbarazzanti. Non credo di essere l’unico fedele che preferirebbe ascoltare Palestrina, Monteverdi, Luca Marenzio o Gesualdo da Venosa». E lancia una riflessione amara: «I santi andavano incontro al martirio cantando, non strimpellando».

Papa Leone e il ritorno dello spirito

Su Papa Leone, Muti si dice fiducioso: «Mi piace moltissimo. Mi fa sperare in un ritorno alla spiritualità, alla grande musica sacra. È nato a Chicago, dove dirigo l’orchestra, e ha un nonno piemontese. Come sa, ‘Prevost’ in dialetto piemontese vuol dire prete. Ma non mi faccia dire altro… in Italia siamo passati da tutti virologi a tutti vaticanisti».

Un’intervista che è molto più di un bilancio. È il grido appassionato di un uomo che ha dedicato la vita a rendere sacro il suono, e che oggi sogna un’Italia più colta, più spirituale, più devota alla sua grande storia musicale.

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Damiano David debutta da solista: «Funny little fears è la mia verità. Ma i Måneskin restano casa»

Il frontman dei Måneskin lancia il primo album da solista e un tour mondiale: «Un viaggio dentro me stesso, per superare le mie paure».

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Damiano David torna in Italia da Los Angeles con un disco nuovo e una consapevolezza diversa. Mentre a Basilea si apriva il sipario sulla 69ª edizione dell’Eurovision Song Contest, lui – che nel 2021 ha riscritto la storia dell’Italia musicale con Zitti e buoni – ha atterrato a Roma per chiudere idealmente il cerchio: dai Måneskin a Hollywood, fino al primo progetto solista.

Il disco si intitola «Funny little fears» ed è il suo debutto da solista, composto da 14 brani nati al Forum Village di Roma, che segnano uno scarto sonoro netto dal rock della band. Il progetto sarà seguito da un tour mondiale al via l’11 settembre da Varsavia, con tutte le date europee già sold out, compresi i live di Assago e Roma.

«Le relazioni sono il 90% della mia felicità»

«Le paure a cui faccio riferimento sono quelle che riesco a ridimensionare scrivendoci sopra», spiega Damiano. Al centro del disco c’è la solitudine, ma anche il dolore per la fine di una relazione sentimentale importante, diversa da quella pubblica con Giorgia Soleri. «Lavorare all’album è stato terapeutico. Avevo un senso d’insoddisfazione che non capivo, ora ho fatto pace con molte cose».

Oggi, accanto a lui, c’è l’attrice e cantante americana Dove Cameron, e l’inizio di questa nuova relazione ha contribuito a dargli una rinnovata energia. «Mi ha aiutato a superare le mie paure», racconta.

«Un suono diverso dai Måneskin. Non potevo rubare in casa mia»

Il disco, tutto cantato in inglese, si muove tra pop ed echi vintage, con atmosfere intime e armonizzazioni che rimandano perfino agli anni Cinquanta. «I Måneskin hanno un suono preciso, io dovevo trovarne uno mio. Non ho mai avuto paura di spiazzare: a X Factor ero già in scena vestito da drag».

Tra gli ospiti del disco, Suki Waterhouse e D4vd, in due brani scritti rispettivamente con Noah Cyrus e con sonorità americane. Il nuovo singolo «Zombie Levy», in uscita venerdì, cita Emily e Victor de La sposa cadavere, «un film che trovo romanticissimo».

«Non ho lasciato la band. Tornerò più forte di prima»

Nonostante il debutto solista, Damiano chiarisce: «I Måneskin restano la mia casa. Questa è solo una vacanza rigenerante». Lontano da Victoria, Thomas ed Ethan, il cantante ha vissuto momenti di incertezza: «Il timore di non farcela senza loro si è fatto sentire. Ma ora mi sento più forte, e tornerò nella band migliorato».

La reunion dei Måneskin, però, non avverrà prima di un anno e mezzo, quando sarà concluso il tour solista. «Quel che abbiamo fatto come gruppo non può essere oscurato. Resterà per sempre».

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Geolier annuncia il tour negli stadi del 2026: dopo Agnano e l’estate record, tre date epocali

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Geolier non si ferma. Dopo il trionfale tour nei palazzetti, culminato con successi anche in Germania, il rapper del rione Gescal guarda già al futuro. E mentre l’Italia si prepara a un’estate all’insegna del suo rap “veracissimo”, Emmanuele Palumbo – questo il suo vero nome – annuncia per il 2026 un tour negli stadi, con tappe nei tre simboli del calcio e della musica: San Siro, Olimpico e Franco Scoglio.

Stadi nel 2026: Milano, Roma e Messina

Il comunicato ufficiale è stato anticipato da un post criptico sui social e ora è ufficiale: Geolier sarà il 13 giugno a San Siro, il 19 all’Olimpico di Roma, e il 23 giugno a Messina, allo stadio Franco Scoglio. I biglietti – sia fisici che digitali – sono disponibili da oggi alle 14, e si prevede un boom di vendite. Dopo aver conquistato la vetta delle classifiche, il giovane artista si prepara a entrare nel gotha della musica live italiana.

Estate 2024: Agnano e non solo

Prima del 2026, però, Geolier vivrà un’estate da record. I due concerti del 25 e 26 luglio all’Ippodromo di Agnanosono già tra gli eventi musicali più attesi dell’anno e promettono numeri da primato in termini di incassi e presenze. La sua città, Napoli, si prepara a un doppio abbraccio che sarà anche celebrazione di un percorso incredibile.

Ma il tour non si ferma a Napoli. Geolier sarà protagonista anche di numerosi festival estivi, a partire dal Trento Live Fest il 28 giugno, passando per l’Oversound Music Festival di Lecce il 31 luglio, il Campobasso Summer Festival il 2 agosto, fino a due date al Sotto il Vulcano Fest di Catania il 4 e 5 agosto.

La chiusura? A Verona, nell’Arena

Gran finale il 27 settembre all’Arena di Verona, cornice storica per un artista che, a soli 24 anni, ha già riscritto le regole dell’hip hop italiano. Intanto, il suo ultimo album Dio lo sa – Atto secondo resiste nella top ten delle vendite: questa settimana è al nono posto, segno che il fenomeno Geolier non accenna a rallentare.

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