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‘Ruppe gli schemi’, il centrodestra ricorda Berlusconi

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Un “imprenditore visionario”, un “protagonista della storia del Paese”, un “rivoluzionario”. Il centrodestra, Forza Italia in primis, ricorda Silvio Berlusconi a due anni dalla sua scomparsa. La sua eredità “vive nelle battaglie di libertà e di buongoverno che continuiamo a portare avanti”, l’omaggio della premier Giorgia Meloni. E per il Cavaliere c’è anche il tributo dei presidenti delle Camere. “Silvio ruppe gli schemi”, dice Ignazio La Russa ricordando un “amico” con cui “discutere, sorridere, immaginare, costruire”. Affettuoso anche il ricordo di Matteo Salvini che posta sui social una combo di immagini con lui e commenta: “Amico mio, ci manchi”. E’ corale l’abbraccio al fondatore di Forza Italia con il partito che posta sui suoi account ufficiali un video-ricordo sulle note di di ‘Meglio ‘na canzone’ di Mariano Apicella. Mentre Antonio Tajani lancia una serie di iniziative in suo onore a partire dalla scuola di formazione per giovani ‘Accademia della libertà’.

Perché, evidenzia il vicepremier, pur non essendo un partito “nostalgico” FI guarda avanti nel nome delle idee berlusconiane, a partire dal fronte della giustizia. Raccolto il ricordo della famiglia. A Villa San Martino ad Arcore con una messa alla quale hanno partecipato tutti i figli ma anche Fedele Confalonieri, Gianni Letta, Danilo Pellegrino amministratore delegato di Fininvest, Paolo Berlusconi e Marta Fascina. La figlia Marina ha scelto inoltre di rileggere con ‘Il Giornale’ le ultime parole scritte dal padre su fogli di bloc-notes negli ultimi giorni di ospedale. Dalle quattro pagine emerge un manifesto liberale che Marina definisce “potente, soprattutto guardando a ciò che accade nel mondo”. Dopo il ricordo al Senato arriva anche quello in Aula a Montecitorio, non privo di qualche polemica. A prendere la parola il capogruppo azzurro Paolo Barelli che ha ricordato la “politica del fare” del Cavaliere, i suoi insegnamenti e “lo sprone ad andare avanti”.

A ricordare Silvio Berlusconi è stato anche Francesco Saverio Romano per Noi Moderati, Nicola Ottaviani per la Lega e Gianfranco Rotondi di FdI. A lasciare l’Aula in massa invece i deputati di Avs: “Per evitare di venire allo scontro”, ha spiegato Marco Grimaldi, il cui intervento critico sul Cav il 15 di gennaio scorso aveva acceso la bagarre con la maggioranza. A ricordare Berlusconi anche il ministro della Cultura Alessandro Giuli che sottolinea come Berlusconi abbia “rotto la cappa del conformismo culturale”. Del resto, come evidenzia Stefania Craxi, Berlusconi “si è da subito accorto che la cultura è uno strumento fondamentale per il buon governo del Paese, delle città, delle comunità e ha attratto a sè alcune delle migliori menti di quel periodo: da Gianni Baget Bozzo a Lucio Colletti a Piero Melograni, Giuliano Ferrara e tanti altri”. Un’altra stagione. Che portò alla costruzione del Popolo della libertà.

“Alle elezioni politiche del 2001 – ricorda patto del Nord – la Lega ottenne il 3,94% dei voti, però grazie a Bossi si ottenne da Berlusconi la devolution perché Berlusconi sapeva che poteva fidarsi di un alleato leale”. Si smarca, invece, nel ricordo, un altro grande protagonista di quegli anni: Gianfranco Fini. “Con Berlusconi – ammette l’ex presidente della Camera – l’errore fu quello di far nascere il Pdl, ma non perché fosse sbagliato il progetto. Fu sbagliato perché per Berlusconi comandare e governare erano sinonimi”. (

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Regionalismi in tensione: Giani sfida Schlein, De Luca ferma su Fico

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Oggi pomeriggio Eugenio Giani varcherà il portone del Nazareno per un faccia a faccia con Elly Schlein, deciso a difendere la sua ricandidatura alla guida della Toscana. Ma il vero scontro interno al PD è anche in Campania, dove Vincenzo De Luca continua a frenare sull’ipotesi Fico.

