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Real, City e Psg: in America calcio a tinte europee

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La mano tesa all’America, l’occhio strizzato al mondo arabo, ma sulle favorite nessun dubbio: le candidate a vincere il nuovo mondiale per club sono tutte europee. E’ stato lo stesso Gianni Infantino, ideatore e promoter della competizione allargata a 32 squadre al via dal prossimo 15 giugno negli States, a indicare la rosa delle big. “Sono ovviamente favorite il Real Madrid, i tedeschi del Bayern Monaco e i francesi del PSG. Sono club grandi, delle multinazionali, hanno giocatori che provengono da tutti i Paesi”. In prima linea ora più che mai proprio il Psg di Luis Enrique: una stagione trionfale quella dei parigini con il triplete messo a segno, prima il titolo di Francia con diverse giornate d’anticipo e poi la Champions conquistata a Monaco da dominatori, con la manita rifilata all’Inter e Gigio Donnarumma a sollevare il più ambito dei trofei continentali.

Ruolo da favorito anche per il Real che arriva all’appuntamento con la rivoluzione in panchina: dopo una stagione ‘fallimentare’ (ma solo perché si parla del Real) e l’addio di Carlo Ancelotti, sarà Xabi Alonso l’uomo nuovo a guidare le merengues verso ambiti traguardi. Qualificati grazie al ranking, per i piazzamenti in Champions negli ultimi anni, i tedeschi del Bayern restano sempre una squadra da battere: vincitori del 34/o titolo in Bundesliga i bavaresi guidati da Kompany sono di diritto tra i favoriti al titolo. Così come il Manchester City che, nonostante una stagione-flop, forte dei successi in Champions è entrata tra le 12 europee: Pep Guardiola negli Usa cercherà il riscatto mostrandosi la nobile di sempre.

Nella top five gli scommettitori inserivano anche l’Inter: ma certo la grande delusione della finale di Champions non potrà non avere ripercussioni su una squadra che sognava il triplete e ha portato a casa zero titoli. Lo scudetto sfumato, la Coppa Italia pure e il sogno Champions diventato incubo in 90 minuti di non gioco nella città bavarese. Quanto basta per far vacillare le certezze nerazzurre e quelle del nuovo allenatore Cristian Chivu subentrato a Simone Inzaghi volato in Arabia. L’altra italiana, la Juventus, si presenta invece da outsider, ma con la voglia di mostrarsi da big sulla scena internazionale. Vlahovic e compagni alla campagna americana sembrano tenere, considerando che i titoli scarseggiano da un po’: in panchina ci sarà Igor Tudor, nessuno scossone perché il nuovo dg Comolli ha confermato il tecnico anche per la prossima stagione.

Nobile un po’ decaduta, il Chelsea che parla italiano; con Enzo Maresca in panchina i londinesi hanno appena alzato la Conference League e senza troppe pressioni cercano altre vetrine. Analizzando nel dettaglio le quote scommesse le due realmente in corsa per la coppa sono comunque Real e City. Completa il podio virtuale il PSG, subito dietro il Bayern, con Chelsea e Inter dirette inseguitrici. Qualche chance viene affidata anche all’Atletico Madrid di Simeone, mentre c’è un bel gap con tutte le altre comprese Juventus e Borussia Dortmund. City e Real, in quanto teste di serie, sono state inserite in due ‘rami’ differenti del sorteggio; lo stesso criterio è stato applicato anche alle due teste di serie della CONMEBOL, Flamengo e Palmeiras così come alle altre terze e quarte teste di serie europee e sudamericane (PSG, Bayern, River Plate e Fluminense).

La struttura del sorteggio, quindi, spiega perché Manchester City e Real Madrid siano considerate nettamente le due favorite per la vittoria finale. Inoltre, anche gli spagnoli sono stati inseriti in un girone (Gruppo H) tutt’altro che insormontabile, completato da Al Hilal, Pachuca e Salisburgo. In altre parole, vincendo i rispettivi gironi, Citizens e Merengues potrebbero ritrovarsi in semifinale; di contro, quella che secondo i bookmaker sarebbe una sorta di finale anticipata, potrebbe concretizzarsi molto prima. In linea puramente teorica, Real Madrid – Manchester City potrebbe giocarsi già agli ottavi di finale; ciò sarebbe possibile solo se una delle due chiudesse il girone al secondo posto e l’altra vincesse il proprio raggruppamento.

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Jannik Sinner re di Wimbledon: trionfo storico, orgoglio italiano e assenza delle istituzioni

Sinner vince Wimbledon ed entra nella leggenda: primo italiano a conquistare il torneo. Orgoglio nazionale, ma nessuna presenza istituzionale a sostenerlo dal vivo.

