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Cronache

Rapinatore ucciso, assalto armato alla caserma ed ospedale devastato: ora lo Stato faccia lo Stato e porti in cella uno ad uno questi camorristi

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Sulla morte del ragazzo che avrebbe compiuto 16 anni tra poco più di un mese, ucciso perché intendeva fare una rapina, c’è una inchiesta aperta dalla procura di Napoli.

Il carabiniere di 23 anni che ha aperto il fuoco è indagato per omicidio commesso per un presunto eccesso colposo nell’uso legittimo delle armi.

Una incriminazione che è un atto dovuto. La dinamica della rapina e il racconto del minore che si è poi costituito spiegherà nei dettagli quanto accaduto. La giustizia, quella in cui crediamo tutti, tranne i delinquenti che rapinano sperando di farla franca, farà il suo corso. E siamo certi che scagionerà il povero carabiniere, anche lui segnato da questa tragedia in cui è stato cacciato dai due balordi rapinatori. Questa vicenda di una gravità inaudita non la dimenticheremo presto. Quello di cui però vogliamo parlare in maniera più approfondita è di tutto quello che è successo a Napoli dopo il ferimento di questo 15enne rapinatore purtroppo rimasto ucciso.

Decine di persone, anche più di cento a guardare le immagini del circuito di videosorveglianza dell’ospedale Pellegrini, struttura sanitaria che dista 200 metri in linea d’aria dalla questura e dal comando provinciale dei carabinieri, nella notte hanno letteralmente devastato il pronto soccorso. Hanno distrutto con una furia inaudita, una violenza incredibile, tutto quello che c’era da devastare. I danni ammontano, considerati anche gli strumenti diagnostici distrutti, a 200 mila  passa  euro. I carabinieri e i poliziotti presenti in ospedale non hanno potuto far nulla per impedire che tutto ciò accadesse. Erano troppo pochi davanti a quell’esercito di violenti che hanno anche minacciato di morte medici, infermieri, pazienti e uomini della vigilanza presenti. Finita la devastazione del pronto soccorso, più o meno alle 3 del mattino, alcuni scooter (le targhe erano coperte?), cinque o sei, con  uomini armati a bordo, passamontagna e caschi integrali per celare i loro volti, sono andati in piazzetta Morgantini, sede del comando provinciale dei carabinieri, ed hanno esploso colpi di pistola ad altezza d’uomo contro la caserma. Dentro c’erano carabinieri che se fossero usciti potevano essere ammazzati. Da questo punto di vista la solidarietà all’Arma dei carabinieri è totale.

Ucciso a 15 anni per una rapina ad un carabiniere, nella notte ospedale devastato e assalto a colpi d’arma da fuoco alla caserma

Davanti a questa manifestazione impressionante di arroganza e di forza di intimidazione mafiosa in una città che vuole liberarsi dell’etichetta camorristica, lo Stato ha una sola scelta obbligata da perseguire anche a difesa della stragrande maggioranza dei cittadini napoletani che credono ancora nelle istituzioni: andare casa per casa, inseguirli anche in capo al mondo, arrestarli uno ad uno e trascinare davanti al tribunale di Napoli questo esercito di camorristi, metterli in galera, fargli scontare fino all’ultimo giorno di carcere, fargli pagare fino all’ultimo centesimo di danni alle strutture ospedaliere e se possibile anche i danni di immagine alla città. Perchè questa feccia umana non può vivere in una comunità civile. Se lo Stato non fa lo Stato, chi da tempo sostiene che in certi posti di Napoli la parola Stato è il participio passato del verbo essere, ha ragione.  Su questa vicenda il sindaco di Napoli, Luigi de Magistris, pur definendo una tragedia “la morte di un quindicenne” sostiene che “è inaccettabile che sia stato devastato, tanto da dover sospendere l’attività, il pronto soccorso dell’Ospedale Vecchio Pellegrini di #Napoli. Medici e infermieri devono lavorare in serenità per poter curare pazienti in emergenza. Ho più volte chiesto con forza che vi sia più vigilanza negli ospedali e nei pron‬to soccorso. La situazione negli ospedali è già alquanto complicata. Mai come di questi tempi è necessaria sicurezza totale! Basta parole!”.

