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Esteri

Putin voleva un killer russo per rilasciare Whelan

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 Mosca voleva il rilascio di un secondo prigioniero russo, nelle mani della giustizia tedesca, per liberare anche l’ex marine Paul Whelan insieme alla star del basket femminile Usa Brittney Griner. Lo rivela il New York Times nel giorno del ritorno in patria della cestista, dopo lo scambio con il famigerato trafficante d’armi russo Viktor Bout, accolto a Mosca come un eroe. Di fronte all’insistenza di Washington per riavere entrambi i prigionieri americani, Mosca aveva preteso il rilascio di Vadim Krasikov, condannato all’ergastolo in Germania per aver ucciso alla luce del giorno un militante ceceno in un parco di Berlino, per conto dell’intelligence russa.

L’amministrazione Biden aveva anche provato a sondare le autorità tedesche ma non è rimasta sorpresa quando si è sentita rispondere ‘no’, anche di fronte ad altre contropartite. Secondo alcuni diplomatici americani, il nome di Krasikov rientrava nella tattica dilatoria di Vladimir Putin per non dare alcun tipo di vittoria politica a Biden prima di Midterm. Secondo altri invece era un modo per i servizi di sicurezza russi di salvare la faccia consegnando Whelan, condannato a 16 anni per spionaggio. Alla fine quindi il commander in chief ha dovuto scegliere tra “uno o nessuno”.

Ora Putin si è detto aperto a nuovi possibili scambi di prigionieri (“è una questione di colloqui e di ricerca di un compromesso”) e la Casa Bianca ha risposto che è pronta a “lavorare attivamente attraverso i nostri canali”, ammonendo però che “ciò che conta sono le azioni, non le parole”. Nonostante la guerra, quindi, i canali restano aperti, come conferma anche l’incontro dei diplomatici dei due Paesi a Istanbul. Ma il portavoce del Cremlino Dmitri Peskov ha precisato che i colloqui hanno riguardato solo lo scambio dei prigionieri e non sono “un passo verso il superamento della crisi delle relazioni bilaterali, che restano pessime”.

Griner, due volte campionessa olimpica, è atterrata venerdì mattina a San Antonio, Texas, scendendo sorridente dall’aereo che era partito da Abu Dabhi, dove era avvenuto il ‘prisoner swap’ in stile guerra fredda. “E’ di buon umore”, ha assicurato il portavoce del Consiglio di sicurezza nazionale John Kirby. Ma dopo aver trascorso 10 mesi in una galera russa per meno di un grammo di hashish si è sottoposta a una visita al Brooke Army Medical Center, prima di riunirsi con la moglie Cherelle e i famigliari. Bout invece è stato accolto come una star a Mosca, dopo i 10 anni in carcere in Illinois, ed è stato subito intervistato dalla tv russa, dove ha lanciato le sue prime accuse.

“L’Occidente crede di non averci finito nel 1990, quando l’Unione Sovietica ha iniziato a disintegrarsi… Pensano di poterci semplicemente distruggere di nuovo e dividere la Russia in molte parti”, ha detto ripetendo un cavallo di battaglia di Putin. Quindi ha rivelato che “quasi tutti i miei compagni di detenzione simpatizzavano in qualche modo per la Russia”. Crescono intanto negli Stati Uniti, da alti dirigenti del Pentagono ad esponenti dem come il senatore dem Bob Menendez (presidente della commissione esteri), le critiche ad uno scambio che, oltre a non aver riportato a casa anche Whelan, appare fortemente squilibrato e pericoloso: non solo per il possibile ritorno del ‘Mercante di morte’ alla sua vecchia attività, ma anche per il rischio di incoraggiare il sequestro di americani in Paesi ostili da usare come merce di scambio.

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Esteri

Parigi, arrestato l’uomo che minacciava di farsi saltare nel consolato dell’Iran: era disarmato

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È stato arrestato l’uomo che si era asserragliato nel consolato dell’Iran a Parigi: aveva minacciato di farsi saltare per aria ma quando è uscito dallo stabile, perquisito, non aveva nessun esplosivo addosso: l’uomo però era già stato indagato per un incendio nei locali del consolato nel 2023.  L’uomo,  61 anni, aveva giustificato il gesto spiegando che voleva sostenere il movimento di protesta in Iran nato  dopo la morte di una ragazza arrestata dalla polizia perché non portava bene il velo. Per quell’episodio venne condannato a otto mesi con la condizionale, oltre ad essere colpito da un divieto di recarsi nel 16esimo arrondissement di Parigi, proprio dove si trova il consolato iraniano.

Sul posto la polizia ha inviato unità di intervento rapido ed ha istituito un perimetro di sicurezza in diverse strade intorno a Place du Trocadero, dove si trova il consolato iraniano, un luogo affollato che è proprio di fronte alla Torre Eiffel. Il consolato iraniano a Parigi non è mai molto affollato e vengono rilasciati pochi visti, a causa della freddezza tra i due paesi.

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Esteri

L’Australia esorta i suoi cittadini a lasciare Israele

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Il governo australiano ha esortato i suoi cittadini in Israele a “andarsene, se è sicuro farlo”. “C’è una forte minaccia di rappresaglie militari e attacchi terroristici contro Israele e gli interessi israeliani in tutta la regione. La situazione della sicurezza potrebbe deteriorarsi rapidamente. Esortiamo gli australiani in Israele o nei Territori palestinesi occupati a partire, se è sicuro farlo”, secondo un post su X che pubblica gli avvisi del dipartimento degli affari esteri e del commercio del governo australiano.

Il dipartimento ha avvertito che “gli attacchi militari potrebbero comportare chiusure dello spazio aereo, cancellazioni e deviazioni di voli e altre interruzioni del viaggio”. In particolare è preoccupato che l’aeroporto internazionale Ben Gurion di Tel Aviv “possa sospendere le operazioni a causa di accresciute preoccupazioni per la sicurezza in qualsiasi momento e con breve preavviso”.

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Ian Bremmer: l’attacco di Israele è una sorta di de-escalation

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C’è chi legge una escalation e chi invece pensa che sia una de escalation questo attacco israeliano contro l’Iran. “È un allentamento dell’escalation. Dovevano fare qualcosa ma l’azione è limitata rispetto all’attacco su Damasco che ha fatto precipitare la crisi”. Lo scrive su X Ian Bremmer, analista fondatore di Eurasia Group, società di consulenza sui rischi geopolitici.

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