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Cronache

Protesi ortopediche di infima qualità impiantate su pazienti del Sud operati al Policlinico di Monza, la denuncia choc di un anziano operato

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La storia arriva da Monza. È una storia di malasanità ed ha il sapore amaro sella beffa per quei pazienti che a Monza ci arrivavano dal Sud pensando di risolvere i problemi veri o presunti di salute che avevano. Che cosa succede a Monza, nella Brinaza dove tutto funziona? Succede che alcuni chirurghi ortopedici sono sotto processo e sono accusati a vario titolo di associazione a delinquere finalizzata alla corruzione, insieme ad altri medici. Secondo l’accusa avrebbero privilegiato l’utilizzo di protesi di una azienda francese in cambio di denaro e di altri privilegi.  La Procura di Monza che sostiene la publica accusa nel processo contro la sanità malata brianzola, ritiene che questi e altri medici del Policlinico di Monza abbiano percepito compensi mensili e  percentuali sulle visite effettuate per reclutare pazienti da indirizzare ai chirurghi ortopedici.

Angelo Pisani. L’avvocato presidente di Noi Consumatori

A denunciare per primo fi un dipendente dell’ospedale. Sollevò dubbi riguardo la gestione dell’acquisto di protesi a carico del sistema sanitario nazionale. All’interno della struttura qualcuno avrebbe operato mettendo davanti alle esigenze terapeutiche dei pazienti il proprio personale interesse. I riscontri avrebbero evidenziato che al Policlinico e in alcune strutture private convenzionate con il S.S.N. emergeva un numero elevato di pazienti sottoposti a interventi chirurgici per installazione di protesi. E che molti di questi pazienti erano provenienti da fuori regione, soprattutto dalla Campania e dalla Calabria. Ma poi come andavano a finire queste operazioni con innesti di protesi? I pazienti ne traevano giovamento? A giudicare da alcuni pazienti che hanno saputo dell’imbroglio delle protesi solo guardando la tv o leggendo sui giornali quello che accadeva, la situazione per quanti sono stati sottoposti a interventi non è affatto migliorata. Ce ne sono alcuni che addirittura hanno serie difficoltà a deambulare. E si sono rivolti ad associazioni di consumatori per tutelare i loro diritti.  NoiConsumatori è l’associazione battagliera che sta già difendendo alcuni pazienti che hanno fatto viaggi da Napoli a Monza per essere operati e che oggi si sono accorti di avere protesi cinesi o che potrebbero aver protesi di qualità scadente.  Tra le tante storie conosciute e le tante altre che emergeranno, ce n’è una che lascia davvero sconcertati. È quella del signori Giacomo Mallardo, di anni 74.

 

La sua storia la racconta direttamente lui. Mallardo è tutelato dall’avvocato Angelo Pisani, presidente di NoiConsumatori. “È inquietante e sconcertante questa vicenda. Da un lato abbiamo medici che non hanno in nessun conto la salute dei loro paziento. Ho letto intercettazioni in cui non si fanno scrupolo a usare protesi di infima qualità perchè tanto quelli a cui devono innestarla sono persone anziane e dunque già vicine alla morte. In questa vicenda – spiega Angelo Pisani – chiederemo al Policlinico di Monza un milione di euro di danni per ogni paziente che hanno ridotto in condizioni pietose per aver loro innestato protesi di infima qualità. Anzi, approfittiamo della vostra cortesia per chiedere a chi ha subito danni a farsi avanti”.

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Sangue infetto, la famiglia di un militare napoletano morto nel 2005 sarà risarcita con un milione di euro

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Dopo quasi vent’anni di battaglie legali, la Corte di Cassazione ha riconosciuto il diritto al risarcimento per i familiari di un militare napoletano, deceduto nel 2005 a seguito di complicazioni derivanti da una trasfusione di sangue infetto. La sentenza storica condanna l’ospedale Piemonte e Regina Margherita di Messina, stabilendo un risarcimento di oltre un milione di euro ai familiari del defunto.

Il militare, trasferitosi da Napoli a Sicilia per lavoro, subì un grave incidente durante il servizio che necessitò un intervento chirurgico d’urgenza e la trasfusione di quattro sacche di sangue. Anni dopo l’intervento, si scoprì che il sangue trasfuso era infetto dall’epatite C, portando alla morte del militare per cirrosi epatica. La complicazione si manifestò vent’anni dopo la trasfusione, rendendo il caso particolarmente complesso a livello legale.

In primo e secondo grado, i tribunali di Palermo e la Corte d’Appello avevano respinto le richieste di risarcimento della famiglia, giudicando prescritto il diritto al risarcimento. Tuttavia, la decisione della Corte di Cassazione ha ribaltato questi verdetti, affermando che la prescrizione del diritto al risarcimento non decorre dal momento del fatto lesivo ma dal momento in cui si manifesta la patologia collegata al fatto illecito.