Il Prefetto di Napoli, Marco Valentini, ha invece contattato il Direttore Generale dell ASL Napoli 1 centro, da cui dipende il Presidio  stesso,  e la Direttrice  del pronto soccorso,  esprimendo la  solidarietà sua personale e delle Istituzioni  ai medici, ai pazienti ed al personale del nosocomio ed assicurando la piena collaborazione delle Forze dell’ordine per l’ espletamento di adeguati  servizi di vigilanza, che sono stati immediatamente  disposti. Inoltre, in relazione all’ esplosione di colpi d arma da fuoco all’ esterno del Comando provinciale Carabinieri di Napoli, il Prefetto ha disposto l’intensificazione dei servizi di controllo del territorio e di vigilanza ad obiettivi sensibili.

Giornalista. Ho lavorato in Rai (Rai 1 e Rai 2) a "Cronache in Diretta", “Frontiere", "Uno Mattina" e "Più o Meno". Ho scritto per Panorama ed Economy, magazines del gruppo Mondadori. Sono stato caporedattore e tra i fondatori assieme al direttore Emilio Carelli e altri di Sky tg24. Ho scritto libri: "Monnezza di Stato", "Monnezzopoli", "i sogni dei bimbi di Scampia" e "La mafia è buona". Ho vinto il premio Siani, il premio cronista dell'anno e il premio Caponnetto.

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Sangue infetto, la famiglia di un militare napoletano morto nel 2005 sarà risarcita con un milione di euro

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Dopo quasi vent’anni di battaglie legali, la Corte di Cassazione ha riconosciuto il diritto al risarcimento per i familiari di un militare napoletano, deceduto nel 2005 a seguito di complicazioni derivanti da una trasfusione di sangue infetto. La sentenza storica condanna l’ospedale Piemonte e Regina Margherita di Messina, stabilendo un risarcimento di oltre un milione di euro ai familiari del defunto.

Il militare, trasferitosi da Napoli a Sicilia per lavoro, subì un grave incidente durante il servizio che necessitò un intervento chirurgico d’urgenza e la trasfusione di quattro sacche di sangue. Anni dopo l’intervento, si scoprì che il sangue trasfuso era infetto dall’epatite C, portando alla morte del militare per cirrosi epatica. La complicazione si manifestò vent’anni dopo la trasfusione, rendendo il caso particolarmente complesso a livello legale.

In primo e secondo grado, i tribunali di Palermo e la Corte d’Appello avevano respinto le richieste di risarcimento della famiglia, giudicando prescritto il diritto al risarcimento. Tuttavia, la decisione della Corte di Cassazione ha ribaltato questi verdetti, affermando che la prescrizione del diritto al risarcimento non decorre dal momento del fatto lesivo ma dal momento in cui si manifesta la patologia collegata al fatto illecito.

Questa sentenza non solo porta giustizia alla vittima e ai suoi cari ma stabilisce anche un importante precedente per la tutela dei diritti dei pazienti e la responsabilizzazione delle strutture sanitarie. Gli avvocati della famiglia hanno sottolineato l’importanza della decisione, che apre nuove prospettive nel campo della giustizia sanitaria e sottolinea l’obbligo delle strutture ospedaliere di rispettare protocolli medici dettagliati, anche in situazioni di urgenza.

Il caso di Antonio (nome di fantasia) sottolinea la necessità di garantire la sicurezza nelle procedure mediche e di monitorare con rigore le condizioni di sicurezza del sangue donato, indipendentemente dalle circostanze. La sentenza rappresenta un passo significativo verso una maggiore giustizia e sicurezza nel sistema sanitario italiano, ribadendo che nessuna circostanza può esimere dal rispetto delle norme di sicurezza e prudenza necessarie per proteggere la salute dei pazienti.

