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Putin minaccia anche l’Europa: useremo altri super missili

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Il Cremlino aveva detto di essere sicuro che il messaggio inviato dalla Russia con il lancio sull’Ucraina del missile Oreshnik e il monito di Vladimir Putin su un “conflitto globale” fosse stato recepito dagli Usa. Ma se così non fosse stato, il presidente russo lo ha reso ancor più chiaro, annunciando l’avvio della produzione in massa del nuovo vettore, mentre il capo delle forze missilistiche strategiche ha avvertito che il missile può “colpire obiettivi in tutta Europa”.

“Questo sistema missilistico con blocchi ipersonici può colpire qualsiasi bersaglio, da quelli isolati ad un’area intera, anche altamente protetti e con un’elevata efficienza”, ha affermato il generale Serghei Karakayev, incontrando il capo del Cremlino insieme ai massimi funzionari della difesa russa, dirigenti di aziende del settore della difesa e sviluppatori di armi. Oltre ad annunciare l’avvio della produzione in serie dell’Oreshnik, un missile ipersonico balistico a medio raggio, Putin ha fatto sapere che esso continuerà ad essere testato “in condizioni di combattimento”, cioè per bombardamenti sull’Ucraina, come quello in cui ieri è stata colpita una fabbrica di componenti missilistiche a Dnipro.

Secondo i russi, il vettore ha una velocità dieci volte superiore a quella del suono e può eludere qualsiasi sistema di difesa aerea. A Kiev la preoccupazione è palpabile. Oggi il Parlamento ha annullato una sessione prevista per il timore di nuovi attacchi, secondo quanto riferito all’agenzia Afp da alcuni deputati. Il presidente Volodymyr Zelensky ha detto che il ministero della Difesa si sta già consultando con i partner occidentali per chiedere la fornitura di “nuovi sistemi di difesa aerea, esattamente il tipo di sistemi che possano proteggere dai nuovi rischi”. E della nuova minaccia si discuterà martedì prossimo in una riunione del Consiglio Nato-Ucraina, a livello di ambasciatori, convocata su richiesta di Kiev.

Ma Putin ha ampliato il discorso oltre l’Ucraina, per dire che questo ed altri missili a medio e corto raggio ai quali gli scienziati militari russi stanno lavorando serviranno a mantenere un equilibrio strategico con gli Usa, che Mosca vede minacciato. Specie dopo che, nel luglio scorso, Washington ha annunciato che schiererà missili in Germania a partire dal 2026 come primo passo dopo l’uscita nel 2019 degli Usa – durante la prima presidenza Trump – dal trattato Inf che nel 1987 aveva messo al bando gli euromissili. Per questo il presidente russo ha sottolineato che l’Oreshnik è una “garanzia dell’integrità territoriale e della sovranità della Russia”.

La Cina ha invitato tutte le parti coinvolte nel conflitto ucraino ad esercitare “calma e moderazione”, aggiungendo che è urgente “lavorare alla de-escalation” e creare “le condizioni di un cessate il fuoco da attuare il prima possibile”. Ma Mosca afferma che il lancio dell’Oreshnik è stata una risposta all’autorizzazione data da Washington all’Ucraina di utilizzare missili a lungo raggio per colpire in profondità il territorio russo.

A questo proposito il ministro degli Esteri Serghei Lavrov, in visita Bielorussia, ha usato un linguaggio colorito per accusare l’amministrazione uscente di Joe Biden di volere “cacare” sulla situazione in Ucraina per “lasciare un’eredità più negativa possibile” al presidente eletto Donald Trump. “Le ultime ore dimostrano che la minaccia di un conflitto globale è seria e reale”, ha notato il premier polacco Donald Tusk. Mentre il cancelliere tedesco Olaf Scholz, che il 15 novembre aveva avuto un colloquio telefonico con il presidente russo, ha detto che l’uso del missile balistico da parte di Mosca è “una spaventosa escalation, esattamente come quando Putin ha assoldato i nordcoreani”.

Sarebbero 11.000, secondo le ultime stime dell’intelligence sudcoreana, i soldati che Pyongyang ha schierato al fianco delle truppe di Mosca nella regione russa di Kursk per combattere le forze ucraine d’invasione. In cambio, la Russia avrebbe fornito sostegno economico e missili antiaerei alla Corea del Nord. “È stato accertato che equipaggiamenti e missili antiaerei per rafforzare il vulnerabile sistema di difesa aerea di Pyongyang sono stati consegnati alla Corea del Nord”, ha detto Shin Won-sik, il principale consigliere per la sicurezza di Seul, all’emittente tv Sbs. Un’analisi delle immagini satellitari realizzata dal gruppo di ricerca britannico Open Source Centre, e rilanciata dalla Bbc, ha mostrato inoltre che più di un milione di barili di petrolio sono stati trasferiti dai giacimenti russi alla Corea del Nord a partire dal marzo di quest’anno.

