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Spettacoli

Sanremo: Tony Effe porta ‘damme ‘na mano’, Fedez ‘Battito’. Scelte le Nuove proposte

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Ora ci siamo davvero: a meno di due mesi dal festival di Sanremo il tabellone della kermesse si completa con le Nuove proposte, mentre i 30 big svelano le canzoni con cui parteciperanno alla gara canora. Tra questi ultimi Tony Effe che, al termine di una giornata scandita dalle polemiche per la sua esclusione dal concerto di Capodanno del Circo Massimo a Roma, si presenta a ‘Sarà Sanremo’ (su Rai1) per presentare il suo brano (‘Damme ‘na mano’), che – spiega – “è una canzone personale, romantica, con della romanità”.

Carlo Conti non lo sollecita sul caso che lo sta vedendo protagonista, ma il trapper – poco dopo – si sfoga su Instagram: “Sono sempre me stesso, non so fare l’attore. Faccio musica e la musica non può essere censurata. Scrivo quello che vedo e vivo quello che scrivo”, afferma nel post, dove ringrazia anche “tutte le persone” e “i miei colleghi” che “hanno preso una posizione” sulla vicenda del concerto di Capodanno a Roma.

Sul palco di ‘Sarà Sanremo’ sale anche il rivale Fedez che gareggerà con ‘Battito’ che – ha commentato – “è la dicotomia tra quella che può essere una canzone d’amore dedicata a una donna quando quella donna è impersonificata nella depressione”. Tra gli interpreti più attesi Giorgia, che sul palco dell’Ariston canterà ‘La cura per me’, Elodie (‘Dimenticarsi alle 7’, che ha definito “un dramma”), Achille Lauro (‘Incoscienti giovani’), Modà (‘Non ti dimentico’) e Noemi (‘Se t’innamori muori’). Sarà, invece, Willie Peyote con ‘Grazie ma no grazie’ a riportare, attraverso il testo, i Jalisse “sul palco dell’Ariston”, ha svelato Conti, tornando sull’anticipazione lanciata durante la conferenza stampa di presentazione di ‘Sarà Sanremo’.

Standing ovation del pubblico, infine, per il decano Massimo Ranieri che parteciperà al festival con ‘Tra le mani un cuore’, definita “un inno all’amore”. La passerella dei Campioni si è alternata alle ultime sfide tra i finalisti di Sanremo giovani e Area Sanremo, con la conduzione in questo caso di Alessandro Cattelan, per stabilire le quattro Nuove proposte della kermesse. A esibirsi all’Ariston saranno Alex Wyse, Settembre, il duo Vale Lp e Lil Jolie e Maria Tomba che eliminano, rispettivamente, Selmi, Angelica Bove, Mew ed Etra.

Non solo canzoni durante la serata, ma anche il siparietto della coppia Alessandro Siani-Leonardo Periaccioni che presentano il film ‘Io e te dobbiamo palare’. Sono loro il 31esimo Big che Conti, con una gag, aveva annunciato il giorno precedente, cogliendo di sorpresa molti prima di svelare che si trattava di uno scherzo. I due attori irrompono sul palco e intonano ‘Tutti al Nove’ sulle note di ‘Tutti al mare’, un riferimento al canale di Discovery dov’è approdato Amadeus, predecessore di Conti nella direzione artistica di Sanremo.

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Spettacoli

Bobby Solo, gli 80 anni dell’Elvis Presley italiano

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I milioni di dischi venduti, i festival di Sanremo vinti, i brani entrati nella storia della musica italiana. Più di sessant’anni di carriera, a iniziare dal 1964, quando – giovane artista in cerca di gloria e con sole 10mila lire in tasca – sparigliò le carte a Sanremo con Una Lacrima sul Viso, in coppia con Frankie Laine (cantata in playback, il primo nella storia della rassegna – e per questo non vinse -, a causa di una laringite).

Bobby Solo il 18 marzo spegne le 80 candeline. E lo fa nell’unico modo che conosce: sul palco, con un concerto speciale il 20 marzo a Pordenone, sold out, e con un nuovo album in arrivo di cui ha raccontato le fase di realizzazione sui suoi profili social. Perché in fondo l’età è soltanto un numero e, come disse dieci anni fa in occasione dei 70, “non mi importa nulla di compiere gli anni”, ispirandosi a un filosofo indiano che sosteneva che rimpiangendo il passato e temendo il futuro si nuoce al presente.

