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Cronache

Riva Destra di Ischia, un suk di periferia tra fiumi di alcol e droga per giovinastri rissaioli o imbecilli: ora ci sono le telecamere

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Locali chiusi una, due e anche tre volte dalla polizia per inosservanza delle norme anti-contagio. Centinaia di ragazzi e meno giovani che sciamano avanti e indietro lungo i 300 metri di Riva Destra del Porto di Ischia senza uno straccio di mascherina nonostante la folla e dunque gli assembramenti. Quei pochi che sono in possesso di una mascherina o la indossano ad altezza avanbraccio oppure la usano come ornamento del mento. Per il resto la mitica Riva destra di Ischia è ogni sera (e non solo la sera) un unico corpo di reato. Non c’è nessuno che abbia un minimo di rispetto non solo del DPCM in costanza di emergenza covid, ma le ordinanze del Presidente della Regione Campania Vincenzo De Luca, per fortuna un po’ più restrittive di quelle del Governo, sull’isola d’Ischia, in questo tratto di strada di Ischia, zona molto bella della cosiddetta movida, sono materia sconosciuta. Si beve, si alza abbondantemente il gomito da mane a sera. Qui l’alcool (bevono la qualunque, forse anche la benzina quando non trovano grappa o vodka pur di sballarsi) scorre a fiumi. E quando l’alcool fa i suoi effetti la rissa e all’ordine del giorno. Motivi delle risse? Nessuno. Basta un nulla.

Carabinieri. Alcuni posti di controllo notturni dell’Arma a Ischia

La questione è che certi giovanotti in preda ai fumi dell’alcool (per la droga, il consiglio è arrivare una sera con i cani antidroga) e di sostanze psicotrope (marjiuna, hashish, cocaina, pasticche) sono capaci di ogni impresa, anche criminale. Il rischio è che prima o poi posso scapparci non tanto qualche ferito ma qualche morto.  All’alba tra sabato e domenica, sempre sulla Riva Destra, Carabinieri della Compagnia locale (che fanno una fatica immane assieme ai loro colleghi della Polizia e e della Guardia di Finanza per tenere un minimo di ordine e sicurezza pubblica, hanno notificato una denuncia per rissa 8 persone. Sono tutti ragazzi – 7 sono ischitani e 1 di sorrento – e hanno dai 19 ai 30 anni. Sono ritenuti responsabili di una rissa avvenuta il 16 luglio scorso verso le 4 del mattino sulla riva destra del porto d’Ischia.
Le indagini dei Carabinieri – effettuate ascoltando testimoni e visionando le immagini estrapolate dai sistemi di videosorverglianza presenti nella zona – hanno permesso di ricostruire la dinamica dei fatti e di identificare i responsabili. È una delle tante operazioni di pubblica sicurezza messe a segno dai carabinieri per punire certi squinternati che rischiano di danneggiare se stessi, gli altri e mettere anche a repentaglio il buono nome dell’isola d’Ischia, scelta da migliaia di persone, anche in questi anni difficili di pandemia, per le vacanze. Chi sceglie Ischia lo fa perchè ama la natura, vuole rilassarsi. Cosa praticamente impossibile in queste settimane lungo la Riva Destra, diventata una sorta di suk di periferia con banditi e altri personaggi in cerca di autore. Chi ci perde sono gli operatori turistici, i ristoratori della zona, che già soffrono e che spesso si trovano nei guai loro malgrado per colpa di giovani squinternati drogati o ubriachi. Sono loro che sollecitano alle forze dell’ordine maggiori controlli. Per evitare idiozie come quelle immortalate, ad esempio, da un ormeggiatore che si diletta a fotografare certe imprese criminali o idiote di ragazzetti che bazzicano in zona.

