Atrani è un altro gioiello incastonato nella magnifica Costiera Amalfitana, che è un continuo ricamo di natura, arte e bellezze storiche che la rendono unica al mondo. Sbuca all’improvviso da una deviazione della incantevole via panoramica, in sintonia con il gioco di emozioni che ti invadono mentre si stenta ad assaporare tanta beltà. Sospesa dalla costa a strapiombo tra i monti Civita e Aureo, dal letto del fiume Dragone si protende verso il mare come a volerlo toccare, restando però perennemente combattuta a mantenersi compostaper trattenere le case e le chiese che tendono ad allontanarsi dal nucleo storico, che è una bomboniera vivente.
Lontano dal traffico e da ogni stress quotidiano, Atrani è il paese più piccolo della Costiera ma le sue ridotte dimensioni non ne fanno di certo diminuire il fascino, che anzi sembra così più compresso, denso. Piazza Umberto I, dove spiccano la fontana di pietra e la Chiesa di San Salvatore, si apre direttamene sul mare. Circondata come in un abbraccio da case e palazzetti antichi verso i quali si portavano a riparo le imbarcazioni da tempeste ed assalti, questa caratteristica piazzetta ancora oggi regala un tocco di magia, capace di trasportarci in una dimensione senza tempo.La storia di Atrani si intreccia e si fonde con quella della Repubblica Marinara di Amalfi, di cui circa mille anni addietro fu “città gemella”, e proprio nella Chiesa di San Salvatore in “Birecto”, si celebrava la vestizione dei dogi, che ricevevano appunto il berretto ducale chiamato birecto, nonché la loro sepoltura al termine della vita terrena. Nell’XI Secolo il borgo fu saccheggiato ed in parte distrutto dalle milizie della rivale Repubblica Marinara di Pisa, salvo essere ripopolato anche grazie al sovrano Manfredi, ultimo della dinastia sveva del Regno di Sicilia, che qui impose la creazione di una colonia di saraceni.
La cittadina ha sempre accolto e dato riparo a chi lo chiedeva, dimostrandosene degno o meritevole. Nel 1222 San Francesco decise di sostare in questo luogo, dove tanti cittadini locali divennero suoi devoti. Nel 1647 pare che sempre qui Masaniello, in fuga da Napoli, trovò temporaneo riparo. Camminando nel cuore della cittadina con marcata impronta medievale e barocca, ci si imbatte un dedalo di stradine e vicoli, che terminano sovente in piazzette dove spiccano altre bellissime chiese o luoghi sacri con vista mozzafiato. Le suggestioni panoramiche aumentano attraversando i percorsi oltre le antiche mura, soprattutto quelli ascendenti.
Di certo meritano di essere visitati il monastero francescano di clausura di S Rosalia (XVII Secolo), oggi un meraviglioso conservatorio, con annessa la cappella di Santa Gertrude; la Chiesa di Santa Maria Immacolata; la Chiesa di San Michele Fuori le Mura; la “Collegiata di Santa Maria Maddalena”, edificata dai devoti nel XIII secolo, sui ruderi di un’antica rocca medievale, a ringraziamento di una liberazione di Saraceni. Grazie alla sua posizione che la vede allocata su di un promontorio, da qui si può godere della straordinaria vista di tutto il Golfo di Salerno.
L’antica cappella di Santa Maria del Bando, ricavata direttamente dalla parete rocciosa di cui sembra parte integrante, la si può conquistare solo dopo aver percorso ripide e lunghe scale. Ma una volta raggiunta la meta, anche qui il panorama regala emozioni più che intense, capaci di entrare dritte nel profondo dell’animo. Non lontano insiste la “Grotta dei Santi”, luogo mistico vissuto in epoca medioevale dagli eremiti. Discendendo verso il mare, ghiaia e sabbia formano la spiaggetta di Atrani, piccola ma immersa in un contesto fiabesco. In questa placida baia si alternano spiagge libere o attrezzate. Con piccole imbarcazioni a noleggio, a motore o a remi, è poi possibile avventurarsi nei tratti costieri che offrono tutto ciò che si può desiderare. Fauna e flora marina abbondano in questo tratto di Tirreno trasparente, che si infrange su costoni lisci o rugosi dai quali emergono piccole insenature, grotte e spiaggette silenziose, dove potersi immergere completamente in questa rigogliosa natura.
Sicuramente grazie alla sua storia, intrisa di scambi con culture diverse, tanto ciò per imposizioni storiche, necessità politiche e militari o per interessi economici, Atrani è divenuto (così come in tutta la Costiera Amalfitana) un luogo dove lo stile eclettico si è via via amalgamato in un tipico stile a sé, che oggi caratterizza questo paradiso in terra invidiato dal mondo intero.Grazie ai colori vivaci che si alternano tra tesori naturali e di creazione umana, con le classiche maioliche che aggiungono un tocco di esotico ad ogni angolo; ai sapori delle prelibatezze locali dove onnipresente è il giusto o il profumo del limone; alle sfumature azzurre e turchesi del cielo e del chiarissimo mare; nonché alla macchia mediterranea quasi del tutto incontaminata che emerge rigogliosa tra ripide rocce, in questo luogo il cuore e la mente si aprono alla luce e alla serenità, e ci fanno così riscoprire anche il meglio di noi stessi.Per tutto questo e mille altri motivi ancora, che però possono essere scoperti solo in loco, Atrani merita di essere vissuta, almeno una volta, con intensità e senza fretta.
