Capolinea amaro della Roma a Oporto. I giallorossi chiudono nel peggiore dei modi la più brutta settimana della stagione, eliminati dai portoghesi negli ottavi di Champions, anche se possono recriminare un po’ di sfortuna e una Var con poca par condicio. Al ‘Do Dragao’ è festa lusitana, finisce 3-1 per i padroni di casa che hanno pero’ dovuto far ricorso ai supplementari e a un rigore fischiato dal Var all’11’ del sts, per avere ragione di una Roma non bella (nessuna novità su questo fronte), ma stasera almeno caparbia e soprattutto sfortunata. Va avanti il Porto, che è la squadra tra le due che ha sbagliato di meno nell’arco dei 210′ e che per il match clou ritrova la coppia d’attacco titolare (Marega-Corona, vero incubo nella retroguardia giallorossa, almeno finche ha retto loro il fiato. Per l’ennesimo dentro o fuori della stagione, Di Francesco si presenta al ‘do Dragao’ virando a sorpresa sul 3-4-3, mandando in panchina (Florenzi, Cristante, Pellegrini, El Shaarawy) e tribuna (Fazio, Kluivert) tanti pezzi da novanta. Equilibrio e’ la parola d’ordine del tecnico abruzzese che si presenta con Juan Jesus-Manolas-Marcano dietro, un centrocampo piu’ robusto (Karsdorp e Kolarov ai lati di De Rossi e Nzonzi), dietro a un attacco con pochi punti di riferimento (Dzeko, Zaniolo,Perotti).
La delusione dei campioni della Roma
Conceicao rispetto a tre settimane fa ritrova le due pedine importanti in attacco, rispolverando il 4-4-2, con il messicano che mette subito in subbuglio la difesa giallorossa. Entrambe le squadre sono reduci da brutti ko in campionato, ma la qualificazione Champions e’ troppo importante per Di Francesco e Conceicao che iniziano il match in modo piuttosto guardingo: il Porto non ha fretta, sa che gli basta un solo gol per essere promosso e cerca di non sbilanciarsi troppo. La Roma, di converso, puo’ contare su due risultati su tre e gioca di rimessa, lasciando l’iniziativa ai padroni di casa, stando attenta a non scoprirsi. Il Porto ci prova un paio di volte con Corona, poi al 26′ colpisce con Tiquino bravo a finalizzare un assist di Marega e con il Var che da’ torto ai giallorossi che chiedevano il fuorigioco. La Roma ci mette cuore ma e’ la personalita’ che manca. Ci vuole una giocata e ci pensa Perotti a saltare Militao che non puo’ far altro che buttarlo giu’ davanti agli occhi di Cakir che non ha dubbi: il capitano De Rossi si prende la responsabilita’ di tirare il penalty, e’ 1-1 al 37′. Il Porto accusa il colpo e il pareggio da’ coraggio agli uomini di Di Francesco che chiudono avanti la prima frazione, anche se l’ultimo acuto (44′) e’ di Herrera che costringe Olsen a una parata non facile, mentre De Rossi e’ costretto a uscire per un problema al polpaccio.
La gioia dei calciatori lusitani del Porto che passano ai quarti
La ripresa inizia con un brivido per Olsen che prima si salva su una staffilata di Marega poi deve arrendersi (8′) al bomber maliano pescato alla grande da Corona. Karsdorp, ammonito e stanco, lascia il campo per Florenzi, mentre Dzeko e Pepe non se le mandano a dire e si prendono due gialli. La partita diventa brutta e nervosa, il gioco e’ frammentato, quando mancano 10′ Marcano esce per crampi: dentro Cristante e ritorno al 4-3-3. A 9′ dalla fine Perotti spreca la piu’ grossa delle occasioni ingolosendosi dopo un errore di Pepe e senza vedere Zaniolo tutto solo in centro area. La Roma comunque e’ anche sfortunata e perde anche Pellegrini per infortunio (dentro Schick). Sfortuna e fiato comunque non spaventano gli ospiti che gioca un’ottima mezzora finale, con Dzeko che prima si divora un gol e poi viene smorzato sul piu’ bello sulla linea da Pepe (108′ e 110′). Nei supplementari c’e’ solo la Roma in campo e quando tutto sembra andare verso i rigori ecco che Cakir si prende il ruolo di protagonista, prima considerando fiscale un fallo di Florenzi su fernando e poi non giudicando con lo stesso metro un contatto in area tra Zaniolo e Marega. Inutile il pressing finale dei giallorossi che si riversano nell’area portoghese: la Roma e’ fuori, anche se la prestazione di stasera (almeno l’ultima mezzora) e’ incoraggiante in chiave campionato.
