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Ricci non si candida e sta con Bonaccini, barra a sinistra

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I concorrenti ci sono tutti, o quasi. Però, i tifosi si stanno schierando senza fretta. La sfida per la guida del Pd sta prendendo forma ma, per vederne i contorni definitivi, serve ancora tempo. L’ultimo tassello lo ha aggiunto Matteo Ricci: dopo aver accarezzato per settimane l’idea di candidarsi, il sindaco di Pesaro ha deciso di non correre e di sostenere Stefano Bonaccini. Oltre al governatore dell’Emilia Romagna, per la successione ad Enrico letta sono in campo Paola De Micheli ed Elly Schlein.

“Bonaccini ha la sua piattaforma – ha detto Ricci annunciando il passo indietro, durante una conferenza stampa a Pesaro – Noi mettiamo a disposizione le nostre idee, il nostro programma in 10 punti, per spostare la barra più a sinistra”. La decisione di Ricci è analoga a quella presa nei giorni scorsi da un altro amministratore, Dario Nardella, che ha rinunciato a partecipare direttamente alla contesa per schierarsi con Bonaccini: il sindaco di Firenze guiderà la campagna elettorale del governatore dell’Emilia Romagna.

Le fazioni all’interno del Pd sono ancora in costruendo. Guardano a Bonaccini anche l’ex ministro Lorenzo Guerini, il governatore della Toscana Eugenio Giani e Graziano Delrio. Mentre su Schlein stanno convergendo Dario Franceschini, Articolo Uno guidato da Roberto Speranza e Laura Boldrini. La decisione di Ricci rimescola però le carte nella sinistra del partito. La parte che non si è ancora schierata con Schlein – come Andrea Orlando, Nicola Zingaretti, Gianni Cuperlo – stava seguendo con attenzione il percorso del sindaco di Pesaro. “L’auspicio – è stato il commento sarcastico di un esponente di quell’area – è che abbia scelto sulla base di solidi contenuti programmatici”.

I prossimi giorni saranno quindi decisivi per l’individuazione di un eventuale concorrente a sinistra. Lo stesso Cuperlo, in un’intervista a La Stampa, nei giorni scorsi aveva detto che serve una candidatura “diversa” da quelle in campo: “Valuterò con altri come stare in una battaglia che sentiamo di dover fare”, ha poi aggiunto. La ricerca di un volto a sinistra intreccia quella di una rappresentanza che venga dal sud: da giorni circola un appello per testare l’ipotesi di una corsa del vicesegretario Peppe Provenzano.

Mentre non è ancora escluso che in zona Cesarini possa entrare in gioco un nome che piace ai governatori pugliese, Michele Emiliano, e campano, Vincenzo De Luca: un papabile potrebbe essere Francesco Boccia. La corsa degli aspiranti segretari Pd deve fare i conti con le alleanze: fra chi guarda al M5s e chi al Terzo polo. “Con Renzi e Calenda – ha detto Emiliano – non possiamo avere nulla a che fare, né ora né mai. Questo elemento è centrale”.

Emiliano ha rivelato che, con De Luca, sta preparando un documento: “La questione meridionale deve essere centrale – ha spiegato – Al nord il Pd non gira bene e persino nelle regioni tradizionalmente di sinistra fatica ad andare avanti” ha aggiunto, facendo fischiare le orecchie a Bonaccini, ma anche a Schlein e pure a De Micheli: tutti emiliano- romagnoli con esperienze di governo regionale o nazionale. Le primarie per la scelta del nuovo segretario sono in programma il 19 febbraio. Dopo che le regionali nel Lazio e in Lombardia sono state fissate per il 12 e 13 febbraio, però, la squadra di Bonaccini spinge per un cambio di date: “Sono preoccupato del fatto che l’impegno dei circoli di due regioni così grandi come Lombardia e Lazio possa essere concentrato sulle elezioni regionali, col congresso che rischia di passare in secondo piano – ha detto Nardella – Serve o anticipare le primarie o spostarle”.

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Dl Pnrr: passa la fiducia alla Camera, 185 sì

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La Camera ha approvato la fiducia posta dal governo sul decreto Pnrr. I voti a favore sono stati 185, quelli contrari 115, 4 gli astenuti. . Il decreto dovrà avere il via libera definitivo dalla Camera e poi passerà all’esame del Senato.