La sfida toscana

Mentre Schlein cerca di mantenere il controllo delle scelte territoriali, Giani ha deciso di passare al contrattacco, forte di quanto previsto dallo statuto del partito: un presidente al primo mandato può essere escluso solo attraverso primarie — cui può partecipare — o con il voto contrario del 60% della Direzione regionale. Così il 9 luglio ha formalizzato la sua candidatura, prima a voce, poi via PEC, infine pubblicamente.

Il sospetto al Nazareno è che Schlein voglia approfittare del veto del M5S su Giani per spingere nomi più vicini alla sua linea: Emiliano Fossi, segretario regionale, o Marco Furfaro. Ma Giani non ha intenzione di fare un passo indietro e ha già pronte 120 firme per chiedere la convocazione della Direzione regionale, spingendo sul fattore tempo: le elezioni sono fissate per il 12 ottobre e il calendario incombe.

Il gelo campano

In Campania la situazione è altrettanto tesa. Dopo la cena con Giuseppe Conte, De Luca ha chiarito che non c’è alcun via libera su Roberto Fico e ha preteso che si parta da un confronto programmatico con l’intera coalizione, prima di affrontare i nomi. Il governatore non intende lasciare a Schlein la regia della partita né vuole che Gaetano Manfredi, sindaco di Napoli e sostenitore di Fico, si affermi come federatore del centrosinistra in vista delle Politiche.

La sfida di De Luca è dunque doppia: contro il vertice del partito nazionale e contro la manovra napoletana, che punta a creare un nuovo baricentro politico nel Sud.

Anche in Puglia fibrillazioni interne

Altro fronte di tensione per Schlein è la Puglia, dove la segretaria vorrebbe contenere l’influenza di Michele Emiliano e Antonio Decaro. L’obiettivo è chiaro: ridurre il potere dei “governatori forti” e rafforzare una nuova classe dirigente legata alla linea nazionale del partito.

Centrodestra in cerca di equilibrio

Ma anche nel centrodestra non regna la serenità. Mercoledì Giorgia Meloni ha convocato a Palazzo Chigi Tajani, Salvini e Lupi per iniziare a discutere le candidature per le prossime Regionali, a partire dal Veneto. Una riunione che rivela la difficoltà di trovare un accordo anche tra alleati di governo, a dimostrazione di quanto il 2025 sarà un anno politicamente decisivo per gli equilibri nazionali.

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Onorevoli morosi, un buco nelle casse dei partiti

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Onorevoli morosi, che non pagano le quote dovute ai propri partiti: il problema è ricorrente nei bilanci del 2024 di diverse forze politiche, da Forza Italia al Pd, passando per il M5s. Mentre è in controtendenza Sinistra italiana, che vede aumentare i contributi dei propri parlamentari (da 204 mila a 281 mila euro), tutti tra i 42 mila e i 55 mila euro. Il M5s, che ha un avanzo di oltre 2 milioni di euro, iscrive a bilancio 2,8 milioni di euro di crediti verso parlamentari e consiglieri regionali, e 1,4 milioni per indennità di fine mandato. Come “leva per la riscossione dei contributi”, il tesoriere Claudio Cominardi, nella relazione, richiama la regolarità contributiva come “requisito fondamentale per concorrere ed eventualmente mantenere il ruolo nelle cariche associative”.

Rispetto al 2023, per il Pd cala di 55 mila euro la voce crediti verso senatori e deputati, a 441 mila euro. Come spiega la relazione al rendiconto (in avanzo di 650mila euro, con l’incasso record di 10,2 milioni dal 2xmille), “è continuata l’azione di recupero” verso eletti nelle varie legislature, con 9 azioni giudiziarie aperte e 4 accordi transattivi. Anche nel bilancio di Europa verde si prevede un ricorso per decreto ingiuntivo per mancato pagamento spontaneo dei contributi associativi contro Eleonora Evi, deputata passata l’anno scorso fra i dem.

