Nessuno metta bocca nelle scelte della Lega per le elezioni europee del 2024. Nemmeno il resto del centrodestra, che anzi dovrebbe correre unito anche fuori dai confini nazionali. Il messaggio è di Matteo Salvini ed è (di nuovo) per i suoi alleati in patria – Fratelli d’Italia e Forza Italia – che non lo sono però in Europa.
“Io non mi permetto di dire agli alleati che non voglio tizio o caio”, insiste il leader leghista. In particolare, pretende rispetto e nessun veto su Marine Le Pen. Guest star del raduno di Pontida di domenica, la leader del sovranismo francese sarà per la prima volta sul pratone del paesino della Bergamasca dove da trent’anni si ritrova il popolo dell’ex Carroccio. Assente molto probabilmente Umberto Bossi, approderà invece Cateno De Luca, il sindaco siciliano che guida ‘Sud chiama Nord’ e che si vanta di essere più autonomista di Roberto Calderoli. Ma è la leader del Rassemblement national la più attesa. La sua presenza di fatto traccerà la linea della manifestazione che si presume avrà uno slogan molto diverso da quel “Credo nell’Italia” scelto un anno fa, una settimana prima dalle Politiche.
Stavolta, oltre alla battaglia per la riforma dell’autonomia (bandiera di Roberto Calderoli e dei vecchi nordici) e alla presumibile assenza del ponte sullo Stretto tra i temi clou del raduno, l’argomento dominante sarà la corsa per le Europee. Direzione: sovranismo e nuovo rapporto con l’Europa, sapendo bene che è una strada difficilmente condivisa sia dal partito di Giorgia Meloni (a capo del gruppo dei conservatori) sia dagli azzurri di Antonio Tajani schierati a Strasburgo con i Popolari. Ma in qualche modo scelta obbligata per il futuro della Lega. Tant’è che Salvini difende l’alleata d’Oltralpe elogiandola come “una donna straordinaria aperta, curiosa” e che “non esclude nessuno e ha un’idea di Europa di sicurezza, di famiglia, di lavoro diversa da Macron”. alle parole di Salvini gli alleati tacciono. Del resto, 24 ore prima, il segretario di FI era stato molto eloquente sulla scelta, sottolineando che il ministro leghista “è libero di invitare Le Pen, che però non può essere mai un nostro alleato”, in quanto “i nostri valori sono alternativi a quelli di Le Pen e Afd”, ossia l’estrema destra tedesca. Ennesimo esempio delle scintille che da tempo dividono apertamente i due vicepremier. Ne resta fuori Fratelli d’Italia, consapevole che dietro quelle schermaglie c’è anche tattica preelettorale.
Tuttavia nei corridoi parlamentari la versione più accreditata è che FdI non lascerà gli attuali compagni di squadra in Europa. Oppure, se dovesse cambiare rotta – è il ragionamento di numerosi big del partito – verrà deciso a ridosso del voto europeo, previsto fra 9 mesi. Un tema che probabilmente sarà sfiorato nell’assemblea di FdI a Roma. In una sala vicino a piazza di Spagna, capace di accogliere i quasi 500 invitati – non solo parlamentari e ministri ma anche amministratori e componenti dell’esecutivo del partito – si terrà la prima assemblea di FdI dalle Politiche che hanno portato Meloni a Palazzo Chigi. Presieduta da Ignazio La Russa e a porte chiuse per la stampa, prenderà il via con la relazione della leader. Un discorso ampio – assicurano i più vicini alla premier – ma concentrato sulla sfida della Finanziaria e l’impegno richiesto per radicare meglio il partito sul territorio attraverso congressi locali previsti entro la fine dell’anno. Compresa la questione del ‘commissariamento’ del partito a Roma deciso a gennaio con la nomina di Giovanni Donzelli, fedelissimo di Meloni, al posto dell’ex coordinatore romano Massimo Milani, uomo vicino al vicepresidente della Camera, Fabio Rampelli, favorevole a un congresso nazionale, idea respinta. L’assemblea segna anche il debutto di Arianna Meloni al timone della segreteria politica a cui l’ha assegnata la sorella premier. Bocche cucite su un suo possibile intervento sul palco.