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Gualtieri a giro boa, abolire frase ‘non si può fare’

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“Basta con le romanelle, con le soluzioni pasticciate. Abbiamo deciso di eliminare il concetto di scorciatoia” perché la città di Roma “non va solo manutenuta ma trasformata”, nella “condivisione tra giunta e Consiglio” e tenendo in gran conto gli stimoli che arrivano dal tessuto della città, perché “non abbiamo la verità in tasca”. E con un’ambizione: “Voglio abolire la frase ‘non si può fare’, questo concetto per cui i romani non hanno il diritto, chissà perché, di pretendere soluzioni ai problemi ereditati e a quelli nuovi”. Roberto Gualtieri è al giro di boa: due anni e mezzo da sindaco alle spalle, due anni e mezzo davanti. I Rapporti alla Città, il sindaco li presenta a cadenza annuale, con tutta la maggioranza (e non solo quella) all’Auditorium. Per questo metà mandato invece si riunisce con il suo partito, il Pd, nel teatro di Villa Lazzaroni, nel quartiere popolare dell’Appio Latino. Che non sembra un caso: “Si dà di più a chi ha di meno, perché è così che si produce l’eguaglianza – dice nel suo intervento – dobbiamo fare, e stiamo facendo, un gigantesco investimento sulle periferie”.

L’evento si chiama ‘Roma. Verso la direzione giusta’, e l’ha organizzato proprio il gruppo capitolino dei dem. In platea fa gli onori di casa il minisindaco Francesco Laddaga, c’è il segretario cittadino Enzo Foschi, e ci sono tutti i consiglieri, a partire dalla presidente dell’Assemblea Capitolina Svetlana Celli, che rivendica il lavoro d’aula (“dal suo insediamento si è riunita 215 volte, ha votato 380 delibere e 325 mozioni”) e snocciola i provvedimenti approvati in due anni e mezzo. Dice la capogruppo Valeria Baglio: “Abbiamo approvato atti importantissimi e abbiamo mantenuto gli impegni per il rilancio e il risanamento delle partecipate. Su lavoro, diritti, servizi e giovani rilanciamo il nostro lavoro per la seconda parte della consiliatura, per la crescita e lo sviluppo, senza lasciare nessuno indietro”.

“Siamo orgogliosi – aggiunge Celli – Non fermiamoci, proseguiamo insieme verso la direzione giusta, una bella e significativa stagione di trasformazione grazie all’attenta e incisiva azione della amministrazione Gualtieri”. Il sindaco ricambia l’omaggio: tra Sala delle Bandiere e Aula Giulio Cesare deve esserci concordia: “Ci deve essere condivisione non perché altrimenti non passano le delibere ma per essere tutti parte della squadra di governo della città. Nella distinzione dei ruoli, ma nella collaborazione. Stiamo, e state, dando un bellissimo esempio di buona politica. Voi – dice ancora – avete avuto il coraggio di provare a rendere memorabile questo ciclo di governo, alto, bello e necessario”, anche col “coraggio di fare le scelte giuste, che anche se all’inizio sono impopolari, alla fine pagano. Una persona non può perdere l’assistente sociale perché abbiamo paura di aumentare la tassa di soggiorno…” Sul metodo, Gualtieri rivendica il sistema del “percorso più lungo, e anche se qualcuno diceva ‘il sindaco dove sta?’, stavamo lavorando perché accadessero le cose che si vedono oggi”.

Per trasformare, afferma, “le parole che sembrano ormai vacue all’opinione pubblica, come ‘sostenibilità’, in fatti concreti: un conto è dire ‘decarbonizzazione’, altro è dire ‘pianteremo un milione di alberi'”. E anche se le casse comunali di certo non traboccano, i fondi per le iniziative, assicura, ci saranno: “Potevamo dire: lo Stato non ci da i soldi e i poteri, quando ce li avrete dati faremo, intanto ci lamentiamo. Noi invece i soldi intanto ce li siamo trovati, con la Bei, col Pnrr, con il Fnc”. La trasformazione della città deve avvenire “coi connotati dei nostri valori, con l’obiettivo specifico di rimozione delle diseguaglianze. Non è una concessione – conclude – ma una condizione per essere una città più forte e più moderna, una necessità per essere più prosperi”.