Ma il passato è anche il suo presente. Vera star negli anni Sessanta, a contendersi i fan con Little Tony, acerrimo rivale sul palco ma caro amico nella vita, entrambi affascinati dal mondo musicale di Elvis Presley. E proprio pensando ad oltreoceano aveva scelto come nome d’arte Bobby, dall’originario Roberto (il padre Bruno, colonnello dell’aeronautica, gli aveva vietato di usare il cognome Satti). O forse fu Vincenzo Micocci, uno dei grandi della discografia italiana che lo aveva messo sotto contratto con la Dischi Ricordi. Di certo è che ‘Solo’, fu aggiunto per sbaglio da una fin troppo solerte segreteria della casa discografica che sentendo “Bobby, solo Bobby”, pensò bene di attribuire al giovane artista nome e cognome. Ma ‘solo’ non lo fu mai per davvero: amato in Italia e all’estero, ha attraversato i decenni.

Soltanto nel 1964, al debutto, vendette due milioni di dischi con Una Lacrima sul Viso, che aveva testo di Mogol e musiche sue, ma non l’aveva firmato perché minorenne: solo nel ’91 è riuscito a riaverne i diritti. Nonostante abbia sempre cercato di guardare avanti, criticando i colleghi rimasti ai fasti del passato, il suo personaggio resta legato agli anni ’60, a quel suo modo rassicurante di interpretare il rock’n’roll senza concedere troppo al suo lato più trasgressivo e dichiaratamente sessuale. Agli indiscutibili successi: il 1965 gli porta la prima vittoria a Sanremo con Se Piangi Se Ridi, nel 1966 esce Non C’è Più Niente da Fare (scelta come sigla della trasmissione TuttoTotò), nel 1969 nuova vittoria a Sanremo, insieme a Iva Zanicchi, con Zingara.

Più difficili gli anni Settanta, come lo stesso artista ha ammesso, con l’avvento dei cantautori. È riuscito a riemergere grazie al brano Gelosia (Sanremo ’80) e, complice la tv, al revival. Nel 1982, con Rosanna Fratello e Little Tony, ha formato i Ro.Bo.T. La sua carriera rimane sospesa tra l’inevitabile ricordo del passato e la sua voglia di rimanere legato alle vecchie radici della sua passione per la musica: il rock’n’roll, il blues, il country. Un’occasione per ripercorrerla gli sarà offerta domani da Mara Venier a Domenica in, con uno spazio speciale dedicato ai suoi 80 anni.

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In Evidenza

Yvonne Sciò: «Da Non è la Rai a Hollywood, ora racconto le donne con i miei documentari»

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Chiunque abbia vissuto tra gli anni ‘80 e ‘90 ricorda la sua voce squillante nello spot della SIP: «Mi ami, ma quanto mi ami?». Yvonne Sciò (foto Imagoeconomica in evidenza), oggi 55enne, è stata un’icona di quegli anni, ma la sua carriera è andata ben oltre quel tormentone pubblicitario. Attrice, produttrice e regista di documentari, la Sciò ha viaggiato tra Italia, Hollywood e Spagna, costruendo un percorso variegato e ricco di esperienze.

Oggi vive a Roma, in una casa tappezzata di ricordi: foto in bianco e nero con i fratelli Taviani, immagini scattate dal leggendario Slim Aarons e una lettera affettuosa della figlia sedicenne. La sua ultima fatica è “Womeness”, un documentario sul femminismo trasmesso su SkyArte, dove racconta storie di donne che hanno sfidato le convenzioni.

Dal successo televisivo all’America: il bisogno di libertà

Yvonne racconta al Corriere della Sera il suo esordio quasi per caso:
«A cinque anni posavo per Vogue Bambino, mia madre era giornalista di moda e mi ha fatto entrare in questo mondo», spiega. «Poi lo spot della SIP mi ha reso famosa, ma le suore del mio collegio dissero a mia madre che mi avrebbero bocciata se avessi continuato a lavorare. Lei rispose: è una donna, deve essere indipendente».

