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Cronache

Rari Nantes Napoli, il Circolo fucina di campioni olimpici compie 114 anni ma non li dimostra

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Tutto pronto per la grande cerimonia organizzata domenica 22 settembre 2019, a partire dalle ore 18.30, per brindare ai 114 anni del Circolo Rari Nantes Napoli. Il sodalizio, presieduto da Giorgio Improta, venne fondato nel 1905, quando un gruppo di sportivi dell’Ausonia decise di costruire uno spogliatoio di legno sulla scogliera di Santa Lucia. Da allora la Rari Nantes Napoli è diventata un punto fermo della storia dello sport napoletano con i suoi 5 scudetti, le medaglie olimpiche ed i titoli mondiali conquistati dai suoi atleti come Gildo Arena, Pasquale Buonocore, Emilio Bulgarelli, senza dimenticare i trionfi nei tuffi di Ciccio Ferraris e Luigi Cangiullo. E, ancora, i nomi storici di Mimì Grimaldi, Giovanni De Silva e Bandy Zolomy, ovvero pezzi di storia della pallanuoto italiana! Così come la leggenda del “Settebello”: pochi sanno, infatti, che il nome oggi in voga per descrivere la Nazionale azzurra, è stato coniato per la Rari Nantes Napoli, la squadra che proprio come la carta nel gioco della Scopa “vinceva tutto”.

Un Palmares di prestigio

Il Circolo Rari Nantes è da sempre anche un punto di riferimento in città: se si chiede, magari, dov’è il Castel dell’Ovo si riceve come risposta “di fronte alla Rari Nantes”; se si chiede dov’è la fontana dell’ex “Villa del Popolo” come risposta si riceve che è “a due passi dal circolo”. Nel 1927 il circolo prese l’odierno nome “Rari Nantes” e fin da subito diventò un punto di riferimento per gli appassionati di sport acquatici, in primis la pallanuoto: la squadra della Rari Nantes infatti vinse negli anni successivi ben 5 scudetti. In nome dei colori bianco-celesti del Circolo Rari Nantes, tanti atleti e tanti dirigenti hanno lottato sportivamente e grazie ad essi il sodalizio ha potuto conseguire:

  •  7 titoli olimpici
  •  2 titoli mondiali
  •  49 primati assoluti nuoto
  •  19 titoli italiani tuffi
  •  5 scudetti campionato pallanuoto
  •  Stella d’oro al merito sportivo
  •  Targa d’oro al merito sportivo
  •  Oltre 2000 presenze nelle rappresentative nazionali

Assistenza ai minori a rischio

In questi ultimi anni di attività il Circolo Rari Nantes si è rinnovato totalmente, per affrontare con maggiore impegno le nuove sfide. L’ampia terrazza a pelo d’acqua, è diventata il “trampolino di lancio” per le attività di canoa e kayak. Per rendere l’offerta ludica e sportiva ancora più ampia arriveranno a breve, sup, sci nautico, wake board, pesca sportiva, diving, escursioni, corsi di yoga e risveglio muscolare. La stessa terrazza consentirà l’utilizzo di un impianto di piscina a mare, per la quale sono state ottenute le autorizzazioni. Quest’impianto, unico a Napoli, consentirà alla Rari Nantes di svolgere anche attività di assistenza ai minori a rischio attraverso corsi di nuoto e pallanuoto gratuiti.

Il presidente del Circolo Rari Nantes. Giorgio Improta

Storia, tradizione e innovazione 

Sport, cultura, buona cucina, eventi e spettacolo. Questo è il futuro della Rari Nantes Napoli. 

“Il 22 settembre – afferma il presidente Giorgio Improta – festeggeremo i 114 anni di storia, una storia gloriosa, funestata anche da periodi difficili e coni d’ombra che ne hanno nel tempo minato la credibilità e la sua stessa esistenza. Tuttavia, oggi possiamo dire con grande orgoglio di essere sulla buona strada, e questo risultato rende merito a tutti: il corpo sociale in primis, oltre a tutti i partner che hanno creduto nello sport e nell’importanza che lo stesso ha nel sociale, rendendo un circolo per sua natura esclusivo, un posto nella città di Napoli inclusivo, motore a sua volta di iniziative innovative e di cambiamento. Nel 2019 il circolo, superando una consuetudine ultracentenaria, ha cambiato pelle. Finalmente – conclude il presidente – abbiamo aperto alle donne, e finalmente abbiamo le prime donne che si sono iscritte. Storia, tradizione, innovazione; possono sembrare concetti che si contraddicono. Alla Rari Nantes no: innoviamo nel rispetto della tradizione, rendendola attuale e adeguata alla società e alla cultura che muta”.

