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Quirinale preoccupato: troppi emendamenti stravolgono i decreti

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Limitare la decretazione d’urgenza e l’utilizzo di questi provvedimenti come veicoli rapidi nei quali inserire temi spesso non del tutto coerenti per materia. E’ questo il senso del nuovo monito del capo dello Stato, Sergio Mattarella, che ha convocato per un colloquio su questi temi i presidenti delle Camere. Un alert dal quale il centrosinistra prende spunto per andare all’attacco. Basta comprimere il Parlamento, dicono uniti dall’opposizione dopo aver più volte criticato la disomogeneità di molti provvedimenti. Intanto alla Camera si sblocca il decreto sulla p.a. solo dopo l’invito del governo ai gruppi a limitare le richieste anche se arrivano su indicazione dei ministeri. Una mossa che potrebbe anche essere letta come un primo segnale dopo quanto emerso dai colloqui al Colle. Quello dei troppi emendamenti disomogenei – inseriti durante l’esame parlamentare – è dunque uno dei punti su cui si è soffermato il capo dello Stato nella riunione con i presidenti delle Camere. Così quello del ricorso ai decreti omnibus, un punto peraltro oggetto a gennaio di un colloquio tra la premier Meloni e il presidente della Camera Fontana.

Il Quirinale aveva già fatto sentire la propria voce su questi temi con la lettera che ha accompagnato la promulgazione del decreto milleproroghe nella quale Mattarella, oltre a intervenire sulla questione dei balneari, aveva invitato a limitare i decreti omnibus. E non più tardi di una decina di giorni fa fonti di maggioranza attribuivano proprio a una moral suasion del Colle lo stralcio di alcune norme dal decreto bollette, entrate durante l’esame in commissione, in quanto estranee per materia. Uno dei temi che sarebbe stato trattato nel colloquio è per altro anche la questione delle ammissibilità decise dai presidenti delle commissioni e le cui maglie possono essere più o meno larghe. Non è escluso, secondo quanto viene riferito da fonti parlamentari, che su questo punto La Russa e Fontana possano convocare delle riunioni con i rispettivi presidenti di commissioni. Infine è possibile immaginare che nell’incontro al Quirinale il presidente abbia ribadito che le verifiche finali di costituzionalità di leggi e decreti spettano alla Corte costituzionale, organo a questa attività preposto.

Il riferimento è ad alcune osservazioni politiche che in più occasioni hanno considerato l’approvazione di un decreto da parte del presidente della Repubblica come un sigillo di costituzionalità. Se così fosse – è stato osservato – non avrebbe senso l’esistenza stessa della Consulta. Ad esempio, recentemente Matteo Salvini parlando del Dl Ponte aveva detto rivolgendosi all’opposizione: “il decreto è stato emanato dal presidente della Repubblica. Quindi per dubbi e rilievi rivolgersi al Colle che ha tutti gli elementi di garanzia e superiorità e che può decidere cosa si può fare e cosa no”. Le opposizioni vanno all’attacco. “La situazione è fuori controllo: il Cdm sforna ormai un decreto a settimana, 27 contro solo 5 leggi ordinarie, e quasi sempre contengono tematiche disomogenee tra loro”, attacca il capogruppo del Pd al Senato Francesco Boccia. “È ormai chiaro che le urla di Giorgia Meloni in Aula per rivendicare la centralità del Parlamento in tempi di pandemia, erano solo slogan per creare tensioni per fini elettorali”, dice M5s con Francesco Silvestri che accusa la maggioranza di “svilire il Parlamento”. “Basta ai decreti insalata russa”, sottolinea anche Avs con Marco Grimaldi. “Auspico che ci sia un reale impegno per un cambiamento di tendenza”, è la speranza di Angelo Bonelli dei Verdi. “Il legislatore, deve rispettare i principi di chiarezza e pertinenza dei provvedimenti, per il bene del nostro sistema democratico”, conclude.