Dopo il grande successo popolare con lo spot, Yvonne entrò nel cast di Non è la Rai, ma durò poco: «Ci sono rimasta solo tre mesi. Mi pento di non aver firmato un contratto lungo, avrei guadagnato tanto. Ma a quell’età credevo negli ideali e volevo libertà».

Così partì per Los Angeles, dove ricominciò da zero: «L’idea che nessuno mi conoscesse mi spronava. Non volevo essere popolare, volevo essere brava. Ma troppe volte mi hanno detto che se ero bella non potevo essere anche talentuosa».

A New York recitò a teatro con John Buffalo Mailer, a Hollywood apparve nel videoclip di She’s So High di Tal Bachman, grande successo dell’epoca. Nel frattempo, imparava da una delle sue mentori, Fran Drescher, creatrice de La Tata: «Mi diceva sempre: devi fare tu, non aspettare gli altri».

Il passaggio alla regia e il documentario “Womeness”

Negli ultimi anni Yvonne Sciò ha deciso di raccontare il mondo con i suoi occhi. Dopo aver girato tre documentari, oggi è alla guida di “Womeness”, dedicato al femminismo attraverso cinque figure straordinarie:

  • Emma Bonino, arrestata per le sue battaglie
  • Bianca Menna, poetessa che si firmava con un nome maschile per essere presa sul serio
  • Sussan Deyhim, cantante iraniana testimone della repressione
  • Dacia Maraini, scrittrice simbolo del femminismo italiano
  • Setsuko Klossowski De Rola, vedova del pittore Balthus, che ha vissuto a lungo all’ombra del marito

«Cercavo donne che avessero rotto le catene», spiega Sciò. «Setsuko, ad esempio, dopo la morte di Balthus mi ha detto: ora posso vivere la mia vita, uscire, andare a ballare».

L’aneddoto su Brad Pitt e la lite con Naomi Campbell

Tra gli episodi più curiosi della sua carriera, Yvonne ricorda l’incontro con Brad Pitt:
«Mi ha sempre messo soggezione. La prima volta che lo vidi, mi guardò fisso e disse: “You look so beautiful”. Io rimasi muta, a bocca aperta. Ogni volta che ci incrociavamo mi chiedeva il numero, ma alla fine gli dissi di contattare l’Istituto di Cultura per imparare l’italiano. Pensi che genio», racconta ridendo.

Ben più spiacevole fu l’episodio con Naomi Campbell, che nel 2005 la aggredì in un hotel romano: «Non ho mai capito perché. Eravamo amiche, poi improvvisamente mi si è scagliata addosso, c’era sangue ovunque. Le ho fatto causa solo per avere delle scuse, che però non sono mai arrivate».

Vita privata e il desiderio di dimostrare qualcosa alla figlia

Oggi, Yvonne si dedica alla sua carriera da regista e produttrice, ma soprattutto a sua figlia. «Il giorno in cui ho lasciato mio marito con una bimba di quattro mesi è stato durissimo. Tutti mi dicevano: dove vai da sola? Ma ho preso un appartamentino e ho fatto tutto senza aiuti».

Oggi, il suo obiettivo è chiaro: «Voglio che mia figlia possa dire: wow, che figa è mamma! Nessuno deve dirci che non siamo capaci».

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Cinema

Associazioni del cinema in allarme, ‘siamo al collasso’

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Il mondo del cinema e dell’audiovisivo torna a far sentire la propria voce. Questa mattina l’allarme è arrivato da una ventina di associazioni del settore, tra cui Anac, 100 Autori e Air3, che hanno chiesto al governo di “fare presto” e di varare tempestivamente i decreti correttivi del tax credit e la documentazione richiesta dai giudici del Tar del Lazio sempre sulla relativa normativa. “Ormai da un anno il settore del cinema e dell’audiovisivo vive nell’incertezza del suo futuro. Questo è un lavoro da cui dipendono famiglie intere, eppure più del 70% delle maestranze, attori e autori sono senza occupazione, molti da più di un anno, quasi tutti senza prospettive di lavoro davanti a sé. Ogni giorno in più di rimando è un pezzo del settore che sparisce per sempre – si legge nell’appello -. Non possiamo permetterci di aspettare oltre: il settore ha bisogno di risposte concrete e tempestive per evitare il collasso”.

