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Sanremo, il Papa e Jovanotti per il festival ecumenico di Conti

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Brunori Sas, Giorgia, Lucio Corsi, Simone Cristicchi, Achille Lauro sono i Big che occupano le prime cinque posizioni – non in ordine di posizione – nella classifica provvisoria dopo la prima serata di Sanremo, frutto della votazione della Giuria della Sala Stampa, Tv e Web. Una serata che consegna il festival alla storia, grazie al videomessaggio di papa Francesco che parla della musica “come strumento di pace”, lingua universale che “può aiutare la convivenza dei popoli”, e del sogno di “vedere chi si è odiato stringersi la mano, abbracciarsi e dire con la vita, la musica e il canto: la pace è possibile”.

Sul palco dell’Ariston ci sono Noa e Mira Awad, pronte a intrecciare le loro voci israeliana e palestinese sulle note di Imagine di John Lennon: “Con la speranza che questo inno arrivasse in tutto il mondo, ho voluto mettere al corrente una persona che è nel cuore di tutti noi, che grida a tutto il mondo per chiedere la pace”, dice emozionato Carlo Conti introducendo l’intervento del pontefice. “Penso ai tanti bambini che non possono cantare, non possono cantare la vita, e piangono e soffrono per le tante ingiustizie del mondo, per le tante guerre, le situazioni di conflitto. Le guerre distruggono i bambini. Non dimentichiamo mai che la guerra è sempre una sconfitta”, sospira Francesco, invocando “un mondo più giusto e fraterno”.

Parole di forte impatto – accolte con “grandissima riconoscenza” dai vertici dell’azienda – che spazzano via il dibattito su un festival intimista, tutto microcosmo e poca attualità. Un momento alto di riflessione incastonato in una serata dal ritmo serratissimo, che regala al pubblico anche la travolgente performance di Jovanotti: per le strade, al porto, sui balconi, i tamburi dei Rockin’1000 accompagnano sulle note dell’Ombelico del Mondo l’artista, che si abbatte come un ciclone sul festival, entra in teatro accompagnato da 10 ballerini di Bollywood, poi con Il più grande spettacolo dopo il Big Bang si lascia abbracciare dal pubblico. Tutto d’oro vestito, canta un medley su I love you baby, Fuorionda, A te. Racconta l’emozione del ‘corpo nuovo’ dopo l’incidente di Santo Domingo e l’operazione (“sono un po’ bionico, titanico e anche un po’ fotonico e soprattutto felice di essere qua”), poi legge un testo di Fausto Bolelli sulla bellezza di essere imperfettamente se stessi.

Lo affianca Gianmarco Tamberi, il campione olimpico di salto in alto, che dopo i mesi “molto duri” di Parigi ha deciso di rimettersi in gioco: “Ci vediamo a Los Angeles 2028”, annuncia. Il festival ecumenico e corale di Conti si apre con l’omaggio a Ezio Bosso e con qualche problema di audio: “Ricordatevi che la musica come la vita si può fare in un solo modo: insieme”, le parole del musicista che pronunciò proprio qui, nel 2016. “Buonasera, benvenuti e ben arrivati all’edizione 75 del festival di Sanremo. I Conti tornano e sono tornato”, esordisce emozionato il direttore artistico. Occhi lucidi anche per Gerry Scotti, al debutto assoluto all’Ariston, che per l’occasione sfoggia la cravatta: “Nonostante io abbia sempre vissuto all’insegna della semplicità, mi avete fatto sentire importante”. E piange Antonella Clerici quando con i due compagni di viaggio ricorda l’amico Fabrizio Frizzi, “che è qui con noi”.

La conduttrice, dopo i mega abiti con cui ha lasciato il segno al festival, stasera punta su luminosità e trasparenze. Si balla subito con Chiara, Chiamo Io Chiami tu. “Qualcuno chiamerà”, chiosa Conti con un sorriso. “Sempre la solita emozione!”, urla Gabbani che convince con la sua Viva la Vita. Con la sua lunga lista di autori (“tutto il condominio”, scherza Scotti) e il petto nudo, Rkomi propone Il Ritmo delle Cose, Noemi intona Se t’innamori muori, Irama canta Lentamente e Scotti gli prende in prestito il mantello: “Questo è della mia misura, pesa 240 chili”.

I Coma_Cose si candidano al tormentone al ritmo di Cuoricini e simulano un cuore tenendosi per mano. La prima standing ovation della serata è per Simone Cristicchi, che toglie il fiato con Quando sarai piccola, dedicata alla madre malata, fra abbracci da non sprecare, sguardi pieni di silenzio e la fatica di doverlo accettare. Si cambia registro con Marcella Bella, che all’Ariston vuole portare un messaggio di empowerment femminile con Pelle di diamante. Alla quarta volta in gara, l’ex provocatore Achille Lauro, frac di velluto nero, camicia bianca e spilla di brillanti, emoziona con Incoscienti Giovani. Giorgia manda l’Ariston in visibilio con La cura per me. Completo candido, guanti di pelle rossi, Tony Effe canta Damme Na Mano con l’inquadratura in bianco e nero.

