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Politica

Ricorso a Consulta su decadenza Todde: pronti a tornare al voto

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La minoranza di centrodestra “non ha nulla da spartire con la decisione della maggioranza di sollevare il conflitto di attribuzione con lo Stato” contro l’ordinanza di decadenza della presidente della Regione Sardegna Alessandra Todde, quanto alla mozione approvata questa mattina “è grave nel metodo e nel merito”. Tutti d’accordo i consiglieri dell’opposizione: la mozione approvata oggi con i soli voti del campo largo, è soltanto “un tentativo di prendere tempo davanti al rischio di nuove elezioni, ma noi siamo prontissimi a tornare al voto, anzi ci auguriamo a questo punto che avvenga quanto prima perché questa legislatura, oggi lo possiamo certificare, non è mai iniziata”. Lo ha ribadito il capogruppo di FdI Paolo Truzzu durante una conferenza stampa convocata dai gruppi di opposizione proprio per chiarire i motivi per cui questa mattina non hanno partecipato al voto in Aula.

“Questa ‘mozione magica’ serve solo a difendere l’indifendibile, non si può continuare a negare che il pasticcio lo hanno creato loro”, sottolinea Piero Maieli per Forza Italia. Due gli elementi per cui il centrodestra, che non ha mai ricevuto input da parte della maggioranza per trattare su una eventuale modifica del testo e che comunque non lo avrebbe fatto, ritiene irricevibile il documento con cui si impegna la Giunta ad appellarsi alla Corte costituzionale: il passaggio sul ripristino della legalità, contenuto nel testo stesso, e il tentativo della presidente di sottrarsi ad un giudizio.

Per Umberto Ticca (Riformatori), si tratta di un “tentativo di disconoscere regole che da oltre trent’anni vigilano sulla funzione delle istituzioni”. Antonello Peru (Sardegna al centro 20Venti) insiste: “la presidente, come tutti, deve affrontare le aule ordinarie e non dribblarle con la Corte costituzionale”, mentre Franco Mula (Fi) non ha dubbi: “Todde avrebbe dovuto essere presente in Aula e prendersi la responsabilità di un provvedimento imperfetto e pericoloso”. Alice Aroni (Udc), infine, avverte: questo ricorso alla Consulta “sarà sicuramente rigettato, anche perché contiene accuse gravi a un organo dello Stato”. Per tutti comunque, non era necessario che il Consiglio “votasse un documento che la Giunta aveva tutto il diritto e le competenze per adottare da sola”.

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Politica

De Luca, il rebus della candidatura e la possibile soluzione scartata da Schlein

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La candidatura del sindaco di Salerno, Vincenzo Napoli, alla presidenza della Provincia di Salerno potrebbe essere il tassello chiave per risolvere il nodo della ricandidatura di Vincenzo De Luca alla guida della Regione Campania. Un’ipotesi che, però, la segretaria del Pd Elly Schlein ha scartato a priori, provocando così una spaccatura con il governatore uscente.

IL TERZO MANDATO IN CAMPANIA: LA DECISIONE DELLA CONSULTA

La possibilità che De Luca si ricandidi per un terzo mandato dipenderà anche dal pronunciamento della Consulta, prevista per il 10 aprile, che dovrà stabilire la costituzionalità di una sua nuova candidatura. Tuttavia, il destino politico del governatore potrebbe non dipendere esclusivamente dalla Corte.

LA STRATEGIA: NAPOLI ALLA PROVINCIA, DE LUCA DI NUOVO SINDACO

Secondo un ragionamento che sta prendendo piede nei corridoi del Pd campano, la soluzione potrebbe essere un compromesso politico che eviterebbe lo strappo tra De Luca e il partito.

  1. Vincenzo Napoli, uomo di fiducia di De Luca, diventa presidente della Provincia di Salerno, consolidando il controllo del governatore uscente sul territorio.
  2. De Luca, a fine mandato in Regione, rinuncia alla corsa per un terzo mandato, evitando lo scontro diretto con il Pd e la necessità di fondare un suo partito.
  3. Si candida invece a sindaco di Salerno, chiudendo lì la sua lunga carriera politica.

Un’operazione che garantirebbe a De Luca un’uscita di scena controllata, senza il rischio di una rottura definitiva con il Pd, e soprattutto con un accordo politico che blinderebbe il futuro dei suoi figli.

IL RUOLO DI PIERO E ROBERTO DE LUCA

Nell’eventuale patto di non belligeranza, il Pd nazionale potrebbe assicurare:

  • Un futuro politico di primo piano per Piero De Luca, deputato e già volto di spicco del partito.
  • Garanzie per Roberto De Luca, che potrebbe ottenere una collocazione politica o amministrativa adeguata.

PERCHÉ SCHLEIN HA BOCCIATO QUESTA SOLUZIONE?

