Tra Matteo Salvini e Giorgia Meloni sembrano placarsi i toni accesi dei giorni successivi alla spaccatura sul Mattarella bis. In un teorico duello a distanza in tv, i due leader sovranisti cercano di sotterrare l’ascia di guerra tentando di riannodare i fili del dialogo. Tuttavia resta fortissima tra loro la rivalita’ per la leadership di una coalizione che nei territori, in vista delle amministrative, da Verona a Palermo, sta litigando furiosamente. I ruoli tra loro sono ormai codificati: il segretario leghista si rilancia come “pacificatore”, definisce la Lega come forza responsabile, e annuncia che, dopo il decreto sull’energia, convochera’ “un tavolo dei leader”. La Presidente di FdI sceglie invece il fronte dell’intransigenza, attaccando il governo, e chiedendo ai propri alleati maggiore “orgoglio” nel portare avanti con coerenza la scelta di campo contro la sinistra. Ambedue sanno che al di la’ delle scintille e delle polemiche prima o poi dovranno tornare insieme. Dal suo temporaneo isolamento per Covid, domenica fara’ il tampone, Salvini prevede gia’ una road map per il ritorno del confronto interno alla coalizione: “Prima vorrei portare a casa un decreto sostanzioso, 5,6,7,8 miliardi per le bollette, gia’ nei prossimi giorni. Poi – spiega in collegamento con “Porta a Porta” – chiamo tutti i leader del centrodestra perche’ i litigi nei territori, dalla Sicilia alla Liguria, non sono una buona immagine per tutti noi. Portiamo a casa il decreto poi chiamo tutti e ci sediamo intorno al tavolo perche’ divisi non andiamo da nessuna parte”. Salvini ribadisce che lui sta lavorando “per unire e non per dividere”. “Come Lega abbiamo il ruolo dei pacificatori”. Sulla sua competitor, che stando ai sondaggi l’avrebbe superato, evita di affondare i colpi: “Giorgia Meloni ha detto dei no, a Draghi e a Mattarella, noi abbiamo fatto una scelta di responsabilita’ dicendo dei si’. Ma ora – ripete – bisogna evitare di dividersi”. Anche la leader di Fratelli d’Italia smorza i toni, rispetto a quelli usati giorni fa, tuttavia alza l’asticella, chiedendo ad esempio agli alleati un voto unitario a favore del presidenzialismo: “Spero che il centrodestra – dice a “Anni 20 Notte” su Rai2 – sara’ compatto su questa riforma, ma non abbiamo certezze di questi tempi, non me ne vogliano i colleghi, ma e’ da sempre una battaglia del centrodestra”. Una riforma che, se andasse in porto, ricorda l’ex ministro della Gioventu’, garantirebbe a “chi vince le elezioni 5 anni per governare”. E questo, aggiunge Meloni con un pizzico di malizia rivolto ai suoi alleati, “significa uscire dalla palude di una certa democrazia parlamentare, dove si fanno cose diverse da quelle promesse, avere stabilita’, la forza per fare cio’ che si promette”. Infine, l’ultima punzecchiatura, sempre rivolta al “centrodestra di governo”: “Quello che dovrebbe tenerci insieme e’ l’orgoglio di rappresentare decine di migliaia di persone che vogliono cambiare e non accettano che sei presentabile solo se ti consegni alla sinistra”. Guai a essere come quelli che nel Partito Repubblicano americano, avverte Meloni, vengono definiti ‘RINO’, ovvero Republican in name only, repubblicani solo nel nome.