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Politico incorona Meloni, “è la più potente d’Europa”

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“Chi chiami se vuoi parlare con l’Europa? Se sei Elon Musk, l’uomo più ricco del mondo e consigliere chiave del presidente eletto degli Stati Uniti Donald Trump, il numero da chiamare è quello di Giorgia Meloni”. La testata internazionale Politico ha incoronato la premier italiana come la persona più potente d’Europa per il 2025, definendola nella sua classifica d’influenza l’interprete perfetta dello zeitgeist, lo spirito del tempo, “sempre più radicale che fiorisce su entrambe le sponde dell’Atlantico”. “In meno di un decennio, la leader di destra di Fratelli d’Italia è passata dall’essere liquidata come una pazza ultranazionalista all’essere eletta prima ministra d’Italia, affermandosi come una figura con cui Bruxelles, e ora Washington, possono fare affari”, evidenzia la testata considerata una voce autorevole nel panorama politico globale in una lunga descrizione che ripercorre l’ascesa di Meloni e le principali tappe dei suoi due anni anni di governo, definito come “uno dei più stabili mai esistiti nell’Italia del dopoguerra”.

Da quando è arrivata a Palazzo Chigi, osserva Politico, Meloni “ha mantenuto al minimo la sua retorica anti-Ue ed evitato scontri con Bruxelles”, spiazzando anche i suoi detrattori ed “emergendo come una delle sostenitrici più convinte dell’Ucraina”. L’affermazione della leader di Fratelli d’Italia è coincisa con la resa dei conti nel Vecchio Continente sulla crisi migratoria. Meloni ha saputo giocarsi le sue carte: attraverso una “collaborazione con la presidente Ursula von der Leyen” e la firma di “accordi storici con Tunisia, Mauritania ed Egitto”. Oltre al modello Albania da cui, si evidenzia, non si sono discostati nemmeno i leader di centrosinistra come il tedesco Olaf Scholz e il britannico Keir Starmer. Sfruttando il vuoto di potere lasciato da Parigi e Berlino, la premier ha ora spazio per “portare avanti le sue politiche”.

E “la rielezione di Trump”, nel giudizio della testata di proprietà del gruppo editoriale Axel Springer, potrà darle “ancora più slancio”. Anche grazie al sostegno di Elon Musk, che la acclama come paladina del contrasto all’immigrazione illegale. Se finora Meloni ha usato la sua influenza principalmente in Italia, la domanda – evidenzia infine Politico – è se adesso “inizierà a esibire i muscoli a livello internazionale e se, con un nuovo vento che soffia attraverso l’Atlantico, continuerà a giocare bene con istituzioni come l’Ue e la Nato oppure tornerà alle sue radici di destra e sfiderà lo status quo”.

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Il limite del terzo mandato, cosa prevede la legge

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La riforma costituzionale sull’elezione diretta del presidente della Regione del 1999, configura la legislazione elettorale regionale come ‘materia concorrente’. Tradotto: lo Stato stabilisce i principi e le Regioni vi aggiungono i particolari. Se lo Stato, quindi, nello scrivere la legge, avesse messo la questione del tetto ai mandati per i presidenti, come principio generico, ogni Regione avrebbe potuto prevedere il suo. Ma nel 2004, quando, con il governo di centrodestra, ci fu l’approvazione effettiva della legge sui principi di quella materia, si decise di copiare direttamente la normativa che regolava l’elezione diretta del sindaco. E questa prevedeva il tetto dei due mandati.

Tutti, all’epoca, conferma anche il costituzionalista Stefano Ceccanti, furono d’accordo perché il ragionamento fu il seguente: ‘se si prevede un limite per i mandati del primo cittadino perché non prevederlo anche per chi governa la Regione visto che ha molto più potere?’. In questo modo si scrisse ‘un principio secco’, non generico, che è di fatto ‘auto-applicativo’. Cioè entra in vigore dal 2004 per tutte le Regioni ordinarie che prevedano l’elezione diretta, ossia tutte, visto che nessuna ha fatto una scelta diversa in deroga. E il principio è stato ritenuto talmente valido che è stato persino inserito nella proposta di riforma del Premierato. Analizzando, ora, la situazione attuale, i margini per aggirare questo ‘principio secco’ della legge sembrano davvero molto esigui.