Nonostante questo schema possa apparire vantaggioso per tutte le parti, Elly Schlein lo ha respinto a priori, determinando così una frattura interna tra la leadership del Pd e il governatore uscente.

La segretaria non vuole concedere margini di trattativa a De Luca, forse per evitare che il Pd venga percepito come ostaggio delle dinamiche locali e delle strategie di autoconservazione del potere. Ma questa chiusura rischia di alimentare una crisi interna al partito in Campania e potrebbe perfino spingere De Luca verso una candidatura autonoma, con effetti imprevedibili sulle elezioni regionali.

SCENARI FUTURI: STRAPPO O COMPROMESSO?

Se il Pd e De Luca non troveranno un accordo, il governatore potrebbe sfidare il partito con una candidatura indipendente, dividendo il centrosinistra e aprendo scenari caotici in Campania.

Se invece il partito decidesse di rivedere la propria posizione, potrebbe nascere un compromesso politico che garantisca una transizione morbida per De Luca, evitando un conflitto che rischia di indebolire l’intero centrosinistra nella regione.

Il 10 aprile sarà una data decisiva, ma il vero nodo potrebbe sciogliersi ben prima, attraverso una trattativa politica che per ora Schlein non vuole prendere in considerazione.

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In Evidenza

In 50 mila in piazza per l’Ue, ‘non perdiamoci di vista’

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In cinquantamila per l’Europa (le foto sono di Imagoeconomica), con piazza del Popolo a Roma strapiena, tanto che a un certo punto sono stati chiusi gli accessi, per sicurezza. Un palco con artisti, comici, attori, scrittori, associazioni, ma nessun politico, solo un gruppo di amministratori, di sindaci, che hanno dato una mano all’organizzazione della manifestazione lanciata da Michele Serra su Repubblica. “Non perdiamoci di vista”, ha detto il giornalista aprendo la giornata. “Siamo in tanti – ha spiegato – perché siamo un popolo. Una piazza Europea è una piazza di persone che su molte cose non la pensano allo stesso modo”. I partiti sono rimasti in disparte, dietro il palco, con più di una puntata fra la folla.

MAURIZIO LANDINI (foto Imagoeconomica)

Ma le divisioni si sono viste eccome: il centrodestra non c’era, le opposizioni sì, però ognuna con la propria idea, e senza il M5s. Ma “non facciamo polemiche – ha detto la segretaria Pd, Elly Schlein – ci godiamo questa meravigliosa manifestazione per una Europa federale”. In piazza si respirava un’aria girotondina, da movimentismo ormai maturo ma non disincantato. La manifestazione era per costruire un argine. Per difendere un’Europa che rischia di rimanere schiacciata fra i carri armati russi in Ucraina e la politica aggressiva di Donald Trump. Però, di ricette ce n’erano quante se ne voleva. E infatti le bandiere erano di tutti i tipi. Più di tutte quelle dell’Europa. Poi quelle della pace: per chi è contro il piano di riarmo della presidente della commissione europea Ursula von der Leyen. E quelle dell’Ucraina: per chi è favore.

Anche simboli e vessilli hanno marcato le differenze. Il Pd era a vestizione variabile: colori dell’Ue al collo per la segretaria Elly Schlein, quelli dell’Ucraina per i riformisti come Filippo Sensi, quelli della pace per la sinistra del partito, come Nico Stumpo. Presenti anche l’ex premier Paolo Gentiloni e l’ex ministro Dario Franceschini. Il segretario di Azione Carlo Calenda è arrivato in piazza insieme agli esponenti delle comunità ucraine e georgiana. Con gli ucraini anche Riccardo Magi, di Più Europa, e qualche esponente Pd critico con la segretaria, come Pina Picierno e Alessandro Alfieri. C’erano i tre sindacati: la Cgil con Maurizio Landini, Daniela Fumarola neo leader della Cisl e il segretario della Uil Pierpaolo Bombardieri. Schlein è arrivata con la delegazione Pd. Per lei applausi, incitamenti dai manifestanti. Bagno di folla. Poi ha guadagnato il retropalco, dove sono arrivati gli esponenti di Iv, con la capogruppo alla Camera Maria Elena Boschi, e quindi i leader di Avs, Nicola Fratoianni, con sciarpa della pace, e Angelo Bonelli, per lui coccarda della pace e spilletta Ue.