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Colaianni out, Schlein si affida a Leccese e avvisa Conte

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Dopo il passo indietro dell’ex magistrato Nicola Colaianni, per il campo largo in Puglia è nebbia fitta. La frenata del leader del Movimento 5 Stelle Giuseppe Conte sul ‘candidato terzo’ al comune di Bari rimette la palla in mano al Pd. Che in una direzione regionale fiume si trova sul tavolo due questioni spinose. In primis, proprio la corsa al seggio da primo cittadino del capoluogo pugliese. Un breve passaggio sull’impasse in riunione, però, non scioglie il nodo. Ad affrontarlo, in una riunione faccia a faccia attesa per le prossime ore, saranno i candidati del centrosinistra ancora in campo, Michele Laforgia e Vito Leccese. All’orizzonte non si vedono ricuciture di sorta. E in molti, salvo sorprese dell’ultimo minuto, sono pronti a scommettere su un esito che appare sempre più definitivo: ognuno per la sua strada. Mentre resta la faccenda del rimpasto nella giunta Emiliano, che Elly Schlein continua ad incalzare, chiedendo un “rinnovamento netto e non una mera sostituzione”. E le tensioni salgono dalla Puglia fino a Roma. A rinnovare gli attriti tra Partito democratico e Movimento 5 Stelle, la decisione di Colaianni. L’ex magistrato, invitato da Nichi Vendola e Sinistra Italiana a tirare fuori il campo largo dal pantano barese, spiega le sue ragioni: “hanno pesato” le parole di Conte, ma anche “la melina dei candidati locali”. Per il Movimento 5 Stelle la linea rimane invariata: il candidato più autorevole resta Laforgia, al quale Conte conferma il suo mandato. Schlein oppone il suo sostegno a Leccese: “siamo al suo fianco anche se vorrà tentare un dialogo per una strada unitaria”. Angelo Bonelli invita a “fermare lo stillicidio”, rilanciando al candidatura di Leccese e aprendo una finestra di dialogo con Sinistra Italiana. Ma saranno i due candidati a dire l’ultima parola. Intanto, piomba sulla vicenda pugliese un’ulteriore grana giudiziaria. Il sindaco di Bari, Antonio Decaro, revoca la delega all’assessore al Bilancio, Alessandro D’Adamo, che risulta tra le tre persone indagate dalla Procura europea per truffa aggravata in merito a erogazioni pubbliche. Il presidente Conte ribadisce: “ho portato un patto per la legalità, ora di fronte a quest’ultimo scandalo giudiziario non mi pronuncio”. Schlein, non entra nel merito della nuova inchiesta che si abbatte su un altro esponente della stessa lista civica di Maurodinoia. Durante la conferenza nella sede romana della Stampa estera, però, torna a difendere la comunità dem. “Trasformismi e interessi sbagliati – spiega – devono trovare le porte del Pd chiuse e sigillate”. E lancia la frecciata in direzione del M5s: “anziché cercare il facile capro espiatorio e puntare il dito verso gli altri si dovrebbe avere l’intelligenza di guardarsi dentro, il Pd lo sta facendo”. “Il Movimento non è né il moralizzatore né il castigatore in casa altrui”, replica il leader pentastellato. Un botta e risposta che si alimenta a distanza e non distende i rapporti già tesi tra i due, che continuano a non trovare occasioni di confronto. E Schlein certifica le difficoltà del campo largo: “sicuramente qualche problema c’è”. Guardando al lavoro in corso sulle amministrative, però, non si da per vinta: “è evidente che la costruzione dell’alternativa non è morta”. A chi le chiede, in conferenza, se si senta subalterna a Conte, dice: “no, perché quando c’è da rispondere non mi sono tirata indietro”. Per tanti, la partita delle Europee viene vista come un occasione per pesarsi dentro a un campo largo in difficoltà. Ma non per Conte. Che chiarisce: “se alle Europee supereremo il Pd non farò valere questo come motivo di leadership nei confronti dei Dem, il mondo del Pd si rilassi”. Una dichiarazione che da Campo Marzio interpretano come valida anche in direzione opposta: “le europee non stabiliscono la leadership, il nostro obiettivo è di portare gente al voto, non di fare un punto in più del Pd”. E per Schlein, la partita delle europee entra nell’ultima settimana. Quella caldissima in vista dell’approvazione delle liste in direzione di domenica. Molte le caselle già definite, altrettante quelle da riempire. Intanto la segretaria testa gli slogan per la campagna in conferenza stampa e sulla guida della Commissione non ha dubbi. Ribadisce la “stima” per Draghi, sostenuto oggi anche da un Manifesto firmato da intellettuali e politici. Ma il candidato de Pse, per Schlein, resta Schmit.

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