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Roma blocca l’export di vaccini AstraZeneca diretti in Australia, prima in Ue

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L’Unione europea first, sul modello di Regno Unito e Usa. L’Italia di Mario Draghi e’ il primo Paese dei 27 a bloccare – di concerto con la Commissione Ue – l’export di vaccini prodotti da AstraZeneca. Nel caso specifico, oltre 250mila dosi confezionate nello stabilimento di Anagni e destinate all’Australia. La mossa del premier italiano arriva sulla scia delle mancate consegne del colosso anglo-svedese, ridotte al 25% – ovvero a quaranta milioni di dosi – nel primo trimestre rispetto a quanto si fosse impegnato a fare, e piu’ in generale della penuria di immunizzanti nell’Unione. Una decisione in piena coerenza con la linea esposta dallo stesso Draghi al summit dei capi di Stato e di governo della settimana scorsa e sostenuta da vari leader, tra cui il francese Emmanuel Macron e l’olandese Mark Rutte: nel momento in cui c’e’ carenza di vaccini bisogna fare tutto quel che serve per aumentarne la disponibilita’, agendo su tutte le leve, export incluso. L’iniziativa e’ divenuta pubblica nello stesso giorno in cui l’Agenzia europea del farmaco ha avviato l’esame dello Sputnik russo, della visita del commissario Thierry Breton a Roma e della telefonata tra lo stesso Draghi e il premier britannico Boris Johnson. La proposta italiana era stata notificata dalla Farnesina alla direzione generale Salute dell’Esecutivo comunitario venerdi’ scorso, ultimo giorno di lavori del vertice, ed ha ricevuto il via libera il 2 marzo. Lo stop all’export e’ stato invocato in base allo strumento varato da Bruxelles per controllare i movimenti delle fiale in partenza verso i Paesi terzi, proprio in risposta alle inadempienze di AstraZeneca. Nonostante infatti l’Ue avesse investito 870 milioni di euro nel contratto di pre-acquisto con il colosso anglo-svedese per avere dosi in stock pronte all’uso col via libera dell’Ema, si e’ ritrovata con un pugno di mosche, sorpassata a gran velocita’ da un Regno Unito che ha rivendicato per se’ tutte le dosi prodotte nei siti britannici. Di fatto due dei quattro del contratto siglato dall’Unione. Una politica, quella sui vaccini di Londra, perseguita anche dagli Stati Uniti del democratico Biden, di fronte alla quale Draghi al Consiglio europeo ha interrogato i partner, incontrando sostegno ma anche preoccupazioni per eventuali frizioni e conseguenze, ad esempio, per l’approvvigionamento delle componenti necessarie alla realizzazione dei sieri. In effetti, dopo il no all’export le linee telefoniche tra Bruxelles e Canberra si sono fatte bollenti. L’Ue ha cercato di rassicurare, ma anche spiegare che l’azienda si e’ venduta lo stesso prodotto piu’ volte al miglior offerente, lasciando con un palmo di naso i 27 in agonizzante attesa, come avvenuto anche oggi con la Polonia, dove le 62mila dosi attese in consegna non sono arrivate. E mentre il cancelliere austriaco Sebastian Kurz e la premier danese Mette Friedriksen sono volati in Israele per stringere un’alleanza per la produzione dei sieri di seconda generazione con Benyamin Netanyahu, l’Ema ha iniziato l’esame dello Sputnik V, siero gia’ utilizzato nell’Ue da Ungheria, Repubblica Ceca e Slovacchia con autorizzazioni nazionali d’emergenza. A presentare la richiesta e’ stata la filiale tedesca del gruppo farmaceutico russo R-Pharm, i cui stabilimenti saranno ispezionati e certificati per produrre per l’Ue. La rolling review dell’Agenzia Ue continuera’ fino a quando non saranno disponibili prove sufficienti per avanzare con la domanda formale di autorizzazione all’immissione in commercio. Anche se per il momento l’Ema non e’ in grado di prevedere le tempistiche generali, Kirill Dmitryev, numero uno del Russian Direct Investment Fund, sviluppatore del vaccino, ha annunciato di essere pronto a fornire 50 milioni di shot agli europei a partire da giugno 2021. “Abbiamo fornito all’Ema tutti i dati necessari per un siero che e’ gia’ stato autorizzato da oltre 40 Paesi nel mondo”, ha spiegato, sottolineando come “lo Sputnik potra’ dare un contributo fondamentale per salvare milioni di vite in tutta Europa”. A Bruxelles c’e’ scetticismo e per il momento nessun contatto in corso per integrare lo Sputnik nel portafoglio dei vaccini dell’Ue. Mentre il governo italiano non avrebbe preclusioni nei confronti di nessun vaccino che sia testato dall’Ema, incluso Sputnik, anche se l’attenzione maggiore sembra in questa fase concentrarsi sul vaccino monodose di Johnson&Johnson, che e’ in via di autorizzazione.

