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Cronache

Poste, il servizio passaporti arriva nelle grandi città

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È disponibile da oggi il servizio di richiesta del passaporto negli uffici postali di Bologna, Cagliari e Verona. Lo comunica Poste ricordando che il servizio è rivolto a residenti e domiciliati nelle tre città, “che potranno presentare la documentazione direttamente allo sportello postale senza doversi recare in Questura. Si può presentare richiesta di passaporto anche per i minori e il servizio è attivo in 32 uffici postali di Bologna, 32 di Verona e 17 di Cagliari. A settembre il servizio sarà progressivamente esteso a Roma, Milano, Napoli e a tutte le città italiane.

“Poste Italiane interpreta e coglie ancora una volta le esigenze degli italiani, facendo un investimento per creare servizi che migliorano in modo significativo la vita dei cittadini senza pesare minimamente sulla finanza pubblica”, commenta l’a.d. Matteo Del Fante: “Esprimo quindi tutto il mio compiacimento per l’avvio del servizio passaporti anche nelle grandi città che rappresenta un bell’esempio di collaborazione tra imprese e istituzioni e rende più agevole e semplice il rapporto tra gli italiani e la pubblica amministrazione”.

“Sono particolarmente soddisfatto per l’avvio di questa iniziativa anche nelle grandi città, un progetto unico che non ha eguali in altri Paesi – dice il dg Giuseppe Lasco: “Dopo il successo ottenuto nei centri più piccoli inclusi nel progetto Polis ancora una volta abbiamo tenuto fede alla parola data, mantenendo la promessa fatta ai cittadini di abilitare al nuovo servizio i nostri uffici postali entro l’inizio di agosto. Da oggi in poi, grazie al grande lavoro d’intesa con la Presidenza del Consiglio, il ministero degli Interni e il ministero degli Esteri, richiedere e ottenere i documenti di viaggio in Italia sarà sempre più semplice e comodo”.

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Cronache

Messaggi intimidatori e aggressione a Jannotti Pecci, tensione nei vertici dell’Unione Industriali di Napoli

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Un’escalation di episodi intimidatori e violenti ha colpito i vertici della sezione napoletana di Confindustria. Nel mirino, il presidente Costanzo Jannotti Pecci (foto Imagoeconomica in evidenza) e il direttore generale Francesco Benucci, entrambi vittime di una serie di atti minacciosi e preoccupanti, sui quali sono in corso indagini approfondite da parte della Digos e della Procura di Napoli.

Aggressione al presidente Jannotti Pecci

Uno degli episodi più gravi si è verificato lo scorso 7 gennaio, quando Jannotti Pecci è stato aggredito in via Orazio, intorno alle 22:00. Secondo la ricostruzione, una moto con due persone a bordo ha tagliato la strada all’auto del presidente, costringendolo a fermarsi. L’uomo alla guida lo ha colpito con un pugno e un calcio attraverso il finestrino aperto. Nonostante l’aggressione, Jannotti Pecci è riuscito a scappare, seguito per un tratto dai malviventi, che poi si sono dileguati. L’aggressore, già noto alle forze dell’ordine per reati di truffa e rapine, è stato successivamente identificato.

L’episodio ha sollevato indignazione e solidarietà da parte di esponenti del mondo politico e civile. Il sindaco di Napoli, Gaetano Manfredi, ha sottolineato l’importanza di rafforzare l’uso delle telecamere di sorveglianza come deterrente e strumento investigativo contro il crimine.

Buste con proiettili e telefonate anonime

L’aggressione di gennaio non è stata l’unico evento inquietante. Già lo scorso 11 ottobre, una busta contenente due proiettili era stata recapitata all’ufficio di Jannotti Pecci a Piazza dei Martiri. Questo episodio, avvenuto poco prima del vertice nazionale di Confindustria a Capri, ha avviato un’indagine serrata da parte della Procura.

Anche il direttore generale Francesco Benucci è stato vittima di pressioni intimidatorie, con telefonate anonime e presunti pedinamenti. In diverse occasioni, Benucci ha notato le stesse figure nei pressi sia della sua abitazione che di Palazzo Partanna, sede dell’Unione Industriali.

Le possibili motivazioni

Gli episodi sembrano legati al ruolo strategico che l’Unione Industriali ricopre nelle trattative sindacali, nei contenziosi lavorativi e nei processi di ristrutturazione aziendale. Gli inquirenti non escludono che queste pressioni siano state esercitate per influenzare decisioni o per scoraggiare determinate azioni intraprese dai vertici di Confindustria Napoli.

Indagini in corso

Le autorità stanno lavorando per chiarire la natura e l’origine di questi atti, cercando di individuare eventuali connessioni tra gli episodi. Al momento, gli eventi appaiono distinti, ma il clima di tensione resta alto. La Digos, in collaborazione con la Procura di Napoli, continua a raccogliere prove e testimonianze per fare luce sulla vicenda.

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Arresti per alleanza mafie, Cassazione dà ragione a pm Milano

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Tre indagati, tra cui Gioacchino Amico, nella maxi inchiesta “Hydra” della Dda di Milano, con al centro un’alleanza tra presunti affiliati delle tre mafie, Cosa Nostra, camorra e ‘ndrangheta, in Lombardia, sono stati arrestati oggi dai carabinieri del Nucleo investigativo, dopo che la Cassazione ha respinto i loro ricorsi al Riesame che lo scorso ottobre aveva accolto l’impianto accusatorio della pm Alessandra Cerreti e della Procura guidata da Marcello Viola.