Il presidente della Regione Campania, Vincenzo De Luca, che vorrebbe ricandidarsi di nuovo, sostiene, con una nuova normativa regionale, che la ‘conta dei due mandati’ comincerebbe da quando la Regione recepisce la legge. E cioè da ora. Ma questa storia del ‘recepimento’, anche a detta di molti costituzionalisti, non reggerebbe visto che il principio essendo secco è entrato immediatamente in vigore senza che si debba recepire e il divieto di un terzo mandato consecutivo è direttamente auto applicativo. L’obiezione avrebbe avuto un senso, osservano, se avessero scritto la legge ‘a maglie larghe’, cioè parlando in modo generico di tetto ai mandati. Ma così non è stato. Il Governo ha così presentato ricorso contro la legge regionale della Campania confidando in una sentenza favorevole della Corte Costituzionale.

La scelta di uscire dal partito di appartenenza per candidarsi autonomamente, come annunciato da De Luca e tra le opzioni del numero uno del Veneto, Luca Zaia, anche lui colpito dal divieto, non risolverebbe comunque il problema. Il divieto del terzo mandato infatti ricade sulla persona e non sul partito. E anche se si presentassero alle prossime elezioni con liste autonome o per conto di forze politiche diverse dalle attuali, il discorso non cambierebbe. La legge, assicura ancora Ceccanti, “parla molto chiaro”. La speranza di De Luca e Zaia potrebbe essere quella di una pronuncia a loro favore da parte della Consulta, ma si tratta di “un periodo ipotetico dell’irrealtà”, si osserva, perché questo creerebbe un precedente pericoloso visto che metterebbe a rischio varie leggi di principio che regolano le Regioni.

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‘Roma ha assicurato che non arresterà Netanyahu’

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L’Italia non arresterà il premier israeliano Benyamin Netanyahu in base al mandato della Cpi, qualora dovesse visitare il Paese. E’ la rassicurazione che il governo avrebbe offerto – stando al Times of Israel e Haaretz – al ministro degli Esteri israeliano Gideon Sa’ar, in occasione della sua visita a Roma. Il capo della diplomazia israeliana avrebbe sollevato la questione negli incontri con il titolare della Farnesina Antonio Tajani e il ministro della Giustizia Carlo Nordio. E secondo una fonte del Times of Israel, i due avrebbero assicurato a Sa’ar che il governo italiano ha ricevuto una consulenza legale secondo cui i capi di Stato, ai quali viene equiparato Netanyahu, godono dell’immunità durante le visite in Italia, in base alla Convenzione di Vienna.

Il tema è stato più volte affrontato da Tajani, che già in occasione della sentenza della Cpi aveva sottolineato come fosse innanzitutto necessario verificare se le alte cariche dello Stato fossero al di fuori delle decisioni della Corte, e se queste valessero anche per i Paesi fuori dalla sua giurisdizione. Anche a conclusione del G7 di Fiuggi, dove la questione entrò nella dichiarazione finale dei Sette, il titolare della Farnesina evidenziò “molti dubbi giuridici” sulla decisione della Cpi, confermando in ogni caso il rispetto del diritto internazionale da parte dell’Italia. Stando ai media israeliani, Roma avrebbe quindi realizzato le verifiche necessarie, arrivando alla conclusione che Netanyahu non può essere arrestato in virtù di un’immunità. In ogni caso, resta remota la possibilità di una visita del premier israeliano in Italia in questo momento, così come in Europa e nei Paesi che aderiscono allo Statuto di Roma.

In questi giorni ha scatenato un dibattito in Polonia la possibilità che il primo ministro di Israele potesse partecipare alle commemorazioni per gli 80 anni dalla liberazione del campo di concentramento di Auschwitz. A inizio gennaio, il viceministro degli Esteri di Varsavia aveva suggerito un obbligo per le autorità polacche di arrestare Netanyahu se si fosse recato in Polonia per la cerimonia del 27 gennaio. Ma la scorsa settimana il primo ministro Donald Tusk ha chiarito che qualsiasi politico israeliano, Netanyahu compreso, non corre alcun pericolo di arresto in caso di partecipazione alle commemorazioni. Da parte sua, il direttore del memoriale e museo di Auschwitz-Birkenau, Piotr Cywiński, ha liquidato la polemica come una “provocazione mediatica”, sostenendo in un’intervista al Guardian come non ci fosse alcuna indicazione che Netanyahu avesse mai pianificato di partecipare alla cerimonia, mentre è prevista una delegazione israeliana considerevole all’evento.

