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Putin minaccia i super missili su Kiev ed elogia Trump

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Una pioggia di 100 droni e 90 missili si è abbattuta su Kiev e altre 13 regioni, colpendo infrastrutture energetiche e lasciando temporaneamente senza elettricità un milione di ucraini. Questa la risposta russa agli ultimi attacchi al proprio territorio con i missili americani Atacms. Ma Mosca rialza la posta: il nuovo missile ipersonico Oreshnik, ha avvertito Vladimir Putin, potrebbe essere usato anche contro “centri decisionali a Kiev”.

“Tutto è possibile”, ha risposto il presidente a chi gli chiedeva di chiarire la minaccia, lasciando aperta la possibilità che possano essere prese di mira sedi governative oltre a comandi militari. Il messaggio è chiaro: a chi ipotizzava una risposta apocalittica in stile nucleare agli attacchi ucraini sul territorio russo con i missili forniti dagli Usa e con gli Storm Shadow britannici, il capo del Cremlino manda a dire che prima può salire ancora diversi gradini dell’escalation.

Il primo è stato il test dell’Oreshnik, il secondo i raid massicci degli ultimi due giorni, che promettono agli ucraini un inverno molto duro. Il terzo, forse, un attacco al cuore dello Stato. Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha denunciato “attacchi con munizioni a grappolo che hanno preso di mira le infrastrutture civili”, e ha parlato di una “escalation molto spregevole delle tattiche terroristiche russe”. I raid sulle strutture energetiche hanno fatto scattare blackout di emergenza in gran parte del Paese, fino alla regione occidentale di Leopoli, al confine con la Polonia, dove oltre mezzo milione di cittadini sono rimasti senza elettricità. Putin ha invece parlato di raid che hanno colpito “17 obiettivi dell’industria della difesa, strutture militari e sistemi per il loro sostegno”. Il presidente russo ha affermato che sono stati impiegati anche missili ipersonici Kinzhal e Zirkon.

“Come ho già detto più di una volta, ci sarà sempre una risposta da parte nostra” all’uso dei missili americani e britannici, ha avvertito Putin. Da parte sua, il ministero della Difesa ha detto che nelle ultime 48 ore sono stati impiegati nei bombardamenti 466 droni e 100 missili e che in precedenza, il 25 novembre, sono state colpite anche cinque postazioni di lancio degli Atacms nella regione settentrionale di Sumy. Il capo del Cremlino, che ha tenuto una lunga conferenza stampa a conclusione di una visita in Kazakhstan, si è soffermato anche sull’ipotesi di un negoziato sulla base dell’attesa iniziativa di Donald Trump.

Il presidente eletto americano “è una persona intelligente e già esperta”, che potrà “trovare una soluzione”, ha commentato il leader russo, che poi ha avuto espressioni di solidarietà umana nei confronti del tycoon. Contro di lui, ha detto, sono stati usati “metodi incivili, compresi molteplici tentativi di omicidio”, e “non è ancora fuori pericolo”. Trump, ha insistito Putin, è stato anche fatto oggetto di “procedimenti giudiziari umilianti” e attacchi che hanno coinvolto la sua famiglia, “metodi che non sono usati neanche dai gangster in Russia”.

Ma in concreto, il presidente russo non sembra ancora intenzionato a tendere la mano per facilitare il compito del prossimo inquilino della Casa Bianca. La posizione della Russia, ha detto Putin, non è cambiata rispetto a quella enunciata da lui in giugno: cessate il fuoco solo se Kiev rinuncia alle quattro regioni parzialmente occupate dai russi e si impegna a non entrare nella Nato. “L’esercito russo sta avanzando con fiducia lungo quasi tutta la linea del fronte”, ha annunciato il comandante in capo. Quanto al governo di Kiev, è “completamente illegittimo” e non ha nemmeno il diritto di dare ordini alle forze armate. E in merito alle ipotesi di fornire armi nucleari a Kiev da parte di Paesi occidentali, Putin è stato chiaro: “In tal caso useremmo tutte, e sottolineo tutte, le armi a nostra disposizione”.

