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Rai, lunedì voto sul budget e sul futuro di Fuortes

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Si decideranno prima del Festival di Sanremo le sorti del budget 2023, lo strumento economico principale che guida la macchina Rai, e, insieme a queste, quelle del vertice della tv pubblica. Ieri il cda Rai, convocato per discutere il documento, ha chiesto e ottenuto che il voto fosse calendarizzato per la prossima settimana, per la precisione il 30 gennaio, e non slittasse a una data successiva. Da giorni si rincorrono le voci su una possibile bocciatura del budget da parte della maggioranza dei membri dell’organismo di gestione aziendale, che metterebbero così in seria difficoltà l’ad Carlo Fuortes. Si tratterebbe di una sfiducia di fatto, anche se non prevista in questi termini dalla normativa.

L’ad dovrebbe scegliere se dimettersi o se provare a portare in consiglio un nuovo documento di programmazione economica dell’azienda nella speranza che venga questa volta approvato. Non è escluso, però, che, come accaduto in altre occasioni, le voci si rivelino poi, alla prova dei fatti, soltanto tali. E ci sono davanti ancora alcuni giorni per decidere. La partita ovviamente è tutta politica. Il mandato di Fuortes, nominato dal vecchio governo, scade nel 2024 ma non è scontato che il nuovo esecutivo gli conceda fiducia fino ad allora. Dall’insediamento di Giorgia Meloni ad oggi sono circolati diversi nomi come possibili sostituti, che sembrano tornare in pista in questa occasione: dall’ex consigliere Giampaolo Rossi, alle soluzioni interne che vanno da Roberto Sergio a Marcello Ciannamea, fino a Nicola Claudio.

Certo, se davvero la volontà fosse quella di intervenire subito su Viale Mazzini, l’occasione potrebbe apparire propizia. Per questo, secondo le indiscrezioni, i membri del cda espressione della maggioranza, Simona Agnes per Forza Italia e Igor De Biasio per la Lega, potrebbero voltare le spalle al manager votando contro il budget o astenendosi. Una scelta, quella dell’astensione, che potrebbe anche fare il rappresentante dei dipendenti, Riccardo Laganà, più volte in passato critico su scelte di merito compiute dal vertice. Non parrebbe orientato verso un voto positivo neanche Alessandro Di Majo, eletto in quota M5S. Se le voci fossero confermate, Fuortes potrebbe contare dunque su tre voti: il suo, quello della presidente Marinella Soldi e di Francesca Bria, eletta in quota Pd. La situazione appare però tutta in evoluzione. Fratelli d’Italia chiede da tempo di essere rappresentato in Rai, non avendo un membro in consiglio. Lo fa a maggior ragione oggi che è a Palazzo Chigi, pur non potendo sostenere che da Viale Mazzini siano arrivati atti ostili al suo partito e centrodestra. Anche il Movimento 5 Stelle ritiene di essere sottorappresentato dopo l’uscita di scena di Giuseppe Carboni dalla guida del Tg1 e deve muoversi in modo tale da garantirsi i voti necessari ad ottenere la guida della Commissione di Vigilanza. All’orizzonte ci sono nuove nomine, a partire da quella per il direttore dell’Approfondimento, visto che Antonio Di Bella è vicino alla pensione. Non sono esclusi poi avvicendamenti in altre testate, a partire dal Tg1, mentre Bruno Vespa dovrebbe far sua l’ambita striscia informativa dopo l’edizione serale del notiziario della rete ammiraglia.

