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Politica

Pnrr ed Europa, Meloni da Mattarella al Quirinale

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Portare a casa il Pnrr, senza perdere tempo e soprattutto risorse. Sergio Mattarella, che pubblicamente non perde occasione per lanciare il suo monito a non sprecare l’occasione unica del Piano per il rilancio del Paese, ne parla faccia a faccia con la presidente del Consiglio Giorgia Meloni. Un invito a pranzo che si trasforma in un colloquio lunghissimo, tanto che la premier salta la tappa annunciata in serata per chiudere con gli alleati la campagna elettorale per il Friuli Venezia Giulia. Non c’era più tempo, la motivazione ufficiale, per raggiungere Udine, dopo le oltre due ore passate al Colle a fare un “ampio giro di orizzonte” sull’attività di governo.

Meloni si collega da Roma, fa un discorso che in parte replica gli “Appunti di Giorgia”, la rubrica social diffusa poco dopo che era filtrata la notizia della colazione con il Capo dello Stato. L’appuntamento con Mattarella era in agenda, assicurano dallo staff della premier. Un incontro che in altre circostanze è rimasto al riparo dalle cronache, e che si è svolto, nella descrizione che arriva da entrambe le parti, in un clima “cordiale” e “collaborativo”. Certo cade in un momento intenso per il governo, che a breve deve chiudere la partita delle nomine e che in questi ultimi giorni ha visto lo scontro ruvido, poi rientrato, con l’Anac per le soglie degli appalti, e l’attacco da parte delle opposizioni per “lo scudo penale” su alcuni reati fiscali (nessun condono, replica secca la premier, “questo governo non li fa”) e per i ritardi sul Pnrr.

Tutti temi, almeno nei loro tratti generali, su cui Mattarella ha voluto chiedere chiarimenti e approfondimenti. Meloni avrebbe fatto una illustrazione puntuale al capo dello Stato sullo stato del negoziato con la Ue sul Pnrr, che il governo vuole modificare – la sua tesi – per risolvere le “criticità” emerse in questi mesi ed evitare di non raggiungere tutti gli obiettivi. Un intento che non può che essere condiviso dal capo dello Stato che solo pochi giorni fa aveva richiamato tutti a mettersi “alla stanga”.

Il Piano “non lo abbiamo scritto noi” dice anche alla piazza di Udine Meloni, senza citare il suo predecessore Mario Draghi, che ha costruito un piano “su due presupposti, riforme e investimenti”, scrive il suo consigliere economico Francesco Giavazzi. Che parla per la seconda volta in poco tempo proprio quando l’esecutivo guidato dall’ex banchiere viene chiamato in causa per le responsabilità sui progetti, come quello dello Stadio di Firenze, oggi sotto la lente Ue. Fondamentale, per il Colle, è non mancare questo passaggio cruciale per il Paese. Anche perché se il capo dello Stato ha qualcosa da osservare, si ragiona in ambienti della maggioranza, lo fa sempre nei modi e nei tempi giusti, ma nel caso specifico il colloquio è stato a 360 gradi con molti temi sul tappeto, dai migranti (su cui tra l’altro al Senato pendono una ventina di emendamenti della Lega che chiedono un intervento ancora più deciso sulla protezione speciale) ai rapporti con Bruxelles su tutti i dossier, all’agenda internazionale molto nutrita, dal prossimo G7 alla bilaterale a Londra di fine aprile, fino all’incontro con il premier spagnolo Pedro Sanchez (il 5 aprile a Roma) e al viaggio di inizio giugno negli Stati Uniti.

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Politica

Mafie: Sciarra, Consulta si occupa anche di chi si ravvede

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 Sulla criminalità organizzata “l’inasprimento delle misure, a seguito della strage a Capaci, e la ricaduta delle stesse sul regime penitenziario, hanno indotto la Corte a occuparsi anche di recente della condizione di quanti, detenuti per delitti connessi alla criminalità organizzata, avessero avviato un percorso di ravvedimento e reciso i legami con le organizzazioni. Questa strada non è deviazione dal cammino originario – che riconosce la conformità a Costituzione di misure per contrastare la criminalità organizzata – quanto piuttosto un cammino parallelo”. Così il presidente della Consulta Silvana Sciarra.