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Le richieste di Mosca per uno stop ai combattimenti

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Dagli scambi commerciali nel mar Nero al rientro delle banche russe nel sistema Swift: tra le condizioni elencate dal Cremlino per l’attuazione della parziale tregua con l’Ucraina a spiccare è la revoca di diversi tipi di misure che l’Occidente, dall’inizio della guerra, ha messo in campo contro Mosca. Sanzioni decise da Washington ma anche dall’Europa. Sono sedici i pacchetti messi in campo finora da Bruxelles. E alcuni di questi rientrano pienamente nelle aree sulle quali Mosca vuole un ritorno allo stato pre-guerra. In totale, secondo gli ultimi dati della Commissione – 19 marzo 2025 – è di 48 miliardi il valore dell’export verso la Russia che Bruxelles ha vietato. Somma che sale a 91,2 miliardi se si guarda al valore dei beni importati da Mosca.

Il Cremlino, nei punti inseriti nello schema per una tregua, ha messo la clausola della libera circolazione delle navi nel mar Nero. Petroliere, innanzitutto. Il divieto di import del greggio russo è stato messo in campo dall’Ue in coabitazione con il G7 a partire dal giugno del 2022, sebbene con alcune eccezioni. Nei mesi successivi Bruxelles ha approvato numerose altre misure per evitare l’aggiramento dell’embargo al petrolio, possibile con la collaborazione di Paesi terzi extra-Ue. Il divieto ha riguardato il 90% dell’import di petrolio russo da parte dell’Ue.

Nel 2021 il valore di queste importazioni era di 71 miliardi di euro. Diverso il discorso per i fertilizzanti. Le prime sanzioni ad uno dei prodotti russi e bielorussi più venduti in Europa risalgono al quinto pacchetto di misure, varato nell’aprile del 2022. Bruxelles, negli ultimi mesi, ha provato a rafforzare il muro, con la strada dei dazi. Ma le resistenze del comparto agricolo sono state diverse. Tra le richieste di Putin c’è anche il re-ingresso delle banche russe nel sistema Swift per le transazioni internazionali. Il divieto è stato tra le prime sanzioni imposte dall’Occidente. Nel marzo del 2022 l’Ue escluse i primi 7 istituti da Swift. Tra questi, tuttavia, non figurava Gazprombank, il principale canale con cui Mosca riceve gli introiti del petrolio.

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Mar Nero, il fronte navale dimenticato: perché la Russia ha accettato il cessate il fuoco

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Dalla pretesa del controllo totale sul Mar Nero all’ammissione di un cessate il fuoco imposto dai fatti. La Russia, che nel febbraio 2022 aveva avviato una delle campagne militari più ambiziose del conflitto, si trova oggi costretta a ridimensionare le sue ambizioni navali. La guerra sul mare è stata una disfatta strategica per Mosca, che ha perso almeno il 20% della propria flotta militare. Ed è proprio questo insuccesso a spingere Vladimir Putin ad accettare la tregua discussa ai negoziati in Arabia Saudita.

L’ambizione: dominare il Mar Nero

Il piano iniziale era chiaro: occupare tutti i porti e le coste dell’Ucraina meridionale, escludere Kiev da una delle sue principali arterie economiche e imporre un monopolio russo sulla navigazione nel Mar Nero. Già il primo giorno di guerra, Mosca dichiarava la sospensione della navigazione a nord del 45° parallelo e nel Mar d’Azov. Il porto storico di Sebastopoli diventava il fulcro di operazioni “antiterrorismo”. L’obiettivo era Odessa, da raggiungere anche con operazioni anfibie, mai realmente decollate.

La svolta: l’affondamento della “Moskva”

Il punto di rottura arriva il 13 aprile 2022, quando l’incrociatore Moskva, fiore all’occhiello della Flotta del Mar Nero, viene colpito e affondato da un drone marino ucraino Neptune. È l’inizio della fine: a oggi almeno trenta unità navali russe sono state distrutte o rese inutilizzabili. Il grosso della flotta è stato ritirato verso est, a Novorossiysk, abbandonando di fatto il controllo attivo delle coste ucraine.