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Alle 20:24 del 13 luglio 2025, Jannik Sinner entra nella storia del tennis mondiale. Conquista il suo quarto Slam, il primo sui prati dell’All England Club, il più prestigioso. Un trionfo che rende orgogliosa tutta l’Italia, ma che si consuma senza il sostegno visibile di alcun rappresentante delle istituzioni italiane.

Sulla tribuna centrale ci sono il papà Hanspeter, la mamma Siglinde e il fratello, emozionati e fieri. Non c’è, però, alcuna figura dello Stato italiano ad applaudirlo. Nessun ministro, nessun presidente, nessun ambasciatore. Una differenza che si nota ancora di più guardando il box di Carlos Alcaraz, dove il Re di Spagna è presente per onorare il suo campione.

Orgoglio e gratitudine di un campione

«È il sogno dei sogni, quello che fai da bambino e che non pensi mai possa avverarsi», dice Jannik con lo sguardo lucido e il cuore colmo di emozione. Al centro del campo si stringe in un abbraccio con Cahill e Vagnozzi, la sua guida tecnica e umana, a cui dedica il successo: «Devo tutto a voi, grazie».

Poi si volta verso il pubblico, dove riceve il trofeo dalle mani della principessa Kate, e dichiara con semplicità:
«Sono orgoglioso di essere italiano».
Parole semplici, potenti. Di quelle che toccano il cuore di chi sente forte il senso di appartenenza a un Paese, a una storia.

Un successo epocale per il tennis italiano

Sinner diventa il primo italiano della storia a vincere Wimbledon in singolare, 138 anni dopo la prima edizione. Dopo le finali perse da Berrettini e Paolini, dopo i successi in doppio di Errani e Vinci, è finalmente arrivato il giorno della gloria azzurra.

E lo fa battendo Carlos Alcaraz, interrompendo una striscia di cinque sconfitte consecutive contro di lui. Dopo il primo set ceduto, Jannik è rimasto glaciale, lucido, implacabile. Ha chiuso al secondo match point, là dove al Roland Garros ne aveva sprecati tre.

Assenza che pesa

Tutto perfetto? Quasi. Perché in quel momento unico per lo sport italiano, mancava un abbraccio dello Stato. Nessuno ad accompagnare il ragazzo che ha portato il nome dell’Italia in cima a Wimbledon.

Non una delegazione, non un volto delle istituzioni, mentre nella tribuna reale spiccavano il principe William, la principessa Kate e i loro figli, incantati dai riccioli rossi e dal sorriso del campione. Un’assenza che stride, che lascia spazio all’amarezza. Non tanto per Sinner, abituato a far parlare il suo tennis, ma per un Paese che spesso si dimentica dei suoi migliori figli quando salgono sul podio più alto.

La leggenda di Jannik

Sinner è oggi l’icona dello sport italiano, un simbolo di talento, dedizione e pulizia morale. Lo era già da tempo, ma la vittoria a Wimbledon lo consacra tra i grandi della storia:

  • quattro finali Slam consecutive a 23 anni

  • successi a New York, Melbourne, Wimbledon

  • unica sconfitta a Parigi, da cui ha tratto forza

E mentre fuori dal campo ringrazia la famiglia, il team, il fratello e chi gli è stato vicino anche nei momenti duri, come dopo la sconfitta di Parigi, Sinner diventa anche l’uomo che incarna il riscatto sportivo di un Paese.

Adesso tocca all’Italia riconoscere, sostenere e celebrare chi ci fa sognare con il talento e l’orgoglio. Wimbledon ha un nuovo re, si chiama Jannik. E il suo regno è solo all’inizio.


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Napoli, il ritorno a Castel Volturno: parte l’era Conte tra visite mediche e ritiro a Dimaro

Antonio Conte riapre le porte di Castel Volturno: da oggi visite mediche e test per gli azzurri prima del ritiro in Trentino. Attesi anche De Laurentiis e i nuovi acquisti.

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Rieccoci. Dove eravamo rimasti? 49 giorni fa su un bus scoperto, tra lacrime e applausi, con lo scudetto sul petto e la promessa di un futuro ancora da scrivere. Ora quel futuro comincia davvero. Il Napoli di Antonio Conte riapre le porte di Castel Volturno, pronto a ripartire con un programma serrato di visite mediche, test fisici e ritiro tra Trentino e Castel di Sangro.