Sulla criminalità organizzata “l’inasprimento delle misure, a seguito della strage a Capaci, e la ricaduta delle stesse sul regime penitenziario, hanno indotto la Corte a occuparsi anche di recente della condizione di quanti, detenuti per delitti connessi alla criminalità organizzata, avessero avviato un percorso di ravvedimento e reciso i legami con le organizzazioni. Questa strada non è deviazione dal cammino originario – che riconosce la conformità a Costituzione di misure per contrastare la criminalità organizzata – quanto piuttosto un cammino parallelo”. Così il presidente della Consulta Silvana Sciarra.

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Economia

La crescita c’è ma moderata. Resta il nodo del cuneo

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L’Italia modera il passo ma continua a crescere, nonostante le prospettive economiche generali restino fortemente incerte a causa di un’inflazione più persistente delle attese. Dopo la revisione al rialzo delle stime di Fmi e Ue, ora è il centro studi di Confindustria a confermare l’andamento positivo del Pil italiano anche per il secondo trimestre, soprattutto grazie al turismo che continua a correre ed è ormai tornato ai livelli pre-Covid. Migliori saranno i numeri del Pil e maggiori saranno gli spazi che il governo avrà a disposizione per i suoi interventi, come rendere strutturale ed ampliare quel taglio del cuneo fiscale annunciato al festival dell’economia di Trento dalla premier Giorgia Meloni.

In totale il taglio per quest’anno vale 8,5-9 miliardi. Per capire se le risorse ci saranno anche l’anno prossimo bisognerà aspettare settembre, quando la nota di aggiornamento al Def farà i calcoli aggiornati delle uscite e delle entrate. Nell’analisi mensile sulla congiuntura Confindustria spiega che il secondo trimestre 2023 si è aperto con qualche segnale debole per l’Italia, dopo il buon andamento del Pil a inizio anno. La situazione è solida nei servizi, con il turismo nei primi tre mesi dell’anno salito al di sopra dei livelli del 2022, portandosi intorno a quelli del 2019. Più grigia la situazione di industria e costruzioni. Il calo del prezzo del gas è una potente spinta positiva, spiega Confindustria, ma i consumi restano zavorrati dall’inflazione, risalita ad aprile da +7,6% a +8,2% su base annua. Dovrebbe essere una risalita solo temporanea, perché nei prossimi mesi peseranno il prezzo del gas sempre più basso e gli effetti sempre più pieni del rialzo dei tassi.

I rialzi dei tassi, da parte loro, stanno pesando sugli investimenti, rallentati dal costo del credito alle stelle: il tasso pagato dalle imprese italiane è balzato a 4,30% a marzo, oltre il triplo del livello di fine 2021 (1,18%). Calando i prestiti, per Confindustria manca un sostegno a produzione e investimenti. Inoltre, l’export si è praticamente arrestato, data la frenata mondiale. Tutto ciò ha portato a marzo al terzo calo consecutivo della produzione industriale. La sfida per l’economia italiana è continuare a crescere anche in un contesto di debolezza che i rialzi dei tassi stanno alimentando: la produzione industriale dell’area euro scivola a marzo (-4,1%), portando il 1° trimestre in negativo (-0,2%), e la Germania è finita in recessione tecnica.

Se il Pil italiano reggerà alla prova dei prossimi rialzi (il mercato ne ha prezzati almeno due) e a quella dell’attuazione del Pnrr, a settembre si faranno i conti dello spazio disponibile anche per intervenire nuovamente sul cuneo fiscale. Il governo Meloni l’ha già fatto due volte. La prima in manovra, rifinanziando il taglio del 2% introdotto da Draghi per i redditi fino ai 35mila euro e incrementandolo al 3% per quelli fino a 25mila euro, con un costo complessivo di circa 5 miliardi. La seconda nel decreto lavoro, dove il taglio del cuneo fiscale è salito a 4 punti per i redditi fino a 35mila euro lordi.