L’Ucraina resiste e reagisce

Kiev ha costruito un sistema difensivo sofisticato lungo le acque territoriali, proteggendo le rotte commerciali con droni marini e aerei. L’isola dei Serpenti, simbolo della resistenza, è stata riconquistata. I russi hanno reagito con attacchi mirati, ma non sono riusciti a ristabilire la superiorità marittima. L’Ucraina ha così riaperto i suoi corridoi navali, e nonostante le continue minacce, le esportazioni sono riprese.

Il blocco e il “corridoio del grano”

Nel 2022, con mediazione di Onu e Turchia, nasce il cosiddetto “corridoio del grano”. Funziona, inizialmente: 331 navi partite in pochi mesi. Ma nel 2023 Mosca inizia a ostacolare i controlli e infine impone di nuovo il blocco. Nel frattempo Kiev forza la mano, e tra ottobre 2023 e dicembre 2024 transita un volume record: 3.500 navi e oltre 93 milioni di tonnellate di prodotti esportati.

Gli attacchi di Mosca e l’alto costo della guerra

Nel solo bimestre gennaio-febbraio 2025, la Russia ha colpito Odessa almeno 21 volte, distruggendo parte delle infrastrutture portuali ed energetiche. Il prezzo umano è alto: il caso più tragico l’11 marzo, quando quattro marinai siriani muoiono a bordo di un cargo battente bandiera delle Barbados.

La mediazione possibile: il ruolo della Turchia

La tregua proposta oggi ai tavoli sauditi prevede una sospensione delle ostilità navali, ma resta fragile. Il monitoraggio potrebbe tornare nelle mani della Turchia, come nel 2022. Ma Erdoğan è oggi troppo impegnato nella crisi interna per giocare lo stesso ruolo. E così, mentre le truppe russe avanzano lentamente nel Donbass, il Cremlino ammette di aver perso il controllo di uno dei fronti che più avrebbe voluto dominare.

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L’Europa si prepara a guerra e altre emergenze: arriva la strategia Ue per resistere 72 ore in autonomia

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Una “borsa della resilienza” per ogni cittadino europeo, un piano comune per affrontare guerre, disastri naturali e pandemie, una piattaforma informativa e un comitato speciale di crisi. È questo il cuore della strategia che la Commissione europea presenta oggi per rafforzare la preparazione civile e militare dell’Ue, seguendo la traccia della relazione consegnata lo scorso ottobre dall’ex presidente finlandese Sauli Niinistö.

Trenta azioni chiave per affrontare le crisi

Il documento, intitolato “EU Preparedness Union Strategy”, prevede trenta azioni operative per migliorare la resilienza del continente, dai conflitti ai blackout, dagli attacchi informatici alle emergenze sanitarie. Una delle misure simboliche — ma anche pratiche — è la creazione di un kit di sopravvivenza per ogni cittadino, che dovrà contenere acqua, cibo, medicinali, documenti, fiammiferi e torce: l’obiettivo è garantire almeno 72 ore di autonomia in caso di crisi.

Una giornata per imparare la resilienza

La strategia prevede anche una “giornata nazionale di preparazione” da istituire in ogni Stato membro per sensibilizzare la popolazione sulla necessità di essere pronti a ogni tipo di catastrofe. Particolare attenzione sarà rivolta anche alle scuole, con programmi didattici dedicati alla cultura della prevenzione e della gestione dell’emergenza.

Verso un comitato di crisi europeo

La bozza visionata da El País prevede la creazione di un comitato di crisi Ue che includa la Commissione europea, l’Alto rappresentante per la politica estera e i rappresentanti dei 27 Paesi membri. Questo organismo sarà supportato da tutte le agenzie europee competenti e avrà il compito di coordinare le risposte rapide e condivise a livello continentale.

Riserve strategiche e piattaforma digitale

Bruxelles punta anche a coordinare le riserve strategiche di medicinali, materie prime, energia e generi alimentari, per evitare frammentazioni e ritardi. Sarà inoltre lanciata una piattaforma digitale per informare i cittadini sui rischi in tempo reale, sulle opzioni di rifugio e sulle risorse disponibili in caso di emergenza.

Intelligence e sicurezza: potenziare l’analisi Ue

Infine, la Commissione vuole rafforzare il proprio Centro unico di analisi dell’intelligence, che riceve dati da tutte le agenzie di spionaggio civili e militari dei Paesi membri. Lo scopo è identificare precocemente le minacce e ridurre l’impatto di eventi critici prima che diventino ingovernabili.

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