Ci sono foto in evidenza su alcuni gruppi social, ad esempio, di giovani sorpresi dall’obiettivo della macchina fotografica abbarbicati al parapetto di un palazzo che affaccia sulla Riva Destra, con le gambe all’aria. Ovviamente il rischio era quello di cadere già dal terzo piano. Rimanere schiacciati a terra. E anche colpire qualche povero cristo che passeggiava sotto.  Il Comune, contro questo stato di cose, è corso ai ripari. Sono state installate e attivate le prime cinque telecamere di video sorveglianza e sono in corso di attivazione altre sei telecamere che saranno presto operative. Le prime cinque sono state installate su tutta l’area portuale, Riva Destra compresa. Le altre telecamere saranno installate in altri punti strategici del territorio ed è intenzione dell’Amministrazione implementare gradualmente la copertura. L’obiettivo è avere il controllo costante di quanto avviene lungo le strade del comune di Ischia. La videosorveglianza è uno strumento fondamentale che è in dotazione alla Polizia Municipale di Ischia ed è ovviamente a disposizione di tutte le forze dell’ordine che potranno acquisire in qualsiasi momento le immagini per eventuali verifiche e/o indagini.

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Sangue infetto, la famiglia di un militare napoletano morto nel 2005 sarà risarcita con un milione di euro

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Dopo quasi vent’anni di battaglie legali, la Corte di Cassazione ha riconosciuto il diritto al risarcimento per i familiari di un militare napoletano, deceduto nel 2005 a seguito di complicazioni derivanti da una trasfusione di sangue infetto. La sentenza storica condanna l’ospedale Piemonte e Regina Margherita di Messina, stabilendo un risarcimento di oltre un milione di euro ai familiari del defunto.

Il militare, trasferitosi da Napoli a Sicilia per lavoro, subì un grave incidente durante il servizio che necessitò un intervento chirurgico d’urgenza e la trasfusione di quattro sacche di sangue. Anni dopo l’intervento, si scoprì che il sangue trasfuso era infetto dall’epatite C, portando alla morte del militare per cirrosi epatica. La complicazione si manifestò vent’anni dopo la trasfusione, rendendo il caso particolarmente complesso a livello legale.

In primo e secondo grado, i tribunali di Palermo e la Corte d’Appello avevano respinto le richieste di risarcimento della famiglia, giudicando prescritto il diritto al risarcimento. Tuttavia, la decisione della Corte di Cassazione ha ribaltato questi verdetti, affermando che la prescrizione del diritto al risarcimento non decorre dal momento del fatto lesivo ma dal momento in cui si manifesta la patologia collegata al fatto illecito.

Questa sentenza non solo porta giustizia alla vittima e ai suoi cari ma stabilisce anche un importante precedente per la tutela dei diritti dei pazienti e la responsabilizzazione delle strutture sanitarie. Gli avvocati della famiglia hanno sottolineato l’importanza della decisione, che apre nuove prospettive nel campo della giustizia sanitaria e sottolinea l’obbligo delle strutture ospedaliere di rispettare protocolli medici dettagliati, anche in situazioni di urgenza.

Il caso di Antonio (nome di fantasia) sottolinea la necessità di garantire la sicurezza nelle procedure mediche e di monitorare con rigore le condizioni di sicurezza del sangue donato, indipendentemente dalle circostanze. La sentenza rappresenta un passo significativo verso una maggiore giustizia e sicurezza nel sistema sanitario italiano, ribadendo che nessuna circostanza può esimere dal rispetto delle norme di sicurezza e prudenza necessarie per proteggere la salute dei pazienti.

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Addio a Italo Ormanni, magistrato e gentiluomo napoletano

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Italo Ormanni, magistrato, è scomparso all’età di 88 anni. Dopo una vita dedicata alla giustizia e alla lotta contro la criminalità organizzata, Ormanni ci lascia ricordi indelebili di un uomo che ha saputo coniugare serietà professionale e un vivace senso dell’umorismo. È deceduto ieri a Roma, nella clinica Quisisana, dove era ricoverato e aveva subito un’angioplastica.

