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Esteri

Prove di dialogo Biden-Xi, tensione su Taiwan e Russia

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Joe Biden e Xi Jinping si incontrano per la prima volta di persona dall’elezione del presidente Usa. L’appuntamento di lunedì in territorio neutro, a margine del G20 di Bali, è l’occasione per i due conoscenti di vecchia data per tornare a guardarsi negli occhi e spezzare la spirale al ribasso che ha portato i rapporti fra le due superpotenze ai minimi da quando Richard Nixon andò a Pechino mezzo secolo fa.

Da Taiwan alla Russia e alla Corea del Nord, passando per i dazi, la stretta sui chip e l’economia in senso più ampio, le relazioni fra Stati Uniti e Cina sono infatti disastrate, con i due Paesi che competono a viso aperto e senza esclusione di colpi sul palcoscenico globale. In palio, costi quel che costi, c’è la supremazia politica ed economica.

E per tentare di far ripartire il dialogo un incontro faccia a faccia potrebbe essere d’aiuto. Anche se l’idea di un G2 sembra ormai lontana anni luce e nessuna dichiarazione congiunta è attesa alla fine del vertice, Biden e Xi non hanno alcun interesse ad esasperare una situazione già tesissima. Gli equilibri sono delicati: l’alleanza fra Pechino e Mosca continua ad agitare la Casa Bianca, che non si aspetta nessuna condanna o critica a Vladimir Putin da parte di Xi davanti a Biden.

E c’è un sostanziale gelo sulla questione di Taiwan, soprattutto dopo la visita sull’isola della speaker della Camera Nancy Pelosi che ha rischiato di mettere in discussione il mantra della politica dell’unica Cina. Senza contare le preoccupazioni sul rafforzamento militare cinese, in particolare nucleare, il dossier economico che include il malfunzionamento delle catene di approvvigionamento a causa del Covid, il nodo dei diritti umani nello Xinjiang e ad Hong Kong, e la cyber sicurezza.

Allo stesso tempo però il presidente americano è consapevole della centralità della Cina nell’arginare la Corea del Nord di Kim Jong-un che, con il suo programma di missili balistici, minaccia alcuni dei grandi alleati americani. Pechino dovrebbe frenare “le peggiori tendenze” di Pyongyang, è il messaggio che Biden consegnerà a Xi. Per cercare di bilanciare l’ascesa militare e politica della Cina nell’area, il capo della Casa Bianca sta cercando di rafforzare il fronte asiatico.

In Cambogia per il vertice dell’Asean prima di volare a Bali, Biden non ha nominato mai Pechino, ma è chiaro che alla Cina erano rivolte le sue parole: “Insieme affronteremo le grandi sfide dei nostri tempi, dal cambiamento climatico alla sicurezza sanitaria, ci difenderemo dalla significative minacce all’ordine basato sulle regole e costruiremo un’area indo-pacifica libera, aperta, stabile, resiliente e sicura”, ha detto il leader Usa dopo aver ringraziato erroneamente il premier della “Colombia” e non della Cambogia, ospite del vertice.

Dopo Phonm Penh la tappa è il G20 in Indonesia, dove il leader Usa vedrà anche la premier Georgia Meloni e avrà l’occasione per cercare di dare ulteriore slancio alla coalizione pro-Ucraina. E’ in questo quadro che cade l’incontro con Xi, il cui vero obiettivo appare essere solo uno: evitare che la competizione politica ed economica si traduca in conseguenze non volute, e cercare di stabilizzare i rapporti sull’asse Washington-Pechino con una linea diretta tra i due presidenti puntando sul dialogo e sulle armi della diplomazia per affrontare incomprensioni e tensioni.

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L’Australia esorta i suoi cittadini a lasciare Israele

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Il governo australiano ha esortato i suoi cittadini in Israele a “andarsene, se è sicuro farlo”. “C’è una forte minaccia di rappresaglie militari e attacchi terroristici contro Israele e gli interessi israeliani in tutta la regione. La situazione della sicurezza potrebbe deteriorarsi rapidamente. Esortiamo gli australiani in Israele o nei Territori palestinesi occupati a partire, se è sicuro farlo”, secondo un post su X che pubblica gli avvisi del dipartimento degli affari esteri e del commercio del governo australiano.

Il dipartimento ha avvertito che “gli attacchi militari potrebbero comportare chiusure dello spazio aereo, cancellazioni e deviazioni di voli e altre interruzioni del viaggio”. In particolare è preoccupato che l’aeroporto internazionale Ben Gurion di Tel Aviv “possa sospendere le operazioni a causa di accresciute preoccupazioni per la sicurezza in qualsiasi momento e con breve preavviso”.

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Esteri

Ian Bremmer: l’attacco di Israele è una sorta di de-escalation

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C’è chi legge una escalation e chi invece pensa che sia una de escalation questo attacco israeliano contro l’Iran. “È un allentamento dell’escalation. Dovevano fare qualcosa ma l’azione è limitata rispetto all’attacco su Damasco che ha fatto precipitare la crisi”. Lo scrive su X Ian Bremmer, analista fondatore di Eurasia Group, società di consulenza sui rischi geopolitici.

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Esteri

Usa bloccano bozza su adesione piena Palestina all’Onu

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Gli Usa hanno bloccato con il veto la bozza di risoluzione del Consiglio di Sicurezza Onu che raccomandava l’adesione piena della Palestina alle Nazioni Unite. Il testo ha ottenuto 12 voti a favore (Algeria, Russia, Cina, Francia, Guyana, Sierra Leone, Mozambico, Slovenia, Malta, Ecuador, Sud Corea, Giappone), 2 astensioni (Gran Bretagna e Svizzera) e il no degli Stati Uniti.

La brevissima bozza presentata dall’Algeria “raccomanda all’Assemblea Generale che lo stato di Palestina sia ammesso come membro dell’Onu”. Per essere ammessa alle Nazioni Unite a pieno titolo la Palestina doveva ottenere una raccomandazione positiva del Consiglio di Sicurezza (con nove sì e nessun veto) quindi essere approvata dall’Assemblea Generale a maggioranza dei due terzi.

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