Una decisione del Riesame che era arrivata dopo che il gip Tommaso Perna, invece, nell’ottobre del 2023 aveva rigettato 142 istanze di misura cautelare su 153, disponendo 11 arresti e bocciando l’accusa di associazione mafiosa come “consorzio” delle tre mafie, ribattezzato dai pm “sistema mafioso lombardo”. Dopo la prima, che si è tenuta ieri, di una lunga serie di udienze in Cassazione che si svolgeranno a scaglioni fino a metà febbraio su una quarantina di posizioni, ossia sugli indagati per cui il Riesame ha disposto la custodia cautelare in carcere per associazione mafiosa, oggi è stato eseguito il provvedimento di rigetto dei tre ricorsi e di carcerazione.

Ed è stato arrestato Gioacchino Amico, presunto vertice della “struttura unitaria” lombarda per conto della Camorra del clan dei Senese. Arrestato anche Pietro Mannino, presunto esponente per Cosa Nostra, e a Vincenzo Senese, già detenuto per altri fatti, l’ordinanza è stata notificata in carcere. Dal dispositivo di rigetto dei primi tre ricorsi vagliati dalla Cassazione, e in attesa delle motivazioni, si può, comunque, dire che la Suprema Corte ha accolto la linea del Riesame sull’alleanza tra esponenti delle tre mafie. E ciò dopo che il caso “Hydra” aveva anche creato uno scontro tra pm e ufficio gip, a seguito della bocciatura dei numerosi arresti richiesti.

Il Riesame, lo scorso ottobre, dopo il ricorso della Dda su 79 posizioni con richiesta di carcere per associazione mafiosa, nelle indagini dei carabinieri del Nucleo investigativo, ha disposto la custodia cautelare per 41 indagati, tra cui Paolo Aurelio Errante Parrino, 77 anni e che, secondo gli inquirenti, sarebbe stato il “punto di raccordo” tra il presunto “sistema mafioso” in Lombardia e il “capo dei capi” Matteo Messina Denaro, che era suo cugino da parte di madre e morto nel 2023.

Per Parrino l’udienza in Cassazione è fissata per la prossima settimana e per tutte le altre posizioni ci saranno udienze fino a metà febbraio. Nel frattempo, gli indagati restano liberi, ma questa decisione di rigetto dei primi tre ricorsi delle difese pare andare verso l’accoglimento delle motivazioni del Riesame sugli arresti da eseguire. Per i giudici, che ad ottobre hanno accolto il ricorso della Dda, in Lombardia negli ultimi anni è esistita, sia dal punto di vista ‘militare’ con le attività più classiche, come estorsioni e traffici di droga, sia con le infiltrazioni finanziarie, una nuova e unica associazione mafiosa composta da presunti affiliati alle tre mafie, con una sorta di patto per affari in comune.

Avrebbero “trasferito nel sodalizio orizzontale tutti i tratti genetici delle associazioni di appartenenza”. Per il Riesame devono andare in carcere anche Giuseppe Fidanzati, presunto vertice per conto di Cosa Nostra, e Massimo Rosi, presunto esponente di vertice per la ‘ndrangheta. Per sei posizioni le misure cautelari erano state respinte anche dal Riesame per assenza di gravi indizi, mentre le restanti, ossia 32 in tutto, non sono state accolte solo per mancanza delle esigenze cautelari, con conferma, comunque, dei gravi indizi.

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Ucciso dopo una lite a Castel Volturno, padre e figlio condannati

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Pene elevate sono stati inflitte dalla Corte d’Assise del tribunale di Santa Maria Capua Vetere per l’omicidio del 38enne Luigi Izzo, ucciso a coltellate nella notte tra il 5 ed il 6 novembre 2022 a Castel Volturno (Caserta) nel vialetto di casa, sotto gli occhi della moglie. I giudici hanno condannato all’ergastolo Alessandro Moniello e a 24 anni il figlio di quest’ultimo, Roberto, al quale sono state concesse le attenuanti generiche; per entrambi è stata riconosciuta l’aggravante dei futili motivi mentre è caduta la premeditazione.

Durante l’udienza, alla quale era presente anche il sindaco di Castel Volturno Pasquale Marrandino, ci sono stati momenti di tensione tra i parenti della vittima e gli imputati e i loro difensori, con quest’ultimi “scortati” fuori dall’aula dai carabinieri. La sentenza ha dunque riconosciuto la futilità del movente che portò all’omicidio di Izzo, barbiere di professione e padre di tre figli; il delitto sconvolse Castel Volturno, con tanta gente che partecipò ai funerali del 38enne. All’origine del delitto una lite avvenuta all’esterno di un bar della Domiziana tra il fratello di Izzo e Roberto Moniello; il 38enne barbiere avrebbe fatto da paciere, offrendosi di ripagare gli occhiali di Moniello che si erano rotti, ma ciò non è bastato e Izzo è stato raggiunto mentre tornava a casa con la moglie e la suocera, aggredito da Moniello e dal padre.

Questi ultimi durante il processo hanno sostenuto che l’aggressione a Luigi Izzo sarebbe stata frutto di un errore, visto loro volevano raggiungere il fratello di Izzo. Ad accoltellare il barbiere, appena sceso dall’auto per aprire il cancello di casa, è stato Alessandro Moniello, con il figlio Roberto che teneva ferma la vittima e incitava il padre, e che avrebbe poi partecipato attivamente, come sostenuto dalla Procura sulla base di una perizia, che parla di due coltelli usati (ma ne è stato trovato solo uno); il tutto sotto gli occhi della moglie di Izzo, Federica Sautto, che in aula, quando venne a testimoniare, raccontò che le ultime parole che avrebbe sentito pronunciare al marito furono: “Cosa volete da me?”. Oggi, la moglie di Izzo era presente. “Luigi non tornerà ma abbiamo vinto” ha detto dopo la lettura del dispositivo. Ad incastrare padre e figlio imputati anche un video estrapolato dalle telecamere di sorveglianza dei vicini di Izzo.

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