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Influenza e Covid, attesa crescita con ritorno a scuola

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La riapertura delle scuole dopo le festività natalizie potrebbe dare un’ulteriore spinta alle infezioni respiratorie: influenza, soprattutto, ma anche Covid-19 e virus respiratorio sinciziale. È il timore espresso da più parti e confermato anche dalla Società Italiana di Pediatria. “Con il rientro dei bambini a scuola ci aspettiamo un aumento dei casi di influenza anche se – c’è da dire – durante il periodo delle vacanze non si è osservato un calo dei contagi, probabilmente per le occasioni di vita sociale durante le festività.

Inoltre, siamo nel momento del clou del virus respiratorio sinciziale”, dice Rino Agostiniani, consigliere nazionale della Società Italiana di Pediatria, che sottolinea che “è importante che i bambini che hanno sintomi influenzali rimangano a casa”. “Ho scritto al ministro della Salute con l’obiettivo di accedere un faro su una malattia che provoca, soprattutto tra i neonati, gravi patologie, anche mortali: la bronchiolite.

La Commissione europea ha autorizzato il vaccino Nirsevimab che ha già passato severissime e rigidissime misure di controllo da parte di Ema. Questo farmaco potrebbe essere uno strumento fondamentale per la lotta alla bronchiolite ed è arrivato il momento che venga adottato anche nel nostro Paese, quanto prima”, ha intanto fatto sapere Orfeo Mazzella, capogruppo del Movimento 5 Stelle in Commissione Affari Sociali al Senato, citando il caso di una neonata di tre mese morta a fine anno probabilmente proprio a causa di questo virus.

Intanto nelle ultime due settimane, in Italia, l’influenza e le sindromi simil-influenzali hanno fatto registrare numeri da record: due milioni di persone messe a letto solo nelle ultime due settimane dell’anno, con tassi elevati soprattutto nei bambini più piccoli “che sono quelli nel corso degli ultimi anni non hanno sviluppato un patrimonio immunitario per difendersi dall’infezione”, spiega Agostiniani. Covid-19, al contrario, nell’ultima rilevazione del ministero della Salute e dell’Istituto Superiore di Sanità ha mostrato un lieve rallentamento.

Tuttavia, nel mondo sembra che i contagi abbiano ripreso a salire: secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, nelle ultime 4 settimane ci sono stati 850mila casi di Covid nel mondo, con un aumento del 52% rispetto al mese precedente. I numeri reali, tuttavia, potrebbero essere molto più alti.

“Sappiamo che in tutto il mondo le segnalazioni sono diminuite, i centri di sorveglianza sono diminuiti, i centri di vaccinazione sono stati smantellati o chiusi. Questo fornisce un quadro incompleto della situazione e purtroppo dobbiamo aspettarci più casi di quelli che abbiamo dichiarato ufficialmente”, ha detto Christian Lindmeier dell’Oms.

Che la situazione stia peggiorando si intuisce anche dai ricoveri: tra il 13 novembre e il 10 dicembre, nei Paesi che segnalano sistematicamente i dati all’Oms e che sono ormai meno di 60, sono stati registrati più di 118 mila nuovi ricoveri per Covid e più di 1.600 nuovi ricoveri in terapia intensiva, con un aumento rispettivamente del 23% e del 51%.

La ripresa dei contagi potrebbe essere legata alla nuova JN.1 del virus Sars-CoV-2. I dati che arrivano dagli Stati Uniti sembrano confermarlo. Secondo le ultime stime dei Centers for Disease Control and Prevention (Cdc) nell’ultima settimana JN.1 è arrivata al 61,6% di prevalenza. JN.1, che ormai è dominante anche in Italia, discende dalla variante BA.2.86 (Pirola) ed è stata isolata proprio negli Stati Uniti lo scorso settembre. Per i Cdc “al momento non vi è alcuna indicazione di un aumento della gravità da JN.1”. Tuttavia, è possibile che “questa variante possa determinare un aumento delle infezioni”.

