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RestiAmo al SUD, un tuffo nel Cilento Blu: da Acciaroli a Marina di Camerota

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Nella prima parte di “Cilento Blu” ci siamo lasciati dopo aver percorso un itinerario ideale che ci ha visti partire da Paestum per poi raggiungere Agropoli e quindi i magnifici territori di Castellabate, il cui limite meridionale è segnato proprio da Ogliastro, con la sua costa rocciosa che si tuffa nel mare creando insenature splendide.

Riprendendo ora il nostro cammino in direzione Sud Est giungiamo ad Acciaroli, un gioiello di circa mille abitanti, frazione di Pollica, adagiata nel mondo tra dolci  colline e un mare trasparente che bacia sia morbide spiagge sabbiose che approdi di lucide rocce. Da sempre ambitissima non solo per le spiagge ed un mare che anche qui, neanche a dirlo, è da sempre giudicato tra i più puliti d’Italia e quindi del mondo, Acciaroli è famosa anche per il savoir vivre e con la vicina Pioppi, di soli trecento abitanti, un’altra perla del Cilento ed anch’essa frazione di Pollica, condivide primati anche per la longevità della popolazione grazie anche alla dieta mediterranea, di cui la seconda è stata nominata addirittura capitale mondiale. Qui la bellezza della natura incontra avamposti medioevali rappresentati per lo più da torri di avvistamento o chiesette che per secoli hanno scandito la vita semplice dei fortunati abitanti di questi luoghi di incomparabile bellezza. Merita di certo una visita il meraviglioso Palazzo Vinciprova, che oggi ospita due grandi attrattori culturali,  “Musea” ovvero il Museo Vivo del Mare e l’Ecomuseo della Dieta Mediterranea.

Superato il successivo porto di Marina di Casal Velino, dal quale poter partire a bordo di una piccola imbarcazione alla scoperta delle meravigliose spiagge della zona, che anche in questo angolo di mondo sono tutte di una (costante) bellezza senza pari, è la volta di Ascea e della sua Marina, con sabbia finissima dai riflessi dorati ed il mare che concentra in una unica visuale tutte le sfumature del blu, dall’azzurro e del turchese. Di grande interesse il sito archeologico dell’antica Elea, testimonianza ancora viva di una polis della Magna Grecia, poi ribattezzata in epoca romana come Velia.

Proseguendo verso Sud, non abbiamo il tempo di contemplarne la dolce linearità della costa che d’improvviso ci imbattiamo in una vera e propria zampata sferzata nel mar Tirreno dai monti dell’Appennino Meridionale, che qui reclamano la giusta attenzione per aver forgiato un territorio la cui bellezza rivendicano regalandoci un paesaggio mozzafiato. Proprio sulla punta più estrema di questa improvvisa “incursione” montuosa, un vero e proprio “shock” naturale, sorge Palinuro che deve il suo nome ad un altro mito greco narrato nell’Eneide dal grande Virgilio, che del Cilento restò praticamente incantato e qui immaginò come il nocchiero di Enea fu sacrificato da Venere a Nettuno, in cambio del salvataggio dell’intera flotta proveniente da Troia. Pur se giunto sulla costa sano e salvo, il navigante Palinuro fu difatti brutalmente ucciso dagli abitanti del posto e buttato in mare. Veniva così rispettata la volontà del Dio del Mare: una sola vittima per la salvezza di molti “Unum pro multis dabitur caput” (Eneide, V, 815).

I Miti Greci qui sono dunque attualità e non a caso ogni notte del 23 Agosto, soprattutto sulle spiagge ravvivate dai tantissimi turisti nostrani o da quelli che da sempre giungono anche da ogni parte del mondo (coronavirus permettendo ovviamente), si ricorda proprio il passaggio delle navi in fuga da Troia. Tra i colli che si affacciano sul mare compiendo anche salti da capogiro, gli ulivi risplendono alla luce del sole e nelle notti di luna piena si ricoprono di un unico manto dorato, donando al luogo quel fascino senza tempo che si rinnova giorno dopo giorno, notte dopo notte, da migliaia di anni. La continua e fervida alternanza di rupi rocciose e dolci digressioni verso il mare, animano una costa variegata dove affiorano le spiagge più belle mondo, insenature che sono vere e proprie piscine naturali o forano la pietra diventando  grotte marine dove l’incontro tra la luce del sole e il blu dei fondali creano uno spettacolo unico. Le splendide spiagge come quella dell’arco Naturale, accessibili dalla terraferma, si alternano a quelle raggiungibili solo via mare, come l’incantevole  “Buondormire”, che donano così un tocco di ulteriore esclusività ad un luogo già di per sé unico. Anche il faro di Capo Palinuro, che con i suoi settanta metri è il secondo più alto d’Italia, merita una visita, rappresentando un romantico avamposto di umanità affacciato sull’aprirsi ormai senza limiti del mar Tirreno. Dopo la contemplazione paradisiaca del giorno ci aspetta una notte allietata da locali tipici, turistici, esclusivi o alla mano, sempre e comunque immersi di un luogo che nei millenni ha conservato intatta tutta la sua magia.

