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Presi in Colombia 14 boss del narcotraffico mondiale con messicani, italiani e colombiani

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Le autorità colombiane hanno arrestato 14 appartenenti ad una banda criminale che “serviva da collegamento fra narcotrafficanti colombiani, la mafia italiana, i cartelli messicani ed altre strutture” malavitose. Lo ha reso noto la Procura a Bogota’. I detenuti, ha precisato un portavoce dell’organo giudiziario, facevano parte di una alleanza fra le quattro grandi strutture che in Colombia si dedicano al narcotraffico e ad altri reati. Si tratta secondo la Procura di un vero e proprio “consorzio” di cui fanno parte il ‘Clan del Golfo’, ‘La Oficina’, ‘Los Pachenca’ e il ‘Clan del Oriente’. Esso, si è appreso, inviava “carichi di droga verso Costa Rica, Panama, Bahamas, Giamaica e Messico”.

Da qui lo stupefacente proseguiva verso destinazioni quali Stati Uniti, Canada, Spagna, Italia, germania, Belgio, Olanda, Australia e vari Paesi dell’Asia. Su tutte le 14 persone arrestate pende una richiesta di estradizione per narcotraffico da parte di un tribunale statunitense di Dallas. Fra i principali organizzatori del “consorzio”, a cui sono state notificate in carcere le nuove accuse e la richiesta di estradizione statunitense, c’e’ Ovidio Isaza Gomez, conosciuto come ‘Roque’, e figlio dell’ex capo paramilitare Ramon Isaza. Ovidio Isaza, che sconta una lunga pena per aver riconosciuto 180 omicidi, ha organizzato dalla prigione l’invio di numerosi carichi di droga all’estero.

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Israele arresta 2 gendarmi francesi, scontro con Parigi

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Israele e Francia sempre più ai ferri corti. Un nuovo incidente diplomatico si inserisce nelle tensioni che da settimane hanno inasprito i rapporti tra Benyamin Netanyahu ed Emmanuel Macron, reo agli occhi del premier israeliano di aver invocato a più riprese un embargo delle armi che lo Stato ebraico usa a Gaza a danno dei civili palestinesi. Due gendarmi francesi sono stati arrestati – sebbene brevemente – dalla polizia israeliana, proprio durante la visita del ministro degli Esteri di Parigi Jean-Noel Barrot che ha denunciato “una situazione inaccettabile”.

Per protesta il Quai d’Orsay ha annunciato la convocazione dell’ambasciatore di Israele in Francia. Tutto è cominciato quando la polizia è entrata “armata” e “senza autorizzazione” nel Santuario di Eleona, un sito gestito e amministrato dalla Francia sul Monte degli Ulivi a Gerusalemme Est, come ha riferito lo stesso ministro che a quel punto si è rifiutato di entrare finché gli agenti armati non ne fossero usciti. Quando la delegazione ha lasciato la zona – ha poi spiegato il Quai d’Orsay in una nota – “due dipendenti del Consolato francese a Gerusalemme sono stati arrestati dalla sicurezza israeliana, pur essendo agenti con lo status diplomatico. Sono stati rilasciati dopo l’intervento del ministro”.

Il brusco arresto è stato filmato e postato su X da un giornalista sul posto: “Ne me touche pas! Don’t touch me!”, intima uno dei due francesi prima di essere messo a terra da un agente israeliano ed essere portato via in macchina, le mani legate.

“Questi comportamenti non sono accettabili. La Francia li condanna con vigore, tanto più che giungono in un contesto in cui Parigi fa tutto il possibile per adoperarsi in favore di una de-escalation delle violenze nella regione”, ha insistito il ministero francese. “Il sito di Eleona – ha poi affermato Barrot – non solo appartiene alla Francia da oltre 150 anni, ma la Francia ne assicura la sicurezza e la manutenzione con enorme cura. L’integrità dei domini di cui la Francia ha la responsabilità qui a Gerusalemme deve essere rispettata”, ha ammonito.

L’episodio riporta alla mente altre occasioni simili in cui si sfiorò l’incidente diplomatico. Nel gennaio 2020 lo stesso Macron ammonì i militari israeliani che gli impedivano di entrare nella Chiesa di Sant’Anna, un altro sito in territorio francese a Gerusalemme (sono quattro in tutto): “I don’t like what you did in front of me” (“Non mi piace ciò che avete fatto davanti a me”). Ma il più noto risale al 1996 quando l’allora presidente Jacques Chirac si rifiutò – proprio come Barrot oggi – di entrare nella Chiesa di Sant’Anna perché anche in quell’occasione erano prima entrati i militari armati. In una passeggiata tra i vicoli della Città Vecchia, circondato e sballottato dalla sicurezza israeliana, Chirac sempre più spazientito urlò in inglese agli agenti: “Volete che torni sul mio aereo? Volete che ritorni in Francia? E’ questo che volete? Non c’è un problema di sicurezza. Questa è una provocazione!”.

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Putin apprezza l’iniziativa di Trump per la pace in Ucraina e apre a un possibile dialogo

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Il presidente russo Vladimir Putin ha definito “degna di attenzione” l’iniziativa di Donald Trump per porre fine al conflitto in Ucraina. Putin ha espresso la speranza di poter congratularsi con Trump per una sua possibile elezione alla Casa Bianca, confermando l’interesse della Russia verso eventuali piani di mediazione per risolvere la crisi ucraina.

Putin e Trump: dialogo in vista?

