In arrivo la stretta finale per la riforma degli ammortizzatori sociali, che punta a mettere in piedi un sistema universale di protezione dei lavoratori, in tutti i settori e le imprese a prescindere dalla dimensione. L’intenzione del ministro del Lavoro, Andrea Orlando, e’ di chiuderne l’impianto entro fine giugno, al massimo l’inizio di luglio. Mentre, a meno di una settimana dalla scadenza del primo blocco dei licenziamenti fissato al 30 giugno, resta da sciogliere il nodo. I sindacati, che si preparano a scendere in piazza sabato 26 giugno, chiedono la proroga al 31 ottobre in modo da completare la riforma degli ammortizzatori sociali ed evitare, intanto, altre ricadute occupazionali e “rotture sociali”, come ripete il leader della Cgil, Maurizio Landini. Del resto, molti sono i settori che necessitano di un ‘paracadute’ lavorativo, dal tessile, del quale hanno parlato i leader di partito in questi giorni, fino al settore aereo che vedra’ i lavoratori incrociare le braccia il prossimo 6 luglio. Della questione licenziamenti “non abbiamo parlato” in Cdm, dice Orlando, che intanto rimarca “l’urgenza” di portare a termine la riforma degli ammortizzatori, il cui impatto sottolinea che “riguarda soprattutto gli effetti dello sblocco di ottobre piu’ che quello attuale, per il quale abbiamo previsto anche l’azzeramento delle addizionali” sulla cig fino a fine anno per le imprese che si impegnano a non licenziare. Ma questo non basta, per i sindacati. “Bisogna riallacciare il dialogo e trovare una nuova e avanzata mediazione”, dice il segretario generale della Cisl, Luigi Sbarra. Nella pandemia, il ricorso alla cig non fa che segnare nuovi record: dal primo aprile 2020 al 31 maggio 2021 sono state autorizzate dall’Inps oltre 5,4 miliardi di ore con causale Covid. “Un picco storico”, commenta il presidente dell’Inps, Pasquale Tridico, sottolineando che tuttavia durante l’anno scorso il tiraggio, ovvero l’utilizzo effettivo delle ore di cassa, “e’ stato di circa il 50%”. In ogni caso, secondo le stime della Uil, la cig Covid ha consentito di salvaguardare circa 2,3 milioni di posti di lavoro: un intervento fondamentale insieme al blocco dei licenziamenti per “scongiurare una catastrofe sociale”. La riforma degli ammortizzatori sociali, che e’ legata al rilancio delle politiche attive con il potenziamento dei centri per l’impiego, della formazione e della ricollocazione, punta a garantire “una protezione universale, estesa anche a chi, sino ad oggi, era escluso da ogni tutela”, come piu’ volte rimarcato da Orlando, che ha iniziato ad incontrare gli altri ministri interessati, a partire dal ministro dello Sviluppo economico, Giancarlo Giorgetti. Un incontro in cui i due, insieme ai tecnici, avrebbero condiviso l’impostazione generale della riforma – passare da un sistema assistenziale a un percorso di formazione e rioccupazione per la maggior parte dei lavoratori – e la necessita’ di muoversi il piu’ rapidamente possibile. Il Covid, infatti, ha accelerato percorsi di trasformazione industriale che gia’ erano in atto e acutizzato alcune crisi, come quella del settore aereo (Air Italy ma anche il passaggio da Alitalia ad Ita) che sara’ il primo banco di prova dei nuovi ammortizzatori finalizzati al cambio di occupazione. Presto il ministro dell’Economia, Daniele Franco, per definire il quadro delle risorse disponibili su cui tarare gli interventi. Nei prossimi giorni vedra’ anche le parti sociali per il rush finale. Il contributo delle aziende sara’ differenziato in base al numero dei dipendenti. E proprio nell’ambito della riforma, per rafforzare gli strumenti di tutela in caso di cessazione del rapporto di lavoro, potrebbe rientrare un doppio intervento sulla Naspi (l’indennita’ di disoccupazione) per aumentare l’importo attenuando il decalage (portare dal 50% al 30% la riduzione dell’importo finale prevedendo una durata massima di 24 mesi.) ed estenderne la durata per i lavoratori piu’ anziani, over-55, fino a 36 mesi: “Costerebbe un miliardo circa per ciascun intervento” l’anno, indica Tridico. Sul fronte lavoro, intanto, l’Inps analizza le principali misure di incentivazione all’occupazione: nonostante il periodo di emergenza abbia determinato nel 2020 un calo delle assunzioni, rispetto al 2019 si registra un aumento dei rapporti di lavoro che hanno beneficiato di agevolazioni contributive (+28%), 1 milione di attivazioni su 6,5 milioni, sulla spinta in particolare dell’esonero per le assunzioni a tempo indeterminato e dell’agevolazione per il Mezzogiorno, che hanno riguardato piu’ di 400mila rapporti.