Il nostro viaggio nella “Costa del Cilento” termina a Marina di Camerota, le sui spiagge,  insenature e grotte si accomunano per beltà a quelle della vicina Palinuro, con un mare sempre trasparente che regala un’alternanza mozzafiato del blu intenso dei fondali più profondi, fino al turchese e dell’azzurro brillante che dipinge i tratti meno profondi o quelli incastrati tra i giochi roccia a ridosso dei ripidi strapiombi, tra cui merita di essere assolutamente visitata la “Cala degli Infreschi”, insignita del titolo di spiaggia più bella d’Italia per l’anno 2014. La possibilità di vivere questo mare splendido è garantita anche dall’offerta a nolo di piccole imbarcazioni o dalle varie organizzazioni di gite turistiche in barca, dove poter scoprire angoli di veri e propri paradisi terrestri. Anche qui la dieta mediterranea rappresenta un costante valore aggiunto, una possibilità di assaggiare letteralmente un territorio attraverso la sapiente preparazione dei prodotti tipici locali che tutto il mondo ci invidia. 

Così come la flotta greca fu costretta a proseguire il suo viaggio per altri lidi, anche noi siamo costretti a lasciare questo mondo a sé che ci ammalia oggi così come ammaliò i Greci ed i Romani migliaia di anni fa. Allontanandoci con il corpo ma non con la mente, possiamo sentire il canto delle sirene, udire antiche imbarcazioni solcare il mare, ascoltare i versi di Virgilio che qui continua a raccontarci Enea, affidando alle onde del mare un’emozione che non smetterà mai di rinnovarsi finché avremo occhi per contemplare, un cuore da far battere, un’anima da nutrire.

 

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Copernicus, marzo 2024 il mese più caldo mai registrato

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Il marzo del 2024 è stato il mese di marzo più caldo mai registrato. Lo rende noto il servizio meteo della Ue Copernicus. La temperatura media globale il mese scorso è stata di 14,4°C, superiore di 0,73°C rispetto alla media del trentennio 1991 – 2020 e di 0,10°C rispetto al precedente record di marzo, quello del 2016. Il mese inoltre è stato di 1,68°C più caldo della media di marzo del cinquantennio 1850 – 1900, periodo di riferimento dell’era pre-industriale. Secondo Copernicus, il marzo 2024 è il decimo mese di fila che si classifica come il più caldo mai registrato.

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Ecdc-Efsa, rischio diffusione dell’aviaria su larga scala

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Si alza il livello di attenzione sull’influenza aviaria da virus A/H5N1. Dopo tre anni che l’agente patogeno circola in maniera particolarmente sostenuta tra uccelli selvatici e di allevamento, infettando anche mammiferi ed espandendo la sua area di diffusione, da poco più di una settimana gli occhi sono puntati sugli Stati Uniti, dove si segnalano infezioni in allevamenti di mucche da latte. Al momento sono interessati una dozzina di allevamenti dislocati in cinque stati (Texas, Kansas, Michigan, New Mexico, Idaho). Il primo aprile, poi, i Centers for Disease Control and Prevention hanno diffuso la notizia che anche un uomo ha contratto l’infezione; le sue condizioni sono buone.

Ad oggi si ritiene che sia gli animali sia l’uomo abbiano contratto l’infezione attraverso il contatto con uccelli infetti. Secondo le autorità americane questi casi non cambiano il livello di rischio, che resta basso per la popolazione generale. Tuttavia, i segnali di allarme si moltiplicano. In un rapporto pubblicato mercoledì, l’European Centre for Disease Prevention and Control (Ecdc) e la European Food Safety Authority (Efsa), avvertono: “se i virus dell’influenza aviaria A/H5N1 acquisissero la capacità di diffondersi tra gli esseri umani, potrebbe verificarsi una trasmissione su larga scala”.

Fino a oggi, le infezioni nell’uomo sono poche (circa 900 dal 2003) e del tutto occasionali. Non ci sono prove di trasmissione tra mammiferi, né da uomo a uomo. Tuttavia, la congiuntura invita alla massima attenzione. In piena pandemia, nel 2020, è comparsa una nuova variante di virus A/H5N1 (denominata 2.3.4.4b) che in breve è diventata dominante. Da allora, sono aumentati il “numero di infezioni ed eventi di trasmissione tra diverse specie animali”, si legge nel rapporto. Questi continui passaggi tra animali e specie diverse aumentano le occasioni in cui il virus può mutare o acquisire porzioni di altri virus che lo rendano più adatto a infettare i mammiferi. In realtà A/H5N1 ha già compiuto dei passi in questa direzione.