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Esteri

Hamas offre ostaggi in cambio di 5 anni di tregua

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Hamas mette sul piatto dei negoziati una nuova proposta: la liberazione di tutti gli ostaggi israeliani ancora nelle sue mani in cambio del ritiro dell’Idf e di un cessate il fuoco della durata di 5 anni. Ma le notizie che arrivano dal Cairo, dove è arrivata una delegazione del movimento integralista palestinese per discutere con i mediatori egiziani, non fermano raid e combattimenti, con un bilancio che nelle ultime 24 ore è costato la vita a quasi 50 palestinesi e alcuni soldati israeliani. Un funzionario di Hamas, che ha chiesto l’anonimato, ha detto all’Afp che il gruppo “è pronto a uno scambio di prigionieri in un’unica soluzione e a una tregua di cinque anni”.

La proposta arriva dopo il no all’offerta di Tel Aviv, 45 giorni di tregua e 10 ostaggi liberati, motivata dal fatto che Hamas punta alla fine della guerra, e al ritiro di Israele dalla Striscia, e non vuole “accordi parziali” con il governo di Benyamin Netanyahu. Altri responsabili di Hamas, sempre in forma anonima, hanno sottolineato a diversi media arabi anche la disponibilità a “lasciare il governo della Striscia all’Autorità nazionale palestinese, oppure a un comitato di tecnocrati indipendenti scelti dall’Egitto”.

E, pur rifiutando di abbandonare le armi, a “far uscire da Gaza combattenti in cambio della loro incolumità”. Tesi e proposte a cui si è aggiunta la pubblicazione di un video che mostrerebbe i miliziani delle brigate Qassam che scavano sotto le macerie di un tunnel bombardato dall’Idf, per trarre in salvo con successo un ostaggio israeliano. Da Tel Aviv per il momento non arrivano commenti, ma a quanto si apprende il capo del Mossad David Barnea sarebbe arrivato già giovedì in Qatar per incontrare il premier Mohammed bin Abdulrahman al-Thani e discutere nuovamente di una base di accordo per il rilascio degli ostaggi. Fonti militari citate dai media hanno però ammonito che l’esercito si prepara a “incrementare la pressione e stringere il cappio su Hamas”.

A Gaza intanto il bilancio dell’ultima giornata di raid è di almeno 49 morti, afferma il ministero della Salute mentre i soccorritori “scavano ancora sotto le macerie”.

Il ministro della Difesa israeliano Israel Katz ha detto che nei combattimenti di terra “il prezzo è alto”, dopo l’uccisione nelle ultime ore di un riservista e il ferimento di altri quattro soldati in un attacco con esplosivi e armi automatiche. Nel nord di Israele sono invece risuonate le sirene per il lancio di un “missile ipersonico” rivendicato dagli Houthi che aveva come obiettivo Haifa. E’ la prima volta che i ribelli yemeniti tentano di colpire così lontano, il missile è stato intercettato e distrutto.

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Zelensky: da Meloni una posizione chiara, la apprezzo

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“Oggi a Roma ho incontrato la Presidente del Consiglio italiana, Giorgia Meloni. Abbiamo discusso dell’importanza delle garanzie di sicurezza per l’Ucraina e degli sforzi per ripristinare la pace e proteggere le vite umane”. Lo ha scritto su X Volodymyr Zelensky. “46 giorni fa l’Ucraina – scrive – ha accettato un cessate il fuoco completo e incondizionato e per 46 giorni la Russia ha continuato a uccidere il nostro popolo. Pertanto, è stata prestata particolare attenzione all’importanza di esercitare pressioni sulla Russia”. Ed ha aggiunto: “Apprezzo la posizione chiara e di principio di Giorgia Meloni”.

Il leader ucraino ha aggiunto di aver “informato” la premier italiana “degli incontri costruttivi tenuti dalla delegazione ucraina con i rappresentanti di Stati Uniti, Francia, Regno Unito e Germania a Parigi e Londra. C’è una posizione comune: un cessate il fuoco incondizionato deve essere il primo passo verso il raggiungimento di una pace sostenibile in Ucraina”.

