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Salute

Protesi al seno, 200mila ritocchi l’anno: ecco il business della bellezza

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Sempre più donne in tutto il mondo cedono alla tentazione del “ritocchino” al seno. La mastoplastica additiva guadagna infatti il primato di intervento di chirurgia estetica più diffuso e solo in Italia si contano circa 200 mila operazioni l’anno. L’età media di chi decide di affidarsi alle mani del chirurgo si aggira tra i 25 e i 35 anni. E le protesi mammarie restano affidabili e sicure. Ad affermarlo è Giulio Basoccu, chirurgo plastico, responsabile della Divisione di Chirurgia plastica estetica e ricostruttiva presso l’Istituto neurotraumatologico italiano di Grottaferrata. “Il seno rimane per una donna un elemento di femminilità molto importante e la richiesta per una taglia in più è sempre alta – afferma l’esperto – in questo senso possiamo tranquillizzare tutte le donne che vogliono fare una mastoplastica additiva: non esiste nessuna controindicazione all’utilizzo delle protesi. Escono ciclicamente notizie allarmanti che non corrispondono a realtà e gli studi dimostrano che non esistono correlazioni con patologie importanti”. Dunque il ritiro dal mercato delle protesi al seno testurizzate dell’azienda farmaceutica Allergan “è legato al mancato rinnovo tempestivo del marchio CE, è un problema burocratico europeo e non ha nulla a che fare con eventuali effetti collaterali”. “Le protesi testurizzate – sottolinea Basoccu – hanno una superficie ruvida in grado di ridurre una complicanza estetica che è la contrattura capsulare, ovvero l’irrigidimento del seno causato dalla formazione intorno alle protesi di un tessuto consistente che toglie morbidezza. Inoltre oggi le protesi sono tecnologicamente molto evolute, realizzate in gel coesivo di silicone, non provocano rigetti e possono durare anche tutta la vita, spesso senza essere sostituite neanche nelle donne più giovani. Il tipo di molecola di silicone è in continua evoluzione e dà morbidezza e leggerezza sempre maggiori. La consistenza dal punto di vista estetico è molto gradevole, è un materiale inerte quindi non prende parte a nessuna azione o reazione rispetto ai tessuti corporei e dura molto negli anni senza creare problemi di degenerazione”. Ma quali sono gli accorgimenti che deve adottare il chirurgo per assicurare un buon risultato? “Innanzitutto se la richiesta di un seno più grande arriva da donne troppo giovani il problema è morale – afferma l’esperto – . E’ un problema che riguarda la coscienza del chirurgo e della famiglia e l’opportunità di eseguire interventi in soggetti molto giovani che non hanno la maturità per viverli nel modo giusto. Inoltre la paziente viene sollecitata ad una serie di controlli annuali. Le protesi al seno non generano nuovi rischi ma sono una buona occasione per sensibilizzare le donne alla prevenzione”.

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Nobel per la Medicina a Ambros e Ruvkun per i micro Rna

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Il Nobel per la Medicina 2024 è stato assegnato a Victor Ambrose e Gary Ruvkun per la scoperta dei micro Rna. E’ il meccanismo che ha aperto la via a molte terapie. Gli americani Ambros e Ruvkin sono stati premiati per avere scoperto nelle molecole chiamate microRna, che giocano un ruolo fondamentale nel regolare l’attività dei geni. Grazie ad esso le cellule. Risultato di milioni di anni di evoluzione, queste molecole sono essenziali nel libretto di istruzioni che controlla l’attività dei geni perchè contribuiscono al normale sviluppo dii ogni organismo vivente. Per questo le anomalie presenti nei microRna possono giocare un ruolo importante in malattie come i tumori, o in difetti congeniti dell’udito, della vista o dello scheletro. La scoperta di queste molecole ha aperto la strada alla possibilità di controllarle e quindi alla ricerca di nuove terapie.

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Salute

Arriva l’assistente infermiere, i sindacati protestano

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Nonostante una raccolta firme con migliaia di adesioni e il parere fortemente critico espresso anche dalla comunità internazionale, che si è appellata alle istituzioni per un cambio di rotta, l’Assistente Infermiere sta arrivando nelle corsi di strutture pubbliche e private. Gli infermieri temono la nuova figura, un “ibrido” che secondo i sindacati non garantisce la sicurezza garantita da una formazione più completa, indispensabile per mettere le mani sui pazienti. A spiegarlo sono Antonio De Palma, Presidente di Nursing Up, e Walter De Caro, Presidente di CNAI (la Consociazione Nazionale Associazioni Infermiere/i). Gli infermieri sono pronti a protestare contro la nuova figura per la quale e’ arrivato queste settimana il via libera in Conferenza Stato-Regioni. “Governo e Regioni hanno ignorato i pareri negativi degli esperti nazionali ed internazionali tra cui quello Federazione Europea degli Infermieri (EFN)”.