Gran Galà con tanti artisti 

In occasione del 114 anni del Circolo Rari Nantes, è in programma un “Gran Galà” per i soci del sodalizio. Presentati da Massimo Carrino (direttore artistico degli eventi al circolo) e Yulia Mayarchuck, si esibiranno la cantante e attrice Anna Capasso, l’attore Ettore Massa, il “Coro della città di Napoli” diretto da Carlo Morelli, e gli attori Rosaria De Cicco e Lucio Pierri. 

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Sindaco di Avellino Festa arrestato, indagati la vice sindaco Nargi e un consigliere comunale

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Arresto per il sindaco dimissionario di Avellino, Gianluca Festa. L’ex esponente del Pd e’ coinvolto in un’indagine per peculato e induzione indebita a dare e promettere utilita’ ed e’ ora ai domiciliari insieme a un architetto, fratello di un consigliere comunale, Fabio Guerriero e a una dirigente del Comune. I carabinieri, titolari dell’indagine della procura di Avellino, hanno anche eseguito perquisizioni a carico del vicesindaco Laura Nargi, del consigliere Diego Guerriero, capogruppo Viva la Liberta’, lista civica a sostegno di Festa, e fratello di Fabio e dei fratelli Canonico, presidente e commercialista della DelFes, squadra di basket serie B.

Al centro delle indagini c’e’ proprio la squadra di basket di serie B, riconducibile a Festa. Per gli inquirenti, ha ottenuto sponsorizzazioni da imprese che erano assegnatarie di appalti e affidamenti dal Comune di Avellino. Gli inquirenti ipotizzano per questo che esista un’associazione a delinquere.

La sua piu’ grande passione e’ il basket. Gianluca Festa, 50 anni, sindaco di Avellino dal giugno del 2019, si e’ dimesso il 25 marzo quando la procura di Avellino gli ha perquisito casa e ufficio. E proprio nel corso della comunicazione della notizia alla stampa, fece riferimento al suo amato basket, e al fatto che quanto li contestava la procura era relativo alla pallacanestro. Quando venne eletto, infatti, la squadra della citta’, lo storico club Scandone, fondato nel 1948 e per 20 anni in serie A, era fallito. Lui vi aveva giocato come titolare nel 1995. Uno smacco per Avellino e i tifosi, quel fallimento, e cosi’, pur di salvare la pallacanestro, Festa verso’ 20 mila euro dal suo conto corrente per garantire l’iscrizione di una squadra irpina al campionato di serie B. Ora Festa e’ ai domiciliari, indagato tra gli altri insieme all’amministratore delegato della squadra, la Delfes, Gennaro Canonico per presunti appalti pilotati al Comune di Avellino per i reati di corruzione, associazione a delinquere, turbativa d’sta e falso in atto pubblico. Alcune delle imprese che si sono aggiudicate gli appalti hanno anche sostenuto economicamente la societa’ di basket. “Non c’e’ niente perche’ non c’e’ mai stato niente e anche dalle perquisizioni non e’ emerso nulla. Chi pensava che questa fosse una bomba, si e’ ritrovato in mano una miccetta. E se qualcuno pensava di poter condurre con questi argomenti la campagna elettorale che si avvicina, ha sbagliato. Perche’ noi siamo persone perbene e aspetteremo l’esito delle indagini. Che non porteranno a nulla”, aveva detto Festa all’indomani delle perquisizioni.

È sempre d’uopo ricordare che le azioni dei Pm sono esercizi dell’azione penale obbligatoria ma non sono sentenze di condanna e che per gli attuali indagati c’è il principio di non colpevolezza fino al terzo grado di giudizio.

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Uccisero il padre violento, nuova condanna per i figli

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Sono stati condannati di nuovo i fratelli Scalamandrè per l’omicidio del padre Pasquale, indagato per maltrattamenti nei confronti della madre, avvenuto il 10 agosto del 2020 al culmine di una lite nella loro abitazione a Genova. La Corte d’Assise d’appello di Milano, davanti alla quale si è celebrato il processo di secondo grado ‘bis’, ha confermato la sentenza di primo grado: 21 anni di reclusione per Alessio e 14 per Simone. I due uomini, che oggi hanno 32 e 24 anni, sono accusati di avere ucciso il genitore 63enne colpendolo diverse volte con un mattarello dopo che lui si era presentato a casa loro per chiedere al maggiore di ritirare la denuncia nei suoi confronti. I giudici genovesi, in appello, avevano confermato i 21 anni di pena per Alessio, decidendo invece di assolvere Simone.