Un’ostentazione di fiducia senza tentennamenti, insomma, che Putin mantiene anche davanti al crollo del rublo ai livelli del marzo 2022, subito dopo l’inizio del conflitto, e un’inflazione che non dà segni di rallentamento nemmeno dopo che la Banca centrale ha innalzato il tasso di sconto al livello record del 21%. “A mio avviso la situazione è sotto controllo e non c’è assolutamente motivo di farsi prendere dal panico”, ha cercato di rassicurare il presidente.

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Esteri

75 premi Nobel contro la conferma di Rfk a ministro sanità

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Oltre 75 vincitori del premio Nobel hanno firmato una lettera aperta che esorta i senatori a non confermare la nomina di Robert F. Kennedy Jr., sostenendo che la scelta del presidente eletto Donald Trump per guidare il dipartimento della sanita’ e’ dannosa per la salute pubblica. La missiva, ottenuta dal New York Times, segna la prima volta in tempi recenti che i premi Nobel si sono uniti contro un ‘nominee’ del governo, secondo uno di loro, Richard Roberts, vincitore del prestigioso riconoscimento per la medicina del 1993, che ha contribuito a redigere la lettera.

“Questi attacchi politici alla scienza sono molto dannosi”, ha detto. “Bisogna prendere posizione e proteggerla”, ha aggiunto. I firmatari della lettera hanno messo in dubbio che Kennedy, a loro dire “privo di credenziali” in medicina, scienza o amministrazione, sia adatto a guidare il dipartimento che tutela la salute pubblica e da cui dipende il finanziamento della ricerca biomedica. “Mettere Kennedy a capo del dipartimento mettera’ a repentaglio la salute pubblica e compromettera’ la leadership globale dell’ America nelle scienze della salute”, si legge nella lettera. Se confermata, l’opposizione di Rfk a strumenti di salute pubblica consolidati, come i vaccini e la fluorizzazione dell’acqua potabile, rappresenterebbe un rischio per il benessere del Paese, prosegue la missiva.

I premi Nobel hanno anche criticato la promozione di teorie cospirative da parte di Kennedy, che ha falsamente collegato i vaccini all’autismo, ha respinto la scienza consolidata che dimostra come l’Hiv causi l’Aids e ha suggerito, senza prove, che il coronavirus ha preso di mira o, a seconda, risparmiato alcuni gruppi etnici. I firmatari hanno inoltre notato che il nominee è stato un “critico belligerante” delle agenzie che rientrerebbero nella sua competenza, tra cui la Food and Drug Administration, i Centers for Disease Control and Prevention e i National Institutes of Health.

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Ceo ucciso, sospetto killer incriminato per omicidio a NY: si chiama Luigi Mangione, ha 26 anni

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Al sesto giorno di caccia all’uomo il cerchio si è chiuso attorno a Luigi Nicholas Mangione, 26enne rampollo di una abbiente famiglia italo-americana di Baltimora, ex studente di computer in un’università della Ivy League, ricercato per l’assassinio a Manhattan del ceo di UnitedHealthcare, Brian Thompson. Su segnalazione di un dipendente di un McDonald’s di Altoona, in Pennsylvania, la polizia ha fermato il giovane incensurato trovandolo in possesso di un passaporto americano e quattro documenti di identità falsi, tra cui uno col nome di Mark Rosario, lo stesso usato alla reception dell’ostello dell’Upper West Side dove il killer di Thompson si era fermato per dieci giorni prima del delitto.