Mentre aumentano di 2 milioni i contributi da terzi e di oltre 300 mila euro le quote associative, la “discontinuità dei versamenti” dovuti “da parte di alcuni eletti” è un aspetto critico del rendiconto di FI (disavanzo di 307 mila euro e un passivo di 90 milioni che continua a essere garantito dagli eredi di Silvio Berlusconi): “Occorrerà adottare decisioni più rigorose per ottenere i pagamenti”, si legge nella relazione, “anche facendo leva” sulle norme interne che per i morosi prevedono ineleggibilità e decadenza dagli incarichi nel partito. I versamenti degli eletti sono in calo anche per +Europa, da 28.530 a 22.950. In FdI i contributi dei parlamentari nazionali ed europei sono volontari, e il bilancio (in disavanzo di 681 mila euro, a fronte di un avanzo di 4,9 milioni di euro nel 2023) registra un calo delle erogazioni liberali (da 3,9 a 2,7 milioni) e delle quote associative annuali (da 2,8 a 2,3 milioni). Nel bilancio 2024 in disavanzo di per 1,4 milioni, anche per la Lega calano le contribuzioni da persone fisiche e giuridiche (da 4,5 a 3,8 milioni), mentre aumentano le quote associative (da 58.624 a 63.227 euro).

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Maxi ricorso sui vitalizi, giovedì la sentenza

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E’ prevista per giovedì prossimo la sentenza del Collegio d’appello di Montecitorio sul taglio dei vitalizi, oggetto di un maxi ricorso da parte di circa 900 ex deputati che chiedono di rivedere la delibera del 2018 sugli assegni. Il “tribunale” di secondo grado interno alla Camera, presieduto da Ylenia Lucaselli (Fdi), è composto da altri quattro deputati (Ingrid Bisa della Lega, Pietro Pittalis di Fi, Marco Lacarra del Pd e Vittoria Baldino di M5s) tutti avvocati, ed ha un ruolo giurisdizionale e non politico. La decisione giunge dopo una lunga istruttoria – partita un anno fa – che ha registrato un’accelerazione nelle ultime due settimane. Ad argomentare le proprie ragioni gli avvocati dei ricorrenti, principalmente ex deputati anagraficamente più giovani di quelli che nel 2022 hanno beneficiato di una sentenza che di fatto ha azzerato per loro la delibera Fico.

Quest’ultima stabiliva che il vitalizio – su suggerimento dell’allora presidente dell’Inps Tito Boeri – fosse calcolato con criteri contributivi: in pratica l’assegno veniva ricalcolato sulla base di coefficienti in cui rientravano non solo il monte dei contributi versati, ma anche gli anni in cui si era beneficiato di un assegno. Un taglio che, dall’oggi al domani, è arrivato anche al 90%. “Il ricorso riguarda una minoranza che subisce ancora un trattamento fortemente discriminato rispetto alla maggioranza dei deputati e a tutti i senatori per i quali dagli organi del Senato è stato applicato il principio costituzionale della legittima aspettativa”, ha lamentato l’Associazione degli ex parlamentari che respinge con forza le accuse di “casta” e di “assalti alla diligenza” prospettando anzi, grazie alle sue proposte relative agli adeguamenti derivanti dall’aumento, risparmi “notevoli” per le casse della Camera.

Tra coloro che lamentano i tagli, molti sono i nomi noti e vanno da Paolo Guzzanti a Ilona Staller, dagli ex sindaci di Napoli Antonio Bassolino e Rosa Russo Iervolino all’ex primo cittadino di Imperia, ora alla guida della Provincia del ponente ligure, Claudio Scajola, fino a Fabrizio Cicchitto, Claudio Martelli, Margherita Boniver. La lista, lunga, vede tra i ricorrenti anche Italo Bocchino, Mario Landolfi, Gianni Alemanno, ma anche Mario Capanna, l’ex magistrata Tiziana Maiolo, l’ex olimpionica Manuela Di Centa, l’ex vicepresidente del Csm Michele Vietti, Giovanna Melandri e Angelino Alfano.

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