Primarie Pd in Campania, Armida Filippelli è l’unico argine allo strapotere di De Luca: voglio una sinistra unita e plurale capace di tornare a parlare alla gente
La campagna elettorale per le primarie del Pd entra nel vivo e in Campania si misura il vecchio partito delle tessere, delle fritture di pesce e degli assessori da un lato e le istanze di moralizzazione e di ritorno alla politica come impegno civico a favore della collettività dall’altro. In campo la corsa alla segreteria regionale della Campania se la giocano essenzialmente in due: l’uomo che vuole Vincenzo De Luca e che spinge usando ogni mezzo lecito a sua disposizione, parliamo di Leo Annunziata, sindaco di Poggiomarino che fa capo a Maurizio Martina; e poi c’è una donna (merce rara in politica anche nel partito che si autodefinisce progressista) che ha una militanza lunghissima a sinistra anche se non ha mai avuto incarichi di partito o ruoli nelle istituzioni elettive: Armida Filippelli.
Armida Filippelli. Già dirigente scolastica, una vita spesa nelle istituzioni scolastiche, al servizio dello Stato per difendere i diritti degli studenti in una scuola giusta, inclusiva e aperta a tutti
Questa signora combattiva è per il Pd campano manna dal cielo. Ha servito il Paese come preside, si è distinta per un ruolo da protagonista nella battaglia per rendere la scuola al Sud una istituzione capace di includere e di insegnare ai giovani valori come legalità, onestà, giustizia e merito in zone dove la presa della criminalità (organizzata o comune poco importa l’aggettivo) era ed è fortissima. È per questo motivo che Armida Filippelli è stata definita (da altri, non si è autonominata come spesso accade) la preside anticamorra.
Lei da insegnante e dirigente scolastico sottraeva manovali al crimine. I più importanti progetti per il recupero della gigantesca evasione scolastica in Campania, dunque al Sud, sono suoi e di suoi amici e colleghi. A quelli che vorrebbero capire di che cosa si tratta, usiamo una parolina, che è un progetto eccellente accantonato: Chance. Il progetto o i progetti chance. A costo quasi zero si riportavano in classe giovani che costituiscono manovalanza per il crimine. Oggi la signora Filippelli è una risorsa per il Pd al Sud, area del Paese dove il partito arranca, segna il passo non per puro caso ma perché viene percepito come una struttura di potere autoreferenziale, familista e nepotista.
Armida Filippelli. La preside chiede aiuto ai volontari per le primarie
Dalla Campania alla Basilicata il Pd è tenuto in scacco da famiglie e famigli che si tramandano poltrone, carriere, posizioni di potere. La signora Armida Filippelli è una candidata voluta da Nicola Zingaretti, appoggiata da Andrea Orlando e aiutata in questa battaglia da giovani e meno giovani che hanno riscoperto assieme a lei il gusto di fare politica in un partito, il Pd, che almeno in Campania l’aveva smarrito. O sembrava l’avesse smarrito. Il consenso bulgaro del M5S in alcune regioni del Sud arriva proprio da questa parte politica. Lo dicono serie analisi dei flussi elettorali del 4 marzo del 2018. Il M5S ha nel suo seno, nella sua pancia, una bella fetta di consenso che arriva dal cosiddetto popolo del Pd stanco di famiglie e famigli al potere. Anzi, a volerla dire tutta, in un altro Paese, con un’altra storia e altre organizzazioni politiche, oggi diremmo che il M5S ha nel suo pancione che ha fatto il pieno di consensi al Sud un presidente della Camera, Roberto Fico, che arriva dal Pd. Non questo Pd, evidentemente.
Chi vincerà il 3 marzo le primarie in Campania, posto che quelle nazionali pare le vinca Nicola Zingaretti? Il Pd in Campania è nel guado. Se vince Annunziata, il presidente De Luca avrà mano libera su tutto. Governo e gestione della Regione: e questo è un suo diritto e dovere già che è stato eletto. Ma avrà anche tutto il potere nel partito. Se vince la Filippelli, De Luca potrà governare bene la Regione e potrà avere anche un argine ed una mano da un partito che con una nuova governance saprà farlo restare nella rotta giusta o nella retta via. Pesi e contrappesi, così si dice in democrazia. La Filippelli è espressione di Zingaretti e Orlando, dunque della futura classe dirigente del Pd nazionale, quella dirigenza che dovrà far dimenticare, con calma, un paio di anni di renzismo che per larghi tratti ha fatto rima con berlusconismo. Non è una offesa, solo un fatto, una constatazione.
Che cosa dice la signora Filippelli? Intanto è felice di “poter contribuire alla rinascita del Pd assieme a Nicola Zingaretti”. Perchè lei è sicura che “con Zingaretti avremo una sinistra che include e non esclude, fa pace con se stessa, torna a fare politica tra la gente e si candida a rappresentare un pezzo di Italia enorme che diserta le urne e a riprendersi tutti quei compagni e quelle compagne che in queste tornate elettorali hanno rivolto il loro sguardo altrove”. Inutile dire dove hanno rivolto lo sguardo, basta leggere i dati elettorali delle ultime politiche.
