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Cronache

Pignatone scelto dal Papa a capo del Tribunale della Santa Sede

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 Giuseppe Pignatone arriva in Vaticano e dopo una lunga carriera in alcune delle procure più complesse d’Italia, si rimette al lavoro per presiedere il tribunale della Santa Sede dove viene chiamato per volontà di Papa Francesco.D’altronde il settantenne andato in pensione l’8 maggio scorso a chi chiedeva del suo futuro rispondeva: “E chi lo sa? Di sicuro avrò tanto tempo a disposizione per leggere ma non si escludono sorprese”.E la sorpresa è arrivata, dopo i sette anni a Piazzale Clodio, con i quali sembrava aver chiuso la lunga carriera passata da Reggio Calabria (dal 2008 al 2012) e dalla sua Sicilia, dove ha lavorato per quasi trent’anni.Un persona schiva, poche le interviste e le apparizioni in tv, che però negli anni di Clodio ha fatto molto parlare di sé attraverso una serie di indagini che hanno colpito la criminalità in tanti ambiti, a cominciare da quello politico-amministrativo con le operazioni Mafia Capitale e Stadio Roma.Mai la giustizia aveva aggredito con tanta forza la ‘mala amministrazione’ in Campidoglio. Con gli arresti del dicembre 2014 e giugno 2015, vennero fuori decine di episodi di corruzione intrecciati alla criminalità: l’inchiesta travolse Palazzo Senatorio ai tempi del sindaco Ignazio Marino, e portò a processo il suo predecessore, Gianni Alemanno (condannato in primo grado il 25 febbraio scorso, a sei anni per corruzione).La stessa giunta del chirurgo dem finì, piegata da dissidi politici, sotto i colpi di un’altra inchiesta, quella sulle 50 cene pagate dal primo cittadino con la carta di credito del Campidoglio, vicenda per la quale Marino è stato di recente assolto in Cassazione dalle accuse di peculato e falso.Nel 2016 arrivò Virginia Raggi e anche la sindaca pentastellata non ebbe vita facile con una serie di indagini legate a suoi stretti collaboratori e un processo per falso nel quale è stata assolta in primo grado.Nel 2018 è scattata la prima ondata di arresti legati allo Stadio di Tor Di Valle, al costruttore Luca Parnasi e ai suoi rapporti con la politica. Nel 2019 il nuovo blitz, sempre legato ai contatti dell’imprenditore, ha portato in carcere, per corruzione, il presidente M5S dell’Assemblea capitolina Marcello De Vito.Sotto la lente della squadra di Pignatone è finita non solo la politica ma anche tanti pezzi di ‘mala’ romana, per la prima volta giudicata con accuse di mafia: la procura ha colpito il gruppo dell’ex nar Massimo Carminati e dell’imprenditore delle cooperative Salvatore Buzzi, ma anche i clan di Casamonica, Di Silvio, Spada nei loro tanti legami con camorra e ndrangheta.Durante il mandato di Pignatone, alla fine del 2015, è arrivata la prima vera svolta sul caso Stefano Cucchi, con l’inchiesta bis sulla morte del giovane che ha portato al processo, ancora in corso, a cinque carabinieri e all’inchiesta sui presunti depistaggi messi in atto da altri sette militari dell’Arma.

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Cronache

Napoli, sequestrata nave turca con grano ucraino: conteneva sigarette di contrabbando

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Nave carica di mais e grano ucraino e sigarette di contrabbando. Carabinieri arrestano 4 persone, anche il comandante del cargo

Si tratta di una nave turca, battente bandiera panamense, dove i carabinieri della sezione operativa e radiomobile di Castellammare di Stabia hanno trovato migliaia di pacchetti di sigarette di contrabbando. Proveniente dall’Ucraina con un carico di mais e grano e attraccata nel porto di Torre Annunziata, l’imbarcazione nascondeva nella stiva circa 7000 pacchetti di sigarette di origini serbe ma destinate verosimilmente al mercato nero napoletano.

In manette il comandante della nave, un 39enne siriano di Tartus e 3 oplontini di 68, 57 e 58 anni. Questi ultimi avevano appena prelevato 500 stecche del carico (5000 pacchetti) e li avevano stipati in un’auto. Sono stati arrestati per contrabbando di tabacchi esteri.

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Sindaco di Avellino Festa arrestato, indagati la vice sindaco Nargi e un consigliere comunale

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Arresto per il sindaco dimissionario di Avellino, Gianluca Festa. L’ex esponente del Pd e’ coinvolto in un’indagine per peculato e induzione indebita a dare e promettere utilita’ ed e’ ora ai domiciliari insieme a un architetto, fratello di un consigliere comunale, Fabio Guerriero e a una dirigente del Comune. I carabinieri, titolari dell’indagine della procura di Avellino, hanno anche eseguito perquisizioni a carico del vicesindaco Laura Nargi, del consigliere Diego Guerriero, capogruppo Viva la Liberta’, lista civica a sostegno di Festa, e fratello di Fabio e dei fratelli Canonico, presidente e commercialista della DelFes, squadra di basket serie B.

