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Politica

Rischio nucleare e ambiguità partiti, Putin entra e agita il voto in Italia

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L’annuncio della mobilitazione di 300mila riservisti russi, combinato con lo spettro del nucleare, infuoca l’ultimo scorcio di campagna elettorale. Se Giorgia Meloni taglia corto parlando di “mossa disperata” da parte di Vladimir Putin che “tradisce le difficolta’” di Mosca, Enrico Letta attacca i suoi avversari. Domenica “gli italiani non votino per gli amici di Putin”, avverte il segretario del Pd, lui “partecipa al voto e festeggera’ se vince la destra” che “e’ profondamente ambigua su questo tema”. Il ministro degli Esteri e leader di Impegno Civico, Luigi Di Maio, si unisce al coro e chiama in causa espressamente Matteo Salvini e Giuseppe Conte. Il capo politico della Lega rispedisce ogni accusa al mittente: “Non scherziamo, tutti hanno avuto rapporti con Putin”, poi “la guerra cambia ogni tipo di valutazione”. Salvini cita “Renzi, Berlusconi, Prodi. Letta – ricorda – ha stretto 28 accordi commerciali con la Russia. La sinistra diceva che Putin era il migliore. Ma quando scoppia una guerra, quello che la fa cominciare passa dalla parte del torto”. La presidente di Fratelli d’Italia rivendica ancora una volta le sanzioni contro Mosca: “Sta funzionando quello che la comunita’ internazionale ha messo in campo”, e’ un momento in cui “bisogna essere molto lucidi e compatti”. A replicare al Pd ci pensa il capogruppo alla Camera, Francesco Lollobrigida, che mira al cuore della coalizione di centrosinistra: “In piu’ occasioni, il maggior partito alleato del Pd, ha votato proprio contro l’Alleanza Atlantica, il sostegno all’Ucraina e persino contro l’adesione di Svezia e Finlandia alla Nato. Il Partito Democratico condanni le scellerate scelte dei suoi alleati, che indeboliscono la posizione italiana sul piano internazionale”. Per il ministro Di Maio le parole del presidente russo sono “preoccupanti” e “inquietanti perche’ dimostrano che non si vuole fermare”, ma sono anche un segno di debolezza. “La Lega – punta il dito il titolare della Farnesina – ha ancora un accordo con il partito Putin, un memorandum di intesa” e “Conte, quando si e’ fatta la risoluzione sull’Ucraina, ha provato a disallineare l’Italia dagli alleati storici”. Quanto a Giuseppe Conte, ribalta la prospettiva e sostiene che e’ “la strategia di Washington”, a cui in Italia “hanno aderito convintamente Meloni e Letta con l’elmetto in testa, che rischia di portarci ad un rischio molto elevato. Parliamo di una superpotenza che ha un arsenale nucleare, chimico-batteriologico, ecco perche’ chi ha sposato questa strategia ora deve dirci come uscirne”. Il leader del M5s chiarisce di essere a sostegno dell’Ucraina, “il problema e’ la strategia. Vogliamo una escalation militare senza piu’ limiti e confini? Accettiamo questo rischio?”, incalza. Il segretario di Articolo Uno e ministro della Salute, Roberto Speranza, invece, fa appello a nuovi negoziati: “Come Europa dobbiamo ricostruire condizioni possibili per fermare il conflitto. C’e’ la necessita’ – sostiene – di riavviare l’iniziativa diplomatica gia’ nelle prossime ore”.

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Zelensky: da Meloni una posizione chiara, la apprezzo

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“Oggi a Roma ho incontrato la Presidente del Consiglio italiana, Giorgia Meloni. Abbiamo discusso dell’importanza delle garanzie di sicurezza per l’Ucraina e degli sforzi per ripristinare la pace e proteggere le vite umane”. Lo ha scritto su X Volodymyr Zelensky. “46 giorni fa l’Ucraina – scrive – ha accettato un cessate il fuoco completo e incondizionato e per 46 giorni la Russia ha continuato a uccidere il nostro popolo. Pertanto, è stata prestata particolare attenzione all’importanza di esercitare pressioni sulla Russia”. Ed ha aggiunto: “Apprezzo la posizione chiara e di principio di Giorgia Meloni”.

Il leader ucraino ha aggiunto di aver “informato” la premier italiana “degli incontri costruttivi tenuti dalla delegazione ucraina con i rappresentanti di Stati Uniti, Francia, Regno Unito e Germania a Parigi e Londra. C’è una posizione comune: un cessate il fuoco incondizionato deve essere il primo passo verso il raggiungimento di una pace sostenibile in Ucraina”.

(la foto in evidenzaè di Imagoeconomica)

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Fratelli d’Italia risale nei sondaggi: cala il Pd, stabile il M5S

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Ad aprile, la politica internazionale ha fortemente influenzato l’opinione pubblica italiana. Gli avvenimenti chiave sono stati l’avvio dei dazi da parte degli Stati Uniti, gli incontri della premier Giorgia Meloni con Donald Trump e il vicepresidente americano Vance, la guerra in Ucraina e la crisi a Gaza, oltre alla scomparsa di papa Francesco. Questi eventi hanno oscurato le vicende della politica interna, come il congresso della Lega, il decreto Sicurezza e il dibattito sul terzo mandato per i governatori.