Nicola Zingaretti. Si candida a riunire il partito. In Campania lui e Orlando hanno puntato su Armida Filippelli perché vogliono un partito libero dalla gestione del potere di De Luca
“In questi giorni tutte le persone che incontro e che mi chiamano – dice la Filippelli – testimoniano affetto e stima nei miei confronti e ne sono davvero felice! Tutti hanno a cuore le sorti della sinistra campana e mi esortano ad andare avanti. É importante che mi segnalino (a me o al mio comitato: info@armidafilippelli.it ) mail e numeri di telefono di amiche/i che accettano di avere materiale informativo”.
“Stiamo inoltre cercando persone disposte il 3 marzo a dedicare la giornata alle primarie e partecipare come rappresentanti di lista alle operazioni di voto: Ci sono 500 seggi da coprire. Sarebbe, infine, molto utile “dare una mano” con un contributo economico. Ci siamo tutti autotassati ma servono altre risorse e per questo abbiamo aperto un cc dedicato IBAN: IT31T0347501605CC0011979362 . Le battaglie – spiega la Filippelli – si vincono con le idee ma anche con l’impegno concreto”.
Lillo si racconta tra successi, bugie e risate: “Sono un sognatore, non un egoista”
In un’intervista al Corriere della Sera, Lillo parla del suo nuovo film, del successo di Posaman, del rapporto con Greg e del dolore per il taglio nella “Grande Bellezza”.
È ironico, vanesio, bugiardo “il giusto”, ma soprattutto sincero nel dichiararsi un eterno sognatore. Lillo (foto Imagoeconomica in evidenza), protagonista del nuovo film Tutta colpa del rock (in uscita al cinema il 28 agosto), racconta al Corriere della Sera il suo personaggio – un padre assente che finisce in carcere e forma una band – e riflette sulle sue verità private e professionali.
“Bugie? A volte aiutano. Ma non sono egoista”
Lillo si descrive senza filtri: «Il giusto, non esistono persone che non dicono bugie. A volte una bugia aiuta», ammette. Ma nega di essere egoista: «Sono un sognatore che sogna troppo, dovrei restare più coi piedi per terra».
Dai palchi con Greg alla popolarità di Posaman
Ripercorrendo la carriera, Lillo ricorda gli esordi con Greg e la band Latte & i suoi Derivati. «Una volta arrivammo in un locale e c’era una fila che girava intorno al palazzo. Pensai: dev’esserci un evento importante… invece erano lì per noi».
Poi arriva la popolarità planetaria con LOL e il personaggio di Posaman: «Il supereroe delle pose ha colpito perché infantile, diretto, si rifà a una comicità ancestrale. Comunica all’inconscio: tutti ci mettiamo in posa. È andato oltre le mie intenzioni».
Con Greg è una coppia “non di fatto, ma di amanti”
Lillo chiarisce: «Io e Greg abbiamo sempre avuto percorsi paralleli: lui più nella musica, io nel cinema. Non è mai esistita gelosia. Siamo più amanti che una coppia di fatto».
L’amicizia con Corrado Guzzanti: tra B-Movie e videogame
Tra i momenti privati, c’è l’amicizia con Corrado Guzzanti: «Passiamo serate nerd tra giochi da tavolo e B-Movie girati malissimo. Ma ogni tanto spunta anche qualche chiacchierata matura».
So’ Lillo, La grande bellezza e l’Oscar mancato
Il tormentone So’ Lillo? «Non si costruisce a tavolino. Lo trova il pubblico». E sulla Grande Bellezza: «Ero il protagonista. Ma in montaggio mi hanno tagliato così tanto che alla fine è diventato un film su Servillo. Ci sono rimasto male».
Leonardo Maria Del Vecchio: “Costruire, non ereditare”. La visione dell’erede di Luxottica
Leonardo Maria Del Vecchio racconta il progetto LMDV Capital: investimenti industriali, crescita strategica e il ruolo attivo nel rilancio di Ray-Ban e altri brand italiani.
Dopo tre anni intensi di acquisizioni e oltre 375 milioni di euro investiti, Leonardo Maria Del Vecchio, 30 anni, presidente di Ray-Ban, fondatore di LMDV Capital e azionista di Delfin, riflette su una fase imprenditoriale in piena espansione. In una intervista rilasciata al Corriere della Sera, sottolinea: «È stata una stagione di forte crescita. Ora sento l’esigenza di definire con maggiore chiarezza la visione e la strategia del nostro progetto».
Un portafoglio che vale un miliardo
Del Vecchio spiega che secondo una delle principali società di revisione, il valore degli asset detenuti da LMDV si attesta attorno al miliardo di euro. La leva finanziaria è contenuta e il debito bancario copre una quota limitata degli asset. Tra gli investimenti rivalutati figurano un palazzo in via Turati, Palazzo Smeraldo e una proprietà in via Monte Napoleone, a copertura dell’intera esposizione bancaria stimata in circa 150 milioni.
