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Politano, recupero lampo: pronto a riprendersi il Napoli di Conte

Recupero record per Matteo Politano: dopo la lesione al gluteo, l’esterno del Napoli è già pronto a rientrare contro il Torino. Conte lo considera un giocatore chiave per equilibrio, corsa e qualità.

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Un uomo turbo, anche quando si tratta di recuperare da un infortunio. Matteo Politano ha accelerato ancora una volta, accorciando i tempi di recupero dopo la lesione al gluteo rimediata nella vittoria contro il Genoa.
Gli esami avevano già lasciato intendere che il danno non fosse grave, ma la rapidità del suo rientro ha stupito tutti. Dopo appena una settimana, l’esterno azzurro è pronto a riaggregarsi al gruppo e punta a essere disponibile già contro il Torino.

Conte valuterà le sue condizioni con cautela, anche in vista degli impegni di Champions League e della sfida con l’Inter, ma Politano sembra aver superato il dolore e si prepara a tornare nel suo ruolo di instancabile motore sulla fascia.

La metamorfosi tattica che ha conquistato Conte

Da semplice attaccante di fascia a giocatore totale.
La trasformazione di Politano ha convinto tutti, a partire da Antonio Conte, che lo conosce bene dai tempi dell’Inter. Allora, nel 2019, il tecnico lo aveva impiegato poco — appena undici presenze in Serie A — ma oggi ne riconosce il valore assoluto.
«L’ho ritrovato molto più maturo, con una condizione fisica e una concentrazione tattica eccezionali», ha detto recentemente Conte.

Oggi Politano è un elemento imprescindibile per il Napoli: primo per dribbling riusciti (11), secondo per palloni recuperati (31) dietro solo ad Anguissa. Numeri che raccontano una crescita sorprendente anche nella fase difensiva, merito di un lavoro instancabile e di una dedizione fuori dal comune.

L’equilibrio dei Fab4 e la fame di un nuovo gol

In questo inizio di stagione, Politano è quarto per minutaggio dietro McTominay, Anguissa e Lobotka, ma si distingue per costanza e intensità.
È il giocatore del Napoli che tira di più in porta (16 volte) e il secondo per occasioni create, subito dietro a Kevin De Bruyne, il nuovo regista di Conte.

Nonostante manchi ancora il primo gol stagionale, il suo contributo resta fondamentale: è stato l’uomo degli assist scudetto e il simbolo di una squadra che si regge sull’equilibrio tra qualità e sacrificio.
Perché se esiste il Napoli dei Fab4 — McTominay, Anguissa, De Bruyne e Politano — è anche grazie alla sua capacità di correre, coprire e accendere la manovra.

Per Matteo Politano, l’azzurro non è solo una maglia: è una seconda pelle. E dopo l’ennesimo recupero lampo, è pronto a dimostrare ancora una volta che per il suo Napoli non conosce fatica.

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Razzismo nel calcio, in Spagna l’allarme torna a crescere: Lamine Yamal il più insultato sui social

Il razzismo torna a scuotere il calcio spagnolo. Secondo un report dell’Osservatorio iberico sulla xenofobia, Lamine Yamal è il giocatore più insultato online. Dati allarmanti che riportano alla memoria i casi Eto’o, Dani Alves e Vinícius.

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In Spagna, il problema del razzismo nel calcio torna prepotentemente d’attualità. Dopo Samuel Eto’o, Dani Alves e Vinícius, ora è il turno di Rodrigo e soprattutto di Lamine Yamal, giovanissimo talento del Barcellona e stella della nazionale spagnola.

Secondo un report dell’Osservatorio iberico sulla xenofobia, diffuso da El País, Yamal è oggi il giocatore più bersagliato da insulti razzisti sul web, con il 60% dei messaggi d’odio rilevati sui social.


Lamine Yamal, talento precoce e bersaglio dell’odio

Ancora minorenne, Yamal è diventato l’idolo della Spagna dopo l’Europeo vinto a suon di gol e giocate spettacolari. Ma la popolarità lo ha reso anche vittima di odio razziale: sui social abbondano insulti come “puto negro morito” e “moro inmundo”.
Una violenza verbale che supera di gran lunga quella rivolta a colleghi come Rodrigo, Mbappé, Balde, Brahim Díaz o Iñaki Williams.