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Tosca e Roma, Mattarella alla festa dei 125 anni

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Sergio Mattarella spettatore speciale dei 125 anni di Tosca all’ Opera di Roma. Il Presidente della Repubblica ha partecipato ieri sera alla rappresentazione del capolavoro pucciniano, proposto al Teatro Costanzi nell’o stesso allestimento del giorno del debutto assoluto, il 14 gennaio 1900, alla presenza del compositore. Una festa per celebrare l’ anniversario particolare del dramma ambientato in luoghi simbolo di Roma – S. Andrea della Valle, Palazzo Farnese, Castel Sant’ Angelo – che ha coinvolto tutto il pubblico con brindisi e tartine negli intervalli.

Il Capo dello Stato, accompagnato dalla figlia Laura, è stato accolto dal Sovrintendente Francesco Giambrone, dal sindaco e presidente della Fondazione Roberto Gualtieri, e dal presidente della Regione Lazio Francesco Rocca. Con loro ha partecipato allo scoprimento della targa nel foyer del teatro che ricorda la storica prima. Mattarella ha poi preso posto nel palco reale salutato dall’ applauso del pubblico. Prima che si aprisse il sipario il coro e l’ orchestra hanno intonato il Canto degli italiani. La regia dello spettacolo che ormai da anni figura nel cartellone dell’ Opera di Roma e rievoca la messa in scena originale grazie ai bozzetti della scenografia dell’ epoca custoditi dall’ Archivio Ricordi, è di Alessandro Talevi.

Sul podio Michele Mariotti, direttore musicale dell’ Opera di Roma, che ha diretto il celebre titolo per la prima volta a Tokyo nel 2023. Ciro Visco ha guidato il coro con la partecipazione della scuola di canto corale della Fondazione. Applausi e molti ‘brava’ sono andati al soprano spagnolo Saioa Hernández, che proprio come Tosca ha debuttato all’Opera di Roma nel 2021. Più tiepida la risposta del pubblico al celebre ‘E lucevan le stelle” del tenore statunitense Gregory Kunde nei panni di Cavaradossi e al baritono armeno Gevorg Hakobyan che ha interpretato Scarpia.

L’ evento ha richiamato ospiti illustri ed esponenti del mondo politico e culturale. Tra le personalità, il presidente della Corte Costituzionale Giovanni Amoroso, l’ ambasciatore di Francia Martin Briens, il vicepresidente della Camera dei Deputati Giorgio Mulè, il ministro della Cultura Alessandro Giuli, Gianni Letta, la sovrintendente dell’Arena di Verona Cecilia Gasdia, la direttrice della Galleria Borghese Francesca Cappelletti, il regista Damiano Michieletto, la cantante e attrice Tosca.

Il Capo dello Stato, nell’intervallo tra il secondo e il terzo atto, ha salutato il direttore d’ orchestra, il regista e una rappresentanza delle maestranze del Costanzi. Tosca, che ieri è stata vista anche da duecento persone collegate in streaming dall’Istituto Italiano di Cultura di Londra, avrà quattro repliche fino al 19 gennaio.

La ‘prima’ della più romana delle opere di Puccini sarà ripresa e diffusa via streaming al Policlinico Gemelli, in diverse realtà legate alla Caritas di Roma – dalla mensa all’ostello “Don Luigi di Liegro”, passando per la casa di accoglienza Santa Giacinta – all’Istituto Romano San Michele, al Teatro Patologico e in altri luoghi della città. Altre due riprese dello storico allestimento sono previste dal 1° al 6 marzo con la direzione di Daniel Oren, la star Anna Netrebko nel ruolo della protagonista, Yusif Eyvazov (Cavaradossi) e Amartuvshin Enkbath (Scarpia) e dal 9 al 13 maggio quando a dirigere sarà James Conlon, protagonisti Anna Pirozzi, Luciano Ganci e Claudio Sgura.

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