Il ritorno al lavoro

La prima giornata non è ancora dedicata al campo, ma alla valutazione dello stato fisico dei calciatori azzurri. Tocca allo staff medico fare il punto: ECG, prove da sforzo e tapis roulant per ricostruire le condizioni di ogni atleta. I dati raccolti accompagneranno lo staff anche a Dimaro, dove verranno analizzati con attenzione per impostare i carichi di lavoro personalizzati.

La rosa si presenterà al centro tecnico a scaglioni fino a mercoledì, per evitare sovrapposizioni e gestire meglio i test. I nuovi volti – Lang e Beukema – si aggregheranno direttamente in Trentino.

Conte, De Laurentiis e i primi volti noti

Conte supervisionerà i primi passi della preparazione, in parte in presenza, in parte a distanza, seguendo l’andamento e comunicando con i senatori della squadra, già contattati durante la pausa estiva. Saranno presenti anche il direttore sportivo Giovanni Manna e Aurelio De Laurentiis, atteso a Castel Volturno prima di partire per Dimaro, dove incontrerà personalmente la squadra.

Il presidente è rientrato da Capri e Ischia e parteciperà a un panel al Giffoni Film Festival prima di volare in Trentino. Ieri sera, in città, sono già stati avvistati Di Lorenzo, Lobotka e anche Kevin De Bruyne, che ha scelto per il soggiorno partenopeo la stessa location che un anno fa fu di McTominay.

Condizione fisica: nessun azzurro si è fermato

Tutti i calciatori si sono tenuti in forma in queste settimane. Mazzocchi si è allenato tra palestra e spiaggia, Gilmour e Rrahmani hanno condiviso sui social video di sessioni intense, Lukaku ha seguito un programma autonomo dopo l’assenza dalla preparazione un anno fa. L’obiettivo è chiaro: arrivare pronti fin dai primi giorni.

Novità e attesa per la nuova maglia

La prima novità visiva è già arrivata: il nuovo kit da allenamento, presentato ieri sui canali ufficiali del club. Ma i tifosi aspettano altro: la nuova maglia azzurra con lo scudetto, attesa proprio a ridosso del debutto a Dimaro. Un segnale di continuità con il recente trionfo e l’inizio di un nuovo capitolo sotto la guida di Conte.

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Mondiale Club, Chelsea batte Psg 3-0 ed è campione

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La serata magica di Cole Palmer regala al Chelsea la vittoria del primo Mondiale per Club col format a 32 squadre. Al MetLife Stadium di New York, sotto gli occhi di Donald Trump, i Blues battono in finale 3-0 un Psg irriconoscibile, lontano parente della squadra capace di travolgere il Real Madrid in semifinale e ancor prima l’Inter nell’ultimo atto della Champions League.

Si chiude una stagione da incorniciare per Enzo Maresca che aggiunge un altro trofeo internazionale alla sua bacheca da allenatore dopo il trionfo in Conference. A Breslavia, nel 4-1 contro il Betis, furono Enzo Fernandez, Jackson, Sancho e Caicedo a decidere la finale. Stasera, a New York, sono Palmer e Joao Pedro a prendersi la scena.

La doppietta del fantasista inglese e’ praticamente in fotocopia. Al 22′ Nuno Mendes (tra i migliori in stagione) sbaglia la lettura su un lancio di Sanchez e spalanca un’autostrada a Malo Gusto: Hakimi mura il tiro del francese, ma non l’assist per il mancino vincente di Palmer all’angolino. Dalla stessa zolla arriva anche il 2-0 al 29′, ma stavolta fa tutto il 23enne che si divora le praterie lasciate sulla destra, si accentra e batte per la seconda volta Donnarumma. Psg sotto shock, incapace di reagire e sotto di tre gol prima del duplice fischio.

Merito di Joao Pedro che al 43′ sfrutta l’assist pregevole del solito Palmer e beffa il portiere italiano con un tocco sotto. La reazione del Psg nella ripresa e’ puntuale, ma Sanchez a mano aperta nega d’istinto a Dembele il gol che riaprirebbe tutto. Al 68′ e’ il Chelsea a sfiorare il poker: il neo entrato Delap guida il contropiede e calcia col destro a giro, ma Donnarumma sfodera tutta la sua bravura e devia il tiro in corner.

Nel finale il Psg chiude in 10 uomini: Joao Neves tira i capelli a Cucurella all’86’ a palla lontana e riceve il rosso dell’arbitro Faghani dopo la chiamata del Var. Una finale senza storia, che si chiude nel peggior modo possibile per i campioni d’Europa con tanto di rissa, per fortuna sedata in tempo, in mezzo al campo che vede coinvolto anche l’allenatore dei parigini Luis Enrique.

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