Si chiama “Krisenchat”, e’ nata a Berlino ed e’ unica in Europa, ha solo un anno di vita e gia’ un enorme successo, purtroppo. Il supporto psicologico per bambini e adolescenti in crisi, che viene fornito nel modo piu’ congeniale all’eta’, via chat, e’ molto richiesto infatti nella Germania, che ha vissuto ormai dall’autunno un interminabile lockdown. “L’idea e’ venuta a tre diciottenni, la scorsa primavera. E oggi e’ uno strumento di sostegno per tanti ragazzi in difficolta’”, racconta Bernd Janning, 38 anni, psicologo e operatore della piattaforma sul campo, che trova ogni volta il modo piu’ adatto a comunicare con migliaia di ragazzini in cerca di aiuto. A causa della pandemia, Krisenchat e’ cresciuta ben oltre le attese dei suoi ideatori: “oggi abbiamo 350 operatori e siamo attivi 24 ore su 24, esclusivamente via chat. Abbiamo 5000 contatti in media al mese, ma si sono gia’ superati anche 10 mila piu’ di una volta: dallo start il numero dei messaggi scambiati supera il milione”. “I piu’ giovani hanno 10 anni, l’80% delle richieste arriva pero’ da ragazzine di 13-14 – aggiunge riferendo del profilo dell’utente tipico – Ci contattano soprattutto di sera, per conversazioni che possono durare una, due ore, se non di piu'”. La chat avviene sempre in forma anonima, “li identifica solo un numero in codice, e non abbiamo i loro cellulari. E’ chiaro che manteniamo il piu’ assoluto riserbo sui contenuti. Capita anche che si facciano vivi i genitori di qualcuno, per chiederci se il figlio abbia parlato con noi, ma le nostre consulenze sono confidenziali. Solo nel caso in cui si manifestino chiare intenzioni di commettere un passo estremo, informiamo la polizia”. Dalla chiacchierata con Bernd emerge un dato inquietante: “un ragazzo su cinque, di quelli che ci contattano, ha pensieri suicidi”. Si’, conferma, il lockdown ha avuto un forte impatto negativo “soprattutto su chi non stava bene gia’ prima”. “Chi si sentiva isolato, o tendeva alla depressione, oggi sta peggio, perche’ sono venuti meno e a lungo gli strumenti di difesa: lo sport, gli amici, la scuola, gli hobbies”. Per tanti restare a casa ha significato trovarsi disarmati, senza potersi difendere dalla tristezza e dal senso di vuoto e solitudine che spesso attanaglia i giovanissimi. Isolamento, senso di inadeguatezza, emarginazione, sono i disagi di base che portano i teenager a scivolare nella depressione o a sviluppare ansia e altri disturbi. “Noi non siamo una terapia pero'”, spiega Janning. La chat e’ piu’ come una specie di primo soccorso: “serve a orientare, a motivare a cercare aiuto. Noi sollecitiamo a parlare con qualcuno di cui si fidano, che sia l’insegnante o un parente, se non hanno fiducia nei genitori”. “Non siamo però neppure un semplice servizio di ascolto: in chat infatti facciamo anche degli interventi. Proponiamo tecniche di rilassamento, esercizi di immaginazione”. Il prossimo step? Potrebbe essere quello di favorire il passaggio dalla chat a una vera e propria terapia, magari in forma digitale, “ci stiamo lavorando”.