La nuova figura con 500 ore di formazione, per fare alcuni esempi, potrà intervenire sul paziente per la medicazioni, le iniezioni e anche per l’uso del sondino oro-tracheale, “con i rischi che ne conseguono” spiega De Palma. Oltre alla petizione, il 20 novembre gli infermieri scenderanno in piazza per protestare assieme ai medici per il destino del Servizio Sanitario Nazionale. Le principali criticità sollevate dalla comunità scientifica includono la formazione degli Assistenti Infermieri che potrebbe non essere sufficientemente rigorosa, compromettendo la qualità dell’assistenza e la sicurezza dei pazienti e la mancanza di esperienza e competenze adeguate potrebbe aumentare il rischio di errori clinici. La nuova figura, a metà fra l’infermiere e l’operatore sociosanitario, potrà operare nella sanità pubblica e privata. In sostanza, spiega il decreto, sarà “un operatore in possesso della qualifica di Oss che ha seguito di un ulteriore percorso formativo consegue la qualifica di assistente infermiere”. Il suo compito sarà quello di “collaborare con gli infermieri assicurando le attività sanitarie oltre a svolgere le attività proprie del profilo di operatore socio sanitario”. E l’obiettivo, come sancisce lo stesso atto, serve “alla generale necessità di rispondere in maniera differenziata ai crescenti bisogni di salute della popolazione”.

Del resto oggi la carenza di infermieri in Italia è di almeno 65.000 unità, secondo la Corte dei conti, ma nei prossimi dieci anni usciranno dalla professione per raggiunti limiti di età, rispetto al decennio precedente, almeno il quadruplo dei professionisti. L’Italia è il Paese OCSE con meno infermieri per 1.000 abitanti: 6,4 contro una media europea di 9,5 ed è fanalino di coda (sempre nell’OCSE) per laureati in infermieristica ogni 100.000 abitanti: solo 17 contro una media di 48. Il decreto sull’Assistente Infermiere, a parere dei sindacati serve anche a eludere gli investimenti attesi ma, spiegano “studi autorevoli, dimostrano che la mortalità si riduce del 30% quando almeno il 60% del personale assistenziale ha una formazione specifica infermieristica”.

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Ospedale virtuale con IA, cure e riduzione liste attesa

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Cure più efficienti senza fare sempre ricorso al ricovero, agevolando la sanità per ridurre le liste d’attesa con l’ausilio dell’Intelligenza artificiale. E’ una delle sfide dell’ospedale virtuale gestito con l’IA, uno dei progetti presentati ad un evento Extra G7 ad Ancona: “Intelligenza artificiale in Sanità. Stato dell’arte e progetti applicativi per una migliore cura della popolazione”. Il modello innovativo integra tecnologia avanzata e IA, per monitorare a distanza i parametri vitali del paziente, fare diagnosi in tempo reale per interventi tempestivi, per gestire molte patologie croniche e acute senza un ricovero. Tra i casi di applicazione concreta, il triage virtuale per il dolore toracico, per ridurre gli accessi ai pronto soccorso con una valutazione tramite avatar digitali; l’uso di elettrocardiografi miniaturizzati, dotati di IA, per esami in casa dei pazienti tramite guida virtuale di assistente medico.

Il tema dell’Intelligenza artificiale in Sanità sarà in focus anche nei lavori ministeriali del G7, ad Ancona il 9, 10 e 11 ottobre, ha ricordato in un videomessaggio trasmesso durante l’incontro il ministro della Salute Orazio Schillaci. L’IA “sta mostrando le sue potenzialità in diversi ambiti: diagnosi più accurate, terapie più mirate, razionalizzazione delle priorità mediche” e la “digitalizzazione è una leva fondamentale per promuovere una sanità di prossimità e superare le diseguaglianze”. Telemedicina e teleassistenza “aprono nuove prospettive per un’assistenza più accessibile e personalizzata, diminuendo i tempi d’attesa ed eliminando i disagi legati agli spostamenti”, “senza compromettere il rapporto diretto e personale paziente-medico”. Ad Ancona, nel corso dell’evento che aveva tra i protagonisti l’Azienda ospedaliero universitaria delle Marche e l’Università Politecnica delle Marche, di ospedale virtuale ha parlato il dottor Marco Mazzanti, direttore di Framework intelligenza artificiale in Cardiologia di Londra.

“Il nostro obiettivo – dice – è trasformare la sanità, offrendo a tutti l’accesso a cure di qualità senza tradizionali vincoli logistici”. L’ospedale virtuale “prende in carico il paziente con assistenti virtuali”: “un assistente umanoide conserva in modo umano l’empatia del rapporto medico-paziente, raccoglie informazioni da remoto, verifica se il paziente deve fare test o andare in Pronto soccorso”. Ciò “decongestiona i pronto soccorso, fa girare informazioni e non il paziente”. “L’ospedale virtuale tende a ridurre le liste di attesa, – aggiunge Mazzanti -: se faccio risparmiare tempo al paziente, non gli faccio fare tutti i test ma solo quelli necessari, realizzo l’appropriatezza clinica”, dunque “non un medico per vedere un paziente ma un medico che vede cento pazienti”. Il rapporto “continua a essere diretto perché il paziente conosce chi sta dietro l’assistente virtuale: io – spiega il dottor Mazzanti – ho il mio avatar che è me, con la mia voce e le mie sembianze, io autorizzo, come nel Regno Unito, a utilizzarlo con i pazienti. Così la diffidenza verso tali strumenti si abbatte e l’attrattiva aumenta. Il paziente sa che sono io a guardare le informazioni che mi arrivano, come specialista, così come al medico di medicina generale e al pronto soccorso”.

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