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Covid, meno ricoveri in ospedale e meno contagi

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L’indice di trasmissibilità per il Covid-19 basato sui casi con ricovero ospedaliero al 26 dicembre si conferma sotto soglia epidemica e sostanzialmente stabile con 0,75; in leggera diminuzione anche i ricoveri sia nei reparti che i terapia intensiva. Anche l’incidenza di casi Covid-19 diagnosticati e segnalati nel periodo 28 dicembre 2023-3 gennaio 2024 è in lieve diminuzione pari a 66 casi per 100.000 abitanti rispetto ai 70 della settimana precedente. Il numero di nuovi contagi segnalati è 38.736 contro i 40.988 della settimana precedente e i 60.556 della settimana ancora prima. Questo quanto emerge dall’ultimo monitoraggio del ministero della Salute-Istituto Superiore di Sanità, in cui viene spiegato che, per l’Rt, i valori potrebbero essere sottostimati “a causa di un ritardo di notifica dei ricoveri durante i giorni festivi” e per l’incidenza “in parte per una ridotta frequenza di diagnosi effettuate durante i giorni festivi”.

Per le ospedalizzazioni, al 3 gennaio l’occupazione dei posti letto in area medica risulta pari al 10,1% (6.320 ricoverati) rispetto all’11,0% rilevato al 27 dicembre 2023. In riduzione anche l’occupazione dei posti letto in terapia intensiva, pari a 2,8% (246 ricoverati), rispetto alla settimana precedente (3,2% al 27 dicembre 2023). I tassi di ospedalizzazione e mortalità, viene rilevato nel monitoraggio, aumentano con l’età, presentando i valori più elevati nella fascia d’età 90+ anni; anche il tasso di ricovero in terapia intensiva aumenta con l’età. L’incidenza settimanale dei casi diagnosticati e segnalati risulta in diminuzione nella maggior parte delle Regioni e Province.

L’incidenza più elevata è stata riportata nella Regione Lazio (128 casi per 100.000 abitanti) e la più bassa in Sicilia (6 casi per 100.000 abitanti). Le reinfezioni sono al 43% circa, in lieve diminuzione rispetto alla settimana precedente. Per quanto riguarda le varianti, alla data della più recente indagine rapida condotta dall’11 al 17 dicembre 2023, JN.1 (discendente di BA.2.86) è predominante, con una prevalenza nazionale stimata pari a 38,1%. Si conferma, inoltre, se pur con valori di prevalenza in diminuzione, la co-circolazione di ceppi virali ricombinanti riconducibili a XBB, ed in particolare alla variante d’interesse EG.5 (prevalenza nazionale stimata pari a 30,6%).

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In Spagna torna mascherina contro boom virus respiratori e Covid

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Un appello al “buon senso” e la raccomandazione “ad avere sempre a portata di mano la mascherina” da indossare negli ambienti affollati o sui trasporti pubblici è stato lanciato oggi dalla ministra spagnola di Sanità, Monica Garcia, a causa del “notevole aumento” di virus respiratori registrati negli ultimi giorni, che hanno già portato in emergenza numerosi centri di salute e servizi di pronto soccorso ospedalieri. In una dichiarazione alla tv nazionale Rtve, Garcia ha fatto riferimento all’incidenza attuale di virus respiratori “di 1.000 casi per 100.000 abitanti”, secondo il rapporto settimanale dell’Istituto Carlos III di riferimento.

“Il tasso di ricoveri, nonostante il lieve aumento, si mantiene basso, sotto i 30 casi per 100.000 abitanti”, ha aggiunto, ma “è prevedibile che continuerà a intensificarsi nei prossimi giorni”. La ministra ha convocato per lunedì il Consiglio interterritoriale del Sistema sanitario nazionale di salute, per “unificare i criteri per “affrontare i picchi di virus respiratori”, dopo che regioni come la Catalogna e la Comunità Valenziana hanno ripristinato da oggi l’obbligo di mascherina in ospedali, centri sanitari e residenze di anziani.

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