Decisamente è più se stesso Lucio Corsi: Volevo essere un duro, e il look cita David Bowie. “Vedo nero pure il cielo”: Fedez racconta la depressione, lo sconforto, la “guerra dei mondi” riflessa negli occhi con le lenti a contatto nere in Battito. Brunori Sas dedica alla figlia L’albero delle noci, Francesca Michielin dopo lo scivolone riesce a camminare senza stampelle prima di cantare Fango in Paradiso. In piazza Colombo si balla con Raf, sulle sonorità anni ’80 di Self Control.

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Peppino di Capri: Champagne? Volevo regalarla ad Aznavour, poi ho capito che era mia

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Un successo planetario, un brano iconico e una carriera straordinaria. Peppino di Capri (foto Imagoeconomica in evidenza) racconta la sua storia e i segreti di “Champagne” in un’intervista rilasciata al Corriere della Sera.

“Champagne” e il colpo di fulmine tardivo

Quando Peppino di Capri compose “Champagne”, non pensava di interpretarla lui stesso.

“All’inizio non la volevo nemmeno. Pensavo di darla a Modugno o Aznavour.”

Poi, però, qualcosa scattò:

“Una mattina mi svegliai, riascoltai il mio provino e mi chiesi: ‘Ma perché devo regalarla a loro? Me la canto io’.”

Una decisione che ha cambiato la sua vita e gli ha regalato un successo immortale. Tuttavia, il debutto della canzone non fu un trionfo immediato:

“A Canzonissima del 1973 arrivai quinto su nove, vinse la Cinquetti. Ci restai male. Mi diedi sei mesi per vedere se avrebbe avuto successo. Se non fosse andata, avrei smesso di cantare.”

Il resto è storia: migliaia di concerti, 5 milioni di euro solo di diritti d’autore e un brano diventato il simbolo dei brindisi in tutto il mondo.

Dai pescatori in Argentina ai matrimoni di lusso

La popolarità di “Champagne” ha superato ogni confine.

“Il posto più strano dove l’ho cantata? Su una spiaggia in Argentina. Dei pescatori riparavano le reti canticchiando la mia canzone. Mi sono unito a loro e abbiamo finito per fare foto insieme.”

E poi ci fu lo Scià di Persia:

“Suonammo solo per lui e Farah Diba, dietro un paravento. Pensavamo che alla fine ci avrebbe regalato un tappeto persiano, invece i miei musicisti ricevettero solo una foto dello Scià e della regina con una cornice di plastica. Io almeno l’avevo di legno.”

Tra gli aneddoti più curiosi, anche un ricco libanese che pagò l’intero cachet dell’orchestra per un’unica esecuzione di “Champagne” al compleanno della figlia.

I Beatles e lo sketch di Troisi

Peppino di Capri ha calcato palcoscenici con artisti leggendari. Nel 1965 aprì il concerto dei Beatles:

“Bravi, ma scostanti. Se la tiravano un po’.”

E poi ci fu Massimo Troisi, che lo rese protagonista di uno sketch comico:

“Inventò un Bossi leghista che teneva la mia collezione di dischi nascosta tra le bottiglie di liquore. Sapere che scelse proprio me per quella gag fu una gioia.”

L’incontro con Sophia Loren e il duetto con Berlusconi

A una festa romana delle sorelle Fendi, Peppino si esibì al piano. A fine serata, Sophia Loren si avvicinò:

“Mi prese sottobraccio e disse: ‘Guagliò, vien’ a ccà, parlamme nu poco in napoletano’.”

Anche Silvio Berlusconi fu un suo estimatore:

“Al matrimonio del figlio di un politico campano mi si avvicinò e mi chiese: ‘Lei conosce le mie canzoni?’. Poi mi rubò il microfono e si mise a cantare tutto il mio repertorio.”

Il Festival di Sanremo e l’aneddoto con Enrico Ruggeri

Peppino di Capri ha partecipato a 15 edizioni di Sanremo. Nel 1976 vinse con Non lo faccio più, un brano che neanche lui considerava tra i suoi migliori:

“Avevo già l’impermeabile addosso quando mi gridarono: ‘Peppino, hai vinto!’.”

Nel 1980, dietro le quinte del Festival, Enrico Ruggeri lo definì “il nonnetto della musica”.

“Mia moglie Giuliana si offese, avrebbe voluto reagire. Io le dissi di lasciar perdere: ‘Diventeranno vecchi anche loro’.”

Il rapporto con l’amore e la fedeltà

Peppino ha amato tanto, ma ha sempre avuto una visione chiara sull’amore:

“Se ami davvero, rinunci alla scappatella. I traditori non mi piacciono. In Champagne lui si innamora sul serio, è lei a tradire il fidanzato e poi torna da lui.”

Il film sulla sua vita

Il 24 marzo andrà in onda su Rai Uno Champagne, il film che racconta la sua vita.

“L’ho trovato molto emozionante. La voce nelle canzoni sembra proprio la mia, incredibile.”