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Ubs compra Credit Suisse, salvataggio da 3 miliardi

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Ubs acquista la rivale Credit Suisse per tre miliardi di franchi svizzeri (3,35 miliardi di dollari). Con un’operazione architettata dalla Banca centrale svizzera, con il coinvolgimento della autorità europee e americane, i due colossi convolano a nozze in un storico accordo per cercare di disinnescare la crisi in atto nel sistema bancario, con una corsa nel fine settimana per risolvere il caso prima della riapertura dei mercati. Nell’annunciare l’accordo – il maggiore fra due banche dalla crisi del 2008 raggiunto al termine di un fine settimana convulso di trattative senza sosta – le autorità svizzere si affrettano a precisare che l’operazione “non è un salvataggio ma è una soluzione commerciale”, la “migliore per riportare fiducia”. Le nozze, spiegano da Berna, infatti “assicurano la stabilità finanziaria” e tutelano “l’economia svizzera in questa situazione eccezionale”. Ubs otterrà fino a 100 miliardi di franchi svizzeri di liquidità dalla Banca centrale svizzera, oltre a garanzie per 9 miliardi dal governo svizzero per far fronte a eventuali perdite di Credit Suisse. Per Ubs si tratta di ‘rassicurazioni’ importanti visto che, per come è stato strutturato l’accordo non ha alcuna possibilità di fare un passo indietro, neanche a fronte di un’eventuale opposizione dell’antitrust.

“La stabilità finanziaria è più importanti dell’antitrust nelle crisi”, tagliano corto dalla Finma, l’autorità di regolamentazione dei mercati. L’intesa avrà un impatto sull’occupazione, con 10.000 posti che secondo indiscrezioni saranno tagliati. Con Ubs che punta a un taglio dei costi per 8 miliardi. Ubs, in particolare, si impegna a ridimensionare la banca di investimento di Credit Suisse, che è stata una dei maggiori ostacoli da superare per il raggiungimento di un accordo, e a ottenere il prima possibile tutte le autorizzazioni per le nozze che, comunque, non saranno sottoposte al voto degli azionisti. Per Credit Suisse l’intesa segna la fine di 167 anni di storia e spazza praticamente via 16 miliardi di franchi svizzeri di bond AT1, che sono stati “completamente svalutati”. Le banche centrali mondiali plaudono all’intesa.

“La rapida azione e le decisioni prese dalle autorita’ svizzere” per risolvere il caso di Credit Suisse “sono determinanti per ripristinare condizioni di mercato ordinate ed assicurare la stabilita’ finanziaria”, afferma il presidente della Bce Christine Lagarde, che sottolineqa come le banche dell-Eurozona abbiano una posizione solida e come comunque la Bce sia pronta a sostenere il siostema se necessario. Lodi alla rapidità di Berna arrivano anche dalle Bank of England. Plaudono il Tesoro americano e la Fed che, in una nota congiunta, mettono anche in evidenza come il capitale e la liquidità delle banche statunitensi sono solidi. Le autorità a stelle e strisce continuano a lavorare anche per un soluzione su Silicon Valley Bank e Signature Bank, i due istituti falliti la scorsa settimana. Secondo indiscrezioni la Fdic, l’agenzia federale di assicurazione sui depositi, per Svb intende procedere allo spezzatino visto che non è riuscita a trovare un acquirente adatto ad rilevare il 100% della banca. Per Signature ci sarebbe invece l’interesse di New York Community Bancorp.

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Liquori con alcool denaturato anti-covid, 12 arresti in Campania