Caravaggio, Masaccio, Tiziano, Raffaello. E poi Michelangelo, Guido Reni, il Parmigianino, Bellini: una fusione di capolavori, un fiume di tesori dell’arte affluisce a Parigi per un’operazione senza precedenti. È la straordinaria mostra Naples à Paris, che sarà inaugurata domani dai presidenti Sergio Mattarella ed Emmanuel Macron. I due capi di Stato suggellano ancora una volta – come fecero il 2 maggio 2019 ad Amboise celebrando i 500 anni dalla morte di Leonardo da Vinci – la profondità del rapporto culturale, storico e artistico che lega in modo indissolubile e unico l’Italia e la Francia. “Il Louvre invita il Museo di Capodimonte”: nell’annuncio del grande museo parigino c’è tutta l’eccezionalità di un evento che già si annuncia come un trionfo di pubblico fino alla chiusura, fissata per l’8 gennaio 2024: quasi 70 le opere del museo di Napoli prestate a quello di Parigi per l’allestimento di un’esposizione in cui tutto si fonde in maniera naturale, e ogni opera trova il suo posto come se fosse lì da sempre.
Lo spiega Sylvain Bellenger, direttore generale del Museo e Real Bosco di Capodimonte: “questa è una prima assoluta nella storia delle esposizioni. Il tema della mostra non è un artista, né un movimento, e neppure un paese, ma un museo”. Bellenger regala l’immagine di un’esposizione in cui le opere di Parigi e di Napoli “dialogano fra loro, si incontrano e raccontano il Museo, anzi i due musei”. “Con questa esposizione – spiega Sébastien Allard, direttore del dipartimento Pittura del museo del Louvre – c’è un mix fra le due collezioni, con Capodimonte che riempie le mancanze del Louvre. Il risultato ci dà anche la possibilità di uno sguardo critico sulle forze e sulle debolezze del nostro museo”. “Questa fusione apre prospettive inattese – gli fa eco Bellenger – anche perché Capodimonte racconta l’arte italiana dal XII secolo in poi, con tutte le scuole che vengono rappresentate in modo magistrale”. La mostra si sviluppa in tre luoghi diversi del Louvre: la Grande Galleria – dove dialogano uno di fronte all’altro, uno accanto all’altro – i più grandi capolavori dei due musei. L’effetto è spettacolare, il contatto fra due delle più importanti collezioni di pitture italiane al mondo fa scoccare subito la scintilla con la Crocifissione di Masaccio, grandissimo artista del Rinascimento fiorentino assente dalle collezioni del Louvre. Con una cascata di sensazioni, di colori, di luci, ecco stagliarsi un altro capolavoro di Capodimonte, La Trasfigurazione, di Giovanni Bellini, senza equivalenti a Parigi.
Quindi, 3 fra i dipinti più belli del Parmigianino, fra i quali si staglia il ritratto enigmatico della “giovane donna” chiamata Altea, che riesce ad ipnotizzare il visitatore che in quel momento si trova a pochi metri dalla sala in cui campeggia l’opera più famosa al mondo, la Gioconda di Leonardo da Vinci. Si snoda così nella Grande Galerie, in un allestimento la cui realizzazione sarà oggetto di un volume di foto dell’americano Robert Polidori in uscita a settembre, la doppia collezione di tesori italiani del Louvre-Capodimonte. Fra capolavori del Barocco Napoletano e del Rinascimento che si inseguono, si misurano e sembrano rincorrersi. La visita prosegue nella sua seconda sala espositiva, la Chapelle, dove sono raccontate e messe in evidenza le origini e la diversità delle collezioni di Capodimonte, che hanno origine essenzialmente in quelle dei Farnese e dei Borbone. È qui, nella Chapelle, dove le collezioni dei Farnese e dei Borbone rivaleggiano negli oggetti, nelle porcellane, nei paesaggi in cui spicca sempre il Vesuvio che sembrano dialogare con la Piramide del Louvre, che si staglia nella sua trasparenza fuori dalla grande finestra. Infine, ecco la sala dell’Horloge, dove si ammirano alcuni capolavori del disegno della collezione Farnese: un cartone autografo di Michelangelo, utilizzato per la Crocifissione di San Pietro nella Cappella Sistina, e uno di Raffaello, l’Annunciazione.
