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Politica

Salvini vede Draghi e… ha quasi “mollato” Durigon e smetterà di sparare su Lamorgese

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Si profila forse una svolta nel “caso” del sottosegretario leghista Claudio Durigon? Nel pieno del meeting del Cl a Rimini, sembra aprirsi uno spiraglio nelle parole di Matteo Salvini sulla querelle che da settimane insegue l’uomo di punta del Carroccio nel Lazio, soprattutto in vista delle prossime Comunali. L’apertura, se di apertura si puo’ davvero parlare, arriva “per il bene del movimento e”, in seconda battuta, “del Governo”, proprio all’indomani dell’incontro a Palazzo Chigi tra Salvini e il Presidente del Consiglio Mario Draghi. “Siamo qui per risolvere problemi ed eliminare polemiche”, dice il leader leghista. Se lo scoglio non si supera il rischio e’ infatti che si arrivi a dicembre anche con questa sfiducia. “Durigon e’ il padre di Quota 100 e con lui mi confronto sul tema del saldo e stralcio”, aggiunge, ma almeno in questa nuova puntata agostana, pur rinnovandogli la “massima fiducia”, sul futuro non rilancia. “Ragioneremo insieme su cosa fare e cosa sia piu’ utile per il movimento – dice – e per il governo”. Gia’ al centro di accese polemiche per le sue affermazioni sulle indagini della Gdf sui 49 milioni della Lega e sul generale che sarebbe stato “messo li'” proprio dal suo partito, Durigon ha fatto nuovamente saltare sulle barricate mezzo Parlamento la sera del 4 agosto, quando nella “sua” Latina aveva proposto di intitolare il parco della citta’ ad Arnaldo Mussolini, fratello del Duce, e non piu’ ai magistrati uccisi dalla mafia Falcone e Borsellino. Immediata la levata di scudi del centrosinistra, con il M5S promotore di una mozione di sfiducia contro il sottosegretario accusato di nostalgie fasciste e pertanto inadatto al ruolo istituzionale che ricopre nel Governo. Salvini – che per la vicenda si e’ ritrovato contro anche associazioni civili come l’Anpi e il daspo di Salvatore Borsellino, fratello del giudice – ha preferito inizialmente evitare commenti, salvo poi sminuire. “Durigon e’ bravissimo e nella Lega non c’e’ alcun nessun nostalgico – tagliava corto – Fascismo e comunismo sono stati sconfitti dalla storia fortunatamente, siamo in democrazia e continueremo a viverci”. Silenzio assoluto anche da Draghi che sulla vicenda non e’ mai intervenuto, almeno pubblicamente. “Mai parlato di lui con il premier. Sono preoccupato zero”, confermava ancora 24 ore fa Salvini. Anzi, “con Durigon stiamo lavorando alla nuova riforma delle pensioni”. Qualcosa, nel frattempo, potrebbe, pero’, essere cambiata. A Rimini – dove gli avversari politici, oggi anche compagni di maggioranza, sono tornati all”attacco sulla vicenda, Enrico Letta in primis – Salvini sembra annunciare aperture.

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Economia

Ponte sullo Stretto, i dubbi del Ministero dell’Ambiente

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Il ministro Matteo Salvini lancia la Conferenza dei servizi sul Ponte sullo Stretto, per avviare entro l’estate i cantieri della sua opera-bandiera. Ma il primo sgambetto gli arriva proprio da un altro ministero, quello dell’Ambiente, guidato da Gilberto Pichetto di Forza Italia. Alla prima riunione della Conferenza dei servizi, che riunisce tutti i soggetti interessati per sveltire le procedure (imprese, Ministeri, enti locali), il Mase ha chiesto alla Società Stretto di Messina S.p.a. ben 239 integrazioni di documenti. Per il ministero, la documentazione presentata dalla concessionaria è superficiale, insufficiente e non aggiornata, e va approfondita su tutti i fronti.