Ha imparato a moltiplicarsi in maniera più efficace nelle cellule di mammifero e a sviare alcune componenti della risposta immunitaria. Ciò gli ha già consentito negli ultimi anni di colpire un’ampia gamma di mammiferi selvatici e anche animali da compagnia, come i gatti. Anche i fattori ambientali giocano a suo favore: i cambiamenti climatici e la distruzione degli habitat, influenzando le abitudini degli animali e intensificando gli incontri tra specie diversa, fanno crescere ulteriormente le probabilità che il virus vada incontro a modifiche.

Nonostante ciò, al momento non ci sono dati che indichino che A/H5N1 abbia acquisito una maggiore capacità di infettare l’uomo. Tuttavia, se questa trasformazione avvenisse saremmo particolarmente vulnerabili. “Gli anticorpi neutralizzanti contro i virus A/H5 sono rari nella popolazione umana, poiché l’H5 non è mai circolato negli esseri umani”, precisano le agenzie. Per ridurre i rischi Ecdc ed Efsa invitano ad alzare la guardia, rafforzando le misure di biosicurezza negli allevamenti, limitando l’esposizione al virus dei mammiferi, compreso l’uomo, e intensificando la sorveglianza e la condivisione dei da

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Da 20 anni aria più pulita in Europa, ma non basta

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Da 20 anni a questa parte si respira un’aria più pulita in Europa, ma nonostante ciò la maggior parte della popolazione vive in zone in cui le polveri sottili (PM2.5 e PM10) e il biossido di azoto (NO2) superano ancora i livelli di guardia indicati dall’Organizzazione Mondiale della Sanità: il Nord Italia, in particolare, è tra le regioni con le concentrazioni più alte. Lo dimostra uno studio pubblicato su Nature Communications dall’Istituto di Barcellona per la salute globale (ISGlobal) e dal Centro nazionale di supercalcolo di Barcellona (Bsc-Cns). I ricercatori hanno sviluppato dei modelli di apprendimento automatico per stimare le concentrazioni giornaliere dei principali inquinanti atmosferici tra il 2003 e il 2019 in oltre 1.400 regioni di 35 Paesi europei, abitate complessivamente da 543 milioni di persone. Per lo studio sono stati raccolti dati satellitari, dati atmosferici e climatici e le informazioni riguardanti l’utilizzo del suolo, per ottenere una fotografia più definita rispetto a quella offerta dalle sole stazioni di monitoraggio. I risultati rivelano che in 20 anni i livelli di inquinanti sono calati in gran parte d’Europa, soprattutto per quanto riguarda il PM10 (con un calo annuale del 2,72%), seguito da NO2 (-2,45%) e dal PM2.5 (-1,72%).

Le riduzioni più importanti di PM2.5 e PM10 sono state osservate nell’Europa centrale, mentre per NO2 sono state riscontrate nelle aree prevalentemente urbane dell’Europa occidentale. Nel periodo di studio, il PM2.5 e il PM10 sono risultati più alti nel Nord Italia e nell’Europa orientale. Livelli elevati di NO2 sono stati osservati nel Nord Italia e in alcune aree dell’Europa occidentale, come nel sud del Regno Unito, in Belgio e nei Paesi Bassi. L’ozono è aumentato annualmente dello 0,58% nell’Europa meridionale, mentre è diminuito o ha avuto un andamento non significativo nel resto del continente. Il complessivo miglioramento della qualità dell’aria non ha però risolto i problemi dei cittadini, che continuano a vivere per la maggior parte in zone dove si superano i limiti indicati dall’Oms per quanto riguarda il PM2.5 (98%), il PM10 (80%) e il biossido di azoto (86%). Questi risultati sono in linea con le stime dell’Agenzia europea dell’ambiente per 27 Paesi dell’Ue, basate sui dati provenienti dalle stazioni urbane. Inoltre, nessun Paese ha rispettato il limite annuale di ozono durante la stagione di picco tra il 2003 e il 2019.

Lo studio ha infine esaminato il numero di giorni in cui i limiti per due o più inquinanti sono stati superati simultaneamente. E’ così emerso che nonostante i miglioramenti complessivi, l’86% della popolazione europea ha sperimentato almeno un giorno all’anno con sforamenti per due o più inquinanti: le accoppiate più frequenti sono PM2.5 con biossido di azoto e PM2.5 con ozono. Secondo il primo autore dello studio, Zhao-Yue Chen, “sono necessari sforzi mirati per affrontare i livelli di PM2.5 e ozono e i giorni di inquinamento associati, soprattutto alla luce delle crescenti minacce derivanti dai cambiamenti climatici in Europa”.

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