Claudio Ranieri ha cominciato nella Roma da calciatore e nella Roma chiuderà prima da allenatore e poi da dirigente. Il destino ha voluto che fosse così perché lo scorso anno aveva deciso di lasciare il calcio. “Ed ero convinto della mia scelta – spiega -. Sarei rientrato solo nella Roma o nel Cagliari se fosse servito”. Così è stato. A lui, dunque, il compito di risollevare i giallorossi e la conferenza stampa d’esordio ha già messo in luce il suo nuovo ruolo da tecnico-manager, perché contestualmente aiuterà i Friedkin nella ricerca del prossimo allenatore e a fine stagione rimarrà dirigente della società. Nell’ora passata davanti ai giornalisti si è fatto carico dei silenzi dei Friedkin e dei problemi della Roma, ha risposto a tutto, spesso intervenendo anche al posto del diesse Ghisolfi, sedutogli vicino.
Diretto, conciso, perché il tempo a disposizione non è tanto. “Qui sono tornato alla casa madre – dice -. Ma io non ho tempo di fare errori”. Il calendario d’altronde parla chiaro: alla ripresa ci saranno Napoli, Tottenham e Atalanta, per questo ai tifosi ha chiesto di non fischiare la squadra. “Giocare in casa così è la cosa più difficile che esista – il messaggio di Ranieri -. Voglio una squadra e un pubblico coesi. Siamo tutti una famiglia: calciatori, allenatore, società, dipendenti”.
Promesse non ne fa, se non quella di dare tutto e di far tornare a casa i tifosi orgogliosi a prescindere dal risultato. Si mette a scudo dei suoi giocatori, mettendoli comunque di fronte alle loro responsabilità: “Qui si deve dare il 120%, perché l’80 non basta. E non accetto che si vada al lavoro con il viso preoccupato. Siamo persone super fortunate perché ci siamo scelti il mestiere, per questo dobbiamo venire qui con il sorriso e dare tutto in campo”. Insomma, parla in faccia a chiunque e dice quello che pensa, così come ha fatto con la proprietà nel blitz londinese per definire l’accordo. “Se mi hanno chiamato è perché hanno capito i propri errori e lo hanno fatto per riportare in alto la Roma, mi è stata data carta bianca – racconta -. Dan Friedkin mi ha lasciato a bocca aperta per il bene che vuole a questo club ed è scioccato per l’aver speso tanto e non aver ottenuto i risultati che voleva. Per questo io sarò l’uomo vicino alla proprietà, ma si farà tutto insieme perché per il presidente non esiste una visione piramidale della società, bensì collegiale”.
Poi la precisazione su Dybala alla domanda se veramente i Friedkin gli avessero chiesto di non farlo giocare per non far scattare il rinnovo automatico del contratto. “E’ stata la prima cosa di cui abbiamo discusso e gli ho detto che io avrei fatto come mi pare. Non mi interessano le clausole, scelgo chi voglio e gli sta bene sennò non sarei qui”. E’ ancora presto, invece, per parlare di mercato, così come dei possibili ritorni di Francesco Totti (“non sono chiuso ad alcuna soluzione) e Daniele De Rossi (“oggi è un discorso non ancora affrontato). “Intanto fatemi vedere la squadra – dice intervenendo ancora al posto di Ghisolfi al quale era sto chiesto se a gennaio sarebbero stati fatti acquisti -. Ci sono dei giovani validi che vanno inseriti in una situazione compatta, poi si faranno delle valutazioni e se ci saranno delle opportunità sono certo che le mie richieste saranno soddisfatte”.
La priorità va al campo e oggi Ranieri non sa ancora quale modulo utilizzerà, ma ridendo promette di non schierare più Angelino tra i tre centrali e su Hummels anche appare chiaro: “Perché non dovrebbe giocare?”. Al resto ci penserà il tempo.
La missione per salvare la metro C (foto Imagoeconomica in evidenza) è quasi compiuta. Dopo il rischio di un aumento di tempi e costi per il tagli ai finanziamenti il sindaco Gualtieri oggi si dice fiducioso: “vedo le condizioni per salvare l’opera”, sottolinea dopo avere avuto contatti col governo.