Una lunga storia di razzismo negli stadi spagnoli

Il razzismo nel calcio spagnolo non è un fenomeno nuovo.
Nel 2006, Samuel Eto’o fu sommerso da versi da scimmia durante un Barcellona–Real Saragozza: il campione camerunense minacciò di abbandonare il campo, ma fu convinto a restare.
Nel 2014, Dani Alves reagì con ironia a un gesto ignobile — un tifoso del Villarreal gli lanciò una banana — mangiandola davanti a tutti, trasformando l’offesa in un simbolo di forza.
Più di recente, Vinícius Jr. è riuscito a far sospendere la gara Valladolid–Real Madrid a causa dei cori razzisti e ha portato in tribunale alcuni tifosi, condannati per reati d’odio: un precedente storico in Spagna.


Anche in Italia episodi ancora frequenti

Il fenomeno non risparmia l’Italia.
Nel 2005, Marc André Zoro del Messina fu tra i primi a ribellarsi agli insulti razzisti del pubblico, minacciando di lasciare il campo durante una partita contro l’Inter.
Negli anni, la lista si è allungata: Romelu Lukaku, bersagliato più volte a Cagliari e Torino; Kalidou Koulibaly, insultato nel 2018; e Mike Maignan, vittima di cori discriminatori.


Un fenomeno che chiede risposte concrete

Dai campi di calcio ai social network, il razzismo nello sport continua a manifestarsi in forme diverse ma sempre più visibili.
Le campagne di sensibilizzazione non bastano: servono regole, controlli e sanzioni efficaci, ma soprattutto un cambiamento culturale che riporti al centro il rispetto e l’educazione, dentro e fuori dagli stadi.

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Atp Finals a Torino, giornata tricolore per Sinner e Musetti: entusiasmo, emozioni e tragedia sugli spalti

Giornata tricolore alle ATP Finals di Torino per il debutto di Sinner e Musetti. Entusiasmo e orgoglio sugli spalti, ma anche due tragedie per malori tra i tifosi.

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Azzurro, arancione e tricolore: l’Inalpi Arena di Torino si è vestita dei colori italiani per una delle giornate più attese delle Atp Finals, quella del debutto di Jannik Sinner e Lorenzo Musetti, in campo per la loro prima partita nel torneo dei Maestri.
Un’atmosfera di entusiasmo e orgoglio nazionale ha avvolto l’arena, trasformata in un mare di bandiere e magliette arancioni, simbolo del fenomeno Sinner.


Sinner e Musetti, due emozioni per il pubblico italiano

Il primo a scendere in campo è stato Lorenzo Musetti, accolto da un’ovazione mentre faceva il suo ingresso in tenuta total black per affrontare l’americano Taylor Fritz, che si è imposto in due set.
Durante il match, l’arena è esplosa di nuovo in un boato quando sul maxischermo è apparso Jannik Sinner, arrivato per la preparazione al suo incontro serale contro il canadese Auger-Aliassime.

Sugli spalti si respirava una festa: cori, applausi e cartelli con scritte come “Orgoglio italiano”. Tra i tifosi, anche la famiglia trevigiana con magliette personalizzate con le lettere del nome di Sinner, e una signora con un cerchietto a forma di carota, omaggio scherzoso al campione altoatesino.


Tra amore e curiosità, il lato glamour delle Finals

A sostenere Musetti dal box azzurro c’era la fidanzata Veronica Confalonieri, in attesa del secondo figlio.
Ma a rubare la scena fuori dal campo è stato Carlos Alcaraz, che ha sorpreso tutti in conferenza stampa confessando di essere “single, single” rispondendo a una domanda della ex tennista Elena Vesnina.

Tra gli altri protagonisti, la fidanzata di Fritz, Morgana Riddle, presente a bordo campo, e il sostegno via social di Trinity Rodman, attaccante della nazionale Usa e compagna di Ben Shelton, che ha ironizzato su Instagram: “Io che cerco di convincere Ben a fare un TikTok con me”.
Cuore impegnato anche per Auger-Aliassime, Zverev e De Minaur, tutti accompagnati dalle loro partner.