Dai concerti internazionali ai duetti con i grandi della musica e della politica, Peppino di Capri ha attraversato le generazioni con la sua inconfondibile voce e le sue melodie senza tempo. E a chi gli chiede se beve champagne, risponde:

“Fa male alla voce. Mi bagno appena le labbra.”

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Serena Rossi: la scossa di terremoto è stata terribile, ma Napoli non molla mai

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“Quando ho sentito la scossa a Napoli, mi sono svegliata di colpo: una violenta botta ha fatto tremare tutto. Ci siamo abbracciate, ero a casa da mia sorella, cercando di rassicurarci dicendo: ‘Non passa, non passa… quando finirà?'”: ospite di Francesca Fialdini a Da noi… a ruota libera, Serena Rossi (foto Imagoeconomica in evidenza) descrive così la sensazione di impotenza di fronte al terremoto che sta scuotendo l’area flegrea. “Ma la mia città non molla mai”, sottolinea l’attrice.

L’intervista si apre con la testimonianza di solidarietà di Fialdini: “Prima di parlare del tuo spettacolo Serenata a Napoli, che debutterà tra poco, vorrei mandare un forte abbraccio a tutti gli abitanti dell’area flegrea che stanno affrontando un momento molto delicato”. Per Serena Rossi, “Napoli è molto più di una città: è un patrimonio culturale e musicale che scorre nelle vene. Napoli ha una storia immensa, è parte del nostro Dna. In famiglia, la musica ci unisce tutti”. E si commuove nel vedere le testimonianze di giovanissime attrici della scuola artisti di Scampia, che la trovano un simbolo di riscatto: “È una gioia immensa… mi ha lasciata senza parole. Sono lacrime che mi appartengono”.

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Addio Dandy Bestia, cofondatore degli Skiantos

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A cinque anni ha i primi contatti con la musica grazie a uno zio suonatore di fisarmonica, passa l’infanzia ascoltando le orchestre che si esibiscono nella balera sotto casa, ma la svolta avviene a 13 anni, nel ’65, quando scappa da casa per recarsi al concerto dei Beatles a Milano. Nel ’69 fonda il gruppo The Keys, poi al Dams conosce Roberto ‘Freak’ Antoni, scomparso nel 2014 a 59 anni, con il quale nel ’77 a Bologna – la città più fertile nella prima ondata del punk italiano – fonda gli Skiantos, capostipiti del rock demenziale. Chitarrista e anima del gruppo, Dandy Bestia, al secolo Fabio Testoni, è morto la scorsa notte, aveva 72 anni ed era malato. Nel suo curriculum anche collaborazioni con Lucio Dalla, Francesco Guccini, Orietta Berti, Mirko Casadei, Vasco Rossi, da sempre estimatore dichiarato degli Skiantos, e un album da solista, ‘Giano’, del 2016. Dandy era uscito dal gruppo nel ’79, complici anche eccessi personali, per poi rientrarvi nell’84: aveva suonato nella band fino a poco tempo fa. “Un gruppo importante, a cui in tanti siamo stati affezionati.

Lo ricorderemo”, dice il sindaco Matteo Lepore. Anche Rifondazione Comunista piange l’uomo “dallo spirito rivoluzionario, vera anima del motto La fantasia al potere!”. Il progetto Skiantos prese concretezza con ‘Inascoltable’ e le registrazioni furono pubblicate su musicassetta da Oderso Rubini: “Dandy Bestia – ricorda il produttore su Fb – è stato un pezzo importante della storia in musica di Bologna, magari più trasversale e meno ufficiale, più provocatoria e ironica, ma decisamente significativa. I suoi riff, le sue composizioni (tra le tante ‘Sono un ribelle, mamma’), i suoi assoli ci mancheranno”. “Freak – raccontò Dandy al periodico RollingStone – mi disse che scriveva poesie demenziali e me ne diede due-tre da musicare. Si trovò bene e alla fine è stato un incontro perfetto: io non sapevo scrivere, lui non sapeva suonare, abbiamo unito qualità e mancanze”.

I concerti, soprattutto agli inizi, furono caratterizzati da performance provocatorie con riferimenti all’avanguardia futurista e dadaista, compreso il lancio di ortaggi sul pubblico da parte dei musicisti. Nell’aprile 1979 al Bologna Rock gli Skiantos portarono sul palco del palasport una cucina, un tavolo, un televisore e un frigo, misero a bollire gli spaghetti e li mangiarono, senza suonare nulla, tra le proteste del pubblico: “la nostra provocazione aveva toccato, a seconda dei punti di vista, il fondo e l’apice nello stesso momento”. ‘Mi Piaccion Le Sbarbine’ fu il disco di maggior successo, ‘Karabigniere blues’ il primo singolo, ‘Eptadone’ – mandato in onda anche da Iggy Pop alla Bbc – fra i pezzi più ripresi. Oggi, tra i commenti sui social, Elio e le Storie Tese ricordano Fabio e gli Skiantos “nostri amici e fonte d’ispirazione”.

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