Al centro delle indagini c’e’ proprio la squadra di basket di serie B, riconducibile a Festa. Per gli inquirenti, ha ottenuto sponsorizzazioni da imprese che erano assegnatarie di appalti e affidamenti dal Comune di Avellino. Gli inquirenti ipotizzano per questo che esista un’associazione a delinquere.

La sua piu’ grande passione e’ il basket. Gianluca Festa, 50 anni, sindaco di Avellino dal giugno del 2019, si e’ dimesso il 25 marzo quando la procura di Avellino gli ha perquisito casa e ufficio. E proprio nel corso della comunicazione della notizia alla stampa, fece riferimento al suo amato basket, e al fatto che quanto li contestava la procura era relativo alla pallacanestro. Quando venne eletto, infatti, la squadra della citta’, lo storico club Scandone, fondato nel 1948 e per 20 anni in serie A, era fallito. Lui vi aveva giocato come titolare nel 1995. Uno smacco per Avellino e i tifosi, quel fallimento, e cosi’, pur di salvare la pallacanestro, Festa verso’ 20 mila euro dal suo conto corrente per garantire l’iscrizione di una squadra irpina al campionato di serie B. Ora Festa e’ ai domiciliari, indagato tra gli altri insieme all’amministratore delegato della squadra, la Delfes, Gennaro Canonico per presunti appalti pilotati al Comune di Avellino per i reati di corruzione, associazione a delinquere, turbativa d’sta e falso in atto pubblico. Alcune delle imprese che si sono aggiudicate gli appalti hanno anche sostenuto economicamente la societa’ di basket. “Non c’e’ niente perche’ non c’e’ mai stato niente e anche dalle perquisizioni non e’ emerso nulla. Chi pensava che questa fosse una bomba, si e’ ritrovato in mano una miccetta. E se qualcuno pensava di poter condurre con questi argomenti la campagna elettorale che si avvicina, ha sbagliato. Perche’ noi siamo persone perbene e aspetteremo l’esito delle indagini. Che non porteranno a nulla”, aveva detto Festa all’indomani delle perquisizioni.

È sempre d’uopo ricordare che le azioni dei Pm sono esercizi dell’azione penale obbligatoria ma non sono sentenze di condanna e che per gli attuali indagati c’è il principio di non colpevolezza fino al terzo grado di giudizio.

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Uccisero il padre violento, nuova condanna per i figli

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Sono stati condannati di nuovo i fratelli Scalamandrè per l’omicidio del padre Pasquale, indagato per maltrattamenti nei confronti della madre, avvenuto il 10 agosto del 2020 al culmine di una lite nella loro abitazione a Genova. La Corte d’Assise d’appello di Milano, davanti alla quale si è celebrato il processo di secondo grado ‘bis’, ha confermato la sentenza di primo grado: 21 anni di reclusione per Alessio e 14 per Simone. I due uomini, che oggi hanno 32 e 24 anni, sono accusati di avere ucciso il genitore 63enne colpendolo diverse volte con un mattarello dopo che lui si era presentato a casa loro per chiedere al maggiore di ritirare la denuncia nei suoi confronti. I giudici genovesi, in appello, avevano confermato i 21 anni di pena per Alessio, decidendo invece di assolvere Simone.

La Corte di Cassazione, però, lo scorso novembre aveva annullato con rinvio entrambe le sentenze, stabilendo che il nuovo processo si sarebbe svolto a Milano in quanto a Genova esiste una sola Corte d’Assise d’appello e gli imputati non possono essere giudicati due volte dagli stessi giudici. Per il caso del fratello maggiore, nell’annullare la decisione, gli Ermellini avevano tenuto conto della decisione della Corte Costituzionale che aveva decretato l’illegittimità dell’articolo del Codice Rosso che impediva di far prevalere le attenuanti generiche sull’aggravante di un delitto commesso in ambito familiare, e del ricorso dei difensori che invocavano l’attenuante della provocazione.

Nell’annullamento del verdetto nei confronti di Simone, invece, la Cassazione aveva invitato i giudici meneghini a motivare adeguatamente un’eventuale nuova sentenza di assoluzione. La Procura generale di Milano aveva chiesto 8 anni e mezzo per il fratello più giovane e una pena a 11 anni per l’altro, concordata con la difesa. Per quest’ultimo gli avvocati Nadia Calafato e Riccardo Lamonaca avevano invece chiesto l’assoluzione perché, a quanto hanno detto in aula, il ragazzo “non è l’autore materiale, assieme al fratello, dell’omicidio”.

“È un momento difficile, molto negativo”, ha osservato fuori dall’aula l’avvocato Lamonaca, sottolineando che “sicuramente” non sono state riconosciute l’attenuante della provocazione né la prevalenza di quelle generiche. “Le sentenze non si commentano, ma si impugnano. Cercheremo di cambiare ancora una volta questa sentenza. Non è ancora quella definitiva”. Entrambi i fratelli erano presenti alla lettura del dispositivo. Il giorno dell’omicidio erano stati i due fratelli a chiamare la polizia e raccontare l’accaduto, spiegando che i colpi mortali erano arrivati al culmine di una lite che si era trasformata in colluttazione. Alessio lo aveva infatti denunciato per maltrattamenti e minacce nei confronti della madre, che era stata costretta a trasferirsi in una comunità protetta.

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