Non dovrebbe esserci il lockdown, ma qualcosa che gli assomiglia. Il governo potrebbe predisporre un DPCM che consentirebbe alle Regioni di agire. Zone rosse, coprifuoco, lockdown sarebbero incombenze dei presidenti di regione. I primi a sperimentare questo nuovo corso potrebbero essere lombardi, piemontesi e forse anche Campania. Le regioni che sono già nello scenario 4 dell’ormai noto documento “Prevenzione e risposta a Covid-19: evoluzione della strategia e pianificazione nella fase di transizione per il periodo autunno-invernale”, condiviso dagli stessi “governatori”. È quello che si verifica quando Rt, il tasso di riproduzione del virus, supera 1,5: in Lombardia e Piemonte, secondo il monitoraggio fino al 21 ottobre e reso noto venerdì, erano già sopra 2, rispettivamente a 2,09 e 2,16. Vuol dire che ogni positivo contagia in media più altre due persone, quindi l’epidemia corre come infatti vediamo da settimane. Altre nove tra Regioni e Province autonome erano giù una settimana fa sopra 1,5: Bolzano (1,96) e Trento (1,5), la Valle d’Aosta (1,89), il Molise (1,86), l’ Umbria (1,67), la Calabria (1.66), la Puglia (1,65), l’ Emilia-Romagna (1,63), la Liguria (1,54), il Lazio (1,51), il Friuli (1,5). La Campania era a 1,49. Ma dal 21 ottobre Rt è certamente aumentato ancora e comunque la situazione degli ospedali preoccupa a Milano, a Torino a Genova ma anche a Napoli e in misura minore a Roma. La questione oggi non è tanto la preoccupazione per le terapie intensive quanto per in posti in area medica. L’esecutivo metterà a disposizione nuovi fondi per il ristoro delle attività che saranno chiuse a livello locale. Saranno le Regioni a valutare se chiudere solo in alcune aree o nell’ intero territorio. Le zone rosse, insomma.
Il Cts si è aggiornato a martedì per discutere con nuovi dati. Il clima è teso, lo stesso coordinatore del Comitato, Agostino Miozzo, ex Protezione civile, nella riunione di ieri sera ha invocato “una strategia nazionale”.
Nella riflessione dell’ organismo sono tornati i temi delle carenze della sanità territoriale che hanno alimentato la corsa agli ospedali di queste settimane e dell’impegno che viene richiesto ai medici di famiglia per i tamponi: in Veneto li hanno obbligati, l’accordo nazionale per ora non lo prevede. E ancora, si è discusso dei limiti dell’app Immuni, fortemente criticata ieri sera dal direttore scientifico dell’Istituto Spallanzani di Roma, Giuseppe Ippolito, che avrebbe preferito il modello scelto in Gran Bretagna.
Quanto agli ospedali, nelle riunioni del governo si discute in queste ore dei ricoveri troppo facili, cioè di pazienti che vengono ammessi perché non possono rimanere isolati a casa, di quelli che affollano i pronto soccorso degli ospedali con i più alti livelli di assistenza a Napoli, a Genova o a Torino perché non si fidano dei nosocomi più piccoli e meno attrezzati, specie in provincia. C’è chi auspica diverse linee guida per i ricoveri e chi osserva invece che non è possibile rimandare a casa pazienti positivi anche con sintomi lievi che presentino una o più patologie, dal diabete all’ ipertensione, che rendono il Covid particolarmente pericoloso. Il commissario Domenico Arcuri è stato incaricato di fare il possibile per aumentare i posti letto, anche con strutture mobili o tendoni come quelli che sono già riapparsi nelle vicinanze di alcuni ospedali. Sarà sostenuto in ogni modo il reperimento di immobili da destinare ai pazienti che non richiedono cure particolarmente complesse, ma devono rimanere in isolamento, compresi gli hotel che in molte aree del Paese sono vuoti. Alcune Regioni li utilizzano già.