Credibilità costruita sul campo
Il nome Del Vecchio ha certamente un peso, ma Leonardo tiene a precisare: «Non ho chiesto credito sulla base del cognome. Ho ottenuto fiducia grazie a quello che ho fatto». Il suo ruolo attuale in Ray-Ban e nel gruppo EssilorLuxottica, sottolinea, non è stato ereditato ma assegnato dopo la morte del padre, in virtù dei risultati concreti ottenuti.
Dialogo aperto in Delfin
In vista dell’assemblea degli azionisti di Delfin del 31 luglio, Del Vecchio si dice ottimista: «Le posizioni più estreme si stanno ammorbidendo. Se non sarà a luglio, troveremo un’intesa a breve».
Una strategia di sinergie tra settori
Il gruppo investe in logica industriale, non speculativa. Acqua e Terme Fiuggi, Leone Film Group, ristoranti come Vesta e Twiga: ogni asset è pensato per generare valore e sinergie tra hospitality, entertainment e immobiliare. «Non cederemo mai i nostri brand a chi ne disperde il valore».
Crescita verticale e identità forte
Del Vecchio racconta l’evoluzione di Twiga, passato da 20 a 70 milioni di fatturato in 18 mesi, e la valorizzazione della Leone Film, che punta a diventare anche agenzia musicale e contenitore culturale. «La nostra è una crescita rapida ma strutturata».
Innovazione e sostenibilità con Esa NanoTech
L’ultimo investimento è in Esa NanoTech, azienda con un processo brevettato per produrre grafene da plastica riciclata. «Un’attività che sostiene l’economia circolare», afferma Del Vecchio, evidenziando l’impegno per una crescita sostenibile e tecnologicamente avanzata.
Valentina Alferj ricorda Andrea Camilleri: “Mi manca il suo senso civile, le parole erano pietre”
L’ex assistente di Camilleri, Valentina Alferj, racconta il loro legame umano e professionale, dal metodo di scrittura condiviso fino al ruolo civile della parola.
Valentina Alferj, per sedici anni accanto ad Andrea Camilleri (foto Imagoeconomica), oggi guida una sua agenzia letteraria. È reduce dalla prima edizione del Festival di Teatro della Biennale di Venezia, realizzata insieme a Willem Dafoe. In una lunga intervista al Corriere della Sera, racconta il suo legame con il grande scrittore siciliano.
L’ultimo saluto e una promessa di vita
«Lo salutai al telefono il giorno prima che perdesse conoscenza. Ero a Ischia, rientravo a Napoli in barca. Mi disse: sarà un viaggio bellissimo». Un saluto che Valentina ha trasformato in un impegno a celebrare ogni giorno l’esperienza condivisa con lui.
Una bottega di scrittura condivisa
Alferj incontrò Camilleri nel 2003 al Festival di Massenzio. Fu lui a cercarla il giorno dopo: «Hai degli occhi intelligenti, mi piacerebbe lavorare con te». Da allora, un rapporto professionale e umano che si è trasformato in una vera e propria “bottega” letteraria. Dopo la perdita della vista, Camilleri le chiese di scrivere con lui, dettando i romanzi. «Facevo da tubo catodico tra lui e la pagina bianca», racconta Alferj.
Il metodo Camilleri: rigore e musicalità
Ogni libro di Montalbano obbediva a una “gabbia narrativa”: numero fisso di capitoli, righe per pagina, ritmo preciso. Anche da cieco, Camilleri chiedeva: “Siamo a riga 15, vero?” La padronanza del ritmo narrativo era totale. Il vigatese, lingua in progress, era appreso da Valentina “leggendo e ascoltando”, per comprenderne evoluzioni e sonorità.
I personaggi di Camilleri erano reali
«I romanzi non nascevano da invenzione, ma da occasioni reali. Mio figlio Andrea e mia figlia Gilda, i problemi scolastici, la mia migliore amica: tutto diventava racconto». Camilleri trasformava ogni aneddoto quotidiano in letteratura.
L’eredità morale di un autore civile
Ciò che più le manca non è solo l’amico, ma la sua “responsabilità civile”. «Negli anni di pandemia e di guerre mi sono spesso chiesta cosa avrebbe detto lui». Per Camilleri, nato nel 1925, la parola “pace” aveva un valore assoluto. «Le parole erano pietre – afferma Alferj – le costruiva con il corpo, la voce, il silenzio. Non si poteva non ascoltarlo».
L’incontro con Willem Dafoe e la Biennale
L’incontro con Willem Dafoe, voluto da Pietrangelo Buttafuoco, l’ha portata a collaborare con la Biennale Teatro. «Dafoe sapeva dei miei trascorsi teatrali. E uno dei momenti più belli è stato il “Pinocchio” di Davide Iodice, anche lui allievo di Camilleri all’Accademia».
Il passaggio del testimone
Dalla bottega con Camilleri, alla creazione della sua agenzia letteraria, oggi con Lorenza Ventrone e Carmela Fabbricatore. «Mi ha insegnato che la peculiarità umana delle persone con cui lavoriamo è più importante di qualsiasi successo».
Alla fine, tutto torna a lui: «Vedo il disegno che i puntini compongono. E in quel disegno, intravedo il sorriso di Andrea Camilleri».