A rispondere è stata subito Lucia Borgonzoni, sottosegretaria alla Cultura, assicurando, durante la presentazione a Roma dell’Italian Global Series Festival, che sul tax credit “è tutto a posto, procederemo a breve. Era stata depositata al Tar una richiesta, l’udienza è stata spostata a maggio. Presto pubblicheremo l’ultimo correttivo”. Attaccata dai componenti del Pd della Commissione Cultura della Camera, che indicano il ministro Alessandro Giuli, l’ex ministro Gennaro Sangiuliano e la stessa Borgonzoni come responsabili del “disastro” di cinema e audiovisivo, la sottosegretaria ha affermato: “Allora se dovessimo guardare il problema che c’è stato nell’audiovisivo viene da un governo di prima, mi dispiace dire che è Franceschini, perché queste modifiche andavano fatte molto prima”, ha sottolineato, “io con Franceschini ho lavorato bene per tante cose, lui non ha voluto fare le modifiche che andavano fatte nonostante all’allarme lanciato anche dagli uffici a suo tempo, perché ovviamente è molto più semplice lasciare la palla al governo che viene dopo”.

“Comunque, le produzioni ci sono, i set aperti sono 37. Mi dispiace che si lanci un allarme da parte di Pd e 5 stelle che continuano a cavalcare questa cosa dando l’idea anche agli operatori internazionali che vengono a lavorare in Italia che qui ci siano dei problemi, che non ci sono soldi e che nessuno sta girando. Stanno facendo un danno al settore. Mi piacerebbe che parlassero con le associazioni davvero rappresentative del settore per chiedere se stanno girando oppure no. E la risposta credo sarebbe diversa”, ha concluso. Sul tema è intervenuta a smorzare i toni Chiara Sbarigia, presidente Associazione Produttori Audiovisivi, che, pur condividendo la preoccupazione sul tax credit, ha evidenziato che “i set sono aperti. Terrei più basso l’allarme e cercherei di sburocratizzare il tax credit: noi abbiamo seguito l’iter di riforma, abbiamo dato suggerimenti, ma credo che il problema riguardi il cinema con le produzioni più piccole, non l’audiovisivo”.

Il dibattito però si è infiammato, con la controreplica di Pd e M5s: “il cinema è malato ma il governo ha deciso di ucciderlo”, ha ribattuto Sandro Ruotolo, responsabile Cultura nella segreteria del Pd, mentre il cinquestelle Gaetano Amato è andato all’attacco di Borgonzoni affermando che “se ha coraggio si confronti con gli operatori del settore, parli con le vere associazioni, non solo con quelle vicine ai suoi amici. Noi siamo pronti a organizzare gli Stati Generali ‘pubblici’ del settore”. Anche tra i doppiatori italiani cresce la preoccupazione: a due settimane dalla protesta lanciata attraverso il video appello in cui 12 doppiatori hanno prestato il volto e la voce per dire ‘no’ ad un mondo in cui le espressioni artistiche saranno create da algoritmi, l’Associazione Nazionale Attori Doppiatori si è rivolta oggi a tutta l’industria audiovisiva, agli artisti, alle istituzioni e al pubblico per chiedere appoggio contro l’uso incontrollato dell’Intelligenza Artificiale. Intanto, ieri anche la regista e sceneggiatrice Liliana Cavani aveva sottolineato l’urgenza di difendere il cinema dal predominio della televisione.

“E’ inutile che il Centro Sperimentale continui a creare professionalità se poi il cinema va a finire in tv – aveva detto Cavani -. Il futuro obbligherà ancora di più la gente a vedere i film in casa e così andrebbe fatta una campagna seria contro tutto questo”. Diversa la posizione del regista e attore Carlo Verdone: “Le preoccupazioni di Liliana Cavani sono legittime, ma non è che la gente non va più al cinema. Tanti film vanno bene. Dipende dalla bontà del film, dipende tutto da lì. Se il film non attira e non c’è passaparola allora si fa fatica. Ci vogliono i film giusti”, ha detto, affermando di condividere e appoggiare invece la richiesta di aiuto dei doppiatori.

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