Questa sentenza non solo porta giustizia alla vittima e ai suoi cari ma stabilisce anche un importante precedente per la tutela dei diritti dei pazienti e la responsabilizzazione delle strutture sanitarie. Gli avvocati della famiglia hanno sottolineato l’importanza della decisione, che apre nuove prospettive nel campo della giustizia sanitaria e sottolinea l’obbligo delle strutture ospedaliere di rispettare protocolli medici dettagliati, anche in situazioni di urgenza.

Il caso di Antonio (nome di fantasia) sottolinea la necessità di garantire la sicurezza nelle procedure mediche e di monitorare con rigore le condizioni di sicurezza del sangue donato, indipendentemente dalle circostanze. La sentenza rappresenta un passo significativo verso una maggiore giustizia e sicurezza nel sistema sanitario italiano, ribadendo che nessuna circostanza può esimere dal rispetto delle norme di sicurezza e prudenza necessarie per proteggere la salute dei pazienti.

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Addio a Italo Ormanni, magistrato e gentiluomo napoletano

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Italo Ormanni, magistrato, è scomparso all’età di 88 anni. Dopo una vita dedicata alla giustizia e alla lotta contro la criminalità organizzata, Ormanni ci lascia ricordi indelebili di un uomo che ha saputo coniugare serietà professionale e un vivace senso dell’umorismo. È deceduto ieri a Roma, nella clinica Quisisana, dove era ricoverato e aveva subito un’angioplastica.

La carriera di Ormanni, iniziata nella magistratura nel 1961, è stata lunga e fruttuosa, con servizio attivo fino al 2010. Tra i casi più noti che ha seguito, ci sono stati quelli che hanno toccato i vertici della camorra a Napoli, sua città natale, e importanti inchieste su eventi di cronaca nazionale, come il rapimento di Emanuela Orlandi e l’omicidio di Simonetta Cesaroni. Anche nel suo ruolo di procuratore aggiunto a Roma, Ormanni ha gestito casi di grande risonanza, contribuendo significativamente alla sicurezza e alla giustizia in Italia.

Oltre al suo impegno nel campo giudiziario, Ormanni ha avuto anche una breve ma memorabile carriera televisiva come giudice-arbitro nella trasmissione “Forum”, dove ha lasciato il segno con la sua capacità di gestire le controversie con saggezza e empatia.

Amante delle arti e della cultura, Ormanni ha sempre cercato di bilanciare la durezza del suo lavoro con le sue passioni personali, dimostrando che dietro la toga c’era un uomo completo e poliedrico. I suoi funerali si terranno a Roma, nel primo pomeriggio di lunedì, dove amici, familiari e colleghi avranno l’occasione di rendere omaggio a una delle figure più influenti e rispettate del panorama giudiziario italiano.

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Cronache

Falso terapista accusato di stupro, vittima minorenne

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Accoglieva le sue pazienti all’interno di un finto studio allestito in una palestra di Fondi e, una volta solo con loro nelle stanze della struttura, le molestava nel corso di presunti trattamenti di fisioterapia, crioterapia e pressoterapia, facendo leva sulle loro fragilità psicologiche e fisiche affinché non raccontassero nulla. Dolori e piccoli problemi fisici che spingevano ciascuna delle vittime, tra cui anche una minorenne, a recarsi da lui per sottoporsi alle sedute, completamente all’oscuro del fatto che l’uomo non possedesse alcun titolo di studio professionale, né tanto meno la prevista abilitazione, e che non fosse neanche iscritto all’albo. È finito agli arresti domiciliari il finto fisioterapista trentenne di Fondi, per il quale è scattato anche il braccialetto elettronico, accusato di aver commesso atti di violenza sessuale su diverse donne, tra cui una ragazza di neanche 18 anni, e di aver esercitato abusivamente la professione.

Un’ordinanza, quella emessa dal giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Latina ed eseguita nella giornata di oggi dagli agenti del Comando Provinciale della Guardia di Finanza, arrivata al termine di un’indagine di polizia giudiziaria svolta su delega della Procura di Latina. Durata all’incirca un anno, quest’ultima ha permesso di svelare, attraverso le indagini condotte anche con accertamenti tecnici, acquisizioni di dichiarazioni ed esami documentali, i numerosi atti di violenza da parte dell’uomo nei confronti delle pazienti del finto studio da lui gestito. Tutto accadeva all’interno di un'”Associazione sportiva dilettantistica” adibita a palestra nella città di Fondi, nel sud della provincia di Latina: quella che il trentenne spacciava per il suo studio, sequestrata in queste ore dalle fiamme gialle quale soggetto giuridico formale nella cui veste è stata esercitata l’attività professionale, in assenza dei prescritti titoli di studio, della prevista abilitazione e della necessaria iscrizione all’albo, nonché dei locali, attrezzature e impianti utilizzati. Un’altra storia di abusi a Lodi.

Vittima una ragazza siriana di 17 anni arrivata in Italia per sfuggire alla guerra e al sisma del 2023: finita nelle mani dei trafficanti è stata sottoposta a violenze e maltrattamenti e poi abbandonata. La Polizia, coordinata dalla Procura di Lodi e dalla Procura presso la Direzione distrettuale antimafia di Bologna, ha arrestato i due aguzzini.

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