(la foto in evidenzaè di Imagoeconomica)

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Esteri

La stretta di mano tra Ursula e Donald: incontriamoci

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Una stretta di mano sul sagrato della Basilica di San Pietro, poche parole scambiate tra il via vai di leader e porporati, e una promessa: Donald Trump e Ursula von der Leyen si vedranno presto. Messa per mesi all’angolo dalla nuova amministrazione statunitense, la presidente della Commissione europea è riuscita a strappare un breve scambio – auspicato anche dalla premier Giorgia Meloni a Washington – per aprire la strada al primo incontro ufficiale tra i vertici Ue e il tycoon dal suo ritorno alla Casa Bianca.

Forse già nelle prossime settimane, a Bruxelles. Sul tavolo, le partite più urgenti per l’Europa: i dazi e la pace in Ucraina. L’agenda e le modalità del vertice tra i leader Ue-Usa restano da definire, ma le finestre possibili entro il 14 luglio – data ultima per chiudere la partita sui dazi – sono diverse: se il negoziato su Kiev dovesse accelerare, già i giorni successivi al 16 maggio – quando il presidente americano concluderà la visita in Arabia Saudita e potrebbe fissare anche un faccia a faccia con Vladimir Putin – potrebbero rappresentare il momento propizio per un primo confronto con von der Leyen e un nuovo colloquio con Volodymyr Zelensky.

Giugno, poi, offrirà due nuove occasioni: il summit del G7 in Canada e il vertice Nato a L’Aja. Von der Leyen ha rotto il silenzio subito dopo la fine dei funerali del Papa pubblicando su X la foto della tanto attesa stretta di mano con Trump e un altro scatto che la ritraeva con Emmanuel Macron. Tutti etichettati come “scambi positivi”. Ma il messaggio più forte in direzione Casa Bianca era già arrivato pochi minuti prima, sull’onda dell’omaggio a Papa Francesco: il Pontefice “ha costruito ponti, ora percorriamoli”, ha scritto la presidente Ue, consapevole che la distanza da colmare con l’altra sponda dell’Atlantico è ancora ampia. A riprova, da Washington, Valdis Dombrovskis ha descritto un lavoro sui dazi ancora tutto in salita. Le trattative “proseguono, ma c’è molto da fare”, ha ammesso a più riprese il responsabile Ue per l’Economia che, davanti ai 90 giorni per evitare la guerra commerciale, ha posto l’accento sul tempo che “corre” e sulla necessità di fare presto. L’ultimo incontro con il segretario al Tesoro americano, Scott Bessent, non ha fatto registrare progressi e per ora, ha sottolineato Dombrovskis, “la situazione è asimmetrica”: i dazi Usa si sono già abbattuti su alluminio, acciaio e auto europee mentre il continente tiene ancora il suo colpo in canna.

Le carte di Bruxelles sono note: dazi zero sui beni industriali, più acquisti di gnl e armi dagli Stati Uniti e un fronte comune contro le pratiche di mercato sleali della Cina. Ma nelle ultime ore è trapelata un’altra richiesta da Washington che potrebbe complicare le discussione: rallentare la corsa Ue alla regolamentazione dell’intelligenza artificiale. I canali diplomatici e tecnici sono aperti ma i colloqui politici, è la linea prudente di Palazzo Berlaymont, riprenderanno “solo quando opportuno”: quando un’intesa di principio ci sarà, o quando i leader saranno pronti a confrontarsi su obiettivi comuni. I colloqui Ue-Usa però si spingono ben oltre i numeri del commercio. Al centro c’è anche il piano di pace disegnato da Washington e Mosca per Kiev, con Bruxelles che ha già respinto la proposta di cessione della Crimea alla Russia e di revocare le sanzioni contro il Cremlino, schierandosi invece a difesa dell’integrità territoriale ucraina. Kiev può contare sul sostegno Ue “al tavolo delle trattative per raggiungere una pace giusta e duratura”, ha assicurato von der Leyen. Prima di consegnare ancora una volta a Zelensky un messaggio sul futuro ucraino “nella famiglia” europea.

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