“L’abbiamo preso incrociando i vecchi metodi della polizia con quanto offerto dalle nuove tecnologie”, ha detto la nuova commissioner della polizia di New York Jessica Tisch in una conferenza stampa con il sindaco Eric Adams che ne ha approfittato per riproporre il bando alle mascherine nei luoghi pubblici. Arrivato ad Altoona in Greyhound, Mangione aveva con sé una pistola con silenziatore simile a quella usata per uccidere Thompson: si tratterebbe di una ‘ghost gun’, un’arma invisibile ai controlli messa assieme con la stampante 3d. Il 26enne portava addosso anche un “manifesto”, hanno riferito fonti di polizia, ispirato a Theodore Kaczynski, il matematico di Harvard soprannominato Unabomber che negli anni ’90 tenne in scacco l’America con una catena di pacchi bomba.

Appassionato di intelligenza artificiale e videogiochi, Luigi ammirava e metteva il like sui social alle invettive dell’eco-terrorista contro gli antidepressivi (“Immagina una societa’ che assoggetta le persone a condizioni che li rendono infelici e poi da’ loro i farmaci per togliere la loro infelicita”) Due paginette scritte a mano, il documento contiene accuse alla “corporate America” e in particolare alle le mutue private che antepongono i profitti al bene degli assicurati. “Questi parassiti se la sono cercata… Mi scuso per ogni conflitto e trauma, ma andava fatto”, sono alcune delle frasi scritte da Mangione, che dice di aver agito da solo e di essersi autofinanziato.

Secondo il New York Post, il ragazzo era rimasto scioccato per come era stato trattato un parente malato. Tutto confermerebbe dunque quello che è stato fin dall’inizio il sospetto degli investigatori di un killer “arrabbiato” col sistema miliardario delle mutue: gli ultimi tasselli chiariscono le tre parole incise sui bossoli trovati sul luogo del delitto – “deny, delay, depose” evocatrici di quelle usate dalle assicurazioni come UnitedHealthcare per negare i rimborsi – così come i soldi finti del Monopoli (il gioco per molti simbolo dell’avidità delle corporation) ficcati nello zaino di marca abbandonato a Central Park assieme al giaccone firmato Tommy Hilfiger il 4 dicembre, la mattina stessa del delitto.

Osannato da molti in rete come un eroe popolare, Mangione, che ha studiato informatica a UPenn e il cui ultimo domicilio conosciuto è Honululu, è stato arrestato per reati locali legati al possesso della pistola: per essere incriminato per l’assassinio di Thompson deve essere estradato a New York. Emergono intanto altri particolari sulla sua formazione: la costosa scuola privata del Maryland per soli maschi, la famiglia negli Usa da tre generazioni col il nonno Nicholas, un costruttore figlio di emigranti, che aveva fatto fortuna con una rete di country club, case di riposo e una stazione radio, mentre un cugino di Luigi, Nino, e’ deputato repubblicano conservatore al parlamento statale del Maryland.

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Raid di Israele, distrutti principali siti militari siriani anche vicino Damasco

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Forti esplosioni sono state udite a Damasco, riporta un giornalista dell’agenzia di stampa Afp. Le esplosioni a Damasco sono state udite poco dopo che la ong Osservatorio siriano per i diritti umani aveva riferito di circa 250 raid israeliani in Siria dalla caduta del presidente Bashar al-Assad, domenica. Secondo la ong, da domenica Israele ha preso di mira le principali installazioni militari siriane in tutto il Paese con l’obiettivo di distruggerle. Israele “ha distrutto i principali siti militari in Siria” lanciando circa 250 attacchi dalla caduta del presidente Bashar al-Assad: lo riporta la ong Osservatorio siriano per i diritti umani. Secondo la ong – che ha sede nel Regno Unito e si avvale di una vasta rete di fonti in tutta la Siria – Israele ha bombardato aeroporti, radar, depositi di armi e munizioni e centri di ricerca militare, e ha danneggiato le navi della Marina siriana attaccando un’unità di difesa aerea vicino al grande porto di Latakia, nel nord-ovest del Paese.

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