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Usavano ingenti quantitativi di alcol denaturato importato dall’estero per fronteggiare la pandemia da Covid-19 per produrre bevande alcoliche adulterate e contraffatte poi con i marchi di alcolici: insieme all’ispettorato ICQRF del Ministero dell’Agricoltura è stato scoperto anche questo dal Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria della Guardia di Finanza di Napoli che ha notificato 12 arresti (3 in carcere e 9 ai domiciliari) e sequestrato beni per un valore complessivo da 10 milioni di euro. I finanzieri hanno apposto i sigilli a un liquorificio di Giugliano in Campania (Napoli), a una tipografia di Cava dè Tirreni (Salerno) e a una casa vinicola di Pagani (Salerno). Nei confronti degli indagati il tribunale di Napoli Nord, su richiesta dell’ufficio inquirente coordinato dal procuratore Antonietta Troncone, ha disposto anche un sequestro preventivo delle imposte evase da 250mila euro. Trovate anche bottiglie con la dicitura olio d’oliva ma che invece contenevano olio di semi. Dagli accertamenti è emerso che le bevande contraffatte venivano vendute a cantine, distillerie, grossisti e rivenditori al dettaglio tra Campania, Puglia e Calabria. Ma i liquori, è emerso dalle analisi chimiche, contenevano anche sostanze nocive tipiche dei disinfettanti (alcool isopropilico e metiletilchetone) non destinate per l’uso alimentare. La contraffazione ha riguardato anche presunto champagne sulle cui bottiglie sono state trovate le griffe false di noti marchi internazionali, anche DOP, ma che invece contenevano solo vino spumante.

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Tajani: l’Egitto aiuterà ad arginare i migranti

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I migranti partono soprattutto da Libia e Tunisia, ma è anche – e quasi soprattutto – su quella potenza regionale che è l’Egitto che si deve intervenire per arginare i flussi migratori. Ma per farlo, attraverso un “partenariato”, bisogna pure stabilizzare socialmente il Paese più popoloso di Nordafrica e Medio Oriente, alle prese con la crisi alimentare causata dalla guerra in Ucraina. Come emerso da dichiarazioni e indiscrezioni, ha puntato a questo la missione di sistema che il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha guidato al Cairo incontrando il presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi. Con il capo di Stato egiziano “abbiamo parlato anche della questione migratoria” affinché “ci sia una riduzione delle partenze di immigrati irregolari sia dalla Libia sia dalla Tunisia”, ha detto Tajani riferendo che Sisi “ci ha garantito l’impegno del suo Paese per collaborare con l’Italia affinché i flussi migratori illegali si riducano drasticamente nell’area del Mediterraneo”. “Certamente serve l’Europa, servono le Nazioni Unite”, ha ricordato il capo della Farnesina ma, ha avvertito, “l’Egitto è un grande Paese” e senza la sua “collaborazione” è “difficile poter risolvere questo problema”.

Non tanto per dare qualcosa in cambio, quanto per contribuire ad evitare che un Paese da oltre 100 milioni di abitanti diventi una bomba migratoria piazzata direttamente sulla sponda sud del Mediterraneo, Tajani ha guidato una missione per lanciare un “partenariato Italia-Egitto sulla sicurezza alimentare” rafforzando il sistema egiziano di produzione di cibo e intensificando la cooperazione bilaterale in campo agroalimentare. Un’accelerazione che era stata impostata a dicembre nell’ambito multilaterale del ‘Dialogo Mediterraneo sulla sicurezza alimentare’ e che ha visto ora sbarcare al Cairo una folta delegazione di imprenditori del settore agrifood e di organizzazioni internazionali (tra cui il programma ‘Prima’ che gestisce 500 milioni euro di finanziamenti per la ricerca di settore nel Mediterraneo).

E’ stato impostato un “tavolo tecnico” italo-egiziano per “internazionalizzare le nostre imprese” e “sviluppare attività commerciali”, ha reso noto Tajani. In questo quadro, con l’Egitto ci sarà un “coordinamento” nel campo della ricerca scientifica, tra l’altro “l’agricoltura tecnologica”, ha annunciato il ministro dell’Università, Anna Mari Bernini. Gli obiettivi immediati della missione sono stati quelli di individuare progetti in grado di stimolare investimenti pubblici e privati nel campo della sicurezza alimentare, integrare le differenti modalità di finanziamento e attivare partenariati tra imprese egiziane e italiane. “Sisi ci ha confermato la volontà dell’Egitto di collaborare con il nostro Paese per trovare le giuste soluzioni”, ha rivelato poi Tajani con riferimento ai casi di Giulio Regeni e Patrick Zaki, problemi “ancora irrisolti”.

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