UNA PIAZZA PER L’EUROPA. MANIFESTAZIONE PIAZZA DEL POPOLO (Foto Imagoeconomica)

“Ai politici presenti in piazza e a quelli che non ci sono ho solo un piccolo rilievo da muovere – ha detto Serra dal palco – Siete troppo intelligenti. Cercate, per favore, di essere un poco più stupidi, come questa piazza che non ha fatto calcoli. Cercate, per favore, di parlarvi e addirittura di ascoltarvi”. Intanto, dal video o in presenza, sul palco sfilavano Jovanotti, Pennac, Vecchioni, Paolo Virzì… E Liliana Segre: “Difendere l’Europa significa molte cose – ha detto – Certo, significa mettersi nelle condizioni di fronteggiare le minacce dei nemici della pace, che esistono e che non vanno sottovalutati. L’arrendevolezza non ha mai impedito le guerre, anzi ha sempre solo incoraggiato i disegni di sopraffazione”.

Ecco, riarmo sì o riarmo no: il tema che ha tenuto distante chi era di fianco in piazza. Il tema che ha già spaccato il Pd. In mattinata c’era stato un incontro fra Schlein, contraria al piano di von der Leyen, e Gentiloni, favorevole. Le due anime del partito. In prima fila a un convegno hanno parlato a lungo. Ma poi l’ex premier ha ribadito: il piano di riarmo Ue “è una decisione storica, che apre una strada, anche se non è sufficiente. Ostacolarlo sarebbe un errore”. Nessun calumet della pace. Schlein è determinata: serve un chiarimento. Come? Chi le sta vicino tende a escludere soluzioni “politiciste”, come rimpasti o azzeramenti della segreteria. Per il resto, le opzioni sono tutte sul tavolo, dal congresso al referendum fra gli iscritti sulla politica estera: “Deciderà la segretaria”.

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Politica

Mattarella: doveroso realizzare un futuro di pace

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Una farfalla in acciaio inclinata su un frammento della rete che un tempo divideva Gorizia e Nova Gorica. Si presenta così il 25/o premio Santi Ilario e Taziano conferito oggi al presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, e al presidente emerito della Repubblica di Slovenia, Borut Pahor, passati alla storia per quella mano nella mano a Basovizza come segno di riconciliazione tra i popoli. Due massime istituzioni, due uomini, due amici a cui oggi è stato riconosciuto il sostegno nel percorso di avvicinamento delle comunità di Gorizia e Nova Gorica. Mattarella sale sul palco del teatro Verdi e saluta “l’amico Borut”, Pahor ricambia con “l’amico Mattarella”. Cade ogni formalismo, ogni frammento di rete divisiva, se ancora ce ne fossero. E si suggella il senso della prima capitale europea della cultura transfrontaliera Nova Gorica-Gorizia 2025. Due città che “hanno coraggiosamente trasformato la prossimità geografica delle due identità in un’opportunità”, esempio “inestimabile” per “l’intera Europa”, osserva Mattarella.

Il percorso con Pahor “a favore dell’amicizia tra i nostri due Paesi” – aggiunge – lo “abbiamo vissuto non soltanto come dovere civico e istituzionale verso i nostri rispettivi popoli, ma come responsabilità doverosa per la realizzazione di un futuro di pace per il nostro continente”. E sottolinea: “E’ ai cittadini di queste terre che dobbiamo il successo di questo percorso: società mature, cresciute in democrazia, con efficaci anticorpi rispetto a lusinghe di sterili e pericolosi nazionalismi”. Pahor richiama l’attenzione dell’Europa tutta.

“E’ fondamentale che l’Europa unita si proponga come comunità coesa, capace di tracciare congiuntamente la rotta di uno sviluppo coraggioso”, dice sul palco. A margine poi un riferimento alla guerra in Ucraina e al processo di pace: “Dobbiamo fare il possibile perché l’Europa sia protagonista anche delle iniziative che potranno determinare il futuro del mondo”. Il teatro è gremito, gli applausi sono lunghi. La commissione, presieduta dal sindaco di Gorizia, Rodolfo Ziberna, e dal decano don Nicola Ban, assegna ogni anno, in occasione della festa patronale, il premio a chi ha dato lustro alla città. Per il 2025 non ci sono stati dubbi.

“La storia deve essere insegnata, soprattutto ai giovani: è infatti l’ignoranza a generare pericolose derive, mentre la cultura, la conoscenza, l’amicizia le prevengono. E la vostra mano nella mano ci insegna che dobbiamo andare avanti”, afferma Ziberna. Go!2025, dice l’arcivescovo monsignor Carlo Roberto Maria Redaelli, “è un segno per continuare sulla via della concordia nel rispetto e nella valorizzazione di culture e lingue diverse”. La farfalla inclinata è simbolo di speranza e futuro, pronta a spiccare il volo per allontanarsi da un passato di divisioni. “Siete stati uno di quei fili che è riuscito a riparare, ricucire questo dolore e questo confine. Io dico sempre che un tessuto nuovo è un bellissimo tessuto, ma un tessuto ricucito è un tessuto più forte”, le parole del presidente del Friuli Venezia Giulia, Massimiliano Fedriga.

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