Il comitato per gli investimenti di Generali ha espresso una valutazione positiva dell’operazione con Natixis, l’alleanza nel risparmio gestito da cui nascerà un polo da quasi 2.000 miliardi di euro di masse in gestione, tra i primi dieci asset manager a livello globale e secondo in Europa solo ad Amundi. Il parere è stato formulato dal comitato al termine di una lunga riunione, iniziata alle 16 e terminata dopo le 20, ‘aperta’, vista l’importanza dell’operazione, anche agli altri consiglieri, che hanno avuto la possibilità di intervenire e chiedere chiarimenti – che non saranno certamente mancati – anche alla luce delle preoccupazioni e dei dubbi trapelati negli ultimi giorni da parte di due soci di peso come Delfin, titolare del 9,9% del Leone, e Caltagirone, a cui fa capo un altro 6,9%. Le valutazioni dell’organo – che ha la prerogativa di esprimere un parere non vincolante sulle operazioni superiori ai 250 milioni – planeranno sul tavolo del cda, che domani delibererà sulle ‘nozze’.
A istruire il dossier sono stati i sei componenti del comitato: la presidente Antonella Mei-Pochtler, l’ex ceo della Borsa di Londra, Clara Furse, il banchiere d’affari Stefano Marsaglia, la manager Alessia Falsarone, il presidente di De Agostini, Lorenzo Pellicioli, e il dirigente di Mediobanca, Clemente Rebecchini. Nella joint-venture confluiranno gli oltre 1.200 miliardi di masse in gestione di Natixis Investment Managers e i 650 miliardi di Generali Investments Holding (Gih), integrati da una parte della raccolta netta che il Leone sviluppa annualmente.
La governance sarà paritetica, con quote del 50% in capo a Natixis e Gih (83,25% Generali e 16,75% Cathay) mentre per cinque anni la guida sarà affidata a Woody Bradford, nominato ceo di Gih dopo l’acquisizione nel 2024 di Conning, con un mandato rinnovabile per un altro quinquennio al raggiungimento di determinati target industriali. L’intesa, non vincolante, richiederà alcuni mesi di lavoro per riunire sotto un unico ombrello le 16 società di gestione di Natixis e le 14 delle Generali e diventare definitiva.
La logica industriale, per il management, sta nelle economie di scala in grado di generare: costi più ridotti, sinergie, miglioramento dei rendimenti e delle opportunità di investimento per i clienti, oltre ad una maggiore capacità di attrarre masse da altri investitori. Generali e Natixis manterrebbero il controllo sui premi e il risparmio conferito, definendo le strategie e le politiche di investimento sulla base di mandati circoscritti.
Sull’operazione aleggiano però i timori di Delfin e Caltagirone. Tra tutti il rischio che la compagnia possa perdere la presa su decine e decine di miliardi di euro di risparmio italiano, dirottato lontano dal nostro Paese, dalla sua economia e dal suo debito pubblico. Un timore la cui sostanza verrà vagliata dal governo una volta che l’operazione sarà notificata al comitato per il golden power.
A ciò si aggiungono le perplessità sulla effettiva pariteticità della governance, sull’assenza di patti parasociali che offrano vie d’uscita, sulla competenza dell’assemblea in merito a un’operazione di cui si può discutere la natura quasi ‘trasformativa’. In questi due giorni si capirà se il management di Generali sarà stato in grado rassicurare i soci o se invece le distanze potrebbero erompere in uno scontro legale. In questo contesto la possibilità di una lista del cda condivisa dai soci appare tramontata, complici, secondo alcuni pareri legali di Generali, le incertezze interpretative della nuova Legge Capitali che potrebbero esporre al rischio di impugnativa le delibere assembleari.