La carriera di Ormanni, iniziata nella magistratura nel 1961, è stata lunga e fruttuosa, con servizio attivo fino al 2010. Tra i casi più noti che ha seguito, ci sono stati quelli che hanno toccato i vertici della camorra a Napoli, sua città natale, e importanti inchieste su eventi di cronaca nazionale, come il rapimento di Emanuela Orlandi e l’omicidio di Simonetta Cesaroni. Anche nel suo ruolo di procuratore aggiunto a Roma, Ormanni ha gestito casi di grande risonanza, contribuendo significativamente alla sicurezza e alla giustizia in Italia.

Oltre al suo impegno nel campo giudiziario, Ormanni ha avuto anche una breve ma memorabile carriera televisiva come giudice-arbitro nella trasmissione “Forum”, dove ha lasciato il segno con la sua capacità di gestire le controversie con saggezza e empatia.

Amante delle arti e della cultura, Ormanni ha sempre cercato di bilanciare la durezza del suo lavoro con le sue passioni personali, dimostrando che dietro la toga c’era un uomo completo e poliedrico. I suoi funerali si terranno a Roma, nel primo pomeriggio di lunedì, dove amici, familiari e colleghi avranno l’occasione di rendere omaggio a una delle figure più influenti e rispettate del panorama giudiziario italiano.

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Falso terapista accusato di stupro, vittima minorenne

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Accoglieva le sue pazienti all’interno di un finto studio allestito in una palestra di Fondi e, una volta solo con loro nelle stanze della struttura, le molestava nel corso di presunti trattamenti di fisioterapia, crioterapia e pressoterapia, facendo leva sulle loro fragilità psicologiche e fisiche affinché non raccontassero nulla. Dolori e piccoli problemi fisici che spingevano ciascuna delle vittime, tra cui anche una minorenne, a recarsi da lui per sottoporsi alle sedute, completamente all’oscuro del fatto che l’uomo non possedesse alcun titolo di studio professionale, né tanto meno la prevista abilitazione, e che non fosse neanche iscritto all’albo. È finito agli arresti domiciliari il finto fisioterapista trentenne di Fondi, per il quale è scattato anche il braccialetto elettronico, accusato di aver commesso atti di violenza sessuale su diverse donne, tra cui una ragazza di neanche 18 anni, e di aver esercitato abusivamente la professione.

Un’ordinanza, quella emessa dal giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Latina ed eseguita nella giornata di oggi dagli agenti del Comando Provinciale della Guardia di Finanza, arrivata al termine di un’indagine di polizia giudiziaria svolta su delega della Procura di Latina. Durata all’incirca un anno, quest’ultima ha permesso di svelare, attraverso le indagini condotte anche con accertamenti tecnici, acquisizioni di dichiarazioni ed esami documentali, i numerosi atti di violenza da parte dell’uomo nei confronti delle pazienti del finto studio da lui gestito. Tutto accadeva all’interno di un'”Associazione sportiva dilettantistica” adibita a palestra nella città di Fondi, nel sud della provincia di Latina: quella che il trentenne spacciava per il suo studio, sequestrata in queste ore dalle fiamme gialle quale soggetto giuridico formale nella cui veste è stata esercitata l’attività professionale, in assenza dei prescritti titoli di studio, della prevista abilitazione e della necessaria iscrizione all’albo, nonché dei locali, attrezzature e impianti utilizzati. Un’altra storia di abusi a Lodi.

Vittima una ragazza siriana di 17 anni arrivata in Italia per sfuggire alla guerra e al sisma del 2023: finita nelle mani dei trafficanti è stata sottoposta a violenze e maltrattamenti e poi abbandonata. La Polizia, coordinata dalla Procura di Lodi e dalla Procura presso la Direzione distrettuale antimafia di Bologna, ha arrestato i due aguzzini.

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