L’inferno sulla nave e’ scoppiato nel cuore della notte ad una decina di miglia a nord della costa greca di Corfu’: un incendio si e’ propagato alle 4.12 dai garage fino a devastare un intero traghetto ‘ro ro’ della compagnia Grimaldi Lines, l’Euroferry Olympia, partito tre ore prima da Igoumenitsa e diretto a Brindisi. Dei 290 a bordo – 239 passeggeri e 51 membri dell’equipaggio – quasi tutti sono stati tratti in salvo, ma in serata si teme ancora per la sorte di 11 persone che mancano all’appello: tre di loro sono state pero’ localizzate all’interno della nave. Otto quindi sono le persone di cui non si hanno notizie, sebbene risultassero nella lista di imbarco. Si tratta di cittadini bulgari, greci e un turco: nessun italiano, quindi, dei 64 imbarcati. Due autotrasportatori, che a loro volta non figuravano tra i passeggeri salvati, sono stati invece raggiunti e portati in elicottero all’ospedale di Corfu’. Ci sono poi altri dieci feriti, nove uomini e una donna: in sette sono stati ricoverati per problemi respiratori, ma non sembrerebbero versare in gravi condizioni, altri tre sono stati dimessi. Le operazioni di salvataggio, lunghe e complicate, sono partite tempestivamente, grazie al fatto che una unita’ della Guardia di finanza italiana era poco distante, impegnata a rimorchiare un’altra motovedetta in avaria. Un intervento che ha salvato la vita nel giro di poche ore a 242 persone portate subito in salvo a Corfu’.
Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, si e’ complimentato con il Corpo e ha espresso “apprezzamento e riconoscenza all’equipaggio della motovedetta”. Le persone soccorse, in gran parte camionisti greci e bulgari, una volta giunte sull’isola greca hanno raccontato ai soccorritori le ore di angoscia trascorse a bordo. Quando le sirene hanno dato l’allarme, dormivano gia’ tutti. Le urla dei passeggeri, tra cui c’erano anche dei bambini, hanno svegliato chi si trovava nelle cabine quando gia’ il fumo era ben visibile e “le fiamme altissime”. Qualcuno ha udito lo scoppio degli pneumatici dei tir merci provenire dalla pancia della Euroferry Olympia. Stando alle prime ricostruzioni, il rogo e’ partito proprio da una delle stive, il garage numero 3. I membri dell’equipaggio hanno messo subito in atto le procedure antincendio, senza pero’ riuscire a domare le fiamme. Il comandante, all’alba, ha quindi disposto l’abbandono della nave. Mentre i passeggeri venivano fatti salire sulle scialuppe, e’ intervenuto il pattugliatore Monte Sperone della Guardia di finanza italiana, ed ha imbarcato e portato a Corfu’ 243 persone. Con quelle soccorse dai greci, il numero complessivo dei salvati sale a 278 (uno dei quali non era inserito nella lista passeggeri). Sul posto sono sopraggiunte le unita’ navali della Marina greca, e i vigli del fuoco per spegnere l’incendio, oltre a personale italiano delle Capitanerie di porto che garantisce supporto anche per prevenire la dispersione in mare di carburante con danni ambientali.
In serata le operazioni di salvataggio erano ancora in corso. Le liste dei passeggeri sono state controllate e raffrontate piu’ volte con gli elenchi delle persone identificate perche’ nell’arco della giornata si erano inseguite ipotesi varie sul numero dei dispersi. La Grimaldi Lines, ha disposto subito la partenza da Ancona di nave Florencia, che stasera sara’ a Corfu’ per imbarcare le persone salvate dal naufragio e portarle domattina a Brindisi. Prima, pero’, dovra’ arrivare il nulla-osta delle autorita’ locali che stanno indagando sull’accaduto. Un film gia’ visto, poco piu’ di sette anni fa. Nel dicembre del 2014 fu il traghetto Norman Atlantic ad andare a fuoco nel mare in tempesta: era partito da Igoumentisa ed era diretto da Ancona. Morirono in 31 a largo di Valona, alcuni perche’ caddero in mare durante i soccorsi. Una bufera di neve, scandi’ allora il rientro a Brindisi dei sopravvissuti. Stavolta, a non aggravare la tragedia, ci sono stati mare piatto e cielo terso.