Secondo quanto riportato dall’agenzia Ria Novosti, Putin ha dichiarato di essere pronto ad avviare un colloquio diretto con Trump per discutere della situazione. Questa apertura, resa pubblica, segnala una disponibilità da parte di Mosca a esplorare opzioni diplomatiche che potrebbero emergere con l’eventuale ritorno di Trump alla presidenza degli Stati Uniti.

Uno scenario di negoziati

L’iniziativa di Trump e la disponibilità al dialogo da parte di Putin arrivano in un contesto complesso, in cui le tensioni tra Russia e Ucraina non accennano a diminuire. Trump, che in passato ha vantato rapporti positivi con Putin, ha manifestato la sua volontà di agire come mediatore nel conflitto, cercando un equilibrio tra le parti in guerra.

Le prospettive future

La possibilità di un dialogo diretto tra Putin e Trump potrebbe rappresentare un passo importante verso la distensione. Tuttavia, molti interrogativi rimangono su come gli Stati Uniti, la NATO e l’Ucraina potrebbero reagire a un eventuale accordo mediato da Trump, considerando la complessità delle alleanze e delle politiche internazionali coinvolte.

Con una situazione in continua evoluzione, gli occhi della comunità internazionale sono puntati sul possibile ritorno di Trump alla Casa Bianca e sulle prospettive di un cambiamento nelle dinamiche del conflitto ucraino.

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Governo australiano annuncia una legge innovativa: limite minimo di età di 16 anni per i social media e responsabilità alle piattaforme

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Il governo australiano ha annunciato una legislazione definita “all’avanguardia a livello mondiale”, che imporrà l’età minima di 16 anni per consentire ai minori di accedere ai social media, rendendo le piattaforme responsabili di garantire il rispetto della norma. Il primo ministro Anthony Albanese ha dichiarato che la proposta sarà presentata nelle ultime due settimane di attività parlamentare, a partire dal 18 novembre, e diventerà effettiva 12 mesi dopo l’entrata in vigore della legge.

Le piattaforme interessate, tra cui X (ex Twitter), TikTok, Instagram e Facebook, avranno un anno per sviluppare strategie di esclusione per i minori di 16 anni australiani. Meta, proprietaria di Facebook e Instagram, ha dichiarato di rispettare qualsiasi limite di età imposto dal governo. Albanese ha sottolineato come “i social media stiano danneggiando i nostri ragazzi” e ha ribadito la necessità di porre fine a questo fenomeno.

Introduzione e impatto della legge

La legge sarà presentata in Parlamento e, una volta approvata, diventerà effettiva dopo un anno. Durante questo periodo, le piattaforme dovranno attuare misure per impedire l’accesso ai minori di 16 anni. Albanese ha condiviso le preoccupazioni raccolte in colloqui con genitori, nonni, zie e zii, preoccupati per la sicurezza dei minori online.

Responsabilità delle piattaforme, non dei genitori

Secondo Albanese, le piattaforme avranno l’obbligo di dimostrare di aver adottato misure adeguate per prevenire l’accesso ai minori di 16 anni, evitando però di porre tale onere su genitori e ragazzi stessi. L’eSafety Commissioner, l’ente di vigilanza australiano sul rispetto della sicurezza online, sarà incaricato di far rispettare questa legge.

Reazioni delle aziende e degli esperti

Antigone Davis, capo della sicurezza di Meta, ha sottolineato la necessità di discutere più a fondo su come implementare protezioni efficaci. X non ha risposto alla richiesta di commento, mentre TikTok ha preferito non commentare.

Sunita Bose, direttrice della Digital Industry Group Inc., ha criticato la proposta come una “risposta del XX secolo a sfide del XXI secolo”, sottolineando l’importanza di creare spazi adatti all’età e sviluppare la competenza digitale, piuttosto che bloccare l’accesso. Oltre 140 accademici australiani e internazionali hanno firmato una lettera aperta al primo ministro Albanese opponendosi al limite di età, ritenendolo uno strumento troppo semplice per affrontare rischi complessi.

Preoccupazioni per il supporto alla salute mentale dei giovani

Jackie Hallan, direttrice del servizio di salute mentale per giovani ReachOut, ha espresso preoccupazione per il divieto, spiegando che la maggior parte dei giovani accede al supporto per la salute mentale attraverso i social media. Hallan teme che il divieto potrebbe spingere i comportamenti online dei giovani “sottoterra”, riducendo le possibilità di accesso al supporto.

Considerazioni legali e implementazione

Il professore Faith Gordon ha sollevato dubbi su possibili pressioni che la separazione dai social media potrebbe creare all’interno delle famiglie. Il primo ministro ha chiarito che ci saranno eccezioni per l’accesso a servizi educativi, ma il consenso dei genitori non garantirà comunque l’accesso ai social media ai minori di 16 anni.

A partire da quest’anno, il governo ha avviato un test delle tecnologie di restrizione dell’età, e l’eSafety Commissioner fornirà indicazioni alle piattaforme sulle misure da adottare. La ministra delle comunicazioni, Michelle Rowland, ha confermato che il periodo di un anno consentirà un’implementazione efficace della legge.

Supporto dell’opposizione e impegno delle piattaforme

Il principale partito di opposizione ha espresso supporto al limite di età di 16 anni, con il parlamentare Paul Fletcher che ha affermato che le piattaforme dispongono già della tecnologia per imporre un tale divieto.

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