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Addio a Italo Ormanni, magistrato e gentiluomo napoletano

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Italo Ormanni, magistrato, è scomparso all’età di 88 anni. Dopo una vita dedicata alla giustizia e alla lotta contro la criminalità organizzata, Ormanni ci lascia ricordi indelebili di un uomo che ha saputo coniugare serietà professionale e un vivace senso dell’umorismo. È deceduto ieri a Roma, nella clinica Quisisana, dove era ricoverato e aveva subito un’angioplastica.

La carriera di Ormanni, iniziata nella magistratura nel 1961, è stata lunga e fruttuosa, con servizio attivo fino al 2010. Tra i casi più noti che ha seguito, ci sono stati quelli che hanno toccato i vertici della camorra a Napoli, sua città natale, e importanti inchieste su eventi di cronaca nazionale, come il rapimento di Emanuela Orlandi e l’omicidio di Simonetta Cesaroni. Anche nel suo ruolo di procuratore aggiunto a Roma, Ormanni ha gestito casi di grande risonanza, contribuendo significativamente alla sicurezza e alla giustizia in Italia.

Oltre al suo impegno nel campo giudiziario, Ormanni ha avuto anche una breve ma memorabile carriera televisiva come giudice-arbitro nella trasmissione “Forum”, dove ha lasciato il segno con la sua capacità di gestire le controversie con saggezza e empatia.

Amante delle arti e della cultura, Ormanni ha sempre cercato di bilanciare la durezza del suo lavoro con le sue passioni personali, dimostrando che dietro la toga c’era un uomo completo e poliedrico. I suoi funerali si terranno a Roma, nel primo pomeriggio di lunedì, dove amici, familiari e colleghi avranno l’occasione di rendere omaggio a una delle figure più influenti e rispettate del panorama giudiziario italiano.

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Falso terapista accusato di stupro, vittima minorenne

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Accoglieva le sue pazienti all’interno di un finto studio allestito in una palestra di Fondi e, una volta solo con loro nelle stanze della struttura, le molestava nel corso di presunti trattamenti di fisioterapia, crioterapia e pressoterapia, facendo leva sulle loro fragilità psicologiche e fisiche affinché non raccontassero nulla. Dolori e piccoli problemi fisici che spingevano ciascuna delle vittime, tra cui anche una minorenne, a recarsi da lui per sottoporsi alle sedute, completamente all’oscuro del fatto che l’uomo non possedesse alcun titolo di studio professionale, né tanto meno la prevista abilitazione, e che non fosse neanche iscritto all’albo. È finito agli arresti domiciliari il finto fisioterapista trentenne di Fondi, per il quale è scattato anche il braccialetto elettronico, accusato di aver commesso atti di violenza sessuale su diverse donne, tra cui una ragazza di neanche 18 anni, e di aver esercitato abusivamente la professione.

Un’ordinanza, quella emessa dal giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Latina ed eseguita nella giornata di oggi dagli agenti del Comando Provinciale della Guardia di Finanza, arrivata al termine di un’indagine di polizia giudiziaria svolta su delega della Procura di Latina. Durata all’incirca un anno, quest’ultima ha permesso di svelare, attraverso le indagini condotte anche con accertamenti tecnici, acquisizioni di dichiarazioni ed esami documentali, i numerosi atti di violenza da parte dell’uomo nei confronti delle pazienti del finto studio da lui gestito. Tutto accadeva all’interno di un'”Associazione sportiva dilettantistica” adibita a palestra nella città di Fondi, nel sud della provincia di Latina: quella che il trentenne spacciava per il suo studio, sequestrata in queste ore dalle fiamme gialle quale soggetto giuridico formale nella cui veste è stata esercitata l’attività professionale, in assenza dei prescritti titoli di studio, della prevista abilitazione e della necessaria iscrizione all’albo, nonché dei locali, attrezzature e impianti utilizzati. Un’altra storia di abusi a Lodi.

Vittima una ragazza siriana di 17 anni arrivata in Italia per sfuggire alla guerra e al sisma del 2023: finita nelle mani dei trafficanti è stata sottoposta a violenze e maltrattamenti e poi abbandonata. La Polizia, coordinata dalla Procura di Lodi e dalla Procura presso la Direzione distrettuale antimafia di Bologna, ha arrestato i due aguzzini.

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