Vale nel complesso 3,5-4 miliardi che spalmati in 9 mesi, secondo alcune valutazioni, può tradursi fino a 80-100 euro mensili in busta paga. L’intervento scade a fine anno, ma il governo aveva già annunciato di voler trovare i fondi per prorogarlo. Sul fronte del Pnrr, assicura da Trento il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Luca Ciriani, non ci saranno problemi perché “è uno degli impegni fondamentali del governo”. Non a caso il ministro responsabile del piano, Raffaele Fitto, fa un appello alla collaborazione a tutti i soggetti coinvolti e in particolare chiede alla Corte dei Conti un supporto “nella fase di rendicontazione, di campionamento, e di verifica del raggiungimento dei risultati’ dopo la relazione di ieri di giudici contabili.

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Politica

L’Ue lavora all’ipotesi quote nazionali per i migranti

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Il difficilissimo negoziato sul nuovo Patto per la migrazione entra nel vivo in vista del Consiglio Affari Interni in calendario per il prossimo 8 giugno. Premesso che non v’è nulla di certo poiché i 27 stanno trattando guidati dalla stella polare del ‘niente è deciso finché tutto è deciso’, è emersa l’ipotesi d’istituire una formula – calcolata sulla base di dati oggettivi e condivisi – per definire “la capacità adeguata” di ogni Paese nell’ospitare i migranti (e la relativa applicazione delle “procedure di frontiera” d’identificazione). Perché per trovare la quadra da qualche parte bisognerà pur partire. A questo meccanismo dinamico – che terrebbe in conto i flussi d’ingresso e di uscita – si affiancherebbe “un tetto annuale”. Ovvero una rassicurazione per quei Paesi, come l’Italia, più soggetti agli arrivi. Tutte queste quote e soglie – i cui parametri sono essi stessi oggetto di discussioni – sarebbero funzionali a far scattare gli interventi di “solidarietà obbligatoria” da parte degli altri Stati. E qui è doverosa una parentesi. Sull’onda delle bordate partite dalla Polonia, che di fatto ha rotto la pace negoziale scandendo di non essere disposta ad accettare “ricollocamenti forzati di migranti”, sia la presidenza di turno sia la Commissione hanno escluso che sia un’ipotesi all’ordine del giorno.

Varsavia ha poi nuovamente calcato la mano sul concetto di difesa della propria sovranità ma, con le elezioni alle porte, potrebbe essere una sparata a uso e consumo interno. In realtà una bozza di mediazione proposta dalla presidenza  indica come necessario “raffinare ulteriormente l’equilibrio tra solidarietà e responsabilità” nonché “tenere conto della particolare posizione geografica degli Stati membri di frontiera”. Una chiara apertura al club dei Med5, che da tempo chiedono attenzione sul tema degli sbarchi. Il testo d’altra parte esclude senza ombra di dubbio “l’obbligatorietà dei ricollocamenti” e prevede appunto altre misure di solidarietà, come i “contributi finanziari” e non meglio precisati “altri interventi”. L’obiettivo, infatti, è rendere obbligatorio “il principio di solidarietà” e non una misura a favore di un’altra.

Pure qui però le cose potrebbero complicarsi. Il rappresentante permanente della Polonia presso l’Ue, Andrzej Sados, avrebbe messo in evidenza il fatto che il Paese ha accolto finora un milione di rifugiati ucraini a fronte di 200 milioni di euro forniti dall’Ue per assisterli, in pratica 200 euro a rifugiato. L’esecutivo blustellato invece prevedrebbe di addebitare 22.000 euro a persona ai Paesi che non sono disposti ad accettare migranti irregolari nell’ambito del meccanismo di solidarietà. Una sproporzione che nasconderebbe “intenti punitivi”. Insomma, anche sui soldi si rischiano potenziali punti di scontro. Resta il fatto che il tempo scorre. L’ambizione ora è di chiudere il mandato negoziale del Consiglio e poter avviare il trilogo con Commissione e Parlamento entro luglio perlomeno sulla parte che riguarda la gestione dell’asilo e della migrazione. Anche perché il Patto si compone di un mosaico molto articolato composto da varie tessere legislative, come direttive, raccomandazioni e regolamenti. L’orizzonte è la fine della legislatura, nel 2024. Ma certi treni, se non partiranno in orario, rischiano di non partire affatto.

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