I tecnici della Commissione Via-Vas, quelli che devono fare la valutazione di impatto ambientale dell’opera, in 42 pagine di relazione hanno chiesto nuove informazioni praticamente su ogni aspetto del progetto. Le richieste di integrazione di documenti riguardano la compatibilità coi vincoli ambientali, la valutazione dei costi e benefici, la descrizione di tutti gli interventi previsti, il sistema di cantierizzazione, la gestione delle terre e rocce di scavo. Il Mase chiede dati più approfonditi e aggiornati sul rischio di maremoti, sull’inquinamento dell’aria, sull’impatto del Ponte sull’ambiente marino e di terra e sull’agricoltura, sulle acque, sui rischi di subsidenza e dissesto, sulla flora e sulla fauna, sul rumore e i campi magnetici, sulle aree protette di rilevanza europea Natura 2000. Le associazioni ambientaliste come Wwf e Legambiente e i comitati locali anti-Ponte parlano di “passo falso” e di “farsa”, e ribadiscono “il progetto non sta in piedi”.

Ma sono soprattutto le opposizioni a cavalcare la vicenda. Per Marco Simiani del Pd, “il ministero dell’Ambiente sconfessa clamorosamente Matteo Salvini, bloccando di fatto il progetto”. Proprio il leader della Lega era assente alla Conferenza dei servizi, che si è tenuta al suo ministero delle Infrastrutture. “Dal ministero dell’Ambiente arriva un macigno sul progetto del Ponte sullo Stretto”, commenta il leader Cinquestelle Giuseppe Conte, che parla di “un progetto vecchio, risalente al 2011/2012, pieno di falle sul piano ingegneristico, ambientale, trasportistico e finanziario”. Angelo Bonelli di Avs rincara la dose: “La commissione tecnica Via del Ministero dell’Ambiente ha demolito il progetto definitivo sul ponte. Ma esiste un progetto definitivo? O quello che avete presentato è quello di 15 anni fa, che era stato bocciato nel 2012 dal ministero dell’Ambiente?”. Mentre il Codacons chiede l’intervento della Corte dei Conti, l’amministratore delegato della Stretto di Messina, Pietro Ciucci, non si mostra preoccupato per le osservazioni del Mase: “Sono richieste congrue, data l’entità dell’opera. In 30 giorni daremo tutti i chiarimenti richiesti”.

Il ministro Gilberto Pichetto si trova all’improvviso in una posizione scomodissima, con gli uffici del suo ministero che bastonano un progetto che è il cavallo di battaglia di un suo collega. “Con queste istanze abbiamo dato via alla procedura di valutazione di impatto ambientale”, commenta asettico. La richiesta di integrazioni “è atto tipico della prima parte di ogni procedimento di valutazione di impatto ambientale”. Per il Ponte “si è tenuto conto, come di consueto, anche di elementi tratti dai contributi di Ispra e di soggetti non pubblici aventi diritto, per legge, ad esprimersi”. “Le richieste della Commissione Via-Vas del Mase non rappresentato assolutamente una bocciatura del Ponte sullo Stretto, ma sono legittime integrazioni proporzionate ad un progetto enorme – ha commentato Matilde Siracusano, sottosegretario di FI ai Rapporti con il Parlamento – Ho sentito il ministro Pichetto e anche Pietro Ciucci, e non ci sono criticità”.

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In Evidenza

Canfora a giudizio per diffamazione aggravata: Meloni gli chiede 20mila euro

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Andrà a processo a Bari, con l’accusa di diffamazione aggravata nei confronti della premier Giorgia Meloni, che ha chiesto un risarcimento di 20mila euro, lo storico e filologo Luciano Canfora, 82 anni, professore emerito dell’università di Bari, intellettuale di sinistra e opinionista. La decisione è stata presa oggi pomeriggio dalla giudice Antonietta Guerra, che nel rinviarlo a giudizio ha ritenuto necessaria un’integrazione probatoria sulle parole pronunciate dal filologo in sede di dibattimento.