“Penso di avere una nota di ottimismo – ha aggiunto – ho interloquito col governo, con le forze di opposizione e di maggioranza, ho visto che ci sono emendamenti bipartisan per recuperare risorse per la metro C, emendamenti del Pd, di FdI e FI, e ringrazio i parlamentari e la presidente del Consiglio”, dice il sindaco di Roma pur ammettendo la cautela del caso: “sono ottimista, ma prudente finché non vedo la Gazzetta Ufficiale”. Gualtieri ha ribadito quali conseguenze avrebbe il taglio dei fondi, ovvero un interruzione del progetto, un aumento conseguente dei costi e anche un accavallamento dei cantieri che paralizzerebbe un settore della città.
“Sarebbe inattuabile – aveva detto Gualtieri- perché non solo costringerebbe a fare una nuova gara per la T1 aumentando i tempi, ma determinerebbe anche l’aumento di 50 milioni dei costi della tratta T2” con le previste stazioni di Chiesa Nuova, San Pietro, Ottaviano e infine piazzale Clodio. “Ci si fermerebbe a piazzale Clodio e sarebbe dannosissimo – spiega Gualtieri – quando invece si deve arrivare all’Auditorium e alla Farnesina”, ovvero la tratta T1 che rischia di saltare col definanziamento di 425 milioni.
“Paradossalmente finendo a Clodio costerebbe di più. Poi noi vogliamo partire con due talpe, una da Venezia e una da Farnesina, dove c’è un terreno Ama che non da fastidio a nessuno. Fare tutto questo a piazza Mazzini, a Prati, avrebbe terremotato un quartiere e sarebbe stata una assurdità”, conclude il sindaco. Gualtieri ha sottolineato il lavoro portato avanti dall’opposizione parlamentare per salvare la Metro C, con “gli emendamenti del Pd”, e ha ricordato quelli di Fdi e di Fi ma non quelli della Lega rivendicati dalla deputata Simonetta Matone.
“Omette di dare il giusto riconoscimento al ministro delle Infrastrutture Salvini, si vanta di avere una interlocuzione diretta con il presidente del Consiglio e ringrazia per gli emendamenti FdI e FI -dice Matone- Peccato che ometta di ricordare che l’ emendamento per il rifinanziamento della metro C sia a prima firma della sottoscritta, fino a prova contraria deputato della Lega”.
Giovanni Toti chiede di incontrare il vicepremier e ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini e i due assessori regionali Giacomo Giampedrone e Marco Scajola. L’istanza è stata depositata al giudice dall’avvocato Stefano Savi. Il leader della Lega sarà a Genova lunedì ma non è detto che l’incontro possa avvenire già quel giorno. I confronti serviranno in prima battuta a fissare la linea da seguire per mandare avanti la Regione dopo la decisione del Riesame che ieri ha deciso di lasciare Toti agli arresti domiciliari. Ma non è escluso che si possa iniziare a parlare anche del futuro del governatore e delle sue eventuali dimissioni.
Toti, ai domiciliari dal 7 maggio per corruzione, nelle scorse settimane aveva già incontrato il presidente facente funzioni Alessandro Piana e i sue due assessori fedelissimi, ma anche il deputato e coordinatore ligure di Fratelli d’Italia Matteo Rosso, il viceministro e segretario della Lega Liguria Edoardo Rixi e il coordinatore regionale di Forza Italia Carlo Bagnasco. A chiudere i summit erano stati Maurizio Lupi e Pino Bicchielli, rispettivamente leader e deputato di Noi Moderati. I confronti con gli assessori serviranno in prima battuta a fissare la linea da seguire per mandare avanti la Regione dopo la decisione del Riesame che ieri ha deciso di lasciare Toti agli arresti domiciliari.
Ma non è escluso che si possa iniziare a parlare anche del futuro del governatore e delle sue eventuali dimissioni. Gli stessi giudici del Riesame, nel provvedimento con cui hanno rigettato l’istanza di revoca dei domiciliari, hanno sottolineato come fosse corretto chiedere nuovi incontri de visu con esponenti politici. I giudici hanno anche sottolineato, nell’ordinanza, che i finanziamenti ricevuti dal presidente “non sono tutti regolarmente tracciati”, contrariamente a quanto da lui sostenuto anche nell’interrogatorio. Per il Riesame, Toti non avrebbe capito le accuse e per questo potrebbe reiterare il reato.