Acquista online un pacco di figurine e gli spediscono anche eroina: è accaduto a Pompei. L’uomo -un professionista-quando ha visto quelle due buste contenti polvere bianca ha capito che qualcosa non andava ed ha avvisto i carabinieri, il carico di droga è stato sequestrato. Ma ecco come è andata: nel cuore della mattinata, un 43enne ha suonato alla porta della stazione dei Carabinieri.
Un professionista, incensurato, col volto pallido. Tra le mani una scatola imballata. Qualche giorno prima – ha raccontato ai militari – aveva acquistato su un portale online un box di 50 figurine di calciatori.
Quando si è ritrovato ad aprire il pacco non ha trovato solo i volti dei campioni del calcio. ma anche due buste di cellophane sigillate contenenti polvere bianca. Quella roba aveva un’aria sospetta. Così si è lanciato in auto fino ai Carabinieri, con la speranza di non essere fermato da qualche pattuglia durante il tragitto. Sapeva in cuor suo che la scusa dell’acquisto online non avrebbe retto e sarebbe sicuramente finito nei guai.
Ebbene, i militari hanno preso in consegna il pacco e analizzato la sostanza all’interno con un narcotest. Poteva essere bicarbonato o farina e invece era eroina. Pura. 180 grammi di stupefacente, un carico del valore di diverse migliaia di euro.
La droga è stata sequestrata ma continuano le indagini per risalire al “negoziante” sbadato. E soprattutto a quel pusher che dovrà attendere per riprendere la venduta.
Non è la prima volta che accade. Il 2023 era iniziato da pochi giorni quando un acquisto inaspettato si trasformò in un fenomeno mediatico. Un uomo acquistò sul web una scena campestre da aggiungere al presepe. Nel “pacco”, però, arrivò un carico di 10 chili di erba. Non quella per abbellire le rocce di Betlemme ma marijuana pronta per essere dosata e venduta.
Allo stupore per l’errore evidente, si aggiunse una domanda più che lecita: “Chi avrà ricevuto i due pastori invece del carico di droga?”
Era estate quando arrivò la telefonata che ogni cronista aspettava: la Dia, la Direzione investigativa antimafia di Napoli aveva arrestato Francesco Schiavone, detto Sandokan. Allora era il capo del clan dei Casalesi, una delle più potenti cosche criminali del Paese. Era un sabato, l’11 luglio del 1998.
Ero stata nel covo di Carmine Alfieri, nel Nolano, dove il boss della Nuova Famiglia viveva in un rifugio dove si accedeva attraverso una botola e conservava nel frigorifero babà e salmone, non potevo mancare di entrare nel bunker del boss a Casal di Principe. Con gli uomini della Dia, all’epoca dei fatti guidata da Francesco Cirillo (poi arrivato ai vertici della Polizia di Stato, vice capo della Polizia), arrivammo sul posto. Una delle tante case della zona di Casale. Viveva sotto terra il potente padrino dei Casalesi.
Bisognava infilarsi in un cunicolo e poi c’era una specie di “vagoncino” che viaggiava su binari: così si arrivava al nascondiglio segreto di Sandokan. Uno stanzone spoglio dove dipingeva soggetti sacri e guardava film come il Padrino di Francis Ford Coppola. Fu così che si scoprì che nell’Agro Aversano il boss e i suoi compari, ma anche i suoi familiari, utilizzavano cunicoli e botole per incontrarsi e parlarsi.
Altro che Gaza e Hamas di questi giorni, 30 anni fa, in quella zona tra il Napoletano e il Casertano, la mafia casalese realizzò decine di cunicoli sotto terra per nascondersi o per sfuggire alle retate.
Qualche volta sottoterra, qualche altra volta passavano attraverso i sottotetti: in moltissime abitazioni, anche di insospettabili incensurati sono stati trovati piccoli bunker, locali nascosti anche ad occhi più esperti. Intercapedini ricavate nei ripostigli nelle cucine dove trascorrevano la latitanza i boss e i gregari.