Il processo inizierà il 7 ottobre. Al suo arrivo in Tribunale, camminando appoggiato ad un bastone, Canfora è stato accolto dagli applausi di alcuni manifestanti. La vicenda risale all’11 aprile 2022 quando Meloni era leader di Fratelli d’Italia e parlamentare all’opposizione del governo Draghi.

Nel corso di un incontro con gli studenti del liceo scientifico ‘Enrico Fermi’ di Bari dedicato alla guerra in Ucraina, Canfora la definì “neonazista nell’anima”, “una poveretta”, “trattata come una mentecatta pericolosissima”. Partì subito la querela e la Procura di Bari, dopo aver chiesto la citazione diretta in giudizio del professore, oggi ne ha chiesto e ottenuto il rinvio a giudizio.

La premier si è costituita parte civile chiedendo, tramite l’avvocato Luca Libra, anche un risarcimento danni da 20mila euro. Secondo il legale, infatti, con le sue parole Canfora avrebbe “leso l’onore, il decoro e la reputazione” di Meloni, “aggredendo la sua immagine, come persona e personaggio politico, con volgarità gratuita e inaudita”.

“La domanda risarcitoria – scrive ancora il legale – è motivata, anzitutto, dal pregiudizio psicofisico sofferto e, soprattutto, dalla lesione alla reputazione, all’onore e all’immagine” di Meloni. Di parere opposto il difensore dello storico, Michele Laforgia che aveva chiesto il proscioglimento del suo assistito “perché il fatto non sussiste, o perché non costituisce reato, o perché comunque non punibile per esercizio del diritto di critica politica”.

“La premier sarà sicuramente chiamata a deporre in aula”, ha annunciato inoltre, spiegando che, “sapevamo che, se avessimo dovuto approfondire il tema del ‘neonazismo nell’animo’ nel merito sarebbe stato necessario sentire la persona offesa dal reato”, “e forse acquisire” in dibattimento “una massa importante di documenti biografici, bibliografici, autobiografici”. “Resto convinto – ha aggiunto Laforgia – che un processo per un giudizio politico per diffamazione non si possa fare e non si debba fare, e che sia molto inopportuno farlo quando dall’altra parte ci sia un potere dello Stato”.

Canfora, professore di filologia greca e latina nell’università di Bari dal 1975, ha insegnato anche papirologia, letteratura latina, storia greca e romana. Autore di saggi di storia antica e contemporanea, per anni è stato iscritto al Partito comunista italiano e ha poi aderito a Rifondazione comunista.

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Politica

Usigrai, via Ranucci e Sciarelli? I vertici non difendono la Rai

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“Indiscrezioni di stampa danno per imminente l’addio alla Rai anche di altri due volti importanti dell’azienda, Sigfrido Ranucci e Federica Sciarelli. Due professionisti che per Usigrai sarebbero una perdita ancor più dolorosa perché si tratta di giornalisti interni da sempre impegnati nella ricerca della verità attraverso inchieste che hanno fatto la storia dell’azienda”. A sottolinearlo, in una nota, è l’esecutivo dell’Usigrai.

“Peraltro, è notizia di questi giorni – aggiunge il sindacato – la decisione della Rai di cancellare le repliche di Report dal palinsesto estivo. Si rinuncia a un prodotto di qualità a costo zero pur di rimuovere Ranucci dal servizio pubblico. Ci chiediamo se il mandato di questo vertice – che il governo si appresta a riconfermare, almeno in parte – sia quello di distruggere la Rai. Si fanno investimenti fallimentari, si chiedono sacrifici ai dipendenti, si taglia il budget delle redazioni con ripercussioni inevitabili sulla qualità del prodotto e al contempo si perdono pezzi importanti dell’identità Rai, con gravi danni per gli ascolti e il bilancio. Una situazione inaccettabile sia per il tradimento della missione della Rai servizio pubblico, sia dal punto di vista sindacale per la progressiva riduzione del perimetro occupazionale che le scelte del vertice comportano”.

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