Chi si nasconde dietro lo pseudonimo Elena Ferrante? E’ un mistero che dura da più di trenta anni ed ha scatenato una vera e propria caccia tra addetti ai lavori, critici, studiosi, giornalisti. Ora la querelle arricchisce di un nuovo capitolo. Lino Zaccaria, giornalista napoletano di lungo corso, è andato a scavare tra le pieghe più recondite dei libri di Elena Ferrante e di Domenico Starnone, da sempre il maggiore “sospettato”. E basandosi sul suo vissuto giovanile, trascorso negli stessi luoghi e attraverso le spesse esperienze dei due autori, fornisce in un saggio, che è sostanzialmente una lunga e articolata inchiesta giornalistica, nuovi spunti e inediti indizi sull’identità della scrittrice italiana più famosa al mondo. Indizi che confermano i sospetti. Sarebbe, secondo l’autore, “statisticamente straordinario” se lo scrittore di “Via Gemito” non avesse quanto meno partecipato alla stesura dei romanzi firmati Ferrante. Il libro “Elena Ferrante, chi è costei?”, (Edizioni Graus, 305 pagine) sarà presentato domani, lunedì 5 giugno alle 18 al teatro Diana di Napoli. Discuteranno con l’autore la giornalista-scrittrice Titti Marrone e la professoressa ordinaria di Letteratura ordinaria contemporanea Paola Villani. Letture di Antonio Leccisi. Coordina il giornalista Gianni Ambrosino.
Nel primo giorno del dopo-Lissner, il sovrintendente del Teatro San Carlo di Napoli decaduto oggi per l’effetto del decreto legge che lo pensiona in quanto settantenne, c’è almeno una schiarita. I sindacati, che erano sul piede di guerra, ritirano lo stato di agitazione dopo un incontro di due ore con il sindaco di Napoli, Gaetano Manfredi, che è anche presidente della Fondazione del Teatro, il quale ha detto che il nuovo sovrintendente sarà nominato “entro luglio” e che rispetterà gli impegni già presi con i lavoratori. E così l’8 giugno Anna Bolena andrà in scena (domenica scorsa lo sciopero aveva fatto saltare il Don Chisciotte): le rassicurazioni avute da Manfredi sono state giudicate positivamente.
Ma come sarà scelto il successore di Lissner? “Lo valuteremo, dobbiamo procedere con grande velocità – dice il sindaco in merito ad una possibile manifestazione d’interessi – dipende dai tempi di conversione della norma”. Che dovrebbe accadere ad inizio luglio. Ma se nel frattempo arrivasse l’annunciato ricorso di Lissner, che sembra intenzionatissimo a dare battaglia nel doppio ruolo di sovrintendente e direttore artistico? “Risponderanno gli avvocati – taglia corto Manfredi – è un problema legale che ho affidato a loro”. Intanto il sovrintendente francese oggi in teatro non si è visto, le prove dell’opera si sono svolte regolarmente. “Il mio obiettivo – dichiara Manfredi in una nota diffusa in serata – è salvaguardare la grande reputazione del Teatro San Carlo e i suoi lavoratori. Come sindaco di Napoli e della Città Metropolitana ho già dimostrato concretamente di voler sostenere il Teatro con nuovi finanziamenti che lo rendano sempre più solido. Abbiamo preso atto di un decreto del governo sulla decadenza del sovrintendente Lissner. Nel momento in cui la norma verrà convertita almeno in un ramo del Parlamento, avvierò in maniera rapida la procedura di individuazione del nuovo sovrintendente per completarla entro la fine di luglio in modo da tornare così rapidamente in un regime di normalità. I bilanci sono solidi, è stata approvata la pianta organica, ora vanno fatti ulteriori passi in avanti.
I miei poteri, in questa fase di transizione, consentono la gestione ordinaria, ma mi assumo l’impegno di fare in modo che il nuovo sovrintendente rispetti gli impegni già presi tra Teatro e lavoratori su accordo ricognitivo e nuove assunzioni a tempo indeterminato nei limiti della sostenibilità del bilancio 2023”. Parole che lasciano soddisfatti i sindacati, una cui delegazione (composta da Slc Cgil, Fistel Cisl, Uilcom Uil e Fials Cisal, con le Rsu) ha incontrato Manfredi all’interno del Massimo. “Il presidente ha confermato che procederà rapidamente all’individuazione tramite manifestazione di interesse del nuovo sovrintendente entro e non oltre il 30 luglio – scrivono in un comunicato congiunto -. Sarà condicio ‘sine qua non’ per colui che avrà l’onore di essere il nuovo sovrintendente rispettare gli accordi sottoscritti con le parti sociali nella gestione sia del documento ricognitivo sia sul piano di assunzioni. In riferimento alla dotazione organica le parti si rincontreranno dopo la prima di Anna Bolena per sottoscrivere le intese necessarie che garantiscano la tutela dei ruoli vacanti nell’ambito dei vuoti organici”. Si parla di 24 assunzioni e di un integrativo per i lavoratori di circa 150 euro lordi, da calcolarsi dal primo giugno.