Due tragedie tra i tifosi

La giornata di festa è stata purtroppo segnata da due decessi tra gli spettatori: due tifosi sono stati colpiti da arresto cardiaco, uno sugli spalti prima della partita e l’altro nel Fan Village.
Nonostante i soccorsi immediati e il trasporto in ospedale, per entrambi non c’è stato nulla da fare.

Un epilogo tragico in una giornata che resterà comunque nella memoria dei tifosi italiani per l’energia, la passione e il calore che solo il tennis azzurro sa accendere.

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Atalanta, esonerato Ivan Juric: atteso Raffaele Palladino per la panchina della Dea

Dopo 157 giorni termina l’avventura di Ivan Juric sulla panchina dell’Atalanta. Atteso Raffaele Palladino come nuovo allenatore. Il croato paga risultati deludenti e gestione complicata dello spogliatoio

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Dopo appena 157 giorni, si conclude l’esperienza di Ivan Juric sulla panchina dell’Atalanta. Il tecnico croato, arrivato il 6 giugno scorso per raccogliere l’eredità di Gian Piero Gasperini, paga una partenza difficile in campionato e una gestione complicata dello spogliatoio.

Tutti gli indizi portano ora a Raffaele Palladino, già candidato alla panchina bergamasca nella scorsa primavera, come nuovo allenatore della Dea.


Fine di un ciclo complicato

Juric è rimasto schiacciato dal peso dell’eredità di un decennio straordinario: cinque qualificazioni in Champions League, tre finali di Coppa Italia e un’Europa League vinta sotto la guida Gasperini.
Le ultime due sconfitte consecutive, contro Udinese e Sassuolo, hanno accelerato la decisione della società, nonostante i segnali positivi in Champions League con la vittoria sul Bruges.

Con soli 13 punti in 11 giornate, l’Atalanta ha registrato il peggior avvio dal 2014, quando furono appena 10.


Crollo di rendimento e problemi interni

Nonostante il modulo resti quello gasperiniano, 3-4-2-1 o 3-4-1-2, la squadra ha perso intensità, velocità e verticalità, segnando appena 13 reti in campionato, di cui 7 arrivate nelle sole vittorie con Lecce (4-1) e Torino (3-0).
L’assenza per infortunio di Ederson e Scamacca ha ulteriormente penalizzato Juric, già alle prese con la gestione turbolenta di Lookman, protagonista di una lite al Velodrome dopo la sostituzione in Champions.

Anche i nuovi acquisti Kamaldeen Suleman e Nikola Krstovic, efficaci solo nelle due trasferte torinesi, non sono bastati a invertire la rotta. Suleman, in particolare, era stato una precisa richiesta del tecnico, già allenato a Southampton.


Il terzo esonero in due stagioni

Per Juric si tratta del terzo esonero consecutivo dopo le esperienze alla Roma e al Southampton.
L’incontro con i Percassi e il direttore sportivo Toni D’Amico a Zingonia ha sancito il divorzio definitivo.
Il croato lascia con l’amaro in bocca, penalizzato anche dalle numerose assenze e da un ambiente in transizione dopo l’era Gasperini.


Palladino pronto a iniziare la nuova era

L’arrivo di Raffaele Palladino sulla panchina atalantina è atteso entro mercoledì, alla ripresa degli allenamenti a Zingonia.
Il tecnico napoletano, 41 anni, cresciuto calcisticamente proprio sotto Gasperini ai tempi del Genoa, è considerato uno degli allenatori emergenti più promettenti del panorama italiano.

Dopo aver guidato il Monza con risultati eccellenti, Palladino aveva firmato con la Fiorentina, salvo poi dimettersi prima dell’inizio della stagione.
Già nella lista dei candidati a fine maggio insieme a Tudor, Vieira e Thiago Motta, ora sembra pronto a inaugurare una nuova fase per l’Atalanta, chiamata a ritrovare entusiasmo, gioco e ambizione europea.

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