Ripresa di Fratelli d’Italia e consolidamento del centrodestra

Secondo il sondaggio Ipsos per il Corriere della Sera, Fratelli d’Italia torna a crescere, attestandosi al 27,7%, oltre un punto in più rispetto al mese precedente. Il recupero è legato all’eco positiva degli incontri internazionali della premier e alla riduzione delle tensioni interne alla maggioranza. Forza Italia si mantiene stabile all’8,2%, mentre la Lega scende all’8,2% (-0,8%).

Nel complesso, il centrodestra si rafforza leggermente, mentre le coalizioni di centrosinistra e il Campo largo registrano piccoli cali.

Opposizione in difficoltà: Pd in calo, M5S stabile

Il Partito Democratico cala ancora, arrivando al 21,1%, il punto più basso dell’ultimo anno, penalizzato da divisioni interne soprattutto sulla politica estera. Il Movimento 5 Stelle, invece, resta stabile al 13,9%, grazie al chiaro posizionamento pacifista.

Le altre forze di opposizione non mostrano variazioni rilevanti rispetto al mese precedente.

Governo e premier in lieve ripresa

Anche il gradimento per l’esecutivo cresce di un punto, raggiungendo il 41%, mentre Giorgia Meloni si attesta al 42%. Sono segnali deboli ma indicativi di un possibile arresto dell’erosione di consensi degli ultimi mesi.

I leader politici: lieve crescita per Conte e Renzi

Tra i leader, Antonio Tajani registra il peggior risultato di sempre (indice di 28), mentre Giuseppe Conte cresce di un punto, raggiungendolo. Piccoli cali si registrano anche per Elly Schlein e Riccardo Magi. In lieve risalita di un punto anche Matteo Renzi, che resta comunque in fondo alla classifica.

Più partecipazione elettorale

Un dato interessante riguarda la crescita della partecipazione: l’area grigia degli astensionisti e indecisi si riduce di tre punti. Resta da vedere se sarà un fenomeno duraturo o temporaneo.

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Andrea Vianello lascia la Rai dopo 35 anni: “Una magnifica cavalcata, grazie a tutti”

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Dopo 35 anni di giornalismo, programmi, dirette e incarichi di vertice, Andrea Vianello (foto Imagoeconomica in evidenza) ha annunciato il suo addio alla Rai. L’annuncio è arrivato con un messaggio pubblicato su X, nel quale il giornalista ha comunicato di aver lasciato l’azienda con un «accordo consensuale».

Una lunga carriera tra radio, tv e direzioni

Nato a Roma il 25 aprile 1961, Vianello entra in Rai nel 1990 tramite concorso, dopo anni di collaborazione con quotidiani e riviste. Inizia al Gr1 con Livio Zanetti, poi al Giornale Radio Unificato, raccontando da inviato alcuni dei momenti più drammatici della cronaca italiana: dalle stragi di Capaci e via D’Amelio al caso del piccolo Faruk Kassam.

Nel 1998 approda a Radio anch’io, e successivamente a Tele anch’io su Rai2. Tra il 2001 e il 2003 è autore e conduttore di Enigma su Rai3, per poi guidare Mi manda Rai3 fino al 2010. Dopo l’esperienza ad Agorà, nel 2012 diventa direttore di Rai3.

Nel 2020 pubblica “Ogni parola che sapevo”, un racconto toccante della sua battaglia contro un’ischemia cerebrale che gli aveva tolto temporaneamente la parola, poi recuperata con grande determinazione.

Negli ultimi anni ha diretto Rai News 24, Rai Radio 1, Radio1 Sport, il Giornale Radio Rai e Rai Gr Parlamento. Nel 2023 viene nominato direttore generale di San Marino RTV, ma si dimette dopo dieci mesi. Di recente si parlava di un suo possibile approdo alla guida di Radio Tre.

Le parole d’addio: “Sempre con me il senso del servizio pubblico”

«Dopo 35 anni di vita, notizie, dirette, programmi, emozioni e esperienze incredibili, ho deciso di lasciare la ‘mia Rai’», scrive Vianello. «Ringrazio amici e colleghi, è stato un onore e una magnifica cavalcata. Porterò sempre con me ovunque vada il senso del servizio pubblico».

Il Cdr del Tg3: “Un altro addio che pesa”

Dura la reazione del Comitato di redazione del Tg3: «Anche Andrea Vianello è stato messo nelle condizioni di dover lasciare la Rai», scrivono i rappresentanti sindacali, parlando apertamente di “motivi politici”. «È l’ennesimo collega di grande livello messo ai margini in un progressivo svuotamento di identità e professionalità». E concludono con un appello: «Auspichiamo che questa emorragia si arresti, e che la Rai possa recuperare la sua centralità informativa e culturale».

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