Francesco Schiavone detto Sandokan. È stato il primo padrino dei casalesi a manovrare sindaci e piegare istituzioni agli interessi del clan
Il pentimento di Francesco Schiavone è una vittoria dello Stato: a 70 anni, e dopo oltre un quarto di secolo in carcere, dopo la decisione di collaborare con la giustizia di due dei suoi figli, anche Sandokan, barba e capelli grigi, stanco e invecchiato, ha fatto il salto, confermato dalla Direzione Nazionale Antimafia. Adesso sarà interessante capire quello che potrà raccontare: dall’affare rifiuti che aveva il suo epicentro proprio nell’Agro Aversano ai collegamenti con gli imprenditori anche del Nord; dagli affari con i colletti bianchi, con i politici non solo locali (nel ’90 era stato arrestato a casa di un sindaco della zona) ai rapporti e alle connivenze in mezzo mondo, ed anche i collegamenti, veri o presunti, con i terroristi, quelli di Al Qaida e non solo.
Insomma potrebbe esserci un nuovo terremoto giudiziario se davvero decidesse di vuotare finalmente il sacco, senza se e senza ma, e questo anche se gli anni sono passati e di molte vicende si è ormai quasi perso il ricordo. Adesso bisognerà anche capire quali familiari andranno in località segrete: sua moglie Giuseppina, insegnante, per esempio lo seguirà?.
Il primo della famiglia a pentirsi fu suo cugino Carmine Schiavone: non dimenticherò mai la giornata trascorsa a girare per Casal di Principe per cercare di parlare con sua figlia che non aveva voluto seguire il padre, anzi. Pioveva, nessuno per strada, incontrai Giuseppina che aveva scritto una lettera a suo padre per dirgli la sua disapprovazione per aver deciso di collaborare con la giustizia. Non volle venire in macchina con me e la troupe e allora la seguimmo, un lungo giro fino a casa dove nonostante un piccolo camino acceso faceva tanto freddo. Quella storia era il fatto più importante del giorno: ci ‘aprimmo’ il TG5. Nulla faceva pensare che proprio Francesco Schiavone si sarebbe poi deciso a collaborare. Ma il clan è ormai decimato tra arresti e omicidi tra le fazioni, la lunga detenzione, un tumore diagnosticatogli alcuni anni fa, hanno probabilmente fiaccato il vecchio boss. E adesso tanti misteri forse potranno essere chiariti.
L’avvio del percorso di collaborazione da parte di Francesco Schiavone, soprannominato ‘Sandokan’, viene confermato dalla Direzione nazionale Antimafia. Secondo quanto si apprende la decisione sarebbe maturata nelle ultime settimane, durante le quali la Dna e la Dda di Napoli hanno svolto un lavoro con la massima discrezione. Schiavone è stato arrestato nel luglio del 1998 e da allora è recluso al regime del 41 bis. Anche due suoi figli, Nicola e Walter, hanno avviato alcuni anni fa lo stesso percorso ora intrapreso dal padre.
Schiavone fu arrestato nel 1998 e condannato all’ergastolo nel maxi processo Spartacus e per diversi omicidi; prima di lui hanno deciso di pentirsi il figlio primogenito Nicola, nel 2018, quindi nel 2021 il secondo figlio Walter. Restano in carcere gli altri figli Emanuele Libero, che uscirà di cella ad agosto prossimo, e Carmine, mentre la moglie di Sandokan, Giuseppina Nappa, non è a Casal di Principe. La decisione di Sandokan potrebbe anche essere un messaggio a qualcuno a non provare a riorganizzare il clan, un modo per mettere una pietra tombale sulle aspirazioni di altri possibili successori. La collaborazione di Francesco Schiavone potrebbe far luce su alcuni misteri irrisolti, come l’uccisione in Brasile nel 1988 del fondatore del clan Antonio Bardellino, o sugli intrecci tra camorra e politica.
L’avvio del percorso di collaborazione da parte di Francesco Schiavone, soprannominato ‘Sandokan’, viene confermato dalla Direzione nazionale Antimafia. Secondo quanto si apprende la decisione sarebbe maturata nelle ultime settimane, durante le quali la Dna e la Dda di Napoli hanno svolto un lavoro con la massima discrezione. Schiavone è stato arrestato nel luglio del 1998 e da allora è recluso al regime del 41 bis. Anche due suoi figli, Nicola e Walter, hanno avviato alcuni anni fa lo stesso percorso ora intrapreso dal padre.