La Corte di Cassazione, però, lo scorso novembre aveva annullato con rinvio entrambe le sentenze, stabilendo che il nuovo processo si sarebbe svolto a Milano in quanto a Genova esiste una sola Corte d’Assise d’appello e gli imputati non possono essere giudicati due volte dagli stessi giudici. Per il caso del fratello maggiore, nell’annullare la decisione, gli Ermellini avevano tenuto conto della decisione della Corte Costituzionale che aveva decretato l’illegittimità dell’articolo del Codice Rosso che impediva di far prevalere le attenuanti generiche sull’aggravante di un delitto commesso in ambito familiare, e del ricorso dei difensori che invocavano l’attenuante della provocazione.

Nell’annullamento del verdetto nei confronti di Simone, invece, la Cassazione aveva invitato i giudici meneghini a motivare adeguatamente un’eventuale nuova sentenza di assoluzione. La Procura generale di Milano aveva chiesto 8 anni e mezzo per il fratello più giovane e una pena a 11 anni per l’altro, concordata con la difesa. Per quest’ultimo gli avvocati Nadia Calafato e Riccardo Lamonaca avevano invece chiesto l’assoluzione perché, a quanto hanno detto in aula, il ragazzo “non è l’autore materiale, assieme al fratello, dell’omicidio”.

“È un momento difficile, molto negativo”, ha osservato fuori dall’aula l’avvocato Lamonaca, sottolineando che “sicuramente” non sono state riconosciute l’attenuante della provocazione né la prevalenza di quelle generiche. “Le sentenze non si commentano, ma si impugnano. Cercheremo di cambiare ancora una volta questa sentenza. Non è ancora quella definitiva”. Entrambi i fratelli erano presenti alla lettura del dispositivo. Il giorno dell’omicidio erano stati i due fratelli a chiamare la polizia e raccontare l’accaduto, spiegando che i colpi mortali erano arrivati al culmine di una lite che si era trasformata in colluttazione. Alessio lo aveva infatti denunciato per maltrattamenti e minacce nei confronti della madre, che era stata costretta a trasferirsi in una comunità protetta.

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Test omosessualità a poliziotto della penitenziaria, ministero condannato

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Prima un procedimento disciplinare con una serie di “domande ambigue” sul suo orientamento sessuale. Poi addirittura un test psichiatrico per verificare se fosse o non fosse gay. È il calvario denunciato da un agente di polizia penitenziaria che alcuni giorni fa, dopo più di un anno di battaglie a colpi di carte bollate, ha vinto una causa dal Tar del Piemonte ottenendo un risarcimento di 10 mila euro per “danno morale”.

La somma è stata messa in carico al ministero della Giustizia. A originare il caso fu la segnalazione di due detenuti: “quel poliziotto fa le avances”. Era tutto falso. Ma nel frattempo l’agente venne spedito alla Commissione medica ospedaliera di Milano per sottoporsi a controlli psichiatrici: l’obiettivo era accertare la sua idoneità al servizio. Ed è qui il punto: l’amministrazione, che nel corso del procedimento giudiziario si è giustificata sostenendo che il dipendente manifestava “stati di ansia”, secondo i giudici “operò una sovrapposizione indebita” fra omosessualità (effettiva o meno non ha importanza) e “disturbo della personalità”. Una decisione “arbitraria e priva di fondamento tecnico-scientifico”.

Alla fine l’agente fu prosciolto in sede disciplinare e, dopo i test, dichiarato perfettamente in grado di svolgere il proprio lavoro. Ma per l’Osapp, il sindacato di polizia penitenziaria che gli ha fornito l’assistenza legale, resta la gravità di accuse “ingiuste, anacronistiche e degne di un clima da Santa inquisizione”. “Alle tante incongruenze e incapacità constatate negli organi dell’amministrazione – dice il segretario generale, Leo Beneduci – non credevamo di dover aggiungere l’omofobia”.

Secondo il senatore Ivan Scalfarotto (Italia viva) la vicenda “illustra meglio di mille trattati l’idea strisciante, e assai più diffusa di quel che si creda, che le persone gay e lesbiche non siano proprio come le altre, non propriamente degne come tutte le altre”. I giudici ricordano che nel ricorso (depositato il 27 dicembre 2022) l’agente lamentò di “essere stato deriso ed emarginato dai colleghi, per lo più uomini, in ragione delle proprie vicissitudini”, tanto che chiese e ottenne il trasferimento in un altro carcere, dal Piemonte alla Puglia. Ma per questo capitolo non hanno riconosciuto il diritto a un risarcimento.

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